6 Ottobre 2009

Acegas Trieste e Fortitudo Bologna: la miglior radiografia del match sta nei primi venti minuti

Foto Barzelogna

Non voglia sembrare una visione incline ad uno spinto campanilismo giuliano, giudicando la partita fra l’Acegas Trieste e la Fortitudo Bologna circoscritta al miglior momento degli uomini di coach Bernardi, e cioè ai primi venti minuti. Semplicemente il risultato finale forse non dice tutto, il passivo finale, figlio di un break nel terzo quarto, e alcuni fattori venuti meno alla compagine biancorossa, potrebbero fuorviare nel giudizio globale.

Ora spiego del perché i primi due quarti siano la rappresentazione reale dei valori delle due contendenti. Inizio di partita per Bologna fotocopia rispetto alla prima di campionato con Verona, con giocate puntuali ed efficaci nella metà campo d’attacco, illuminate dalla classe di Matteo Malaventura; l’Acegas non di meno ha avuto l’approccio giusto, buona attitudine difensiva, duttilità nel variare da “uomo” a “zona” sulle rimesse ospiti, e attacco equilibrato con la continua ricerca dell’ “uno contro uno” di Benfatto su Cittadini. Game plan che costringe gli uomini di Finelli a pensare, ad affrettare qualche conclusione e a subire la transizione veloce offensiva giuliana, comandata da un Lenardon ispirato (autore non a caso del primo vantaggio sul 24-21). Un altro aspetto con l’incedere dei minuti trova una sua logica chiave di lettura: con i primi cambi la qualità in campo si sbilancia a favore dei triestini, produttività rapida e “strafottente” dei giovani Crotta, Spanghero e Colli, fanno da contro altare ad una silente e impalpabile presenza dei vari Sorrentino, Genovese e Quaglia; non è un caso che sul massimo vantaggio interno, chi si prende la briga di mettere le cose a posto è un certo signor Malaventura, uno dei cinque “top player” dell’aquila.

Ed è esattamente con la chiusura del secondo quarto che viene messo a nudo l’ultimo e incisivo aspetto che verrà poi dilatato nelle proporzioni nella terza frazione: quello della fisicità ed esperienza. Se Silvio Gigena (alto 200 centimetri con la suola!) cattura 11 rimbalzi e atterra due-tre giocatori in canotta Acegas non è frutto del caso, come non è un caso che Trieste dilapidi il vantaggio e si faccia scavalcare nel punteggio per una ingenuità di Marisi sul filo della sirena sul tiro da tre punti di Muro (38-39). Avere una squadra come l’Acegas in cui l’età media sfiora i 23 anni, necessita per forza di cose che per maturare si debba passare per errori, anche banali, a dispetto di una squadra come la Fortitudo che necessariamente deve “raccogliere” i frutti subito, oggi; 32,6 è l’età media di chi ha demolito le velleità triestine di fare il colpaccio, quasi dieci anni in più di classe, categorie e esperienza di differenza, quanto basta perlomeno per tenere lontani i ragazzini terribili di Bernardi, dotati di tanta buona volontà ma poco raziocinio nel gestire i palloni decisivi. Un leader tecnico mancava la scorsa stagione e manca quest’anno, il Malaventura di turno che accentri il gioco e si prenda le responsabilità del caso, a meno che non si pensi che un leader di quel tipo sia lesivo della crescita (soprattutto in personalità) dei giovani biancorossi.
Paradossalmente, in una partita con vincitori e vinti ci sono le stesse eredità positive, in quanto da una parte conta il punto di arrivo (Fortitudo), dall’altra il percorso che si è fatto per arrivare all’arrivo (Acegas).

Raffaele Baldini (www.cinquealto.blogspot.com)
rafbaldo@libero.it

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