Sulla mailing-list multilingue Istria-Talks viene segnalato che il cadente edificio dell’ex Nautico di Lussìn – Lussino – Lošinj è stato comprato da un business man di Spalato – Split e che sarà ristrutturato per farne un albergo di lusso. Le informazioni sono basate su un articolo del Vecernji List. Gli utenti della mailing-list spiegano che tutti i proprietari precedenti erano di Zagabria, compreso uno chiaramente collegabile a circoli criminali. Secondo il vecchio piano urbanistico l’edificio avrebbe dovuto diventare un museo. Ora il nuovo piano urbanistico permetterà la trasformazione in albergo. Secondo gli utenti della mailing list questa destinazione farà perdere per sempre un pezzo della storia di Lussìn.
Il Nautico di Lussìn è un posto mitico per molti dei vecchi lussignani, della diaspora e rimasti sull’isola. Diverse pagine di libri scritti dalla diaspora lussignana sono dedicate a questo edifico dove si sono formati numerosi marittimi lussignani. Molti degli attuali isolani, croatofoni e italofoni, considerano il nuovo Nautico creato negli ultimi decenni come un degno erede del vecchio ‘Nazario Sauro’.
Questa è una delle diverse foto che ho scattato lo scorso estate all’edificio del vecchio Nautico, quando stavo conducendo una ricerca sull’isola sull’identità dei lussignani rimasti:
….hotel de luxe: doveva essere anche la sorte del Tacheles a Mitte…ma ora probabilmente causa crisi andra’ all’asta.
http://aflatinberlin.wordpress.com/2009/01/06/bohemian-berlins-coolest-landmark-to-be-sold-off-to-the-highest-bidder/
speriamo che resti com’e’, Mitte si sta boutiquizzando troppo.
Fermate il “TRENDY” (argh!) che avanza…distrugge tutto sul suo cammino!!
(vogliamo fare un concorso delle parole piu’ abberranti? io voto per TRENDY…)
mi sa che in jugoslavia e in croazia non vanno ancora tanto per il sottile con un certo tipo di passato, malgrado siamo nel 2009… a lussìn la storia della comunità venetofona (o italofona, se preferite) viene chiaramente manipolata dal comune e dall’ente turistico, nel senso che si nasconde sempre che quella comunità parlava ‘di solito’ e nella gran parte delle sue manifestazioni pubbliche in veneto…
come a trieste, anche a lussìn la pacificazione tra comunità e punti di vista ideologici è lontana dall’essere realizzata in maniera compiuta (pur con tanti passi avanti). e forse non si farà mai, visto che le vecchie generazioni sono prossime all’estinzione e quelle più giovani hanno molto meno interesse a testimoniare com’era la vita prima del 1945 – nel bene e anche nel male, si capisce
caeteris paribus, tali strumentalizzazioni della storia (anche di eventi MACROSCOPICI) vengono fatte in modo anche piu’ sfacciato in Italia, dove il comune di roma celebra il sacrificio di 2 soldati papalini anziche la breccia di porta pia…per non parlare dei partigiani…e del 25 aprile….ecco perche’ secondo me e’ fondamentale che HISTORY HIT THE STREETS…certe falsificazioni diventerebbero piu’ difficili
La mia famiglia viene da Lussino e io ci torno spesso. Il sindaco attuale – Gary Cappelli – è etnicamente italiano, ma è raro sentirlo parlare la nostra lingua: qualche volta il dialetto. Vent’anni fa si sentiva ancora qualcuno per le strade parlare in veneziano: adesso solo quasi i turisti del Veneto. Nelle chiese un tempo una lettura veniva fatta in italiano, poi da una lettura si è passati ad un canto (di solito “Resta con noi”), adesso nemmeno più quello.
D’altro canto, nel centro della piazzetta del mandracchio di Cherso c’è la statua del più importante personaggio della storia della cittadina, il filosofo Franciscus Patricius, in italiano Francesco Patrizi (lui stesso firmò qualche libro col nome in questa forma). Da circa quarant’anni se ne è reinventato il nome come “Frane Petric”, mai attestato precedentemente, e una volta all’anno viene organizzato un convegno in onore di questo “grande croato”.
In tutta l’isola di Lussino e a Cherso si sta praticamente assistendo alla fine di una cultura millenaria, ma è un processo che credo inarrestabile: nel 1954 sono state chiuse in un colpo solo tutte le scuole italiane dell’arcipelago (a Cherso e a Lussino) e di fatto gli sforzi per la creazione di un asilo italiano a Lussinpiccolo non hanno dato esito. Si deve anche pensare che fino al 1990 non esisteva nemmeno una Comunità degli Italiani (CI) di Lussinpiccolo: i pochi italofoni della zona non avevano avuto la possibilità (o il coraggio) di riunirsi in associazione per quarantacinque anni.
Credo sia il caso di ricordare chi nel 1990 si prese la briga di mettere in piedi la Comunità: Stelio Cappelli (primo presidente), Edoardo Cavedoni, Antonio Corsano, Giovanni Vidulich, Noyes Piccini, Aldo Scopinich. Dopo Cappelli fu presidente Noyes Piccini, e adesso c’è Anna Maria Saganic.
La CI organizza fra l’altro dei corsi di italiano che riscuotono un buon successo, ma sono di fatto divenuti dei corsi di lingua per croati con pochissimi iscritti che si dicono italiani. Come diceva un famoso presidente dell’Unione degli Italiani – Antonio Borme – è addirittura possibile che la minoranza italiana si estingua, pur mantenendosi vivo l’uso della lingua.
aggiungo alcune cose che so, mentre per quanto riguarda le opiniomni generali non intendo dire la mia:
– gari cappelli mi risulta che sia di una famiglia ‘mista’: il padre madrelingua veneto e la madre madrelingua croata.
– dal 1954 al 1990 non sono esistite le comunità degli italiani e le scuole in italiano a cherso / cres e lussìn / losinj / lussino. questo semplicemente perchè, di fatto, sono state vietate dal regime jugoslavo
– l’asilo a lussin piccolo oggi non viene aperto, malgrado un enorme finanziamento da parte dello stato italiano per l’acquisto di villa perla. questo accade certamente a causa della latitanza delle istituzioni sia italiane che croate (forse non solo a causa loro).
– frane petric / francesco patrizio non è l’unica croatizzazione forzata. lo è anche, a lussìn, quella di Josef o Giuseppe Kaschmann, croatizzato in Josip Kašman. ma, che mi risulti, lo è anche l’auto-italianizzazione di Wilhelm Oberdank in Guglielmo Oberdan. lo è anche il nome dell’assessore Franco Bandelli, il cui cognome originariamente suppongo derivi da Bandelj. penso che potremmo fare una lunga lista delle nefaste influenze del nazionalismo sui nomi delle persone e della toponomastica, da diverse parti dei confini dell’alto adriatico
Beh tuto condivisibile, tranne considerar la stesa roba auto-nazionalizzazione e nazionalizzazione forzata da terzi. Il nome e’ mio e lo gestisco io!
questo xè anche vero. bastassi però anche non far finta che el cognome sloven no sia mai esistì…
Giusto. Pero’ cusi’ el discorso se fa de psicologia (sul perche’ un se sveia de matina e vol scancelar el suo -lj -k o altro) piu’ che de storia e uso politico della storia…
giusto.
però no xè de desmentegarse che anche la psicologia dele persone la xè sogeta a influenze e scelte politiche (“politiche” nel senso de influenzade da poteri)
Anche giusto. Pero’ xe de star atenti de no rivar a giustificar robe tipo “ti te gha i oci cusi’ o i cavei culi’ e alora te apartien al popolo XX pero’ te se senti YY perche’ per tanto tempo YY te gha inzinganado con giornai e cine. Adeso che mi capo de XX torno a casa tua, te restituiso el tuo “vero” cognome e i tui veri toponimi.
Robe compagne xe stade za fate un po’ da tuti.
giusto…
E cossa i buterà zò la scòla indove gavèva studià i comandanti Brazzànovich, Giadròssich, Petrànich e Bogdànovich?
Kuraz!
Ma oggidì che tuti gà la television, cossa ve servi le scòle? Ve xe più conveniente far un albergo. Del resto anche a Trieste, dove no i xe strenti come i lussignani, i vol far un postegio nela scòla rente la questura.
Sarà per via dela lingua, ma a mi me par che, de quando dovèmo far soldi a tuti i costi, nissun gà pel cul l’istruzion, nè de qua, nè de là.
Intanto devo dare una brutta notizia: è morto Nivio Toich, il “mitico” presidente della CI di Cherso, già sindaco della cittadina. Voglio ricordare che negli ultimi anni si era speso per far mettere sulla torre dell’orologio la copia del vecchio leone di San Marco, tirato giù dai partigiani dopo la guerra. Questo leone è stato fatto da uno scalpellino veneto, sulla base di un frammento esistente (incorporato nel nuovo manufatto) e dei vecchi rilievi. Chi l’ha visto nella sede della CI di Cherso e l’ha confrontato con le vecchie foto, avrà notato che praticamente è uguale al precedente.
Morale della favola: la sovrintendenza ai monumenti ha detto che siccome è una copia non va bene, e quindi adesso ci teniamo il “buco” attuale, al centro del quale stava fino agli anni ’80 una scritta “TITO” e adesso un moderno piccolo scudo a mosaico col nuovo stemma della città (nuovo nel senso che è stato creato nel 1947).
Tornando a Lussino, sull’italianizzazione forzata dei tempi andati non posso che dire peste e corna, ma quella è finita con la guerra, mentre l’attuale croatizzazione è esattamente uguale e nessuno dice niente. Avete mai visto la guida turistica della città, preparata sotto gli auspici del comune? Addirittura hanno tradotto in croato il nome dei primi velieri lussignani costruiti nei “nostri” cantieri, e se uno non sa la storia locale non potrà mai sapere come stavano veramente le cose! Secondo la guida, il primo brigantino si chiamava “Prvi Lošinjan” e fu costruito da Sixto Katarinic, mentre il suo vero nome fu “Primo Lussignano” e il suo costruttore si firmava Sisto Cattarinich! Volete saperne un’altra? Secondo questa guida, a Sansego si parla un dialetto slavo (e fin qui va bene) infarcito da “parole arcaiche”, che sarebbero per esempio “papuze” per “scarpe”, “recini” per “orecchini”, “traversiela” per “grembiule”. Avete capito? Non si dice nemmeno che sono parole venete, ma “arcaiche”!
Io sicuramente non sono un osservatore neutrale, ma ogni volta che vedo queste cose mi domando: insomma, oramai non c’è più questione sui confini, gli italiani sono praticamente scomparsi… perché non volete tutelare veramente la storia e la memoria di queste terre, e invece continuate a calpestarla?
scusate se sono un po’ off-topic ma il tema “forzature della storia (e della geografia)” mi fa pensare a questo articolo…
http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/proposta-rsi/proposta-rsi/proposta-rsi.html
Per quel che può servire, io sono d’accordo con Giuliano Vassalli al 100%.
…concordo, tranne che sull’orario dell’incontro a fine pagina…che mi ha fatto cadere le braccia
perche’ organizzare queste cose alle ore 16?
e poi ci si lamena della “scarsa partecipazione” dei cittadini…
sono orari per insegnanti, pensionati e liberi professionisti, rispettabilissime categorie, ma quelli che “staccano” dalle 18 in poi non sono “in target”, per usare una brutta parola?
quindi anche oggi sono riuscita a finire la giornata schifata dalle iniziative del governo (e vabbe’, logico), ma anche SCONCERTATA dalla mancanza di senso della realta’ di chi al governo non ci sta, e a cui modestamente paghiamo lo stipendio (o la pensione, non so).
queste sono cose per cui bisognerebbe SCENDERE IN STRADA e alla fine sara’ una chiacchera tra 4 vecchi signori all’ora del te’, mentre il popolo apprende dal TG2 che il ghiaccio dell’artico ormai e’ tornato come mamma l’ha fatto…
vorrei sapere se qualcuno ancora si ricorda di fare OPPOSIZIONE…e il casino qui va avec…
non è proprio vero che nessuno dice niente.
ne parla l’organizzazione di esuli lussignani. e sono certo che gli attuali abitatori dell’isola, di lingua veneta, sono d’accordo con quanto dici. non credo però che il contesto politico e sociale di lussìn degli ultimi 20 anni (o 60?), a maggioranza croatofona e croata nazionalista, sia esattamente “l’ideale” per questo tipo di rivendicazioni.
quella che invece mi stupisce è l’assenza, su questi temi, di tutti i governi romani dal 1990 ad oggi.
Io credo che ovunque le minoranze vengano affossate dalla maggioranza di Stato sia per la paura, più o meno inconscia, che tali minoranze siano più importanti di quanto i numeri del momento dicano.
Così è di qua, così di là.
Se poi la maggioranza di stato dimostra la cecità e il nazionalismo sfrenato che la Croazia montanara sfodera, dopo aver sperimentato una guerra del genere, non ci si può aspettare nulla di buono.
Per Enrico.
Dici bene: ne parla l’organizzazione di esuli lussignani. Amaramente, essa riconosce che anche i rapporti con i rimasti sono estremamente complessi, qualora vadano anche poco al di là della semplice “visita parenti”.
Ti faccio un esempio: la chiesetta di San Giuseppe è stata restaurata con i soldi provenienti dall’Italia. L’associazione degli esuli ha chiesto venisse murata una piccola lapide bilingue (italiano/croato) che accennasse alla storia della chiesetta. Risposta: se volete mettere una lapide, questa dev’essere solo in croato. Il bello è che anche alcuni iscritti alla locale Comunità degli Italiani erano d’accordo: siamo in Croazia e a Lussin non c’è l’obbligo del bilinguismo! E se questo è il pensiero di alcuni rimasti, puoi solo lontanamente immaginare cosa pensano i croati.
Ti faccio anche qui solo un esempio: un vecchio fondaco di proprietà di uno zio esodato in Italia è stato trasformato in una pizzeria. Qualche anno fa andiamo a mangiare la pizza in questo posto, e notiamo che il proprietario ha intonacato tutto il locale: purtroppo è stato così cancellato il nome della famiglia, che dagli anni che furono era dipinto su un muro esterno. Chiedo al proprietario se per caso ha fatto una foto dei lavori: vorrei portarla a questo zio (che è ancora vivo), e gli spiego che era il vecchio proprietario e che dopo la guerra se n’era andato via. Il nuovo proprietario – che non era di famiglia storicamente lussignana – mi dice: “Andato via? Ah sì, molti croati se ne sono andati via perché non erano comunisti”. Quando gli ho fatto notare che non si trattava di un croato mi ha guardato come si guarda un matto: “Ma come? Ma se aveva il nome …ich”. “Non tutti quelli che si chiamano …ich sono croati”, gli ho detto, e lui in risposta: “Ah sì: durante il fascismo gli hanno fatto il lavaggio del cervello per farli diventare italiani”.
Questi qui imparano queste cose in certe zone del Quarnaro fin da piccoli, per non dire di come gli raccontano la storia della dominazione di Venezia: una volta un ragazzino mi ha detto che una volta Cigale era piena di boschi (i boschi attuali sono stati piantati da un illuminato imprenditore austriaco sulle precedenti pietraie), ma i veneziani hanno tagliato tutto quanto per farsi le loro navi. Quando gli ho chiesto chi gli aveva raccontato questa cosa, mi ha detto che la sua professoressa di storia aveva raccontato che i veneziani avevano predato la Dalmazia per cinque secoli, riducendola in condizioni miserande rispetto alla ricchezza precedente (quando c’era – secondo loro – un regno croato a dominare la costa) e snazionalizzando i croati autoctoni!
Ti ho fatto questi piccoli esempi, ma ne avrei decine da raccontare…
Di questo tipo di eventi ne ho registrati anche io, e parecchi.
Tutto questo non mi sorprende perchè conosciamo come la lettura della storia sia stata costruita a senso unico in Jugoslavia. A scuola e nella produzione delle informazione e cultura di massa del regime, gli italiani venivano censurati o esorcizzati come fascisti o colonizzatori. Questo tipo di approccio è stato evidentemente almeno in parte ereditato dal contesto del nuovo stato croato – non per decreto ma perchè la Jugoslavia aveva plasmato comportamenti e un contesto sociale in maniera evidentemente efficace.
Non occorre dire come anche l’Italia, sia fascista che repubblicana, si sia comportata e si comporti in maniera simile (nei libri di storia o nei mezzi di informazione, basta pensare a come ancora oggi ci si dimentica facilmente della storica presenza di popolazioni di lingua slava nel Nord Adriatico).
Ciò che trovo discutibile oggi è non solo che non si sanino queste ferite e distorsioni con delle produzioni di memoria condivisa. Ma è l’idea per cui dei posti appartengano storicamente a delle nazionalità.
Sappiamo tutti come prima del 1800 parlare di nazionalità italiana o slovena o croata non può avere senso. L’idea di nazionalità è infatti un’invenzione moderna.
Pertanto affermare che l’Alto Adriatico è un posto italiano (o croato o che altro) mi pare discutibile e sbagliato. E’ comodo ma privo di fondamento il legame che si usa di solito fare tra Italia e la Repubblica di Venezia piuttosto che con l’Impero Romano. I cittadini veneti non si sentivano quasi mai italiani e soprattutto non si sentivano di nazionalità italiana. Si sentivano abitanti di una città o di un villaggio. Ovviamente questo vale ancora di più per gli antichi romani. Dire che gli Stati veneto e romano sono stati dei precursori o padri dello Stato italiano è qualcosa di illusorio. Dire che noi, che ci possiamo eventualmente sentire italiani, siamo per questo vicini e accomunati a chi viveva sotto il Doge, è altrettanto illusorio. Tutto questo si chiama, per molti studiosi, invenzione della tradizione.
L.P., ti capisco, ma l’eredità culturale del fascismo italiano e comunismo balcanico (croato-sloveno) ha lasciato delle convinzioni, delle sicurezze , dei convincimenti che hanno il loro peso ancora oggi.
Purtroppo.
(di oggi un’atra disputa tra Turk -presisente sloveno (ex-comunista convinto) e certa destra triestina (Menia)- ognuno difende le sopracitate “convinzioni, sicurezze , convincimenti”.
Chi dei due sarà più chiassos? più radicale? più esagitato?
Enrico, la strumentalizzazione della storia e dei simboli della Repubblica di Venezia effettuata dal fascismo è una cosa assolutamente vergognosa, e purtroppo è stata una delle cause – e non ultima – degli odi in queste terre: s’inizia a manipolare il passato con l’idea di indirizzare il presente. Poi il fascismo ci ha messo degli altri carichi da undici, che ben sappiamo.
La cosa che mi dispiace però è che adesso – con tutta la buriana che è passata e con gli ultimi sessant’anni di semi-oblio – come fai tu a spiegare ad un ragazzino perché il cenotafio/chiesetta della famiglia Stuparich di Lussingrande è fatto in quel modo, con le parole scritte in italiano, e che da questa famiglia sono derivati sia dei discendenti che si sono detti croati che altri che addirittura allo scoppio della Grande Guerra sono scappati in Italia per combattere contro l’Austria, come Giani Stuparich?
Come rendere giustizia alla storia personale di questi nostri avi – che spesso scelsero la propria autoidentificazione etnica sulla base di inclinazioni personali e/o visioni più o meno romantiche – senza sembrare di far torto “all’altra parte”?
Io anche mi chiedo: perché il nome del prozio di mia moglie (un italiano di Susak, il quartiere periferico di Fiume) adesso è celebrato in Croazia come “buon architetto croato della prima metà del XX° secolo”, e si sono rifiutati perfino di ascoltare le testimonianze dirette di mio suocero – suo nipote – che l’ha conosciuto di persona? Perché prendono il suo nome proprio e da “Corrado” lo traslitterano in “Konrad”?
Una volta pensavo che arrivati ad un certo punto ci saremmo dati una calmata, ed è vero che per lo meno nessuno pensa più seriamente di rimettere mano ai confini. Per cui essendo tranquilli su questo fronte, perché continuare a girare ancora questa vite in fondo al buco?
Menia a me fa venire i brividi, per quanto è rozzo e ignorante: lui non riesce proprio a comprendere la “duplicità” delle zone di confine: la confonde con la “doppiezza”, che per lui è un sinonimo di “tradimento”. Però dall’altra parte del confine trovo continuamente dei personaggi uguali e contrari, che a differenza sua (che è convinto di avere una “missione”) sono convintissimi di dire delle cose pacificamente condivise, democratiche, ovvie, e ti sparano che tuo padre era un croato o un fascista, per esser scappato sessant’anni fa. Prova poi ad andare in Dalmazia, dove certuni ti raccontano che gli italiani che se ne sono andati da Zara erano in gran parte calabresi o comunque immigrati nel ventennio!
Concludo con un lungo e disordinato volo pindarico: ogni tanto sogno una nuova entità politico/geografica, che comprenda Veneto, Friuli, Venezia Giulia, Istria e pure l’intera Slovenia, magari aperta anche al Trentino Alto Adige: tedeschi, italiani, sloveni e croati che dalle montagne vanno al mare, parlando la lingua che vogliono e sentendosi a casa in tutti questi posti. Se prendi un compasso ti accorgerai che tutto sommato si tratta di una zona ancora piccolina, con meno di dieci milioni di abitanti: uno staterello/federazione. In questo mio pazzo sogno lo sloveno viene insegnato nelle scuole italiane di confine, l’italiano in quelle slovene, il tedesco se lo impara chi vuole. Ma perché non devo volere lo sloveno nella scuola di mio figlio, mentre l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo mi vanno bene? Ho paura che la mia progenie si slovenizzi? E perché non ho paura che si anglicizzi? Rendete però giustizia ai nostri avi: a quelli che non sapevano una parola di italiano se non il dialetto ma si dicevano “italianissimi”, a quelli che parlavano italiano, ciacavo, croato, tedesco e veneto (se non anche ungherese) e se ne infischiavano dell’impiegato del comune che veniva a censirti per chiederti la lingua d’uso: “Parlo quel che vojo, a casa mia, kuraz!”
Scusa Giorgio: ma te se riferissi alla scola de piazza vecia? la dependance siberiana del biennio del carli?! veramente?!
LP anch’io ho sognato spesso lo stesso volo pindarico, dove ognuno parla la sua lingua, e tutti si capiscono, la frontiera e’ un capitale inestimabile ma c’e’ sempre qualcuno che ha interesse a svilirlo e a ritorcelo contro i frontalieri e cio’ dai due (o piu’) lati
forse solo a Basel sono riusciti a fare qualcosa del genere…forse?
per la scola de Piazza vecia, per Striped Cat, che adesso ga el porton su via del teator orman, rispondo mi: sul siberian pol dipender,c he almeno co ghe insegnavo nei anni 80 la iera assai meo scaldada dela central, dove che ben più spesso se rompeva el riscaldamento. El Comun proprietario ga semsso de farghe lavori ( in succursal) disendo che co i finirà 8i lavori in Central, lato ex elementare de via san giorgio che xe ormai 6-7 anni che se strassina e che sto anno i ga ricomniciado, no ocorrerà succursal e che quella sede ( che xe anche andada via la Biblioteca Quarantotti Gambini ex Biblioteca del Popolo) la ghe servi a lori per i loro uffici comunai. E te vedi allora se no i se la metterà ben a posto, altro che garas! mi no go mai visto pavimenti de vecia piera più bei e più lustri de quei..
orman.. eeh.. roman emsso.. smesso.. me se ingropa i diti?
Bibliotopa grazie de contarme cossa nassi nella mia vecia scola…
piaza vecia gaveva sicuramente charme coi suoi bei coridoi, e non cascava i sofitti come a via baciocchi! ma se non me incasino i ricordi tra tutte le succursali, dovevimo uscir de classe a scaglioni per non far tremar i pavimenti…
ma co’ te insegnavi ti te fazzevi i doppi turni? (no xe che per caso te insegnavi alla C comercio estero?)
muli scuse’ no volessi trasformar el post in Carrambata ma go’ un gropo de nostalgia de quando la scola iera MERAVIGLIOSA…
Striped Cat, sì, go fati doppi turni e anche qualche orario coi doppiturni, che iera afar de chebe, ore con matita e gomma, ma nela mitica C… mi iero una dei ultimi bubez,nele sezioni cole ultime letter del alfabeto, po col tempo go aftto amicizia con lori, in particolar la prof de lettere.. in fondo, el Carli iera la prosecuzion dela Accademia de cCommercio e Nautica, el pendant triestin del Nautiche de Lussin, anzi forsi ancora più vecia. E la mitica Arich se no la iera lussignana la gaveva sicuro parenti de quele parti..
L.P., concordo ancora una volta. Tu accenni a Menia, ma in Slovenia come in Croazia ci sono altri Menia – differenti – anzi sono convinti che sono differenti (perchè comunisti) anche se non si rendono minimamente conto che sono invece molto simili.
C’è qualcuno “di sinistra” nei Balcani che abbia veramente capito i danni che ha fatto il comunismo Titino?
C’è qualcuno “di sinitra” nei Balcani che ha chiesto scusa (non solo agli italiani) a tutti che non vollero diventare comunisti e si opposero a quella barbarie?
(In fin dei conti prima del 1990 Tudman era un ex generale titino, Milosevic un socialista convinto, in Slovenia Kucan era a capo dei servzi segreti, Turk era nell’amministrazione comunista, Jelincic ha il busto di tito nel giardino ecc. ecc.).
Ma non perdere la speranza prima o poi gli ci capiremo tutti, le cose cmq vanno meglio negli ultimi anni, e che ci sono ancora tanti scheletri negli armadi ed i custodi politici lo sanno bene).
Bibliotopa grazie, te sa che no savevo che faseva pendant con Lussin? grande scola, grande Arich…grande (anche nei incubi) Fait, che ne insegnava a noi fioi – anche per quei non potochi in purezza – el vero dialeto triestin tra do’ mastrini e sei piconi…(la lezeva i voti dal piu’ alto al piu’ basso, roba de guantanamo)
bon stasera me stenografo a mente col Gabelsberger-Noe tuti i titoli de coda del film per comemorar la triste sorte della sucursale…
Muli e Mule scuse’ la divagazion sentimental-ITC, ma fedele a l’esprit de metissage AlpAdriatico che ne sta a cuor a tuti quanti credo
bon cossa podemo far concretamente perche’ le nostre scole non le vegni coverte de una man de bianco ma resti una fedele traccia?
femo come a Berlin che ogni scola ga i suoi veci scolari che vien a contar come che iera?
idee e suggerimenti? anche sul web?
http://www.itccarli.it/Dokuwiki/doku.php?id=storia_carli
eh eh bibliotopa te go scoverto solo ora! mitica!
(crolo sofito: been there)