L’ingegnere Francesco Cervesi ci invia questo suo parere sull’attuale discussione sul piano regolatore a Trieste.
Il progetto complessivo di una Amministrazione si concretizza nelle scelte e nelle previsioni del Piano Regolatore. E’infatti proprio il Piano Regolatore il documento di carattere progettuale che definisce lo sviluppo (fisico ma non solo) di una città.
In altre parole è in questo documento che trovano necessariamente sintesi tutti i processi economici e sociali propri di una comunità.
Stante all’attuale quadro normativo il Piano Regolatore assume un carattere di tipo fortemente vincolistico poiché quanto previsto in esso – relativamente all’utilizzo del territorio – ha carattere prescrittivo e vincolante. Adeguamenti e modifiche al piano risultano complesse e necessitano di tempistiche lunghe. Anche per tali motivi il Piano Regolatore riveste particolare importanza.
Dal dopoguerra ad oggi, le Varianti Generali al Piano Regolatore che si sono succedute hanno comportato, come indica la stessa parola “Variante”, certamente dei mutamenti ma, il progetto urbanistico è rimasto quello del ventennio. (Vi invito a salire al sesto piano degli uffici dell’urbanistica del Comune e verificare il piano regolatore del ‘34 appeso alla parete delle scale). In altri termini il progetto di “Città” si è fermato a quello redatto tra le due guerre.
E’ da quel piano regolatore che la nostra comunità non ha saputo proporre un disegno o un ridisegno di Città. Dal dopoguerra la Città si è appiattita su un confronto improduttivo tra pulsioni speculative ed istanze conservative: il partito del cemento contro il partito del verde. Tristemente, lo spettacolo in programma in questi giorni è ancora lo stesso.
Questa tensione ha dato forma a strumenti urbanistici dal carattere repressivo e vincolante che da un lato non hanno impedito l’espansione edilizia della città (vedasi gli edifici costruiti tra gli anni ‘60 e ‘70) dall’altro hanno invece impedito uno sviluppo urbanistico (ordinato e per questo corretto) della Città. In altre parole si è costruito senza un disegno complessivo, lasciando la speculazione “abbandonata” a se stessa ed alle sue possibilità (e ognuno ne dia la sua interpretazione).
La discussione non ha mai riguardato il progetto complessivo di Città ma bensì singole aree.
Oggi, coerentemente al percorso iniziato nel dopoguerra, siamo arrivati al grado zero di tale processo. La discussione in merito all’attuale Piano Regolatore verte sulla destinazione del singolo lotto, sulla destinazione d’uso di qualche migliaio di metri quadrati ad Opicina e sulla secretazione e altre amenità del genere. E qui non è colpa del Sindaco o di un gruppo politico: è un problema che ci riguarda tutti.
E’ sufficiente aprire le tavole del Piano in discussione per accorgersi che il “nuovo disegno” altro non è che una rivisitazione del vecchio piano. E qui forse giova ricordare – per meglio comprendere la situazione – che se il piano attuale è una rivisitazione (anche relativamente limitata) di quello del ’96, il piano del ’96 era a sua volta una rivisitazione (molto drastica) della vecchio piano regolatore (variante 25). La variante 25 disegnava una città di 500 mila abitanti, il piano del ’96 prendeva atto della situazione e riduceva drasticamente l’edificazione prevista nel precedente piano portando il numero di abitanti previsti a 300 mila, il piano attuale riduce ancora un po’ e prevede una Trieste futura con 217 mila abitanti.
In questo contesto si parla di tutto fuorché del progetto di Città. Il calo demografico è ineluttabile? E’ indice di qualcos’altro? L’impoverimento dell’economia locale, cui è evidentemente legato il calo demografico, è cosa anch’essa ineluttabile? Su tali questioni occorre trovare una sintesi per poi ridisegnare la Città.
Costruire è necessario ed inevitabile, utilizzare il territorio è altrettanto necessario, utilizzarlo male o non utilizzarlo è parimenti sbagliato: certo ci vuole un progetto serio e coerente.
Continuiamo pure ad impegnarci nella sorda contrapposizione tra “cementificatori” e “verdi”: non faremo che impoverire ed abbruttire la nostra Città.
Mi permetterei di proporre all’ing. Francesco Cervesi una differente interpretazione.
Secondo il mio modesto parere, il Piano del ’96 (voluto dal nostro Sindaco Illy e dal suo ex-assessore all’urbanistica ing. Giovanni Cervesi) “interpretava” l’idea di rilancio economico della città cara ai maggiori costruttori triestini: liberalizzazioni ed aumenti di cubature in molte aree. (Anni dopo, occupandosi meritoriamente del cosiddetto Cubone, l’arch. Fabio Omero dichiarò di non essersi all’epoca reso conto dei citati aumenti di cubature del Piano Illy-Cervesi).
Dal Piano del ’96 trassero vantaggio principalmente i costruttori più pronti e informati, coadiuvati dai progettisti altrettanto pronti e informati, fra i quali spiccava lo stesso ing. Giovanni Cervesi.
Oggi, ci ritroviamo con grandi cubature costruite, in costruzione o approvate e con un mercato in contrazione.
Il nuovo Piano “restrittivo” dell’attuale sindaco-urbanista mi sembra perfettamente funzionale agli interessi degli stessi costruttori del ’96 perché – frenando le possibili nuove edificazioni – contribuisce a valorizzare gli investimenti già in corso.
Mi sentirei di complimentarmi con chi, circa 15 anni fa, seppe impostare una strategia multi-imprenditoriale così coerente ed intelligente, appoggiandosi prima al centrosinistra e poi al centrodestra.
Chi -secondo me- ne ha patito è atato il territorio, con inutili cementificazioni e mancati recuperi dell’edilizia esistente. Ma questa è un’altra storia.
Sbaglierò, ma ho l’impressione che le cose siano andate all’incirca così.
Livio Sirovich
Come sempre, GRANDE LIVIO!
Davide
“Bellissime parole e meravigliosi concetti”, è dal 1993 anno di avvio della variante di allora (piano Illy) che noi chiediamo ai reggenti di turno di pensare ed agire in questo modo, anche e soprattutto perchè sembra che nessuno si renda conto che il territorio non è un bene infinito, una volta consumato tutto che si fa?
Ora, che un componente di elevatissimo livello della schiera dei “cementificatori” (Campo Marzio, Via Marchesetti, Via Bonomea, Strada Costiera, ecc. ecc.)se ne esca con queste argomentazioni decisamente ci spiazza, per cui sorge spontanea la domanda: ma che sta accadendo?
E’ una cosa seria oppure è solo una presa in giro?
Comitato Campo Marzio
Il presidente in carica
Ing. Sergio Kosic
rimango perplesso dinnanzi a concetti che dall’intervento di cervesi sembrano dogmi come “costruire è necessario e inevitabile” visto che non sono seguiti almeno da “se ce nè bisogno e richiesta”
costruire scatole vuote non credo sia nè necessario nè tantomeno inevitabile anzi.
il “progetto città” che soddisfi cervesi quale dovrebbe essere !? “costruire comunque” ? boh !
in effetti, a volte ho l’impressione che a Trieste comandino di più i costruttori che non i politici
tranquilli, ora ci pensa papi:
CASA: BERLUSCONI, ‘NEW TOWN’ IN OGNI CAPOLUOGO DI PROVINCIA
Roma, 29 lug. – (Adnkronos) – “Il programma a cui stiamo lavorando da parecchio tempo prevede la costruzione di ‘new town’ vicino a ogni capoluogo di provincia. Questo darebbe delle risposte ai giovani che oggi non trovano nel mercato locale appartamenti a costi contenuti”. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi intervenendo a Radio Gioventu’ durante la rubrica condotta dal Ministro della Gioventu’ Giorgia Meloni e dal giornalista e conduttore di Rtl 102.5 Pierluigi Diaco.
Gioventù gioventù
primavera di belzebù
nel forzismo è la salvitù
della nostra libertù.
Gentili,
Vivo questo blog!
Per evitare un malinteso rispondo ad effebi. La frase che tu citi, ahimè, poteva prestarsi ad incomprensioni: me ne sono accorto grazie al tuo commento.
“Costruire è necessario ed inevitabile” non significa che sia necessario costruire scatole vuote ad ogni costo (cosa che nel nostro paese è pur successo molte volte – e spesso utilizzando denaro pubblico) ma vuol dire che è inevitabile dover continuamente intervenire sul costruito e sull’ambiente, vuoi come restauro vuoi con sostituzioni ed integrazioni, vuoi anche come agricoltura. Oltre all’azione del tempo cambiano le modalità della vita e del lavoro. Costruire significa infatti anche costruire e rinnovare strade, piazze, giardini, scuole, asili ospedali e biblioteche. Probabilmente il senso della parola “costruire” è stato (cautelativamente tra persone che non si conoscono) interpetato in senso stretto e limitato alla sola costruzione di case.
Però è particolarmente curioso come siano considerate preziose ed oggetto di tutela tra le tante opere dell’uomo anche urbanizzazioni di estese dimensioni: dalla Trieste emporiale a molte capitali europee quali per esempio la Parigi ottocentesca. Questi, ma di esempi ce ne sarebbero davvero molti altri, sono due casi in cui in pochi anni l’imprenditoria privata (per la maggior parte) ha costruito moltissimo, infinitamente di più che non negli ultimi vent’anni, realizzando dal nulla case per città di centinaia di migliaia di abitanti. Questo processo “speculativo”, se paragonato ad oggi, è avvenuto con pochissime regole e con pochi vincoli, eppure ha prodotto risultati buoni, “è stato costruito bene”.
E’ proprio la ricerca di come si possa raggiungere questo “bene” che mi interessa: come progettista ma prima di tutto come cittadino. E’ su come si possa raggiungere tale obiettivo che mi interrogo. Di tanti dubbi ho una certezza, la città è il risultato di un processo collettivo. Non serve e non basta che ciascun edificio sia progettato da un bravo progettista e che risulti bello (anche perchè sarebbe utopia). Una somma di edifici belli, se non composti entro un disegno coerente ed intellettualmente onesto – quello che io chiamo “progetto di città” – non fanno una bella città. Viceversa edifici semplici (non necessariamente dei capolavori di architettura) quando fanno parte di un disegno unitario e coerente (basta pensare al nostro borgo teresiano) sono una bella città.
L’abdicare al “progetto di città” (cosa che è avvenuta in italia dal dopoguerra) non può che portare a cattivi risultati: a città senza forma. Questo è il punto chiave, e non basta un bravo urbanista, serve l’apporto di una intera comunità.
Non vado proponendo una soluzione – o un “progetto città che mi soddisfi” – la soluzione non la conosco e poichè ritengo la costruzione di una città è un atto collettivo non ritengo nemmeno che questa soluzione la possa conoscere un singolo.
Al contrario ricerca è assai più complessa e difficile.
Per questo, a partire dalle considerazioni espresse nell’ intervento gentilmente ospitato su questo sito, intendevo ragionare assieme a voi in merito al “progetto di città” e far tesoro di tutti i vostri interessanti punti di vista.
Cordialità
Francesco Cervesi
le democrazie, in particolare con l’alternarsi al governo di parti ed interessi diversi, riescono ad esprimere questo, punto.
Difficilmete un piano a largo e lungo respiro (etico ed estetico) potrà essere parorito in regime di democrazia.
Chi governa, anche per motivi elettorali, deve rincorrere invece di guidare. chi si alternerà al governo probabilmete adotterà provvedimenti che cancelleranno le filosofie precedenti o si limiterà solo a modificarle in variante e da questo prende giustificazione l’appunto di Francesco:
“Dal dopoguerra ad oggi, le Varianti Generali al Piano Regolatore che si sono succedute hanno comportato, come indica la stessa parola “Variante”, certamente dei mutamenti ma, il progetto urbanistico è rimasto quello del ventennio. (Vi invito a salire al sesto piano degli uffici dell’urbanistica del Comune e verificare il piano regolatore del ‘34 appeso alla parete delle scale). In altri termini il progetto di “Città” si è fermato a quello redatto tra le due guerre”
Ma nella “democrazia imperfetta” che sta prendendo sempre più piede -dove “questo o quello pari sono”- si riuscirà probabilmente a trovare un momento di continuità, magari quella ironicamente ben sottolineata da Livio:
“Mi sentirei di complimentarmi con chi, circa 15 anni fa, seppe impostare una strategia multi-imprenditoriale così coerente ed intelligente, appoggiandosi prima al centrosinistra e poi al centrodestra”
cosa dobbiamo pensare dunque ? rimpiangere il “quandoc’eraluicarolei !?” …o sopportare (e tentare di migliorare) i difetti (che sappiamo) della incerta democrazia nei suoi limiti (anche quelli in campo edilizio) !?
Quella sul rapporto tra forma di governo e “forma” del costruito è una analisi molto interessante.
Però ho la sensazione che il dott. Sirovich, applicando il suo metro di giudizio, sopravvaluti in realtà il “funzionamento” del caso in questione.
Proprio per quanto ha rilevato in merito all’alternarsi degli interessi al governo nella nostra democrazia effebi, non vedo grandi o piccoli fratelli alla guida, quanto piuttosto molta incertezza e pressapochismo.
Tutti parlano di tutto e pretendono di capire tutto di tutto, pochi approfondiscono, ma per carità nè nostalgia nè nostalghia.
Per tornare all’argomento, pensa che il piano regolatore attuale (ma vale anche per molte altre decisioni importanti) è stato valutato e votato in un unica seduta durata circa 6 ore comprese le pause, gli appelli, gli interventi, gli emendamenti etc.
Ma ti pare serio? Fosse anche il migliore piano regolatore del mondo, ci vorrà pure il tempo per esporre le scelte, per vedere gli elaborati, per discutere nel merito? o no?
Lo spazio per migliorare c’è, basta non farsi intruppare (nè da un fronte nè dall’altro,)conservare coscienza critica e tenere saldi gli obiettivi, provando quotidianamente a superare qualcuno dei tanti preconcetti (di cui tutti siamo “affetti”) e che fanno si che la realtà ci sia solo parzialmente intelleggibile.
Cordiali Saluti
Francesco Cervesi
L’analisi fatta da Francesco, aldilà di piccole sfumature, è, a mio avviso, ineccepibile.
Il Piano Regolatore di un Comune è lo strumento più importante che una Amministrazione Comunale ha a disposizione per disegnare le linee di sviluppo della città.
La Variante da qualche giorno adottata (variante, di fatto, generale, anche se nominata quale variante di revisione dei vincoli….) manca in realtà proprio in questo: non pianifica. E, purtroppo, il dibattito di queste settimane, molto vivo, si è concentrato solo e quasi esclusivamente su una piccola parte di un unico tema, che, banalizzando, si concretizza in una domanda: si è tagliata e di quanto la possibilità di edificare?
Ma il Piano Regolatore ha una valenza ben più ampia. E’ il documento che determina l’uso del suolo, nelle forme e nella sostanza. Se, da tecnico, mi interessa sapere qual è la strategia della mia Amministrazione Comunale in riferimento alle potenzialità edificatorie, da cittadino mi chiedo (da tempo e sempre più) qual è l’idea di città che guida le azioni di chi la governa ormai da otto anni e mezzo?
Una strategia è assente nelle norme scritte per le zone O1 (che sono rubricate, per l’appunto, zone miste STRATEGICHE) ove non è stata fatta alcune scelta se non quella di accrescerne il valore di mercato, probabilmente “per fare cassa”, consentendo di intervenire senza una precisa indicazione delle destinazioni d’uso ammesse.
Manca la strategia in un piano che non affronta il tema del riuso coordinato del territorio, che non affronta il tema della sostituzione degli edifici, che non affronta il tema della mobilità in modo coerente che le linee di sviluppo del tessuto urbano (e demanda ad un piano del traffico che non vedrà probabilmente mai la luce).
Con questi presupposti chiedersi se è stata tagliata o meno l’edificabilità, per giunta con la sciagura del piano casa regionale in arrivo, è esercizio assolutamente inutile.
Avrei voluto trovare elementi di novità in questo piano, strumenti atti ad incidere sul territorio in maniera diversa di come fa questo strumento urbanistico che è, in realtà, una semplice zonizzazione. E mi sarebbe piaciuto assistere ad un dibattito intenso sia prima dell’inizio della stesura del piano (a tal proposito penso che in se la secretazione del documento non sia in linea di principio negativa, ove, prima della stesura del documento secretato, si sia stimolato un dibattito ampio e un giusto confronto con la città) che in aula ove personalmente ho assistito a tutti i lavori (sia del primo round che del secondo) ottenendone una sensazione di sconforto e di “vuoto” disarmante.
ing. Stefano Patuanelli
Ciao a tutti
ho letto con molto interesse tutte le posizioni suesposte, e in linea di massima direi che il concetto è chiaro: ” prevediamo una città per i cittadini”
Sono anche io un “addetto ai lavori” per cui vivo quotidianamente i problemi dei miei colleghi, quindi posso asserire, senza voler offendere nessuno sia chiaro, che il grosso problema di questo piano sia l’insufficiente studio del territorio che è stato fatto.
Così come esiste la regola del buon costruire e del buon progettare, analogamente dovrebbe esistere la regola del buon valutare, soprattutto in termini urbanistici.
Penso che fino a che non verrà fatto un reale studio del territorio, evidenzianto tutte quelle aree in palese contrasto e ce ne sono moltissime, continueremo a portarci dietro tutti gli errori commessi in passato che, per motivi più o meno vari (politici, clientaristici ecc.) continuano ad essere fatti.
Alessandro Brun
Ciao a tutti,
secondo me, il comune con il piano regolatore è partito già con il piede sbagliato NASCONDENDOLO alla popolazione.
Un piano regolatore di tali proporzioni e così devastanti per il territorio carsico non doveva neanche essere presentato perché e vergognoso.
Il Carso è un polmone anche per Trieste e non solo per chi ci abita- forse non l’hanno capito al Comune. Ci si può andare a passeggio o in bici a prendersi una vera boccata d’aria pulita con tutto il verde che ci è ancora rimasto.
Ma perché distruggere così la natura?
Una volta coperta con il cemento non pulisce più l’aria come lo fa adesso.
Questo è un piano regolatore che non tiene conto ne degli abitanti della regione e tanto meno della natura e della fauna.
Se fosse stata interpellata la popolazione, un piano del genere non sarebbe neanche stato presentato e proprio per questo motivo penso che l’abbiano secretato e fatto conoscere solo ad amici e amici degli amici, che sicuramente sono come maggioranza costruttori e ricchi facendieri.
E poi ci lamentiamo delle pioggie acide, dello smog ecc ecc.
Siamo noi da soli che ci togliamo l’aria che respiriamo tagliando alberi e cementificando.
Mi sembra giusto che la nature pian piano si ribelli – è violentata gratuitamente da anni e a puro scopo speculativo. VERGOGNOSO
Nuove costruzioni non servono alla popolazione, ce ne sono tante vuote in città, servono solamente per rimpinzare le tasche di chi le ha già piene.
Io, purtroppo, ho votato per questa maggioranza sperando in un cambiamento, MA NON NEGATIVO e me ne pento amaramente.
In fine, chi paga, è sempre chi non ha la forza e la possibilità economica per difendersi da personaggi del genere che calpestano i nostri sacrosanti diritti di poter decidere delle proprie cose e della propria salute.
Il piano regolatore è un agressione nei confronti della natura e di conseguenza anche alla salute pubblica.