10 Ottobre 2008

I pochi rifiuti riciclati a Trieste e in Friuli Venezia Giulia

A novembre dovrebbe essere presentato il nuovo Piano regionale dei rifiuti, tramite cui il Friuli Venezia Giulia (la Regione, le Province e i Comuni) dovrebbe tentare di staccarsi dagli imbarazzanti scarsissimi livelli di raccolta differenziata registrati sul territorio – Trieste a far da poco mitteleuropeo fanalino di coda. A giugno Andrea Dessardo ci ha mandato questo interessante contributo che, colpa del direttore, solo ora pubblichiamo.

È vero che i rifiuti, che noi differenziamo, vengono raccolti dai camion della nettezza urbana, come vuole la vulgata, tutti con lo stesso camion e bruciati nel termovalorizzatore? Assolutamente no, assicura il dott. Cristiano Bresich, Responsabile Servizi Esterni Recuperi e Smaltimenti di AcegasAps S.p.A. Una politica di questo genere costituirebbe per l’azienda un grave danno economico: dalla differenziazione infatti ci guadagna. Bresich non si spiega le frequenti segnalazioni di molti cittadini che giurano d’aver visto lo stesso camion svuotare insieme cassonetti e campane, si tratterebbe di una leggenda metropolitana, rilanciata anche dalla stampa locale, incline al sensazionalismo. Tutt’al più si potrebbe ipotizzare che, essendo i camion della raccolta sempre gli stessi nell’arco della giornata (AcegasAps dispone di quaranta mezzi, in giro quotidianamente dalle 4 alle 22, esclusi i festivi), che raccolgono a turno l’immondizia differenziata e – dopo il lavaggio – anche quella generica, alla gente sembri che buttino tutto insieme, carta, vetro, plastica e scovaze varie.

AcegasAps, dunque, alla raccolta differenziata ci tiene, se non per spirito ecologista, almeno per motivi di bilancio: con i contributi di aziende collegate nel consorzio Conai. Per ogni tonnellata di carta riceve 28 euro, 78 per il cartone: e se in un anno si raccolgono all’incirca 5000 tonnellate di carta e 2000 di cartone, possiamo calcolare, arrotondando, che solo queste materie incassa 300.000 euro. Discorso simile vale per la plastica, per la quale AcegasAps riceve 270 €/ton, per circa 1000 tonnellate l’anno (quindi 270.000 euro). Vale invece poco il vetro, soltanto 15 euro (moltiplicati per 2400 tonnellate, fanno 36.000 euro). E così avanti con legno, batterie, metalli, eccetera. In totale, nel 2007, i tre Comuni serviti da AcegasAps in provincia di Trieste, hanno prodotto 100.745 tonnellate di rifiuti raccolti, il 18,7% dei quali è stato differenziato. Il resto è finito nel termovalorizzatore di via Errera, che dal 2004 dispone di tre canali, sicché siamo diventati la prima provincia in Italia a non sversare niente in discarica: tutto si brucia o si differenzia.

Ma – diciamolo – si differenzia poco, solo il 18,3% del totale, un dato ridicolo rispetto al 33,6% di Udine, al 45,5% di Gorizia e allo stratosferico 47,3% di Pordenone. E come mai? Dice Bresich che il dato risente della mancata raccolta dei rifiuti umidi che, essendo generalmente più pesanti, incidono tanto sul computo totale delle tonnellate di immondizia differenziata. Bresich stima che, introducendola, si potrebbe arrivare senza problemi al 30% (ma l’obiettivo, a quanto pare troppo ambizioso, del d. lgs. 152/’06, è del 65% entro il 2012). E allora, perché no? Perché – questa la risposta – l’unico centro di compostaggio in regione, quello di Moraro, è ormai saturo; e poi si tratta di un investimento che, per il momento, l’azienda non si sente di fare. A Trieste si raccoglie solo lo sfalcio del verde, che viene conferito in un piccolo stabilimento a Prosecco (“Il Giardiniere”). Però, nota il dott. Bresich con certo rammarico, si potrebbe comunque raccogliere un po’ di più: anche in prossimità di campane e cassonetti per la raccolta differenziata, si vede che tanta gente ancora getta la spazzatura tutta insieme, nello stesso sacchetto: ciò che manca, al di là dell’umido, è il senso civico dei triestini, o forse un po’ d’informazione. Anche perché le campane non sono poche: a fronte di circa 4500 cassonetti generici, grandi e piccoli (2000 da 2400 litri e 2500 da 1000 litri), ci sono 1500 campane per la raccolta differenziata (più o meno equamente divise tra carta, plastica e vetro). Purtroppo esse sono concentrate sulle vie principali, essendo quasi assenti nelle laterali, ma tale disposizione è in parte dettata dalla conformazione della città: non è semplice far passare i camion su e giù per ripidi saliscendi e intricate strette viuzze, rallentando il traffico.

Dunque, termovalorizziamo, inceneriamo – e senza farci tanti problemi sulla nostra salute: come scrisse anche Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera”, il termovalorizzatore sorge tra un prosciuttificio e la torrefazione della “Illy”, alla faccia delle paure dei campani per Acerra. Uno studio del 1995 (evidentemente un po’ vecchio) aveva evidenziato una possibilità di ammalarsi di tumore ai polmoni sei volte superiore alla media nelle immediate vicinanze dell’inceneritore; ma già a 400 metri di distanza la possibilità precipitava ad appena il 2% in più, quindi in misura pressoché trascurabile, dal momento che sono assai pochi quelli che passano la gran parte del loro tempo a tale distanza dall’impianto. Però sul n° 1052 de “Il Venerdì di Repubblica” (16 maggio u.s.), si dice che ben 435 ricerche scientifiche proverebbero un aumento della possibilità di prendersi il cancro tra le sei e le venti volte superiore alla media. Dovremmo rifletterci su. Tra le righe dell’articolo si legge che tale incidenza sarebbe dovuta alla presenza di diossine emesse dalla combustione della plastica, che in teoria, negli inceneritori, non ci dovrebbe finire. Ma sappiamo che invece ci finisce eccome, anche se non per scelta aziendale. Da marzo 2008 – stando al verbale del cda di AcegasAps relativo al primo trimestre del 2008 – una delle linee del termovalorizzatore ha perso i benefici Cip6, indizio che forse non tutto va come vorrebbero farci credere. Comunque la Divisione ambiente della nostra multiutility ha incrementato i propri ricavi di 1,4 milioni di euro, passando da 24,2 a 25,6. Bravi.

Ma una riflessione circa il pericolo costituito dalle emissioni dei termovalorizzatori non può prescindere dal paragone con quanto accade oltreconfine. A soli 9 chilometri rettilinei da Tarvisio, in Austria, c’è il termovalorizzatore di Arnoldstein, inaugurato il 25 settembre 2004, capace di smaltire 80.000 tonnellate di rifiuti l’anno. Ma visto il successo che ha ottenuto, è in fase di ampliamento: entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare a 140.000, più delle 108.000 prodotte dall’intera Carinzia. La gente ne è contentissima, a quanto pare: 1500 case – praticamente tutte – vengono scaldate con l’energia prodotta dall’incenerimento dei rifiuti: gratis. E – questo è sconvolgente – sembrerebbe che l’aria sia più pulita di quando il termovalorizzatore ancora non c’era: grazie ad esso infatti si risparmiano venti milioni di litri dell’olio combustibile che veniva impiegato per il riscaldamento.

Vero è che i termovalorizzatori agli austriaci piacciono: Vienna ne ha due, di cui uno, quello di Spittelau, è quasi in centro, lungo il canale del Danubio. È diventato addirittura un’attrazione turistica, grazie alle decorazioni bizzarre commissionate all’artista Friedensreich Hundertwasser: sembra un castello fatato…

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3 commenti a I pochi rifiuti riciclati a Trieste e in Friuli Venezia Giulia

  1. furlàn ha detto:

    Sui termovalorizzatori austriaci (e non) sarebbe bene spiegare che il consenso popolare attorno ad un impianto non ne indica automaticamente la salubrità.

  2. Anonimo Multiforme ha detto:

    L’ASSESSORE VANNI LENNA DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA CHIEDE L’AIUTO DEI CITTADINI E DEI SOGGETTI DEL SETTORE PER LA STESURA DEL NUOVO PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI URBANI. Vedi questo link:

    http://www.regione.fvg.it/rafvg/territorioambiente/areaArgomento.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/AT9/ARG17/

  3. enrico maria milic ha detto:

    09-OTT-08 13:49

    RIFIUTI: EXE SPA, IN 5 ANNI PATRIMONIO +726%

    (ANSA) – UDINE, 9 OTT – Fra il 2003 e il 2007 la Exe spa di Udine ha aumentato il proprio patrimonio netto del 726 per cento e non ha accumulato debiti verso le banche, ma solo oneri attivi. Lo ha precisato il presidente della società, Piero Mauro Zanin, davanti alla commissione ambientale della Provincia di Udine. In cinque anni di gestione – ha continuato Piero Mauro Zanin – l’utile netto è passato da 215.000 a 1.095.000 euro, a tutto vantaggio dei soci, che sono nella maggior parte enti pubblici. “Exe è una società ben gestita, che ha operato al meglio nel proprio settore – ha aggiunto il presidente – a volte anche superando ostacoli burocratici che sembravano insormontabili”. A questo proposito, Piero Mauro Zanin ha citato il caso recente del Pantanel di Lignano (Udine), un impianto che è stato fermo per anni e che, da quando è passato sotto la gestione Exe, “é stato letteralmente resuscitato – ha detto – tanto da poter rientrare a pieno titolo nella previsione del piano di smaltimento rifiuti provinciale”. (ANSA).

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