22 Maggio 2009

L’alta velocità spaventa Trieste, secondo Rumiz

Ieri su La Repubblica, il giornalista patoco Paolo Rumiz ha pubblicato un articolo intitolato “L’Alta velocità spaventa Trieste, in Friuli l’ultimo fronte anti TAV”, a proposito del progetto di tracciato del Corridoio 5 dalle nostre parti. Pubblichiamo di seguito l’articolo.

L’Alta velocità spaventa Trieste, in Friuli l’ultimo fronte anti TAV

21 Maggio 2009 di supermarco

Da Repubblica del 21 maggio 2009

L’ALTA VELOCITÀ SPAVENTA TRIESTE, IN FRIULI L’ULTIMO FRONTE ANTI TAV

di Paolo Rumiz

L’allarme TAV scuote gli antipodi della Valsusa. Succede a Trieste, nodo del Corridoio europeo numero cinque tra Lisbona e Kiev. Un allarme forte, proporzionale al silenzio “sommergibilistico” con cui il progetto ferroviario è andato avanti finora. Il tracciato è uscito dai cassetti, svelandosi nei dettagli, e si diffonde infiammando assemblee a poche settimane dal voto. Dopo un anno di illazioni, tam-tam e vertici per addetti ai lavori, ora tutti sanno: c’è un “biscione” che bucherà il Carso con curve da autodromo, a filo di frontiera con la Slovenia. Una strada che il semplice buonsenso fa apparire più lunga, costosa e devastante del necessario.

Tutto è cominciato quando il municipio di Dolina, che sopporterà il grosso dei lavori, ha reso pubblico il tracciato mettendolo sul suo sito. Un atto di trasparenza che né la Regione, né la Provincia né il Comune capoluogo avevano compiuto. Il risultato è che, dopo il disastro della Bologna-Firenze e la guerra contro il tunnel fra Torino e Lione, si apre un nuovo fronte di resistenza alle grandi opere e soprattutto ai metodi della legge-obiettivo che ha reso più sommarie le procedure sull’impatto ambientale azzerando la concertazione con i cittadini. E così, nel motto “No TAV”, s’è creata un’allerta transfrontaliera (italo-slovena) e trasversale (destra-sinistra) che non guarda in faccia i partiti. All’ultima assemblea nel teatro di Dolina non bastavano i posti a sedere tanto era il pubblico giunto anche dall’estero, con una forte presenza del Club Alpino finalmente attento all’ambiente. Un incontro privo di toni barricaderi, ma impietoso dei giudizi sul tracciato: «inutile», «devastante», «assurdo», «demenziale». Eppure gli alti livelli della politica hanno preferito non farsi vedere.

Carte in mano, sono emersi dubbi tremendi. La nuova stazione sotterranea di Trieste, per esempio, verrebbe a trovarsi trenta metri sotto la linea di piena del Timavo, col rischio che il fiume sotterraneo invada le gallerie in fase di scavo e si riversi come un Vajont in pieno centro città. Presso Monfalcone il Timavo è minacciato al punto che il governo stesso ha silurato il progetto, senza che in seguito si sia pensato a tracciati alternativi. «È peggio del Mugello» dice il geologo Franco Chicco. La Val Rosandra – un canyon tra i più incontaminati d’Europa, con l’unico fiume superficiale della zona – da una parte viene dichiarata parco da tutelare dall’UE, e dall’altra viene completamente circondata da un curvone del tunnel, con rischi per le acque sotterranee e i terreni tra i più cavernosi e imprevedibili del mondo.

E che dire del materiale di scavo. Otto milioni di metri cubi di roccia, come quattro piramidi di Cheope, che nessuno sa bene dove piazzare. Al punto che gli sloveni – che sono a corto di coste – hanno proposto di fare isole artificiali, per metterci casinò, davanti a Portorose. La nuova linea dovrebbe trasferire su ferrovia il traffico su gomma, ma intanto gli scavi comportano il passaggio di cento camion al giorno per dieci anni, domeniche e feste comprese. 365.000 Tir, concentrati su un territorio minimo, come quello fra Trieste e la Slovenia, che ha già pagato il suo dazio all’industrializzazione, con espropri forzosi e apertura di cave che nessuno ha mai ripristinato in trent’anni. «Qui si distrugge il poco che rimane della nostra vita rurale» sbotta Vojko Kocjancic, produttore di vino e olio sul confine.

Il Corridoio Cinque serve non solo al porto di Trieste ma all’intera economia del Nordest, la locomotiva d’Italia. Tuttora il grosso delle esportazioni verso il Danubio passa per il Brennero, con costi enormi. «Vi strapperemo dall’isolamento» promettono i teorici dell’alta velocità. Ma è proprio qui che arrivano le sorprese. 1) La linea comporta sventramenti da alta velocità senza essere una TAV, perché non si va mai oltre i 180 orari. 2) La TAV non serve al traffico commerciale, incompatibile con quelle andature. 3) Per lo stesso motivo gli sloveni non vogliono la TAV sul loro territorio, per cui i supertreni dovranno fare capolinea a Trieste, che da sola non giustifica l’opera. A conferma dell’inghippo, si scopre che la sutura fra la linea maggiore e il porto di Trieste è prevista appena tra vent’anni, mentre quella con lo scalo di Capodistria prevede un’esecuzione rapida, con problemi enormi di concorrenza per Trieste, che è a meno di 10 km. Una gara in perdita, perché Capodistria è l’unica e sovvenzionatissima base marittima della Slovenia, mentre l’Italia – inguaribilmente tirrenocentrica – ha altri porti cui pensare.

Ma allora a cosa servono questi lavori ciclopici? Al traffico passeggeri, si afferma. Peccato che quel traffico non c’è. Le linee esistenti sono sottoutilizzate al punto che le FS hanno appena tagliato l’ultimo collegamento diurno con Lubiana. Col risultato che oggi – senza più il confine – lo spazio ex jugoslavo è meno collegato che ai tempi della Cortina di ferro. «Il rischio – spiega Andrea Wahrenfennig di Legambiente – è che con l’alibi di questa mega opera nessuno si prenda cura della rete esistente per i prossimi vent’anni, lasciando alle ortiche tratte minori ad alto potenziale, come la Monfalcone-Opicina o la sutura di appena 8 km fra Trieste e Capodistria, riattivabili con grande giovamento per l’economia».

Ma alla Regione nessuno ha voglia di toccare la patata bollente che la giunta di destra ha ereditato dalla gestione Illy. Lo stesso ex assessore ai Trasporti, Lodovico Sonego, discusso notabile DS che ha spinto la TAV fino alla morte, dichiara di non voler tornarci sopra. Tanto più in tempo di elezioni. Intanto la protesta cammina. Sul Carso s’è appena fatto un raduno silenzioso con mucche, asini, maiali e cavalli, in rappresentanza dell’ambiente ferito. Sotto accusa la procedura delle grandi opere, affrontate con studi d’impatto ambientale insufficienti e forieri di guai. «L’unico modo per uscirne – commenta Giuliano Sauli, ingegnere ambientale della “Naturstudio” – è monitorare il territorio in modo in modo più attento. E offrire alle comunità ripristini del paesaggio più che compensazioni in denaro»

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8 commenti a L’alta velocità spaventa Trieste, secondo Rumiz

  1. Marisa ha detto:

    ….dove buttare il materiale di scavo delle gallerie? Ma scusate, a Trieste non c’è in progettazione il molo ottavo? E con quale pietrame pensate riempiranno 20 metri di fondale per fare il nuovo enorme piazzale del molo ottavo?

    E a cosa dovevano servire le casse di espansione sul Tagliamento? Ad avere la ghiaia per fare poi il cemento (tanto, tantissimo cemento!) necessario per la TAV nella Bassa friulana!

    Quest’ultima non è farina del mio sacco, ma ascoltata in una delle tante conferenze indette dalla NO TAV FRIULI.

    A proposito, immagino lo sappiate che Paolo Rumiz, inizialmente risulta essere stato un grande sostenitore della TAV….
    Poi ha visto il disastro Firenze-Bologna…..

    Comunque, mi pare sia arrivato buono ultimo su questo tema, visto i tanti anni che Aldevis Tibaldi e Paolo De Toni, si stanno dannando l’anima contro la TAV nella Bassa friulana e anche sotto il Carso.

  2. Bibliotopa ha detto:

    TAV io l’ho provata in Francia ed è una gran bella cosa, ma TAV con percorsi ad anello è un’aberrazione anche come TAV ( anzi, non è più TAV)

  3. Macchinista ha detto:

    A Trieste una linea AV non serve, serve una AC, che colleghi il porto con il resto d’Italia e con il centro Europa. Serve un potenziamento dell’infrastruttura esistente, in modo da far andare i treni a 200 kmh e i merci a 160, serve un collegamento tra il porto di Capodistria e Trieste, serve un potenziamento della linea da Opicina a Maribor e poi da qui in Ungheria (gli ungheresi stanno finendo l’elettrificazione della linea da Hodos e gli austriaci stanno rimettendo il secondo binario verso Maribor).

    Le linee AV abbiano la stazione finale a Mestre, Venezia o presso l’aeroporto di Venezia, da qui bastano collegamenti diretti (con massimo quattro fermate in modo da fare il tragitto in un ora per TS) con Tarvisio, Trieste e Lubiana.

  4. Dejan Kozina ha detto:

    Ho notato che scaricare i documenti dello studio di fattibilità passando per il sito della Riserva naturale sembra un percorso ad ostacoli fatto di nuove finestre, script e fogli elettronici in formato proprietario, un gioco dell’oca in versione digitale (con tanti saluti a quanto richiesto dalla legge in materia di accessibilità ai soggetti disabili dei siti della pubblica amministrazione).

    Per quanti avessero difficoltà ad arrivare al traguardo o non gli sembra corretto dover pagare l’obolo a Microsoft per avere accesso a documenti pubblici ecco qua una pagina senza tanti fronzoli, ma coi collegamenti diretti ai file in formato PDF:
    http://kozina.com/premik/proga.htm

  5. StripedCat ha detto:

    ben detto Macchinista…

    se non ricordo male, alle medie ci insegnavano che da campo marzio a vienna ai tempi di serbidiola si andava in meno ore che adesso.

    me vien da pianzer co’ vado a veder i cimeli a campo marzio adesso…le foto delle stazioni sul carso…i disegni in tedesco…me strinzi el cuor. quanta ingegneria gloriosa in disarmo!

    d’accord avec Bibliotopa aussi…in Francia i treni funzia ma i tira dritto per dritto, senza far pupoli per far guadagnar soldi ai amici dei amici. e le stazioni no le xe’ ricettacolo de dozzine de schermi al plasma che vomita spot e nascondi le za’ carenti informazioni per i viaggiatori (ogni riferimento a Stazione Termini e’ del tutto intenzionale).

    (nessun de voi ga za’ testa’ l’autozug?)

  6. Radimiro Dragovic ha detto:

    Quello che mi consola e’ che esista un’unanimita’ di consensi in ogni schieramento per la tutela della nostra Val Rosandra. Come gia’ ripetuto le decisioni importanti verranno prese altrove ed il consiglio comunale di Dolina ha facolta’ di esprimere un parere puramente consultivo. Tuttavia facendo pervenire una documentazione dettagliata della situazione morfologica della zona in questione,ritengo che Sia a Roma che a Bruxelles non possono ignorare le argomentazioni esposte. E’stata un’ottima conferenza e cio’ dimostra quanto sia sentito il problema e non solonto da queste parti, visto che ci sono stati interventi da tutto il settentrione. Da quello che ho appreso sembrerebbe che il problema della Tav sia di gran lunga maggiore nel nostro paese rispetto ad altri stati, sia in termini di costi che di danni all’ambiente.

  7. Marisa ha detto:

    Radimiro….pensi davvero che basti far pervenire una documentazione dettagliata?

    Per salvare il fiume Tagliamento dalle demenziali casse di espansione hanno dovuto fare ricorso alla corte di giustizia dell’UE…e non una volta….ma più volte. E pensa che il Fiume Tagliamento è l’unico fiume europeo ancora allo stato naturale (ossia non infilato in un canale artificiale….), è studiato da studiosi di tutto il mondo proprio per questo ed è anche tutelato dall’EU al massimo livello. Ma ciò nonostante…per fermare le casse di espansione è stata necessaria una battaglia LEGALE durata 10 anni.

  8. effebi ha detto:

    (ocio ! segnalo: ci sono diversi post che trattano di “trieste” catalogati come “litorale”)

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