21 Aprile 2009

Rumiz contro il percorso del Corridoio 5: «un sistema di curve decisamente anomale per un percorso ad alta velocità»

Il giornalista triestino, Paolo Rumiz, ha espresso sul Piccolo i suoi dubbi sulla costruzione del corridoio 5 dalle nostre parti. Di seguito il testo del suo articolo di ieri.

Tav, i mille segreti di un progetto che rischia di sventrare il Carso

Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si rassegnino. Per avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territorio – l’opera pubblica più ciclopica del dopoguerra nel Friuli-Venezia Giulia – dovranno rivolgersi al piccolo Comune di Dolina.

Dovranno farlo, perché il resto è silenzio. Sul percorso ad altissimo impatto ambientale si vocifera da quasi due anni, ma Regione, Provincia e Comune capoluogo non hanno mai voluto fornire notizie. Come non hanno ritenuto di coinvolgere gli elettori in fase di progetto, ora non ritengono di doverli informare a cose definite. Qualcuno fa il pesce in barile, e dice di non saperne nulla. E già questo dovrebbe inquietare.

La sola finestra in questo anomalo riserbo è l’assemblea aperta indetta dal Comune di cui sopra, oggi alle 18.30, nel teatro di Bagnoli della Rosandra – Boljunec. È un’occasione speciale che si offre a tutti gli abitanti tra il confine sloveno e Monfalcone: tanto più che gli uffici tecnici municipali hanno avuto la bontà di inserire i tabulati del progetto nel sito www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it, per consentire al pubblico di intervenire meglio nel dibattito.

Consiglio vivamente di darvi un’occhiata. Basta cliccare in alto a sinistra la voce “Documenti riguardanti il corridoio 5”, poi cercare “studio di fattibilità” nel riquadro di sinistra. Dopo la descrizione, in basso a destra c’è il simbolo dell’Excel (33Kb), cliccando sul quale compaiono 62 disegni e relazioni.

Dieci minuti sono sufficienti per capire. Ciò che si supponeva è confermato. Il tragitto della Tav, anziché prendere diagonalmente quota sul Carso per raggiungere il nodo di Divaccia (“gate” per la direttrice Lubiana-Budapest), sprofonda in galleria parallelamente alla costa – Santa Croce, via del Pucino, Gretta, San Giovanni – e sfiora Trieste per poi risalire, avvitandosi attorno alla Val Rosandra, con un sistema di curve decisamente anomale per un percorso ad alta velocità. Un percorso che comporta il doppio di gallerie necessarie e pare avere l’unico scopo di agganciare con più facilità il porto di Capodistria, con una bretella lautamente finanziata dall’Unione Europea.

Tutti sanno che più gallerie significano più spese e più rischi ambientali. Lo si è visto nel percorso della Tav tra Bologna e Firenze, in tunnel per il 90 per cento, costato il quintuplo del previsto alle nostre tasche, e cifre incalcolabili in termini di dissesto idrogeologico. Settecentocinquanta milioni di euro, secondo la valutazione del tribunale di Firenze, per non parlare delle cave rimaste aperte e dell’inquinamento da scorretto smaltimento dei materiali di scavo. Di fronte a un simile scempio è giusto e necessario allarmarsi e chiedersi come mai un’opera così importante per l’economia del Nord-Est sia portata avanti con una segretezza che – visto il terreno – potremmo quasi definire “carsica”.

Vi sono tante domande in sospeso su questa storia della Tav, ma la prima di tutte è: perché questa scelta? Perché un tragitto che comporta lo scavo di ben 7,75 milioni di metri cubi di roccia in terreno carsico – dunque ricco d’acqua e imprevedibile – e non sembra offrire significativi vantaggi né alla città né al suo porto? Perché non un percorso più semplice, più superficiale e distante da Trieste, ma collegabile alla città con un servizio navetta dalle parti di Opicina? A chi giova davvero tutto questo, aziende edilizie a parte? Ma è solo l’inizio di una serie di domande da cui è difficile scappare. Per esempio: quale voce in capitolo hanno avuto gli esperti del terreno?

Tra Firenze e Bologna quasi nulla. I geologi, che avevano avvertito dei rischi di quel tragitto, sono stati ignorati dal direttore del lavori (poi ministro) Pietro Lunardi, coi risultati che si vedono: novanta corsi d’acqua, risorgive e pozzi ridotti al minimo o scomparsi per sempre. Ora il rischio è che accada anche qui, se è vero che nella stessa relazione si ammette che lo studio è stato compiuto solo “sulla base di dati disponibili in letteratura” e “senza un riscontro puntuale sul campo”. Col risultato, si conclude, che alcune alterazioni sull’habitat “potrebbero risultare irreversibili”.

Altra domanda: come mai la Regione ha potuto consentire che il grosso dei lavori si concentrasse nell’unica vera grande riserva naturale della Provincia, la forra della Val Rosandra, la più straordinaria cattedrale di roccia del Friuli-Venezia Giulia, sede di un acquedotto romano ancora intatto e punto di passaggio di fauna selvatica di ogni tipo? Che senso della programmazione ha una Regione che chiede per la Val Rosandra la tutela del programma europeo “Natura Duemila” e poi ne consente lo smantellamento?

E ancora: come mai il grosso dei lavori di sbancamento si concentra in un Comune – Dolina – che ha sofferto più di qualsiasi altro in termini di grandi opere? Perché ora anche la Tav in un territorio già piagato da enormi cave mai ripristinate, dagli sbancamenti per la Grandi Motori e dagli espropri di terreni agricoli per i serbatoi della Siot? Perché portare al collasso uno spazio già sfiancato da espropri, sbancamenti e oleodotti, col rischio di creare una protesta popolare simile a quella della Valsusa?

Ma soprattutto: perché non se ne parla? Perché bisogna rivolgersi al Comune di Dolina per cavare il ragno dal buco? Si parla tanto di federalismo, e allora cosa vi è di più federale del coinvolgimento delle popolazioni interessate nel progetto di grandi opere?

In gioco, con la Tav attorno al nodo di Trieste, è l’essenza stessa del rapporto democratico fra il Centro e il territorio. Una partita, questa, che va giocata responsabilmente da tutti, nella speranza che al centro vi sia la pubblica utilità e non l’interesse di alcuni. Saperlo, è indispensabile, affinché a vincere, nella definizione del percorso, non siano semplicemente quelli che urlano di più.

Il treno veloce è indispensabile a togliere Trieste dal suo binario morto e a ricollegarla al suo Hinterland naturale. Ma siamo in Italia, e ahimé molte opere di pubblica utilità, come le centrali eoliche e le grandi discariche, sono dislocate non sulla base di priorità o piani concordati, ma sulla base delle “minori resistenze” del territorio. Una grande azienda si presenta con molti soldi a piccoli Comuni in bolletta e contratta con loro una grande opera pubblica senza l’apertura di un tavolo regionale. Chiaramente è una partita senza storia, in assenza di garanti all’altezza. Non vorremmo accadesse anche da noi, e soprattutto non vorremmo accorgercene solo a cose fatte.

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9 commenti a Rumiz contro il percorso del Corridoio 5: «un sistema di curve decisamente anomale per un percorso ad alta velocità»

  1. Davethewave ha detto:

    sul percorso del corridoio 5 aveva scritto già sul picoglio e parlato in una conferenza il geofisico Livio Sirovich.
    tra le varie cose diceva che un percorso ad alta velocità non può avere curve con un raggio di curvatura inferiore a un certo valore.
    e il percorso (che non è definito correttamente ed è disegnato su carte molto vecchie che non mostrano nemmeno la grandi motori!) non rispetta questi vincoli.
    quindi non può essere un percorso ad alta velocità…
    ci sono un sacco di errori nel progetto…

  2. Radimiro Dragovic ha detto:

    Nel percorso ci sono anche molte grotte sotteranee e quindi e’ necessario che passi piu’ a nord. La Lega Nord Trieste si batte per salvaguardare il Carso e sostiene un progetto alternativo. Fortunatamente non siamo gli unici.

  3. furlàn ha detto:

    Stessa cosa nella bassa friulana. Anni e anni di riunioni e lotte dei comitati hanno dimostrato solo che su questo tema sinistra, destra leghe e non leghe fanno fronte comune nell’imposizione di un’opera inutile e dannosa. In compenso da Cervignano a Udine si viaggia con una littorina degli anni 50 a passo d’uomo su binario unico, da Sagrado a Cormons c’è una linea bella che finta ma senza binari (ponte sull’Isonzo e sovrappassi autostradali compresi). Da San Giorgio a Palmanova c’era una linea (un binario) chiusa e che sembra si voglia riaprire, sempre a Cervignano un interporto che lavora al 10% delle sue possibilità (ad un incontro pubblico un ingegnere ha ammesso che non si può costruire un interporto su una linea est-ovest e orientarlo lungo un asse nord-sud). Da Udine a Tarvisio una linea nuova a doppio binario sottoutilizzata (i passeggeri viaggiano su autocorse sostitutive, provate sul sito di trenitalia).

  4. StripedCat ha detto:

    ocio alle bronze coverte.

    bravo rumiz che ne tien al corente de ‘sti timavi de decisioni che riscia de esser fatti senza dirne gnente.

  5. enrico maria milic ha detto:

    “sti timavi de decisioni”
    : )

  6. Sergio ha detto:

    Le autocorse sostitutive sulla nuova pontebbana sono dovute ai lavori di potenziamento della rete (sostituzione pali e ballast). In ogni caso non ci viaggia quasi nessuno.
    Cervignano lavora al di sotto del 10% delle capacità, e solo perché hanno smantellato opicina, prosecco e aurisina. Fanno regolarmente passare diversi treni dalla Slovenia al porto di Trieste per Cervignano per falsare le statistiche e giustificare il più stupido investimento ferroviario possibile… Non frequento la Ud- Cervignano, ma escludo che ci passano littorine anni ’50, solitamente il materiale dei regionali è molto recente, con alcune eccezioni, ma credo che con il nuovo contratto di servizio i vagoni anni ’80 saranno il materiale rotabile più vecchio.
    La Trieste/Koper-Divaccia è una linea ad alta capacità (non velocità). Poiché la slovenia è troppo piccola per una rete AV vuole solo eliminare la ridicola linea per Kp con i fondi UE; la nuova rete dunque necessita di raggiungere i 400m di Divaccia per interfacciarsi con la rete storica. Questo spiega le curve, resta il fatto che farla passare per la Val Rosandra (un errore, secondo me) è dovuto alle condizioni dettate dalla slovenia.

  7. effebi ha detto:

    ma ci ricordiamo questo tracciato chi l’ha deciso ?
    e perchè il progetto prevede questo tracciato e fa tutte queste curve…ce lo ricordiamo ?

  8. effebi ha detto:

    per aiutare anche i lettori più distratti sarebbe bene ricordare che, quendo all’epoca fu elaborato il tracciato alla Regione sedeva Illy e al governo c’era Prodi.

    e per aiutare a capire come nasce il tracciato proprio qui su la Bora si può trovare:

    Pubblicato da Redazione20 agosto 2007 in Ambiente e consumi, Amministrazione pubblica, EconomiaePolitica: partiti e istituzioni.
    Dalla mailing list Comitato Contro il Corridoio 5:

    “Oggi sul Piccolo c’era una paginona intera scritta dal geologo Livio Sirovich (titolo: “TAV, SPARISCE LA NUOVA STAZIONE DI TRIESTE. E L’ITALIA SPOSA IL TRACCIATO DELLA SLOVENIA”), che commenta la richiesta di finanziamento presentata dall’Italia all’UE (una 50ina di pagine, in inglese, che l’Assessorato regionale ai Trasporti dice di non avere!?! e lui invece si è procurato).
    In soldoni – oltre alla notizia non nuova che sparirà la prevista stazione sotterranea passante di v.le Miramare a Trieste – dice che il progetto presentato è quello elaborato nel 2004 dalla Slovenia (la cartografia presentata appartiene ad un istituto di ricerca pubblico sloveno), quindi l’Italia ha accettato passivamente quello che la Slovenia aveva deciso (e votato nel 2003 nel suo parlamento) per valorizzare il porto di Capodistria.
    La Slovenia chiede soldi per la progettazione e per il 30 per cento delle opere, mentre l’Italia solo il 50 per cento per la progettazione (e niente per le opere).

  9. Alfonso ha detto:

    Continuo a non capire lo strano percorso del corridoio 5 nella nostra regione. Dunque i progettisti delle Ferrovie hanno deciso che questo corridoio debba entrare a Trieste, dimenticando che la via più naturale é la seguente :Ronchi – Gorizia – Aidussina – Lubljana.
    Ma siccome si é inserita la politica che deve aiutare le grandi imprese edili (ben rappresentate dall’ex governatore Illy) ecco l’assurda proposta di mettersi a sforacchiare il carso: forse fra 20 – 30 anni riusciranno a venirne fuori ( vedi la circonvallazione ferroviaria di Trieste terminata nel 1985!)

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