2 Novembre 2009

Karadzic e i dilemmi dell’Aja

Karadzic Aja

L’articolo è di Emmanuel Dalle Mulle

Un lato dell’aula vuota e un giudice che legge con rassegnazione un comunicato ufficiale. In questo clima di desolazione si è aperto martedì scorso, 26 ottobre, il processo ad uno dei principali protagonisti della guerra in Bosnia-Erzegovina: Radovan Karadzic. Nel comunicato si legge che l’imputato ha dichiarato che non si presenterà in aula perché non ha avuto tempo sufficiente a preparare la sua difesa.

La corte si è trovata dunque di fronte ad un pericoloso dilemma: da un lato riconoscere le ragioni dell’ex leader serbo-bosniaco e concedergli più tempo, dall’altro, nominare un rappresentante legale e svolgere il processo in sua assenza. Così facendo, tuttavia, essa andrebbe contro le proprie regole di procedura, secondo le quali la presenza dell’imputato è un elemento fondamentale per un processo equo.

La legge è uguale per tutti, ma non per questo tutti i processi sono uguali. Inutile dire che quello cominciato martedì nei Paesi Bassi non è un dibattimento qualsiasi. Radovan Karadzic è il più alto rappresentante politico attualmente detenuto all’Aja. Solo un altro collega di pari grado, e forse anche superiore, è stato finora consegnato al Tribunale. Si tratta dell’ex Presidente della Repubblica Federale Jugoslava, Slobodan Milosevic, il quale, tuttavia, morì nel 2006, prima che la corte riuscisse ad emettere un verdetto definitivo nei suoi confronti. Di conseguenza, l’eredità del processo incompiuto a Milosevic pesa come un macigno su quello di Radovan Karadzic. Chiunque sia rimasto con l’amaro in bocca nel 2006 si aspetta che questa volta giustizia sia fatta.

L’eredità di Milosevic pesa anche sulle considerazioni della corte. L’ex-leader serbo, infatti, aveva applicato con successo una tattica ostruzionista che aveva estenuato i giudici. Una tattica che ora Karadzic sembra voler riproporre. Ecco allora che la designazione di un rappresentante legale che sostituisca l’imputato in aula (Karadzic ha dichiarato che provvederà da solo alla propria difesa) sembra la soluzione più probabile, anche se, in qualche modo, essa gioca comunque a vantaggio dell’accusato. Tale strategia fu applicata anche nel dibattimento contro Milosevic e si rivelò essere causa di continui rinvii dovuti alla mancata volontà dell’accusato di collaborare col suo legale. Chiunque verrà designato, inoltre, avrà bisogno di qualche mese per prepararsi al dibattimento.

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In ogni caso, martedì scorso l’accusa era presente in aula ed ha potuto leggere gli 11 capi d’accusa contestati al leader serbo-bosniaco. Egli deve rispondere di genocidio, crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi e dei costumi di guerra. Per poter condannare l’accusato si deve dimostrare che egli abbia « …pianificato, istigato, ordinato, commesso oppure aiutato e favorito la pianificazione, preparazione ed esecuzione di un crimine… ». L’accusa non è obbligata a fornire una prova schiacciante della sua colpevolezza. È sufficiente, infatti, che essa soddisfi il cosiddetto principio della « responsabilità di comando ».

Significa che, dato il suo ruolo di leader politico e militare, l’accusato può essere incriminato per il crimine commesso da un suo sottoposto, a patto che si provi che ne fosse a conoscenza. Data la difficoltà nel reperire materiale documentale, è probabile che ci si basi su quest’ultimo principio per dimostrare la colpevolezza di Karadzic. Già martedì, nella sua arringa introduttiva, l’accusa ha definito l’imputato come il capo delle forze armate ed il leader supremo del popolo serbo-bosniaco. Come tale egli sarebbe dunque responsabile per i crimini compiuti dall’esercito e dalla polizia serbo-bosniaci.

Nonostante la volontà della comunità internazionale di vedere Karadzic condannato e a dispetto di una situazione probatoria che sembra a tutto vantaggio dell’accusa, il processo potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Lo dimostrano alcuni precedenti, su tutti il processo a Milosevic e quello a Vojslav Seselj, ancora in corso dopo sei anni dal suo inizio. Lo dimostra l’incerto inizio del dibattimento, nel quale i giudici si sono trovati, fin da subito, di fronte ad una scomoda decisione: da un lato, accontentare le richieste dell’imputato per salvare l’integrità del Tribunale e garantirgli un processo equo; dall’altro, la necessità di non accondiscendere ad una collaudata politica ostruzionista.

La corte sembra più propensa verso la seconda ipotesi, tutt’al più in considerazione del fatto che gli stati finanziatori del Tribunale, di fronte alla sua inattesa longevità ed ai costi che questa comporta, spingono perché esso chiuda entro un paio d’anni. Qualunque sia la decisione, tuttavia, è chiaro che Radovan Karadzic ha dimostrato di poter mettere in seria difficoltà il Tribunale. Arrivare alla fine del processo, e al verdetto di colpevolezza che tutti si attendono, non sarà certo una passeggiata.

donna Aja

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11 commenti a Karadzic e i dilemmi dell’Aja

  1. Radimiro ha detto:

    La responsabilita’ di comando non e’ stata appliccata ai leader di altre etnie.
    Inoltre solo i politici sono stati inquisiti dal tribunale, mentre nel cas degli imputati di altre etnie, si tratta di militari.
    Inoltre un’altra particolarita’ di questo tribunale, consiste nel fatto che gli imputati Serbi sono i maggiormente rappresentati.
    Non credo che occorra aggiungere altro.

  2. lanfur ha detto:

    Vero, anche a Norimberga gli imputati tedeschi erano i maggiormente rappresentati. Mancavano gli italiani che gli iugoslavi avevano richiesto e che il nostro paese non ha mai consegnato.

  3. L'Isonzomormorò ha detto:

    …invece i criminali iugoslavi, che hanno commesso i peggiori reati DOPO la fine della seconda guerra mondiale…quelli sì che sono stati consegnati alla Giustizia!!

  4. lanfur ha detto:

    I fatti ti smentiscono. Karadzic ne è la prova.

  5. Luigi (veneziano) ha detto:

    Piccola nota: a Norimberga si giudicarono SOLO imputati tedeschi.

    Gli italiani non vennero mai giudicati in massa (qualche singolo sì, in realtà) per vari motivi geopolitici, non ultimo il desiderio degli USA di non decapitare gli alti comandi dell’esercito italiano.

    Notoriamente poi venne l’amnistia di Togliatti, che non credo fosse proprio un gran filofascista.

    E’ poi da aggiungere che anche gli jugoslavi non insistettero più di tanto con la consegna dei criminali di guerra: alla fine degli anni ’40 non trattarono più l’argomento.

    Per quanto riguarda invece i criminali di guerra (o presunti tali) jugoslavi, Rankovic mise in piedi un gruppo di killer che venne sguinzagliato per il mondo alla loro caccia.

    Notoriamente, il primo omicidio della polizia segreta jugoslava (UDBA) al di fuori dei confini nazionali ebbe luogo a Trieste il 31 gennaio del 1946. La vittima fu l’ultracattolico Ivo Protulipac, che poi in anni recenti venne riesumato e sepolto con tutti gli onori nel cimitero Mirogoj di Zagabria.

    Nel 1947 invece l’UDBA sequestrò Andrej Uršič, un ex membro del TIGR e cofondatore dell’Unione Democratica Slovena (Slovenska Skupnost). Sembra che venne sottoposto a sevizie di vario tipo, soppresso e il suo corpo poi gettato in una foiba nella foresta di Tarnova.

    Ovviamente questi però non erano i criminali di guerra cui faceva riferimento un intervento che mi precede.
    Luigi (veneziano)

  6. lanfur ha detto:

    Gli iugoslavi non insistettero più di tanto?
    Probabilmente si erano fatti l’idea di come vanno le cose in italia. Un condono o un’amnistia arriva sempre.

  7. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ lanfur

    In realtà gli jugoslavi non insistettero più di tanto perché avevano in piedi con noi il problema di Trieste e contemporaneamente pure la scomunica del Cominform.

    Avevano quindi disperatamente bisogno di un occhio benevolo da parte occidentale, per cui han pensato bene di cucirsi la bocca.

    Geopolitica, mio caro.

    Luigi (veneziano)

  8. lanfur ha detto:

    L’amnistia Togliatti è datata 22 giugno 1946. Non propriamente “la fine degli anni ‘40 ” come dici te.
    Fatto sta che si parlava di Karadzic…

  9. Luigi (veneziano) ha detto:

    Io non ho scritto che l’amnistia di Togliatti è della fine degli anni ’40, ma che dalla fine degli anni ’40 la Jugoslavia non insistette più per avere i criminali di guerra.

    E’ vero che si parlava di Karadzic, ma tu per primo hai messo in mezzo Norimberga e i criminali di guerra tedeschi e italiani.

    Un caffettino ristretto al mattino aiuterebbe.

    Luigi (veneziano)

  10. lanfur ha detto:

    Hai ragione ma il fatto è che con le ‘piccole note’ troppo riduttive poi mi viene da pensare ad altro.
    Proverò con il caffè di pigne.

  11. Euroscettico ha detto:

    …ti consiglio la marca Sindona! Eccellente 😉

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