19 Giugno 2008

Friulia: ma di cosa sto parlando?

Gianfranco Depinguente ci ha mandato questo pezzo.

La FRIULIA S.p.A. è la Finanziaria regionale Friuli Venezia Giulia ed ha 40 anni di vita. Infatti, all’indomani della nascita della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, era il 1964, l’allora Presidente della Giunta Alfredo Berzanti progettò la realizzazione di una finanziaria che sostenesse la fragile economia di allora. Il Friuli era terra contadina e con una industrializzazione molto esigua e fragile; la Venezia Giulia era terra confinaria con ferite molto profonde, seppur con una struttura industriale e di servizi importante. La necessità di creare uno strumento moderno, pubblico nella proprietà ma fortemente privato nel funzionamento, per accelerare lo sviluppo economico della Regione, c’era tutta. Ed operare nella finanza d’impresa fu intuizione rivelatasi vincente.
Così, con legge del 1966, nel successivo anno 1967 nacque la Finanziaria Regionale Friuli Venezia Giulia – Friulia S.p.A. con un capitale sociale di £ 500.000.000 detenuto in larga maggioranza dalla Regione Friuli Venezia Giulia e da soci di minoranza – banche e assicurazioni tra cui le Assicurazioni Generali.

Iniziò, quindi, il cammino e alla finanziaria fu data una missione mista:
Pubblica – consistente nel concorrere allo sviluppo dell’economia regionale in accordo con la programmazione di volta in volta emanata dall’organo politico del socio di maggioranza
Privata – e cioè, al pari di ogni società di capitali, raggiungere le migliori performances possibili in modo da accrescere il patrimonio di dotazione
Quali strumenti di politica industriale furono individuate le seguenti modalità operative:
Partecipazioni al capitale di rischio di società di capitali operanti in Regione, in posizione di minoranza (massimo al 35%) e con funzioni di assistenza ed affiancamento all’ imprenditore, mai di sostituzione a questo (Friulia non doveva, come non ha mai fatto, avere responsabilità imprenditoriali). Per un controllo dell’investimento e per svolgere meglio l’attività di affiancamento, si decise di inserire uomini Friulia negli organi sociali delle partecipate;
Finanziamenti di medio termine alle società nelle quali sia stata acquisita una partecipazione al capitale. L’attività di Friulia non doveva sovrapporsi al sistema bancario, finanziando con mutuo di scopo solo i programmi aziendali che avessero trovato condivisione attraverso la deliberata partecipazione al capitale.

Altre modalità operative erano rese possibili (garanzie, consulenze) ma non costituirono mai un filone di attività molto rilevante.

Così concepita, Friulia non rischiava di ripercorrere errori già noti come quelli dell’IRI che aveva assunto ruoli imprenditoriali in settori privati non strategici, con le conseguenze che conosciamo. Ne d’altronde costituiva un semplice operatore finanziario in più sul mercato. La sua connotazione era quella di finanziare progetti d’impresa, di valutare i business-plan e decidere se le possibilità di successo fossero superiori ai rischi di insuccesso. In tale campo coloro che operarono nella società capirono quanto fosse fondamentale acquisire una specializzazione nel conoscere l’impresa e valutarne i progetti. Infatti, il team Friulia divenne esperto nell’analisi d’impresa ed il giudizio degli uomini Friulia è sempre stato preso molto seriamente.

L’attività partì, dapprima in sordina in quanto ci volle tempo perché il mercato delle imprese capisse le potenzialità dello strumento. Le operazioni non furono molte ma permisero lentamente di perfezionare il delicato rapporto finanziaria-imprese. La Friulia, pian piano, si accreditò come importante agenzia per lo sviluppo a sostegno delle imprese. L’esempio del Friuli Venezia Giulia venne seguito da quasi tutte le Regioni d’Italia sia a Statuto speciale che a Statuto ordinario e ciascuna creò una finanziaria regionale. Di queste alcune operavano finanziariamente come Friulia, altre erano tarate sui servizi, sulle consulenze e sulla gestione di mezzi regionali. Friulia fu sempre leader del movimento delle finanziarie regionali e vista come modello cui fare riferimento.

Poi ci fu il terremoto del 1976 che sconvolse il Friuli e la Friulia fu chiamata al compito molto importante della ricostruzione industriale. E’ noto che la Regione, cui nella vicenda fu affidato un ruolo centrale sia nella gestione dei soccorsi che nella ricostruzione, diede priorità al recupero dei posti di lavoro rimettendo rapidamente in piedi le fabbriche e lo strumento Friulia fu importantissimo. Essa doveva valutare i piani di ricostruzione delle imprese, i loro business plan ed erogare le somme necessarie alla rinascita con partecipazioni al capitale ed ancor più con finanziamenti. La Regione diede le somme necessarie incrementando di molto il Patrimonio della società.

Nella drammaticità dell’evento Friulia crebbe molto e, con un’ascesa che non si fermò più fino ai nostri tempi, aumentò anno dopo anno il suo portafoglio partecipazioni. E’ in questo periodo che erroneamente si è pensato che Friulia operasse salvataggi di imprese decotte. In realtà gli inizi degli anni ’80 furono anni di forte crisi e i rischi dell’attività aumentarono. Mai, però, si è intervenuto in situazioni preliminarmente senza speranza, ma in situazioni ad alto rischio a fronte di progetti di ristrutturazione credibili, non sempre però andati a buon fine.

Agli inizi degli anni ’90 vi fu un evento epocale: l’Unione Europea, in ragione delle norme sulla concorrenza, pretese che gli interventi Friulia fossero allineati alle condizioni medie del mercato finanziario. A quel tempo una parte degli interventi avveniva a tassi agevolati perché le risorse derivavano da un Fondo di Dotazione erogato dalla Regione alla Friulia per interventi socio-economici. Dal 1991 anche detti interventi dovevano essere a tassi medi di mercato. Peraltro, va detto che la Friulia aveva una forte dotazione di capitale sufficiente per la sua attività. I nuovi investimenti venivano finanziati con la liquidità esistente mantenuta ed accresciuta dai proventi dell’attività. Infatti, il Patrimonio della Friulia era giunto a circa 350 miliardi di £, cioè 180 mil € (il socio di maggioranza Regione dal 1988 non eroga più mezzi per incrementare il Patrimonio).

La chiusura del contenzioso regione Unione Europea non costituì alcun freno alla crescita, bensì Friulia migliorò ulteriormente i propri risultati senza ridursi nel portafoglio. Tra l’altro, va detto che l’attività nel tempo ha registrato anche il fallimento di alcune iniziative che la vedevano presente, alcune anche di una certa rilevanza ed entità. Ciononostante, la Friulia non ha mai perso una lire del patrimonio datole dai soci, ma le perdite delle singole operazioni sono state nel tempo ampiamente compensate dagli utili annuali. Infatti, il Patrimonio è accompagnato da riserve da utili che hanno raggiunto e superato finanche il 30% del Patrimonio stesso.

Il successo di Friulia è misurato anche dalle statistiche dell’AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital) che colloca il Friuli Venezia Giulia, nelle statistiche 2003, al 2° posto su base nazionale dopo la Lombardia ma prima di colossi come Emilia R., Veneto, Lazio, Toscana e Piemonte, per operazioni in private equity e venture capital con riconosciuto merito per la posizione dovuto all’attività significativa di partecipazione della Friulia (51 mil €).

Verso gli anni 2000 Friulia raggiunge un massimo di partecipazioni/anno di 150, dato rilevante in assoluto ma ancor di più eccezionale se si considera che il portafoglio viene gestito da una struttura di 34 unità di cui operativi verso le imprese meno di 15. La caratteristica di una struttura snella è una costante della Friulia i cui organici non hanno superato mai le 50 unità, anche in tempi in cui non c’era alcuna informatizzazione.
Si giunge al 2003/04 anno in cui viene concepita l’ultima trasformazione della finanziaria Friulia: la giunta Illy volle trasformarla in Holding conferendo ad essa tutte le partecipazioni in altre imprese creditizie ed in imprese di servizi che la regione possedeva.

Friulia oggi detiene le seguenti società strategiche e che compongono la holding e di cui deve effettuare il coordinamento:

Friulia Lis: che opera nel leasing
Finest: finanziaria per sostenere le joint- ventures di operatori regionali con imprenditori dei paesi dell’EST Europeo
Autovie Venete: concessionaria dell’autostrada Trieste-Venezia-Udine
Agemont: finanziaria e parco scientifico per l’area montana
Promotur: gestore degli impianti sciistici dei 5 poli turistici montani regionali
Interporto Alpe Adria: operatore della logistica ferroviaria
Friulia S.g.r.: Fondo dedicato ad operazioni di venture capital e start up tecnologiche

Inoltre, Friulia detiene il 49% della società che gestisce l’Aeroporto Friuli Venezia Giulia, il 47% del Mediocredito Friuli Venezia Giulia (istituto di crediti di medio/lungo termine) ed il 29% di Sviluppo Italia Friuli Venezia Giulia (incubatori a Trieste, Gorizia e Spilimbergo).
Il Patrimonio netto lievita per tali conferimenti ed oggi è di oltre 800 mil €.
Friulia, peraltro mantiene la sua attività caratteristica di finanziaria di partecipazione e finanziamenti verso le imprese del Friuli Venezia Giulia.

Per tutto ciò, attività caratteristica e coordinamento della holding, le risorse umane, seppur potenziate, non superano le 40 unità.
Inoltre, la Giunta Illy ha teso ad operare una “trasformazione” nelle modalità operative della finanziaria, da interventi a sostegno della crescita in attività di Merchant Banking. Al momento pare che tale indirizzo non sia coerente con ciò di cui il territorio ha bisogno (il tessuto economico della regione è ancora troppo fragile) e nel quale non vi sono imprese in numero sufficiente (non si possono prevedere molte operazioni mancando un tessuto di imprese con le caratteristiche volute da un vero Merchant Banking).

Prova ne sia che dopo 3 anni le partecipazioni medie/anno sono scese da 150 a meno di 100 (saldo tra tante uscite non sempre per scadenza dei termini e pochi ingressi e non tutti, anzi pochi, di Merchant Banking). Anche le statistiche AIFI registrano il fenomeno ponendo nel 2007 il Friuli Venezia Giulia al 4° posto (dopo Lombardia, ma anche dopo Emilia R., Lazio) rispetto al 2° del 2003 con un investito di 25 mil €.

Inoltre, stenta ad affermarsi l’attività di coordinamento delle società strategiche che continuano a gestire ciascuna il proprio business senza creare le premesse per sinergie.
Al momento, quindi, non pare che la holding sia un ulteriore passo in avanti della crescita della Friulia che oltretutto, per realizzare il progetto, ha dovuto far acquisire ad alcuni soci bancari ed assicurativi un peso rilevante, seppur sempre di minoranza, all’interno della governance e che impone comportamenti tesi più al profitto che allo sviluppo del territorio. Si sta perdendo,quindi, la caratteristica di agenzia per lo sviluppo.

Ma pare che molto delle ultime scelte, con il rinnovo della Giunta e del suo Presidente, debba esser rimeditato, non tanto sulla creazione della Holding che di per sé possiede una certa razionalità ma di cui va perfezionato il meccanismo di coordinamento, quanto sulle linee operative della Friulia core business che deve adeguarsi alle esigenze del territorio e non progettarsi sulla base di una conoscenza erronea della composizione delle imprese del Friuli Venezia Giulia o piuttosto sulla necessità di più alti profitti promessa ai soci di minoranza (banche e assicurazioni che hanno finanziariamente investito in modo importante giungendo dal 13% al 20% della Holding con la regione all’80%) per averne l’adesione al progetto.
Vedremo quali saranno le tappe ulteriori della storia.
Alla prossima.

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Un commento a Friulia: ma di cosa sto parlando?

  1. Lucio Gruden ha detto:

    “Si sta perdendo,quindi, la caratteristica di agenzia per lo sviluppo.”

    Il tema è apparentemente questo, ma la sua articolazione si gioca su tre livelli diversi per Friulia che rimane una risorsa fondamentale per la nostra piccola regione, tanto più in una dimensione euroregionale o comunque di rapporti economici transfrontalieri.

    Primo livello:
    Essere “agenzia per lo sviluppo” (sviluppo dell’impresa, dell’indotto economico circostante e, in ultima analisi, sviluppo di “valore” generato in un certo territorio) è l’unica ragione per la quale un soggetto economico di origine pubblica (fondato con dotazione di quattrini pubblici) possa avere legittimazione ad operare da venture capitalist, ovvero entrando nel capitale di rischio per dare conforto economico (e indirettamente finanziario, ma non solo) all’imprenditore e all’intrapresa.
    Ciò non va mai dimenticato, per cui la spinta a un ROE massiccio e soprattutto a un pay-out elevato, voluta dai soci minori, va sempre respinta e tenuta a bada, stante il fatto che tali soci hanno altre sinergie, tramite Friulia, per incrementare i loro core business sui medesimi target group.

    Secondo livello:
    Friulia come merchant bank. La logica del merchant banker è diversa da quella di qualunque semplice finanziatore perché non si connota con l'”interest” ma con il “capitral”. Esso opera anche mediante pratiche di merger and aquisition che presuppongono, a loro volta, l’esistenza a valle e a monte di un mercato dei capitali maturo e potenzialmente assorbente: un cavallo che beve.
    Osservo che l’idea di spingere Friulia in questa direzione andava nella direzione di fare evolvere l’imprendotoria noistrana, soprattutto quella storiza. Racchiudeva l’ambizione di determinare osmotiche integrazioni economiche e collegamenti produttivi con realtà imprenditoriali esterne (e lontane) al mondo regionale, con l’intento di fare lievitare il tasso di conoscenza imprenditoriale e di esperienza manageriale degli imprenditori autoctoni, spesso self made men.

    Terzo livello:
    Friulia come holding di partecipazioni.
    Per alcune sue partecipate si potrebbe invocare un ruolo ancora più stringente, da holding operativa che coordina e indirizza pesantemente (vincola?)le scelte di impresa, constatato il basso livello di competenze manageriali e strategiche presenti nei principali attori di talune controllate.
    Comunque questa visione di Froiulia come “regista” è, in fondo, la più semplice da comprendere ma forse la più difficile da realizzare. La nostra regione è molto piccola e atipica, ma in una posizione geopolitica al centro di importanti cambiamenti. Collegato naturalmente alle nazioni e regioni finitime, il Friuli Venezia Giulia è tanto più appetibile, sul piano imprenditoriale, quanto più esso risulterà in grado di “avere un disegno” e di “fare sistema”, metendo sapientemente al centro le sue ricchezze infrastrutturali (autostrade, autostrade informatiche, strutture ricettive e turistiche, poli finanziari, ecc.).
    So che tale regia è oltremodo difficile da esercitare, per due ragioni:
    – la prima perché ci vuole chi sappia predisporre il disegno;
    – la seconda perché i “manager della politica” che reggono le sorti delle controllate spesso non hanno inclinazione naturale a seguire i disegni predisposti altri “manager della politica” che, a maggiore detrimento, spesso sono anche caratterizzati da una certa sicumera che non fa premio al gioco di squadra.

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