30 Maggio 2008

Le Storie dei Cancellati in Slovenia

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“Immagina come ti sentiresti se non potessi soddisfare i tuoi bisogni più importanti?”. E’ questo uno dei pezzi del concetto alla base di una brillante campagna sociale comunicata in queste settimane nelle strade di Lubiana – Ljubljana. Per Oliver Vodeb, uno degli ideatori della campagna, riguarda una pagina nera non risolta della storia slovena. Dal sito della campagna:

Il 26 febbraio 1992, 18.305 abitanti ‘legali’ della Slovenia vennero cancellati dal Registro della Popolazione Permanente della Repubblica senza riceverne notifica, senza una procedura, senza un ordine scritto o base legale.

Per poter fare una forte dichiarazione su questo triste problema, Poper, uno studio di design sloveno in collaborazione con Amnesty International, l’Istituto per la Pace e la Municipalità di Lubiana, hanno fatto partire una campagna pubblica nelle strade di Lubiana.

Le Storie dei Cancellati sono il messaggio che può essere visto per tutta la città su cartelloni, fermate dei bus, finestre dei negozi, semafori e tramite altro materiale stampato.

[…] A causa della perdita dello status di residenti permanenti [questi cittadini] furono privati di numerosi diritti, come: il diritto alla previdenza sociale, l’accesso al sistema sanitario, la possibilità di avere un lavoro, il diritto alla protezione dalla disoccupazione […], l’accesso al sistema di istruzione e altri diritti.

Ed è una campagna politicamente forte, quella ideata da Poper, proprio perchè si basa solo sulla narrazione di alcune storie e su nessun messaggio ideologico o esplicitamente politico, filosofico, religioso…

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16 commenti a Le Storie dei Cancellati in Slovenia

  1. arlon ha detto:

    bel lavor. Saria bel saver chi che ghe ga trovado i spazi, però..

  2. asem ha detto:

    Peccato per troppe mezze verità (in alcuni casi a vere e proprie menzogne).
    Il fatto è che in Slovenia stanno per arrivare le elezioni e certe associazioni politiche alzeranno i toni e verranno strumentalizzate da alcuni partiti post-comunisti sloveni.
    Cmq spero che la storia venga rimediata e che chi abbia subito dei torti venga ripagato, mentre chi ha cavalcato l’odio ideologico(ed etnico)invece non si nasconda dietro a questi “cancellati” per passare da vittima, che in realtà non lo era, assolutamente.

  3. asem ha detto:

    Perchè certi dovrebbe accettare prima o poi che non c’è più ne la YUGOSLAVIA, ne il partito unico, ne in misura minore l’ideologia comunista.

  4. enrico maria milic ha detto:

    @arlon

    la campagna a lubiana xè finanziada dal comun de lubiana, su volontà del sindaco, a quanto me ga dito oliver de poper…

    dopo, da quel che me ga dito sempre lui, diversi media ga da visibilità gratuita ala campagna compresi alcuni quotidiani nazionali…

  5. fish ha detto:

    non ho capito una cosa: chi sono questi “cancellati”?

  6. enrico maria milic ha detto:

    ehm…

    “18.305 abitanti ‘legali’ della Slovenia vennero cancellati dal Registro della Popolazione Permanente della Repubblica”

    i scancelai i xè lori.

    “A causa della perdita dello status di residenti permanenti [questi cittadini] furono privati di numerosi diritti, come: il diritto alla previdenza sociale, l’accesso al sistema sanitario, la possibilità di avere un lavoro, il diritto alla protezione dalla disoccupazione […], l’accesso al sistema di istruzione e altri diritti.”

    ancora ogi xè sto qua el loro status legàl. o ilegàl, meo.

  7. fish ha detto:

    si, ho letto, questo l’ho capito. Quello che non mi è chiaro, scusate l’ignoranza, e se sono stati cancellati per un motivo, per esempio l’appartenenza ad un’etnia diversa.

  8. La Mula ha detto:

    Come al solito non ho le carte a disposizione e posso essere solo vaga. Vi copio Wikipedia, meglio.

    I cancellati è il nome, utilizzato nei media, per un gruppo di persone in Slovenia che dopo l’indipendenza del Paese nel 1991 rimasero senza uno status giuridico.

    Nel 1991, subito dopo la dichiarazione d’indipendenza da parte della Slovenia, ai circa 200.000 residenti della Slovenia che avevano la cittadinanza di altre repubbliche dell’ex Jugoslavia (la “cittadinanza della repubblica” era uno status puramente formale, che molti ignoravano esistesse poiché non comportava alcuna conseguenza giuridica) fu concessa la possibilità di ottenere, tramite semplice domanda, la cittadinanza del nuovo stato indipendente. Per coloro che avessero scelto di non avvalersi di tale possibilità, la legge imponeva di registrarsi come “stranieri” (termine legale che denota i residenti permanenti senza cittadinanza). 170.000 presentarono la domanda, ottenendo la cittadinanza già prima delle elezioni del 1992. Alcune migliaia scelsero la seconda opzione. Tutti quelli invece che, contrario alle provisioni legali, non si registrarono come “stranieri”, vennero radiati dal Registro di Residenza Permanente nel febbraio 1992, perdendo tutti i diritti sociali, civili e politici. Questa azione di stampo puramente amministrativo (e quindi senza alcuna possibilità di ricorso) e che senza alcuna base legale, colpì, secondo stime ufficiose, intorno a 18.000 persone; tra queste alcune avevano effetivamente lasciato il paese, mentre altre erano semplicemente ignare della provisione legale che imponeva loro di confermare il loro status tramite una nuova domanda.

    Nel 1999 la Corte Costituzionale dicharò l’atto della “cancellazione” illegale e anticostituzionale, annulando le sue conseguenze giuridiche. Nello stesso anno il Parlamento sloveno promulgò una legge che offrì ai “cancellati” la possibilità di riottenere la residenza, ma solo a chi risiedeva permanentemente in territorio sloveno. La Corte Constituzionale abrogò tale legge come anche un altro tentativo nello stesso senso. Nel 2003 la Corte dichiarò anticostituzionale la provisione legale del 1992 che imponeva ai residenti sloveni con cittadinanza delle altre repubbliche jugoslave di iterare la domanda per ottenere lo status di “straniero”, e ordinò la restituzione dello status di residenti a tutti i “cancellati” con funzione retroattiva (indipendentemente se essi in realtà non vivevano in Slovenia dopo il 1992). Molti giuristi (tra l’altro alcuni ex membri della Corte Costituzionale e autori della Costituzione) criticarono duramente tale decisione; ne seguì una larga e dura polemica, nella quale il governo di centro-sinistra assunse gradualmente le posizioni prese della Corte Costituzionale, mentre l’opposizione di centro-destra continuò a criticarle. Nel febbraio 2004 la maggioranza parlamentare promulgò una legge nei sensi della decisione della Corte (che però prevedeva la retroattività soltanto per coloro che erano già in possesso della residenza); due mesi più tardi, però, questa legge (detta “Legge tecnica sui cancellati”) venne annullata tramite un referendum (sostenuto dall’opposizione di centro-destra). Questo referendum venne fortemente contestato da alcune istituzioni dell’Unione Europea.

    Al 2007 il numero dei “cancellati” è imprecisabile; il gruppo è frammentato in diverse categorie legali: alcuni hanno riottenuto la residenza e la cittadinanza, alcuni solo la residenza, alcuni sono stati espulsi, molti di essi vivono in Slovenia illegalmente. Secondo alcune stime sarebbero ancora 6.000 quelli senza alcun status legale, mentre molti di quelli che sono riusciti a riavere il diritto di residenza permanente hanno dovuto pagare pesantemente le conseguenze di anni di irregolarità. La questione è stata portata davanti alla Commissione Europea, che tuttavia ha dichiarato di non averne competenza. Alcuni dei cancellati hanno fatto un ricorso collettivo alla Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo, sostenendo che “La cancellazione è un problema europeo, perché viola i diritti umani fondamentali previsti dalla Convenzione Ue”.

    Io posso solo raccontarvi la storia di un ‘cancellato perchè non sapeva della legge’ diventato padre di un inesistente perchè non dichiarabile. Dopo varie peripezie lui e la moglie sono riusciti a riconoscere il figlio a Belgrado. E poi è cominciata la tragedia vera (che significa assenza di diritti).

    Non serve sottolineare che a fare le spese più di tutti sono stati i nomadi…

  9. arlon ha detto:

    ok, quindi ga el suporto del comun.. iera solo pura curiosità, cmq grazie per gaver chiesto!

  10. fish ha detto:

    grazie mula

  11. La Mula ha detto:

    Aggiungo che in linea di massima i più coinvolti (non a caso e non solo in Slovenia mi pare) sono i cittadini della Nazione del Vento, nazione riconosciuta da Tito per il contributo dato alla guerra di Liberazione dal nazifascismo.Gente che lavorava in settori specifici in via d’estinzione (a Sarajevo la via più suggestiva si chiama via dei Calderai, quelli che riparavono i rami e le pentole): allevamento di cavalli, raccolta del ferro, del rame, ecc.

    Se vogliamo possiamo anche dimenticare la diaspora dei 500.000 Rom jugoslavi, scomparsi con la guerra. Di loro (eccetto le associazioni onlus) non s’è occupato nessuno anche se avevano un preciso stato giuridico e diritto di cittadinanza nella Jugoslavia. E possiamo anche dimenticare quante comunità Rom sono scomparse nei campi di sterminio nel corso della seconda guerra mondiale. E possiamo anche – per sicurezza- dimenticare che in Romania sono a oggi perseguitati. Possiamo. Possiamo anche perseguitarli e a ragione. Loro non sono come noi. Non stanno a rincoglionirsi su un computer dodici ore al giorno inventandosi di essere altrove perchè c’è la rete…

  12. jaio ha detto:

    Interessante sentire qualche novità dei nostri vicini. Finora conoscevo solo la mula di Madjugorie:-)
    Anche mi, me domando perché i rom son tanto perseguitai.
    Va ben, a Milano i me ga robà 100mila lire, a Firenze il telefonin e a san Pietroburgo il portafolio ma con che destreza, dio,che artisti! O semo tuti mona?:-)

  13. La Mula ha detto:

    Semo tuti mona. Mi me gà rubà tuto e da quela volta non gò più oro in casa (e nemeno in banca), nepure argento (che xè solo rotura de bale lustrarlo)…però meglio lori che un tosico taliàn (se fussi stada a casa gavessi risc’ia grosso…). Ciò detto si potrebbe gentilmente smettere de esser mona.

    Smettere di essere mona in generale (alla stazione di Pontedera un toscano purosangue ha infilato la sua manina nella mia borsetta e io il ginocchio nel cavallotto; mia figlia si fa fregare dai suoi amici al bar un cellulare ogni sei mesi, mona chi glielo ricompra, non io, le nonne; e in generale può succedere di tutto, ma anche niente…che noia!).

    Smettere di essere mona nel particolare, perchè documentarsi e informarsi oggi non è impossibile. E fermarsi a pensare e a capire che l’uomo è quello che è, in positivo o in negativo, a prescindere da altro se non da se stesso non fa male alla salute.

    Un tanto per la prossima guerra da week end (e questa volta Fiandra non c’entra).
    La Mula

  14. asem ha detto:

    Dei 18.000 cancellati almeno 2/3 o più non hanno avuto problemi ad avere restituiti tutti i diritti, bastava richiedere la cittadinanza nelle varie deroghe , o richiedere lo status di “straniero- immigrato” (anche se tra essi ci furono moltissimi che nel 1991-1992 puntarono sulla Yugoslavia contro l’indipendenza slovena,
    1. spesso persone che lavoravano per il partito comunista ed erano convinti Yugoslavi ed ovviamente legati agli apparati statali jugoslavi e originari degli altri paesi ex-yugoslavi, che speravano nella durata del comunismo e del ritorno dell’armata popolare yugoslava, che gli avrebbe “ringraziato”per la fedeltà,
    2. 2. o veri idealisti della nazione-entità-(gruppo) “yugoslava” creata e fomentata da Tito negli anni ’60 e soprattutto negli anni ’70 (se non sbaglio gli Jugoslavi non c’erano nel censimento 1961, cerano qualche centinaio di migliaio nel 1971 e più di 1 milione nel 1981 (su un totale di 20-22 milioni di persone) , per poi nel 1991 scomparire) creazione di un “entita etnica” per puri scopi politici
    3. 3. persone che per indecisione o qualunque altro motivo non si resero (o non vollero rendersi conto) della lenta ma inesorabile scomparsa della Yugolsavia come nazione.)
    Il vero problema è politico , che è molto difficile da far capire ad un italiano che magari non conosce la lingua slovena e la storia complessa della Yugoslavia.
    Tutto verte a che “aggettivi” o come si “propone”all’opinione la dissoluzione della Yugoslavia e siccome i comunisti sloveni sono riusciti a cavalcare e guidare la dissoluzione per restare al potere (Kucan in primis), trasformandosi nel giro di una notte da comunisti a “social-democratici” o anche “liberali” (soprattutto quei politici comunisti che avevano capito l’opportunità economica data dalla dissoluzione – tipo oligarchi russi, tant’è che i più ricchi -o vecchi ricchi come vengono chiamati, da distinguerli , da chi si è fatto da se che è nuovo ricco – in Slovenia sono spesso legati ai vari partiti post-comunisti o amici di coloro detenevano il totale potere fino al 1990) hanno da sempre avuto un occhi di riguardo su come deve essere rappresentata la “trasformazione”.
    E ovvio che i “cancellati” sono un loro cavallo di battaglia che spunta strumentalmente (soprattutto per l’estero) prima delle elezioni e siccome Kucan e deciso che alle prosssime elezioni i post- comunisti dovranno ritornare ad avere un ruolo più importante e di governo a chiesto al suo fedele “suddito” – il sindaco di Ljubljana (che come tutti sanno, creato economicamente da Rop altro scudiero di Kucan, passato a “liberale” negli anni ’90 con i ruolo di distributore) che “sponsorizzi” questa organizzazione politica.

    La tristezza di tutto ciò però sta che il problema non sarà risolto ma soltanto “usato” politicamente e così quelle probabili 2000 – 6000 (anche se ultimamente si parla ormai di alcune centinaia di persone, molte sono tornate nel paese d’origine, altre si sono sposate con i residenti, altre sono morte, ecc. ecc. ) persone dovranno aspettare ancora.

  15. enrico maria milic ha detto:

    asem,
    dubito che esista una sola “entita etniche” che non sia creata anche per scopi politici.

    poi mi rende dubitoso
    come tu limiti i problemi di queste persone quando queste sono difese anche da amnesty international.

    ma non ho dubbi che molti dei fatti che citi siano fondati.

    ciao,

    enrico

  16. asem ha detto:

    enrico maria milic, sono d’accordo con te.
    Però la Yugoslavia di Tito era il non plus ultra per quanto riguarda l’uso politico dell’entita etnica.
    Gli “intellettuali” e ideologi della Yugoslavia comunista sono riusciti (ovviamente dovuto anche all’ambiente culturale balcanico, che è molto propenso per queste cose) a creare anche “entita etniche” a sfondo religioso, tant’è che sono riusciti a creare i “mussulmani (che non ne volevano sapere e non capivano all’epoca come un appartenenza religiosa doveva essere anche un entita petnica) oltre ai “bosniaci” come di qualcos’altro . Ecc. ecc. ecc.

    Se nel 1920 c’era il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni nel 1980 ormai c’era Il Regno di Babele.
    Non giudico che sia chiaro, però anche nascondersi dietro ad un dito e negare l’evidenza credo sia poco onesto.

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