12 Febbraio 2009

Il nuovo di Pahor, libro del giorno di Ansa

Nella rubrica quotidiana dell’Ansa, ieri è stato pubblicato questo lancio sul libro del triestino Boris Pahor:

11-FEB-09 12:33
LIBRO DEL GIORNO: PAHOR, QUANDO TORMENTAVAMO GLI SLOVENI /ANSA

GIORNO RICORDO, NON DIMENTICARE ANCHE PERSECUZIONI FASCISTE (di Paolo Petroni). (ANSA) – ROMA, 11 FEB – BORIS PAHOR, ‘QUI E’ PROIBITO PARLARE’ (FAZI, pp. 398 – 19,00 euro).

Dopo il Giorno del Ricordo delle vittime delle Foibe e dell’esodo italiano dall’Istria, celebrato ieri, sarebbe giusto non dimenticare anche le persecuzioni del fascismo nei confronti degli sloveni e, per farlo, per rivivere e capire cosa accadde a Trieste e dintorni e cosa furono quegli avvenimenti, ci aiuta forse più la letteratura della storia. Così, se da una parte possiamo leggere i libri di Fulvio Tomizza, dall’altro c’é un bel romanzo di Boris Pahor, ‘Qui e’ proibito parlare’, scritto nel 1963 e tradotto solo ora, dopo 45 anni. “I bambini sloveni hanno il diritto di leggere libri scritti nella loro lingua madre – disse Ema sostenendo lo sguardo del poliziotto – E’ una promessa che ci era stata fatta alla fine della prima guerra mondiale”. La bocca dello Smilzo si torse in una smorfia: “le promesse fatte dai politici marci del tempo non hanno alcun valore”.

Ema, la protagonista, finisce in prigione per aver organizzato un’azione ‘eversiva’ di resistenza negli anni ’20 a Trieste, dove i fascisti incendiavano centri culturali sloveni, facevano falo’ di libri, prima di passare a distruggere i villaggi che non accettavano l’assimilazione forzata e l’abiura della propria identità e lingua in favore dell’italiano, cambiando anche i propri nomi e cognomi e distruggendo il clima di pacifica convivenza costruito dall’impero austro-ungarico.

Il romanzo di Pahor, sloveno nato a Trieste nel 1913 e scoperto in Italia l’anno scorso, quando il suo ‘Necropoli’ ebbe il Premio Internazionale Viareggio e fu votato Libro dell’anno dagli ascoltatori di Fahrenheit, è un tenero, intenso romanzo d’amore, quello di Ema per Danilo, un’altro sloveno che le aprirà la coscienza e la coinvolgerà nella Resistenza, e quello per la libertà in nome delle proprie radici, della propria identità, oltre che amore per Trieste e il suo mare: “Questa è la nostra fortuna e consolazione, ma anche il nostro danno, perché la città sul mare ci infiacchisce e ci trasforma”, afferma Danilo, che subito dopo dice alla donna: “L’unico modo per salvare la vera essenza delle cose, che ci pervade dall’infanzia, è mantenere costante l’impulso alla rivolta, il solo a soffocare quel soffio che in un clima di schiavitù altrimenti s’insinua ovunque come un gas velenoso”.

Ema poi, non a caso, lavora come contabile nel negozio di un ebreo, imparando ad ammirare la persona, la sua cultura e la sua storia che subirà anche più dura persecuzione una decina di anni dopo. E Danilo le fa scoprire dove la sua lingua ancora vive, nascosta ma orgogliosa, in alcune messe clandestine in sloveno, in tanti libri passati e copiati di mano in mano, in raduni e canti in montagna come nei cori a bassa voce nelle aule di un liceo, facendole capire la responsabilità che ognuno porta verso le generazioni che verranno.

Questo, sino a passare all’azione, ma senza attentati o bombe, usando e distribuendo simbolicamente la notte di Natale, davanti a tutte le case degli sloveni, libri per bambini, per gli sloveni di domani, nella loro ‘lingua tagliata’. (ANSA).

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