26 Ottobre 2009

Trenitalia e la politica del disservizio, la saga continua

FVG. In merito all’incedente di venerdì sera, avvenuto sulla linea ferroviaria Trieste-Udine, pubblichiamo il pubblico sfogo di un passeggero, Alessio nostro assiduo lettore, partecipe dell’episodio dell’investimento.”Mentre salgo sul treno apprendo da un ferroviere che in realtà avevamo investito un cinghiale. Penso a Corona e a Rumiz, all’articolo su Repubblica e sui boschi lasciati soli a se stessi, non curati, non amati. Penso alle bestie che avanzano. Penso che, in fondo, lo siamo noi”.

san giovanni al natisone 2 Trieste-Udine, con fermata a San Giovanni al Natisone. Una volta ero in treno. In Svizzera. Una signora dal canton Ticino mi dice: “Che fortunati siete in Italia almeno avete l’argomento dei ritardi ferroviari con gli sconosciuti”. Eh già, pensai, grazie a dio che c’è Trenitalia. Non eravamo in un cisalpino e arrivammo in orario.

Perché delle volte ti senti parte di un luogo comune. Non ci credi ma poi lo vivi in prima persona e diventa come i proverbi dei nonni: vero! La volta mi è capitata venerdì pomeriggio. Treno interregionale. Partenza prevista da Trieste alle 16.56, direzione Conegliano (è in provincia di Treviso, per i lettori astemi). Arrivo a destinazione alle 22.05. Cinque ore anziché due.

Racconto di un’epopea. Trafelato raggiungo la stazione triestina non rendendomi conto di essere in anticipo: sono le 16.35, c’è tempo per farsi il fast ticket alla biglietteria automatica e magari anche per farsi un caffé macchiato, perdon, un capo. Alzo il capo, quello mio, e vedo dalla lavagna luminosa che il treno è in ritardo di 15 minuti.
capo
Bene, abbasso il mio capo, e penso all’altro che mi berrò con calma. Il ritardo aumenta, nel frattempo chiamo casa da un telefono a gettoni (sì, esistono ancora) visto che il mio privato ha la batteria andata e attende, con la stessa ansia del proprietario, di ricaricarsi nel weekend. “Si mamma, torno a casa stasera. Sì penso che sia per lo sciopero previsto dalle 11 alle 15, magari hanno accumulato ritardi. Sì ci vediamo a cena”. Non l’avessi mai detto. Arriviamo a quota 25 minuti. Rimpiango di non aver preso un caffé lungo. Nel frattempo per far qualcosa mi leggo un quotidiano. Fatto. Il ritardo gioca al rialzo. 35 minuti. Ok vedo. Vince lui.

Partiamo che sono le 17.35, 5 minuti dopo il ritardo programmato. Non di buon auspicio. Mi copro dal mondo con le pagine di un libro. The symbolic uses of politics. Non immediato e per di più in inglese. Ho in carrozza un giovane ingegnere che è convinto di sapere tutto perchè deriva e magari integra pure. Niente contro gli ingegneri ma diobuono uno sale in treno di venerdì sera è in ritardo ha le balle girate e non può non vuole sentire quanto sei bravo a fare i programmini pascal con il pc. Ad un certo punto, mi accorgo di fissare da almeno 10 minuti una riga, e penso di cambiar posto. Tanto passato il golfo, fa buio e chissenefrega di starsene vicino al finestrino.

Passiamo Gorizia e sono ancora lì a sentir stronzate. Poi, improvvisamente un rumore, abbiamo colpito qualcosa, il treno sobbalza per poi riappropriarsi dei binari. E’ incredibile vedere come la gente reagisce alla paura. O come la paura s’impossessi della gente. Sono tutti immobili e si guardano. Prendo, mi alzo e guardo fuori. Intanto il treno si ferma. Una ragazza seduta due posti davanti al mio stridula che “sta bruciando qualcosa”. Sì sono i freni, ma non vanno a fuoco è il ferodo, quella sostanza tossica che emanano quando usurati. Sì, la ragazza conosce solo il fard.
Si intravede un via vai di macchinisti: guardano sotto il treno. La capotreno inanto ci informa che “causa guasto, ripartiremo tra alcuni minuti” e si “scusa per il disagio”. Sugli alcuni scende la perplessità. Anche sui passeggeri. Parte il totò cos’è successo: una bicicletta lasciata sulle rotaie, d’altronde capita a tutti, penso; l’ingegnere, con il suo orologio, somma i ritardi; il resto della gente comincia a muoversi, qualcuno si spinge verso la prima carrozza a chiedere spiegazioni per tornarsene senza. Chiedo al vicino di posto, un friulano, se mi presta il cellulare che così chiamo casa che avviso del ritardo che meglio che no, non mi aspettino per cena. Ma anche lui ha il cellulare scarico.

Sento una che dice strano oggi mi sembrava di percepire buone sensazioni, pensa se erano cattive chiosa l’amica. La voce metalicca dell’altoparlante ci informa che “tutto è a posto” ma stiamo aspettando il nullaosta della polizia per ripartire. Meno male che “tutto è a posto” . Deve essere successo qualcosa di grosso ma a nessuno è dato saperlo. Ripartiamo dopo una buona mezz’oretta in cui l’ingegnere non ha finito di dir la sua. Ad un certo punto si lamenta della gola secca e penso che no nella mia vita non riuscirò ad ammazzar nessuno.
La donna al microfono ci informa che saremo “trasbordati” su un altro veicolo. No non a Cormòns la stazione lì, a poche centinaia di metri, ma a San Giovanni al Natisone. Ringrazio Giovanni e gli altri santi perché penso che finalmente cambierò posto e lascerò, intatta, quella gola secca a quel suo ingegnere.

Scendo dal treno e piove. Bestemmio. Sono le 20.02, va in onda il tg1, a casa mangiano. Noi attendiamo, siamo in 300 cristo e pur sempre venerdì giorno di rientri e scioperi. san giovanni al natisone 3
Non ci si sta sotto le tettoie dell’edificio, l’ironia vuole che manchi la copertura di vetro tra i binari: c’è solo la struttura di metallo attraversata dall’acqua che scendo copiosa. Alcuni sono sotto la pioggia, senza ombrello, per fortuna non fa freddissimo. Ma l’umidità ti penetra. Un tipo surriscalda l’ambiente dicendo che lui ha un aereo da prendere a Venezia e “che ora di finirla con questo disservizio che se avete avuto un problema” – riferendosi al capostazione di San giovani al Natisone che povero non ha mai visto tanta gente in vita sua – risolvetelo in fretta. Parte un applauso, dura per un secondo. C’è rassegnazione.

Sono le 20.35 mentre salgo sul treno apprendo da un ferroviere che in realtà avevamo investito un cinghiale. Penso a Corona e a Rumiz, all’articolo su Repubblica e sui boschi lasciati soli a se stessi, non curati, non amati. Penso alle bestie che avanzano. Penso che in fondo lo siamo noi.

san giovanni al natisone

Arrivo a Conegliano che sono le 22. Ho impiegato 5 ore per coprire 180km di binari. Fate voi i conti, io vorrei contare quanti soldi ho dato a Trenitalia in questi 5 anni che mi muovo tra conegliano e trieste, ricevendo in cambio solo sporcizia, ritardi e tanti “ci scusiamo per il disagio”. Mi ricordo quello dell’aereo che “chi se ne fotte delle scuse, pagatemi i danni”. Io vorrei contare quanti hanno iniziato a fumare a causa di Trenitalia, quanti hanno accorciato la loro vita nel fumo dei ritardi. Io vorrei sapere per che cavolo fino alle 21.45 di ieri (venerdì, ndr) quella voce orwelliana avvisava “i gentili viaggiatori che venerdì 23 a causa di uno sciopero dalle 11 alle 15 alcuni treni potrebbero subire variazioni o essere soppressi, ci scusiamo per il disagio”.

Penso se vale anche per l’eurostar, la freccia rossa, la tav. Penso alla tav e alla tavola di casa apparecchiata, solo per me. Penso a quelle facce, tante a guardarsi inebetite sotto la pioggia e a dirsi “ecco ci risiamo”. Penso alla stazione di San Giovanni al Natisone con la sua placca alla memoria della Brigata Julia, quella che è stata in Russia senza più tornare a casa. Nessuno treno di soccorso. Penso a Rigoni Stern. Penso al cinghiale che ora sta peggio di noi. Penso che, in fondo, quella donna svizzera aveva ragione: che noi italiani almeno abbiamo sempre qualcosa da dire agli sconosciuti. O da scrivergli il giorno dopo. Ringrazio Trenitalia ma delle volte preferirei il silenzio – capito ingegnere?- il vuoto, il rumore dei miei pensieri, quello del treno sui binari e meno mettalliche “scuse per il disagio”. Che di scuse e grazie ne ho detti e sentiti già troppi.

(Per ulteriori segnalazioni sullo stato dei trasporti in Regione, scrivete a redazione.trieste@bora.la)

Tag: , , , , , , , , , , , , .

2 commenti a Trenitalia e la politica del disservizio, la saga continua

  1. Uno ha detto:

    Vabbè che sparare sulla croce rossa (trenitalia) è facile ma accusarla di un disservizzio con tutta sta popò di dovizia di cronaca, quando un cinghiale con problemi sentimentali decide di farla finita, mi sembra eccessiva. Voi definireste un dirottamento aereo come un disservizio?

  2. Alessandra ha detto:

    i complimenti da parte mia per la trasposizione degli eventi, bravo è stato piacevole leggere…quanto al resto: non neghiamolo, disagi in italia ne abbiamo un pò troppo spesso, desidereremo averne un pò meno, è lecito?
    ciao.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *