15 Ottobre 2009

Gommoni come mosche: la disfida della Barcolana

gommon Trieste. Sono di Trieste, di Barcola per lo più. Ho 24 anni e fino ai 22 ho goduto – dal verbo godere… – dello spettacolo mozzafiato che la seconda domenica di ottobre Trieste regala al mondo. Evento atteso come San Niccolò. O quasi…

Ho ancora davanti agli occhi una foto di me da piccino, le mani sulle orecchie allo scoppio del via, gli occhi pure chiusi, perché quando si è piccoli il cordinamento dei sensi e degli sfinteri, si sa, non è evidente. Un sogno la Barcolana. A seguito di un’edizione baciata dal sole mi sento in dovere di costituirmi. Approfitto di questa piattaforma di triestinità verace per autodenunciarmi ed espormi al pubblico biasimo. Ho passato il weekend della barcolana a Milano. Somma tristezza. Quel bambino con le orecchie tappate si sta probabilmente impiccando per il pisellino. Di attenuanti ne ho, qualcuna pura valida forse… certo è che non sarà un biglietto del treno troppo caro o la prospettiva di una serata “aperitivo-taaaaaaaac-compro tutto!” a liberarmi del gravoso senso di colpa che mi pesa sul cuore.

La sensazione di aver sbagliato davvero tutto è stata confermata dal racconto cronaca dei miei familiari che loro, la Barcolana, non la tradiscono per un American Dream a caso. Capitan Fulvio, il mio babbo, ha un gommone, un gommonzin come preferisce definirlo lui. Da cinque o sei anni il giorno della barcolana lo lucida a nuovo, organizza una combriccola di buontemponi e se ne parte a cavallo delle onde, all’inseguimento dei primi. Il principio è quello della mosca. Quante volte in vita mia (confortatemi e non tacciatemi di voyeurismo…) avrei voluto farmi mosca per passare dalle serrature, superare un muro, entrare in una finestra e scoprire cosa ci fosse dietro. Annullare le mie ingombranti dimensioni, spezzare le catene della gravità e scoprire ciò che è fatto per restare coperto. L’esercito dei gommoni il giorno della barcolana fa lo stesso. Pici ma giogatoloni, citando tre famosi poeti biziachi, i gommoni fanno ciò che le barchetta a vela de Ilvio, Giani o Mirela no pol… seguire i primi. Per vedere cosa c’è dietro, per curiosare sotto la gonna della più bella, la regina, o per spiarne le scaramucce con le altre principesse, incipriate a dovere il giorno del granballo. Fulvieto fa la mosca insieme a molte altre mosche come lui in preda al più sano dei deliri d’onnipotenza; perché lui e il suo canotto seguono a ruota i più bulli di tutti. Lo sciame ronza, solleva cavalloni, sgomita, lotta nella lotta, regata con cavalli e pistoni fazendoghe el giro intorno a quei in barca a vela. E se i gommoni osano troppo, ché si sa, a volte ci si fa prendere la mano, i saggi giudici della Barcolana intervengono, “fora dal campo de regata” (quando va ben…) strillano al megafono. Il gommonauta alza la mano in segno di scusa ma non di pentimento, sarà per la prossima boa.

Alla fine della fiera un vincitore non c’è. O almeno, non ce n’è uno unico. Ma in cuor mio so che Fulvieto vince ogni anno quando, abbassando il tono della voce, mi confida senza riuscire a reprimere un sorriso di compiacimento “Gavemo fatto el ultimo lato cussì vizin del primo che ne pareva de esser a bordo…”
È per aver perso anche la disfida dei gommoni che mi pento e mi dolgo di essere rimasto a Milano questo weekend. La Barcolana non podessi esister in un’altra città.

L’articolo è di Davide Goruppi

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Un commento a Gommoni come mosche: la disfida della Barcolana

  1. Daniele ha detto:

    Premetto che alla Barcolana, per mia somma tristezza (lo dico anche per aiutare a cogliere le mie origine,ndr), non ci sono mai stato. Nonostante mi sarebbe piaciuto essendo evento unico che solo la conformazione delle coste triestine puo offrire. L’articolo è apprezzabile per rendere nazional-popolare una manifestazione che ho ritenuto sempre, nel mio immaginario, estremamente aristocratica e raffinata..un dipinto impressionista che d’un tratto si fa piu realista.

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