9 Marzo 2009

La crisi in Germania: il Kurzarbeit di un ingegnere triestino

Il poco più che trentenne ingegnere triestino Giorgio Ciaravolo ci racconta la sua settimana lavorativa corta all’interno dell’industria automobilistica tedesca.

Così finisce la mia prima settimana di Kurzarbeit: fredda, grigia, triste e umida. Riordino con riluttanza le carte, sapendo che al momento potrei lavorare ventiquattr’ore al giorno e avrei ancora lavoro da concludere. Occupandomi di sviluppo di motori a combustione ibrida, lavoro per il futuro dell’industria automobilistica. Lavorando per l’industria automobilistica, mi occupo di un vecchio di salute effimera, pieno di acciacchi.
Chiudo i cassetti e vado a casa.

La Germania risponde così alla crisi: accorcia la settimana alle ditte che lo richiedano. Praticamente ritorna in auge il motto „lavorare meno, lavorare tutti“. Ditte in cattive acque per motivi che esulano la crisi o ditte i cui prodotti non hanno futuro non saranno sostenute. Qui lo Stato si fa imprenditore. In soldoni nel mio caso lavorerò 4 giorni su 5 e lo stato della Bundesrepublik Deutschland dove lavoro, il Baden-Württemberg, mi pagherà di tasca propria il 67% del quinto giorno e il 100% dei contributi alla pensione. Le ditte potranno richiedere fino al 100% di Kurzarbeit, garantendo quindi che almeno il 67% dello stipendio sia pagato dallo Stato ai lavoratori. I tedeschi non improvvisano, pianificano. Per quanto in ritardo sui travolgenti eventi degli ultimi mesi, la Germania non è rimasta con le mani in mano e ha riconosciuto in tempo il rischio di trovarsi di fronte a una valanga di disoccupati congiunturali già nel primo trimestre del 2009. Ciò aiuterà in particolare le famiglie di operai che subiscono e subiranno i blocchi di produzione a sopravvivere alla crisi. Tanto famiglie di tedeschi quanto buona parte dei 7 milioni di immigrati tra cui: europei EU-24, turchi, ex-jugoslavi e russi. Indiscriminatamente. Purché regolari. Se il lavoratore ha prodotto ricchezza negli scorsi anni con il suo lavoro, se ha imparato il suo mestiere, per la Germania è un valore, è know-how, lo Stato non lo lascia indietro e lo sostiene.

Da quanto leggo sui giornali, il costo dei sussidi di disoccupazione in Italia ammonterebbe a 1,5% del PIL. Praticamente un’Alitalia o un ICI e perciò la strada non è percorribile. Da anni qui al nord delle Alpi si riceve fino a 2/3 dello stipendio netto per i 12mesi seguenti alla perdita del posto di lavoro, attingendo ad una quota accantonata mensilmente dal lavoratore stesso, l’Arbeitslosgeld.

Che il modello di sostegno alla tedesca sia la soluzione migliore nessuno lo può sapere e lo dimostreranno i fatti, ma intanto qui molti possono prendere una boccata d’aria prima di immergersi in questa stupida apnea di un 2009 incerto.

Giorgio Ciaravolo

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2 commenti a La crisi in Germania: il Kurzarbeit di un ingegnere triestino

  1. Julius Franzot ha detto:

    Io concordo con il sistema tedesco della Kurzarbeit, però ha un neo: lo Stato è imprenditore solo quando deve sostenere una ditta, ma non siede nei consigli d’amministrazione, al massimo (e raramente) nell’ Aufsichtsrat, che conta pochissimo. Sono certo che col tempo anche questo problema si appianerà, ma per ora siamo alla solita malattia dello stato tedesco: il credere che con semplici pagamenti si risolva tutto. La vedo dura se, come non spero, ma temo, il prossimo governo sarà una coalizione CDU/CSU + FDP.

    In quanto al sussidio di disoccupazione, non è un’invenzione tedesca: tutta l’Europa funziona così, solo l’Italia continua a buttare nel baratro i non-raccomandati che perdono il posto. I soldi per un sistema sociale civile devono essere trovati a qualunque costo, magari abolendo province e prefetture, azzerando missioni militari all’estero, tassando (come ora in Germania ed USA) i redditi esorbitanti, riducendo gli introiti ed il numero dei parlamentari, controllando che non ci siano più pizzi sugli appalti pubblici, buttando a mare tutta la gentaglia che sta lucrando da anni sulla favola del Ponte di messina, con consulenze, studi di fattibilità, perizie…

  2. Giorgio Ciaravolo ha detto:

    Gentile Dott.Franzot, grazie mille della risposta.
    Concordo pienamente con la sua risposta per quanto riguarda il sussidio di disoccupazione.
    Non sono del tutto convinto della necessità che lo Stato vada a sedersi nell’Aufsichtsrat o perlomeno non ne vedo i vantaggi. Secondo me i “semplici pagamenti” sono sufficienti a garantire l’utilizzo neutrale delle risorse, minimizzando lo statalismo (nell’accezzione peggiore – quella italiana) ed evitando la deformazione del mercato.
    Mi aiuterebbe conoscere la sua opinione a riguardo.
    Cordialmente

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