Chi è nipote di chi all’Università di Trieste? Senza chiedersi, almeno per ora, il perchè di tante parentele all’interno dell’ateneo triestino, sproniamo tutti i cittadini a chiedersi, a chiedere e a mandarci segnalazioni sulle parentele nello staff dell’università locale. Pubblicate pure dei commenti sotto a quest’articolo per darci la vostra dritta sul familismo mitteleuropeo oppure scrivete a em.milic@gmail.com .
Intanto, abbiamo pubblicato una primissima lista (in continuo aggiornamento) con i primi nomi su cui abbiamo informazioni: si chiama BOZZA PRIVATA DI UN ARTICOLO SULLE PARENTELE ALL’UNIVERSITA’ DI TRIESTE (clicca per vederla). Per ora, riguarda tra gli altri:
- Giacomo Borruso, ex rettore dell’Università assieme a suo figlio
- La famiglia Prenz, che rappresenta una delle poche salvezze per gli studenti locali di saperne di più di spagnolo e letteratura spagnola
- Fratello e sorella Pirjevec
Vai alla prima bozza della nostra inchiesta sulle famiglie dell’Università di Trieste.
Esiste e con che limiti la meritocrazia all’ateneo? Discutine e condividi dei fatti sui meccanismi di selezione all’Uni di Trieste.
Chiedo scusa, mi sfugge il senso di questo lavoro (già mi sfuggiva quando ho visto il suo alter italiano in rete).
Di questo passo possiamo anche fare l’elenco dei giornalisti parenti di (quasi tutti), dei medici parenti di ecc.
A parte il fatto che toglierei di torno ogni riferimento a mogli e mariti (mai sentito parlare di gente che si conosce e s’innamora sul lavoro?) il figlio che segue la strada di un genitore è tutto sommato normale. Ho un’amica docente universitaria sposata con un docente universitario: sono curiosa di vedere in quale disciplina si specializzerà il figlio, visto che sin da piccolissimo ‘nuota’ tra matematica e letteratura. E siccome è parecchio sveglio non mi stupirei vincesse un concorso e diventasse anche lui accademico.
Mio zio aveva fondato la Bnl, suo nipote, mio padre finì in banca (e io in terza battuta). Mio padre non fece mai mistero del fatto che avere uno zio così importante avesse facilitato gli inizi, ma la carriera l’ha fatta per le sue competenze (e io che ero una cippalessa infatti me ne sono andata).
Ok, in università si entra per concorso. Ecco, conoscendo Cecilia Prenz sin da ragazzina penso che non avrebbe avuto nemmeno bisogno di una laurea per vincerlo, dal momento che masticava letteratura spagnola (e non solo) come fosse per un ragazzino oggi la playstation.
Il problema sommerso è caso mai quello dei figli che non seguono le orme dei genitori. Nel vicentino ad esempio sta sparendo anche per questo motivo la tradizione orafa e della ceramica. L’agricoltura, ingiustamente considerata fanalino di coda della nostra economia, da anni vive ciò come una calamità (e non parlo del contadino con l’aratro, ma ad esempio dei viticoltori specializzati…). Il passaggio di testimone nonno, figlio, nipote non va più di moda.
Ecco, più che a sfrucugliare sul who is who, mi concentrerei sul perchè si arriva alla decisione di cambiare strada.
Sicuramente pesa il confronto con la tradizione, quell’essere all’altezza di e nel contempo dover imporre (spesso con scarsi risultati) adeguamenti tecnologici.
Sicuramente pesa sul genitore il ricordo della fatica fatta per vivere all’ombra del padre prima di prendere in mano le redini dell’azienda (e quindi si cerca di risparmiarla al figlio).
E’ un peccato. Esiste un’istruzione che si coltiva in famiglia e che è un valore aggiunto. Un mio capo in banca un giorno mi confessò che il suo problema con me appena assunta(ripeto cippalessa) era che non doveva spiegarmi nulla (e ciò lo disorientava). Ti credo: a sei anni, a furia di sentirne parlare a tavola, sapevo cos’era un fido, a chi si doveva concedere e a chi no, a sette ho scoperto l’esistenza dell’Opa…due palle! Mi hanno salvato dal mettere fidejussioni per chiunque (come dal gioco in borsa), non sono bastate a fare di me una bancaria. Ma del resto non è un caso che in famiglia su cinque della mia generazione, tre siano giornalisti e due ‘letterati’. Nonno era praticamente un fotoreporter di guerra, babbo e zio si dedicavano alla scrittura per hobby e piacere….
Sono d’accordo con quanto scritto dalla Mula, su tutta la linea. Mi dispiace, vista la qualità del blog, ma mi sembra un’iniziataiva un po’ in stile Grillo.
Betina Prenz la conosco per aver fatto due esami di spagnolo con lei al Sid a Gorizia. Poche volte ho incontrato un’insegnante così preparata e palesemente innamorata della materia, oltre che lontana da logiche da baronato e affini. Stessa impressione ha suscitato nella mia sorellina, che l’ha incontrata alla fu “scienze e tecniche dell’intercultura”.
Non conosco Stana Stanic, ma Mario Reali sì. Non mi sembra il caso di star qua a fare la sua agiografie, anche se la meriterebbe. Basterebbe sentire mezzo aneddoto sulla sua vita per capire che forse in quell’elenco, con tutti i suoi sottintesi, non ci dovrebbe stare. Il suo primo figlio s’è fatto un mazzo come una scimmia per diventare neuropsichiatra (a Bologna), e ancora adesso non ha trovato un lavoro del tutto coerente coi suoi studi, nonostante master e specializzazioni varie. Il secondo figlio si è laureato in psicologia (a Padova) e ha in piedi qualche miliardo di progetti del tutto indipendenti da papà. Il terzo ha 6 anni e sì, proprio come suo padre, è interista.
Non penso che serva sparare così ciecamente nel mucchio. Di persone su cui farlo ce n’è già abbastanza, e trovare nomi e cognomi (meritevoli) non dovrebbe essere un problema.
Parliamo piuttosto di un Coccopalmerio che è preside di Scienze politiche da 20 anni, e con quali risultati lo si può ben vedere; dei consigli di facoltà a porte chiuse, quando la legge prevede espressamente il contrario; delle ragioni misteriose che hanno portato all’allontanamento della Pagnini dal Sid, con conseguente guerruccia di potere fra fedelissimi e neofiti; della graduatoria di ammissione al Sid, in cui spesso il cognome sembra pesare non poco; di un Gasparini o di una Pagnini che mi accolgono al loro esame facendomi intendere di conoscere benissimo la mia storia personale; della gestione degli esami di laurea del prof. Gabassi, stimatissimo preside del Sid; delle borse erasmus, e parlo sempre di Gorizia, che non paiono così insensibili all’affliliazione a certe associazioni gestite dagli stessi prof, o magari alla promessa d’iscrizione ad una particolare laurea specialistica.
Mi fermo a questo, che sono alcune delle situazioni che ho potuto constatare di persona.
Mah, la verità ( queste verità ) sono davvero sempre meno rivoluzionarie, e sempre più reazionarie.
La Mula e Andrea hanno ragione.
E proprio oggi, oggi proprio, questo post con istigazione alla delazione, ora mi fa dire: CHE PECCATO!!
Se lo sapessero, i Colibrì!!!
Caro Andrea, hai aperto un nuovo spunto di discussione (sicuramente più interessante del ‘come nassi’). Proprio ieri mi raccontavano una strampalata vicenda di trasmigrazione da un’università a un’altra su base pubblico -privato. Cosa di cui ignoravo l’esistenza, ma a istinto ho suggerito alla madre del ‘figlio di’ di non tirar fuori un euro e tenersi piuttosto il figlio diplomato (o laureando triennale a vita, dipende da lui, essendo ‘figlio di un ricco’ non ha problemi economici).
Se ne può sapere di più? Non mi pare che il monoquotidiano ne abbia parlato, almeno non nelle pagine triestine.
D’accordo con Lucchetta e Mula. Stavolta no buono post.
Raro ma vero: sono d’accordo con La Mula.
Se in famiglia c’è una “competenza” ( e questo vale in qualsiasi campo…) è probabile che passi almeno ad uno dei figli.
Tanto per fare un esempio molto banale, se i genitori arrampicano è probabile che il, o i, figlio/i cresceranno o odiando la montagna (perchè “costreti” a frequentarla loro malgrado) o la ameranno con grande “competenza”…..e già da adolescenti avranno dimestichezza con i corde e moschettoni.
E questo vale per ogni campo….
Ciò non toglie, ovviamente, che ci siano anche casi di “nepotismo” immeritato…
ovviamente ….”costretti”.
A me andava anche bene costreti, alla triestina…
🙂
Ho volutamente parlare di questo perchè è un elemento strettamente correlato al mala-giornalismo.
Si denuncia e si deve denunciare il nepotismo, non la ‘presunzione’ di. Se il figlio di un rettore è semianalfabeta e ha una cattedra, beh, quello è sicuramente uno scandalo e va scritto.
Il resto invece dovrebbe essere spunto per una inchiesta, quello che manca e che interesserebbe certamente di più un lettore.
Esempio: processo Priebke, Fosse Ardeatine. Tutti accalcati sulla figlia di una vittima, portavoce per tutti, che è nata dopo la morte del padre. Una vita sicuramente segnata, ma le sue dichiarazioni le ritrovi in agenzia. In un angolo ci sono tre donne anziane completamente fuori luogo nel tribunale. Nessuno che si domandi cosa ci facciano. Sono le vedove, deportate per l’ennesima volta nel loro ruolo che le rifà morire ogni volta, una specie di pira all’indiana dove la donna muore col marito. Lo fanno ormai d’abitudine a ogni cerimonia, grate allo Stato che ha provveduto a far studiare i figli. Grate ai figli che non hanno deluso lo Stato.E nelle vive che sono state condannate a morire alle Ardeatine vedi decenni di sofferenza, di negazione, di invidie del piffero (‘tanto è la vedova di…’),di silenzio e dignità.
Ho incontrato altre vedove così, ho incontrato altri figli che hanno ‘sparato’ più alto per essere all’altezza dei padri e vicini alle madri. E non solo figli di persone scomparse, figli e donne che s’erano semplicemente separati da persone ‘importanti’ e che volevano essere loro e basta. E probabilmente esistono anche uomini che vivono la stessa situazione. Il tutto per dire che tutto va circoscritto alla persona e al suo operato.
Le colpe dei padri non devono per forza ricadere sui figli. Metti che incontro il figlio di Berlusconi e scopro che è geniale, cosa faccio? Voto Forza Italia?
Però metti che incontri il figlio di Sofri che geniale secondo me non è (per lo meno non ai livelli del padre), allora che fai?
Non sono d’accordo con i commenti di Marisa, Mula etc… Andate a guardare, ad esempio, negli Stati Uniti (ma basta probabilmente andare in Austria o Slovenia) quanti figli di luminari, pur bravi, sono professori nello stesso ateneo e nello stesso corridoio del padre. L’ateneo non è una impresa privata dove assumo chi voglio. Se si è appassionati della stessa disciplina del padre o della madre (non parlo della relazione moglie – marito che è effettivamente diversa) si dovrebbe almeno cercare di vincere il concorso in un’altra università, non trovate? O davvero non conoscete il mondo accademico italiano?
Nessuno colpevolizza a prescindere, però queste parentele sono troppo spesso passate sotto silenzio. Chi è valido come da voi affermato non ha nessun timore di dire che è figlio/a di suo padre/madre. E’ il curriculum che parla per lui. Non penso che sia affatto un cattivo post (cfr Apollonio). Anche perché rivela/rileva come in Italia tutti piangano sulla situazione della ricerca ma poi accade che molti figli di accademici scelgano comunque la strada dell’Università e per giunta nello stesso Ateneo e nello stesso settore scientifico disciplinare del genitore. Non so quanti figli di calzolai e sarti facciano il mestiere del padre. Forse la “ricerca” in Italia non è poi un così brutto mestiere!
(la mula, mi cadi così male, qua)
(eric, ti prego, se puoi dire chi sei e dove lavori penso che aiuti la discussione in maniera importante)
fornisco alcuni chiarimenti utili rispetto a questo inizio d’inchiesta (che spero avrà un seguito) di cui sono il responsabile, per ora.
il mio obbiettivo è la delegittimazione di alcune pratiche nefaste per la nostra comunità e parlo ovviamente del nepotismo e del ‘baronismo’ all’università. parlo solo di delegittimazione ma ovviamente mi interesserà sapere in che misura queste pratiche sono illegali – se lo sono.
1) L’UNIVERSITA’ E’ UN LUOGO DI LAVORO PUBBLICO. E’ INTERESSE DEI CITTADINI CHE PREVALGA UNA SELEZIONE IN BASE ALLA MERITOCRAZIA E NON IN BASE AL NEPOTISMO
Se il gruppo editoriale L’Espresso o chi per lui vogliono affidare le loro sorti imprenditoriali a tutta la famiglia Scalfari, beh, ovviamente sono affari loro.
Invece voglio, esigo e pretendo (come dice Giancarlo Pistrin) che l’agenzia di formazione più importante per una società avanzata sia gestita in base a criteri di selezione meritocratici. Pretendo che una selezione di figli e figliocci nella stessa facoltà o nella stessa università non sia solo formalmente impossibile ma anche sentita come inaccettabile dalla comunità cittadina e regionale che deve avere un vero ritorno dal suo ateneo.
Potremmo anche iniziare a discutere di come, lo Stato in particolare, dovrebbe promuovere la mobilità sociale e non riprodurre le fortune dei genitori presso i figli… ma mi rendo conto che non possiamo volare così alto.
2) LA SELEZIONE SU BASE CONCORSUALE ALL’UNIVERSITA’ DI TRIESTE? NON SONO SICURO SIA LA REGOLA. MA, A PRESCINDERE, MI IMPORTA LA SOSTANZA DI CHI E COME VIENE SELEZIONATO
Ho passato un anno fantastico in Gran Bretagna fino allo scorso settembre. La reputo un esempio per quanto riguarda l’università, almeno rispetto a quella scadenta accademia italiana che conosco e che è la prassi.
Perchè?
Perchè la selezione nell’università britannica viene fatta in base alle pubblicazioni scientifiche ovvero alla loro qualità e quantità. Se io, umile masterizzato in antropologia ho qualcosa da dire rispetto alle mie ricerche, mando una mail anche a una delle più importanti riviste di antropologia del pianeta e la mia proposta di articolo è sempre valutata – e se è valida viene accettata anche se sono un signor Nessuno (parlo di esperienza personale).
Lo staff (docenti e ricercatori) delle università UK viene selezionato tramite concorsi a cui, teoricamente, possono accedere tutti gli accademici o aspiranti tali del pianeta.
Qua, in Italia, la gran parte dei docenti scrive su libri e pubblicazioni solo in italiano e di case editrici italiane. Come fa un accademico italiano a scrivere su queste pubblicazioni? Tramite conoscenze. Punto.
Qua, in Italia, vi meravigliate che metto i riflettori su quella serie di casi di reclutamento di conoscenti che, potenzialmente, è la più palesemente marcia: quella di ricercatori e docenti che non solo NON vengono selezionati su base internazionale ma addirittura vengono prelevati all’interno di una stessa famiglia.
Scusatemi, ma.
Sottovalutate, semplicemente, il problema e non avete parametri di riferimento diversi da quella che è l’università che conoscete.
3) I NOMI E I COGNOMI VANNO DENUNCIATI. PENSIAMO A UN’UNIVERSITA’ PIU’ UTILE PER I CITTADINI
Non penso che sia possibile organizzare diversamente un discorso efficace e incisivo per un migliore funzionamento della nostra università, se non quello di denunciare ogni nome e cognome di relazione che non garantisce il pubblico.
Nel particolare:
– La Prenz sarà pure brava, non ne dubito, ma è inammissibile che in una stessa università, anzi, in una stessa facoltà, ci siano addirittura più membri di una stessa famiglia che, solo loro, conoscono quella stessa materia. Ci sono decine di università in tutta Italia, quello che mi chiedo io è come sia successo che la figlia di Prenz lavorIi proprio qui…
– Su Borruso, l’economista, a capo di architettura: stendiamo un velo pietoso (e così sui parenti sistemati).
– Su Reali (che conosco personalmente, come i figli): più che di lui mi interesserebbe capire come funziona tutto l’accesso alle Scuole di specializzazione mediche. Ho la moglie che è specializzanda, la madre che è medico e qualche altro amico specializzato: penso di “saperne” qualcosa. (la sanità meriterebbe molti post come questo…)
Vi consiglio due letture in tema:
1) il sempre valido “L’università dei tre tradimenti. Un dossier ancora aperto” di Raffaele Simone, la più valida e radicale analisi dello stato di devastazione della cultura universitaria italiana e del baronismo
2) un pezzo del Corsera sull’università italiana: “Sotto i 35 anni solo 9 docenti su 18 mila” a cura dei sempre puntuali Rizzo e Stella
mi segnalano ora per telefono due nuovi casi (da verificare, per quanto mi riguarda) che coinvolgono, sempre all’università di Trieste:
– gli insegnamenti di Franco Del Campo e di sua moglie a Scienze della Comunicazione
– la presenza di un pocopiùchetrentenne figlio di Damiani, Giovanni Damiani, Professore a contratto
Il figlio di Sofri è geniale quanto il padre ossia poco, ma questa è solo una mia opinione (probabilmente ha preso dalla madre che a una cena confessò che i negri sono razzisti perchè in una spiaggia del Kenia dove prendeva sole nuda la guardavano sconvolti- svedese slavatissima- facendomi sbellicare dalle risate). E ti faccio un altro esempio: il figlio del mio editore è quanto di meno geniale abbia conosciuto nella mia vita, ma dirige una rivista e adesso è arrivato anche in televisione. E’ patetico e si cambia canale.
Me ne può fregare di meno se il figlio di fa qualcosa nel privato. Se scandalo ci può essere è nel pubblico, ma nel pubblico è scandalo solo se il summenzionato ‘figlio di’ non ha i requisiti per ricoprire la carica. E siccome a certi ruoli si arriva per concorsi e siccome per dire che tutti i concorsi sono truccati bisogna avere le prove e siccome non tutti i concorsi sono truccati sarebbe ora di smetterla con questo peana alla mediocrità che non porta da nessuna parte.
C’è posto per tutti, in realtà. A me non piace come scrive Susanna Tamaro, preferisco me stessa. Solo che per la stessa casa editrice lei ha venduto 2.000.000 di copie e io solo 100.000. Devo dire che al mondo ci sono 1.900.000 cretini? Ma stiamo scherzando?! Devo credere che dietro di lei ci sia stato dio solo sa quale marchingegno? Conoscendo la casa editrice in questione spero solo sia riuscita a incassare qualcosa. E’ diventata Susanna Tamaro perchè nipote alla lontana di Svevo o nipote ravvicinata di Anzellotti? Ma stiamo prendendoci pel culo? Ha scritto un libro che è piaciuto e come lei Pino Roveredo, Magris e altri.
Pino Roveredo non mi risulta sia figlio di nessuno, ma è un ottimo scrittore. Quali trame dietro il suo successo? Claudio Magris è stato uno splendido insegnante? Merito di chi? E così via.
Insomma. Io ho figli. Essendo una madre ‘pesante’ entrambe si sono trovate per principio lavoro da sole (ora lavorano tutte e due), detestando cordialmente chiunque facesse riferimento a me o al padre. Una opera in un settore vicino al mio, comunicazioni, ma fa le sue cose (alcune apprese a casa). Un’altra fa la gelataia pro tempore, ma anche lì c’è arrivata con un curriculum che è fatto di lavoro a volte trovato da sola a volte con l’aiuto della famiglia.
Credo che l’unica cosa importante sia il fatto che dai 14 anni abbiano costruito il loro percorso lavorativo parallelo a quello scolastico. Che siano arrivate al diploma e che con alterne vicende forse arriveranno anche alla laurea, mantenendo col lavoro la loro autonomia dalla famiglia ‘scomoda’. Ci sarà sempre un cretino, che magari cretino non è ma solo un amico, a ricordare che sono figlie mie o di loro padre, o nipoti di, ma spero che sappiano rispondere per le rime (proprio perchè figlie di ? 🙂
). Vivendo e lavorando.
E mettiti in testa una cosa, caro Eric. Nessuno assume nessuno se non lo conosce. Il caso più eclatante riguarda la Bossi Fini che costringe oggi un datore di lavoro a pagare tre volte il viaggio (due illegalmente) per avere un operaio extracomunitario. Perchè anche in fabbrica non ti prendi uno qualunque scelto dall’ambasciata. Quindi fai entrare uno al nero, lo regolarizzi per evitare eventuali rogne penali in caso d’incidente sul lavoro, lo tieni in prova tre mesi, lo rispedisci illegalmente a casa e chiedi all’ambasciata italiana del suo paese di assumere proprio quello, ripagandogli legalmente il viaggio. Funziona così.
Di piagnistei ne ho abbastanza. E’ arrivata a casa mia una ragazzina che voleva fare la giornalista. Ho cercato di dissuaderla, ma oggi fa la giornalista e viene una volta per settimana a prendersi dritte. E non è figlia di nessuno, è solo brava e tenace. Quando troverà qualcun altro più bravo di me a darle dritte non verrà più qui. Sarà volata via e io sarò contenta per lei.
Non inquiniamo quanto è già sufficientemente inquinato. Eventualmente parliamo dei danni fatti dall’eccesso di inquinamento…
“C’è posto per tutti, in realtà.”
ALL’UNIVERSITA’ C’E’ POSTO PER TUTTI?
questa è una baggianata, cara mula.
e non è vero affatto che tutti i datori di lavoro, anche nel privato, assumono solo qualcuno che conoscono…
dei dei… te prego
ndemo vanti
Mentre scrivevo scriveva anche Enrico. Premesso che non me ne frega nulla di sapere come nassi Eric, perchè rispondo a Eric nick, visto che scrivo in rete, me ne frega ancora meno di sapere che Del Campo e signora o il figlio di Damiani lavorino in università.
Visto che viene citata una facoltà da brivido (bisognerebbe denunciare i genitori che vi iscrivono i figli e pagano le tasse) trovo che sia il caso di concentrare maggior attenzione proprio a certi disservizi universitari che sicuramente non sono imputabili solo a coniugi, che magari ci lavorano anche sottopagati (non mi stupirei…). Pensiamo a un’università più utile per i cittadini, appunto!
Enrico, ma lo fai apposta a farmi incavolare?
Cara Mula, forse è vero che per assumere qualcuno bisogna conoscerlo. Però allora credo che dovremmo proprio consigliare a certe persone di ampliare le proprie conoscenze! 🙂
Enrico, c’è posto per tutti. Anche in università, anche nel giornalismo, anche ovunque. Dipende da cosa ti aspetti e cosa sei disposto a cedere o dare. In regione abbiamo il tasso di disoccupazione più basso d’Italia. E in università, se sei disposto a ingoiarti decenni di gavetta, puoi entrarci per sempre.
Discutiamo del senso dei decenni di gavetta, discutiamo della struttura attuale dell’ateneo, discutiamo di quello che vuoi, ma per piacere non discutiamo di parentele!
decenni di gavetta che valgono per il cittadino qualsiasi ma non per il figlio di damiani.
mhmh?
dici di non discutere di questo?
io dico di sì.
No. Non m’interessa discutere sul figlio di Damiani che è figlio esattamente come il figlio della Monti, se ne avesse avuti. Non m’interessa discutere di anagrafe, caso mai di docenti non in grado di ricoprire un certo ruolo. Ho un bellissimo elenco, stilato in anni e anni di frequentazioni con l’istituzione scolastica, in prima e seconda battuta. Queste cose non servono assolutamente a modificare nulla, caso mai a incancrenire l’esistente.
C’è un’università in crisi, e grossa, Andrea ha segnalato solo alcuni dei temi su cui si potrebbe indagare. E stiamo qui a raccogliere alberi genealogici? Ridicolo.
io sono stato zitto per anni, esattamente tre,
in nome di non meglio precisato “onore”.
Se c’è un posto, e ovviamente parlo per esperienza personale,
dove la merda anti-meritocratica tutta italiana,
è palpabile, questo posto è l’università Italiana. Nel senso che proprio la tocchi con le mani, la merda,
la vedi con gli occhi e la annusi in ogni corridoio.
Detto questo, a breve, su questo blog, racconterò come sono stato bocciato all’esame di dottorato il 19 gennaio del 2006
Guarda, è la stessa fregnaccia delle donne e giovani nel Pd. Se uno vale può ricoprire qualsiasi carica anche se ha ottant’anni e si disfa di viagra per essere ancora maschio. Ma la vogliamo smettere con questo razzismo da bassissima lega?
@LaMula
Il figlio di Sofri lavora a Radio Rai non solo nel privato.
Per il resto condivido dalla prima all’ultima parola. Secondo me, non esistono leggi che possono risolvere i malcostumi. L’onere della smentita va a chi sta in quella lista. Le liste possono avere questa funzione o possono solo far nascere dubbi e mali pensieri? Io sinceramente mi pongo nello stesso ordine di idee delle dichiarazioni dei redditi: non me ne può fregà de meno.
la mula,
non è ridicolo discutere di geneaologie, anzi.
viviamo in un’epoca ( ” mi pare ” ) in cui i servizi che la comunità realizza per sopravvivere devono essere sempre più efficienti. devono essere servizi più efficienti per competere con i servizi analoghi che sono realizzati dalla gran bretagna e da tutti gli altri sistemi statali planetari – dagli altri sistemi universitari in questo caso.
mi pare, eh.
l’università ci deve servire a qualche cosa. l’università è più efficiente se seleziona chi è meritevole, non il figlio di damiani o di borruso.
i discorsi di andrea sono anche cruciali. nè più nè meno di questo.
questo è solamente più clamoroso perchè tocca ancora più profondamente le corde della cultura aumma-aumma che ci pervade.
oggi, “credo che” o andiamo a toccare e a mettere in crisi il nostro modo di pensare, sentire e quindi di agire ( = la nostra cultura) o siamo fottuti.
in sintesi, il tema del dibattito è:
Esiste e con che limiti la meritocrazia all’ateneo? Discutine e condividi dei fatti sui meccanismi di selezione all’Uni di Trieste
“Esiste e con che limiti la meritocrazia all’ateneo? Discutine e condividi dei fatti sui meccanismi di selezione all’Uni di Trieste”
Ecco, bravo, hai centrato la questione. Posto così è un argomento su cui ci si deve confrontare.
Così partiamo subito dalla facoltà più inutile del globo, Scienze della comunicazione. Ho seguito tre laureande più o meno in giornalismo scoprendo che
1) ignoravano l’esistenza (quinto anno) delle agenzie di stampa
2) ignoravano che in un articolo la notizia va data all’inizio e solo poi e eventualmente si va avanti col temino
3) ignoravano che i giornali copincollano le agenzie di stampa per cui in alcune situazioni non vale la pena (se non devi dimostrare nella tesi la tesi del copincolla) perdere tempo a spulciare quotidiani e scervellarsi su dietrologie politiche che portano tre quotidiani a scrivere la stessa cosa perchè è evidente.
Docente di giornalismo Morelli (è figlio o marito di qualcuno?). Best regards
Su quanto e come l’Università in Italia sia come è, ben vengano inchieste, rivelazioni, ricerche e approfondimenti.
Redigere un elenco, trarre dalle conclusioni, sparare nel mucchio, incitare alle denunce è altra cosa.
Con ossequi ciao
Ecco, appunto.
la meritocrazia, se c’è, riguarda solo gli altri. per quanto riguarda noi stessi, siamo sicuramente e sempre i più meritevoli.
mhmhm, sarà.
non mi sembra che il post originale sparasse nel mucchio, anzi.
come si è visto gli unici argomenti ‘contro’ il post originale erano quelli de la mula e di andrea che ‘sono amici’ di alcuni dei citati nel post originale.
un po’ debolina come argomentazione rispetto a una semplice lista di nomi che non traeva, affatto, conclusioni.
Forse il riferimento alla (degnissima) famiglia Prenz, che conosco personalmente e stimo, è fuori luogo: non si può fare di ogni erba un fascio. Però il clientelismo a Trieste (e penso anche in italia) è un male da non sottovalutare. Penso, più che ai parenti, agli amici ed agli amici degli amici, che qui contano come dei in terra. Andiamo su altri lidi, non universitari: Lippi, Camber/Monassi, Illy/Viero/Baiguera, Scoccimarro e la sua corte, i fratelli Antonione, Dipiazza e Bucci…?
So che mi sfugge moltissimo, ma siamo ai livelli di Haider e sua sorella! O dei due Vogel, che pur militavano in partiti diversi! Clinton e sua moglie!
Mal comune mezzo gaudio, ma sarebbe consono alla nostra azione moralizzatrice pensare a come additare al pubblico disprezzo anche tutte quelle mezze menole assunte in banche ed assicurazioni solo in grazia di raccomandazione ricevuta. Per ovvie ragioni qui non posso fare nomi, ma so precisamente di casi in cui grandi banche triestine e rinomatissime assicurazioni hanno assunto persone raccomandate ed incapaci.
Il mio ruolo su Bora.La è anche di fare confronti internazionali. Ho lavorato come dirigente per 17 anni in una multinazionale tedesca e lì c’erano anche le raccomandazioni, però i criteri erano strettamente regolamentati da un codice d’onore non scritto. Erano preferiti:
– figli di grossi clienti e fornitori
– chi aveva prestato servizio militare
– chi non aveva idee di sinistra
– chi non era iscritto a nessun sindacato, a parte il VAA (organo dei dirigenti chimici laureati), a cui l’ iscrizione era pressochè obbligatoria
– chi aveva svolto un apprendistato presso un “potente”
– chi diceva di sì a tutto quanto gli veniva detto di fare, pur comprendendone l’assurdità
Il momento della verità venne fuori con la fusione con altre industrie dello stesso ramo, che videro una piccola parte dei dirigenti in possesso della verità (la fabbrica sarà chiusa e tutti sarenno licenziati), contro la massa dei dirigenti ignoranti, che ancora credevano che facendo mobbing al collega si sarebbero aumentate le proprie possibilità di mantenere il posto.
Mi spiace molto parlare così del mio Paese, ma nessuno è perfetto. Però il fatto che anche altri abbiano panni sporchi da lavare non ci esime dal considerare come salutare una pulizia nella repubbica italiana.
Per inciso: queste cose in Germania esistono solo nel privato, nel pubblico, pur in assenza di concorsi formali, le raccomandazioni non contano nulla, a parte i massimi livelli (da presidente di Land in su)
come già scritto, non metto in dubbio che i prenz siano competenti.
‘puzza’ un po’ che gli stessi lavorino nella stessa facoltà.
a questo punto sarebbe interessante indagare sul sistema di reclutamento che vige in ogni facoltà.
parlo per esperienza personale di ex rappresentante degli studenti eletto in consiglio di facoltà.
i consigli di facoltà a cui ho partecipato proprio a lettere e filosofia a trieste (la facoltà dei prenz), di gran lunga, se ne fregano di capire come essere più utile agli studenti piuttosto che a progetti di ricerca che riguardano direttamente e esplicitamente il territorio in cui vive.
il problema, unico, è come spartirsi cattedre e contratti. quasi sempre a prescindere da una strategia della facoltà o dell’università rispetto a che tipo di conoscenza sarebbe utile approfondire in quella struttura universitaria ai fini, appunto, del benessere degli studenti o della comunità.
lo spartimento di cattedre e contratti è nè più nè meno una lotta tra bande organizzate.
in estrema sintesi, sono sicuro che sia abbastanza dimostrabile da qualsiasi presente esterno ai clan come ogni clan debba, semplicemente, preoccuparsi di cooptare nuovi adepti per il suo clan e spartirsi i posti tramite compromessi con gli altri clan.
insomma: uno potrebbe immaginarsi (andrebbe verificato, però) che delle nuove cattedre e contratti per le figlie di prenz siano stati creati ad hoc per gli interessi della sua lobby ovvero di lui stesso e non in base a quanto servono all’università (e quindi a noi). magari al posto di nuovi post per esperti di spagnolo col cognome prenz si potevano creare nuovi posti per esperti di storia contemporanea, filosofia, giudaismo, slavistica, lingua friulana, eccetera eccetera eccetera.
questi meccanismi che non voglio dire siano necessariamente legati al reclutamento della famiglia prenz, del resto sono facilmente verificabile perchè, correggetemi, questo sistema vige ancora oggi.
sono stato anch’io rappresentante degli studenti in facoltà a lettere.
oggi ho un dottorato a storia.
è in tutto una decina d’anni che bazzico via lazzaretto-via economo-campo marzio.
la mia esperienza personale dice che a lettere più che il nepotismo (mi pare limitato ai casi già citati) contano i favoritismi.
a occhio, nella metà dei casi i posti di dottorato vengono assegnati per logiche esterne al merito.
data la penuria di risorse, il meccanismo è quello dell’equilibrio e della rotazione tra le cattedre più “pesanti”.
ma soprattutto, il problema vero è questo: è impossibile per un estraneo penetrare all’interno del circuito locale. posso essere il più brillante giovane storico d’italia, ma se mi presento al concorso di dottorato senza conoscere o essere raccomandato presso il docente della materia a trieste, beh, neanche parlarne. e così (toccato con mano) anche a venezia e a udine. ma così è dappertutto.
quindi il merito conta troppo poco. forse concentrarsi sul nepotismo non porterà a grandi risultati, o forse sì. ma è giusto iniziare a scavare, non importa dal lato da cui si comincia. e non ci vedo nulla di scandaloso nell’accettare segnalazioni dal pubblico, posto che poi — prima di essere divulgate — saranno verificate (quindi no alle delazioni libere e anonime in forma di commento, please).
io potrei raccontare come “ho perso” un corso a contratto a scienze politiche… e parliamo di un corso a contratto, non di un concorso o altre cose più importanti…
il problema è che si scambia l’autonomia delle facoltà come una libertà assoluta e incontrollata, dove i controlli sono lasciati alla buona volontà di pochi, e dove a tutti conviene non dare fastidio al collega per avere la propria fetta di campo libero.
come provocazione mi viene da dire che sarebbe meglio smetterla di fare finta che ci siano veri concorsi e lasciare libera la cooptazione..
non tutto è marcio ovviamente, giustamente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. ma è un problema serio, perchè ahimè l’università in italia è uno degli elementi di debolezza del sistema. e non è solo un problema di soldi. ma di selezione appunto, di qualità e di competenze (troppi dottorandi e ricercatori che fanno poca ricerca…).
è un problema di strategia. però, nella strategia, dobbiamo avere il coraggio di dirci queste cose pensando al fvg, dovremmo anche iniziare a riflettere sull’opportunità della presenza di diverse università che fanno le stesse cose a distanza di pochi chilometri o addirittura nella stessa città…
Per quello che può contare questa mia piccola esperienza all’Università di Trieste, facoltà di architettura:
mio figlio (laureato con 110 e lode) aveva presentato domanda per un dottorato di ricerca della durata di tre anni. Tre anni in cui di fatto avrebbe dovuto continuare a farsi mantenere dalla famiglia visto che i compensi sono irrisori….
Questo tanto per chiarire che se non hai mamma e papà che ti mantengono, il dottorato di ricerca non lo fai.
C’era un solo posto che è andato a chi già si sapeva sarebbe andato.
Un ragazzo molto introdotto in facoltà …..
Del resto non è così che funziona anche in politica? Vuoi essere messo in lista in un posto blindato? Basta essere un “fedelissimo” (o “lecchino”?) di chi farà la lista….
Enrico, vorrei precisare che non difendo (e credo anche Andrea) amici. Ho solo sottolineato come ci siano problemi ben più pressanti del nepotismo. Quando iscriverai i tuoi figli a un’università (che probabilmente sarà ormai estera perchè si spera che almeno il ‘sistema Europa’ vada avanti)ti accorgerai di come, più che i soldi, stiano buttando via tempo.
Io ho una breve esperienza con Ca’ Foscari (ops, no, con Ca’ Foscari ne ho anche una ormai quasi decennale, ma per fortuna non è figlio mio!) e una con Filosofia a Trieste. Entrambe fallimentari. In entrambi i casi nessuno, nonostante da un lato il numero chiuso e dall’altro il ridicolo numero d’iscritti, è riuscito a dare una motivazione per restare in università che fosse più credibile di un lavoro a portata di mano. In entrambi i casi si è preferito il lavoro, ritenendo che se avanza tempo ci si può sempre prendere una laurea breve studiando nel tempo libero. Cosa che puntualmente si sta realizzando.
Bada bene, lavoro che piace e gratifica, che coinvolge e che via via diventa anche ulteriore occupazione sempre nel tempo libero, con libera professione parallela. L’università viene percepita, almeno a casa mia, come un titolo da aggiungere al book per andarsene in Europa quando il book sarà pieno. Una a Parigi, l’altra a Londra o Berlino.
Non sono io a indurre nulla, io credo nel metodo di studio che solo un regolare percorso di studi può dare. Ma vedo che tutto ciò non c’è a partire dalle scuole superiori (quello che s’impara ormai arriva al massimo alle scuole medie, giocando sulla spontaneità del bambino).In università poi non c’è niente, quattro pippe in croce.E cerco di capire. Non solo le mie figlie, ma anche i loro amici, tutti in navigazione a vista in un qualcosa di destrutturalizzato. Per questo sostengo che non serva a niente partire dai nomi e cognomi e dalle genealogie, ma caso mai dall’intero sistema universitario italiano e a quello (abominevole)regionale.
Giovanni Damiani non è parente di Roberto Damiani. Arriva dall’Università di Venezia. C’era anche un altro bravo professore veneziano ad architettura, veramente bravo, ma lo hanno trombato per far posto ad altri ‘parenti’. Credo che, bravi o non bravi, i parenti dovrebbero avere il buon gusto di sviluppare le loro carriere altrove. Padre e due figlie nella stessa facoltà è veramente una situazione al limite dell’imbarazzo, per le persone normali. Non evidentemente per la famiglia Prenz o per tanti altri come loro. Ci sono grandi aziende che vietano la copresenza di parenti di primo grado (vedi Generali, ad esempio). Mi pare il minimo per evitare situazioni di dominio/presidio famigliare.
Il signor Giusto Per ha messo in campo il buon gusto.
che è la versione quotidiana dell’etica, quella cosa del cielo stellato sopra e la legge morale dentro…Quella del Senor Spinoza, che l’ha dimostrata in modo geometrico…
Insomma la buona educazione.
Già.
Che però non si insegna che con l’esempio.
Se è buono o cattivo, le conseguenze sono di un segno o dell’altro.
Dappertutto. Anche in Rete.
E mi pare che – mi pare, eh! – che gli esempi in voga anche nel nostro paese in questi periodi, siano…
Un buon risultato questo dibattito l’ha comunque ottenuto: seminare dubbi.
In banca si evitava di assumere parenti per evitare accorpamenti che ne minassero la sicurezza. Questo peraltro significava che d’obbligo si assumeva il figlio del bancario pensionato. Se vogliamo riderci addosso facciamolo. Vi elenco gli assunti di mezza Trieste tra assicurazioni, banche e monogiornale che hanno un posto perchè babbo s’è pensionato o meglio ancora prepensionato? Ma sono stata solo io l’unica a entrare in banca perchè raccomandata da mio padre (non avrei potuto fare niente di diverso visto il ruolo che rivestiva mio padre nell’ambiente, era palese)? Lo dicevo a suo tempo ai colleghi che sghignazzavano, ben sapendo che c’era alle loro spalle qualcuno. Ma basta! Sto parlando di più di trent’anni fa! Quando si assumevano a Trieste figli di profughi facendoli passare per profughi, e così via.
Sentite, questa roba a me sa tanto di voglio ma non posso. Io vorrei vincere premi come Pino Roveredo, ma non li vinco (il mio editore non mi fa nemmeno partecipare). Bravo lui. Io vorrei vendere come la Tamaro o Magris. Bravi loro. Io vorrei essere stimata come Rumiz, ma non è. Io vorrei tante cose, ma non sono riuscita ad averle e in qualche caso nemmeno ho voluto averle (perchè scelgo e decido).
Credo che l’unico discrimine sia la competenza e che il tema del contendere debba essere lo sfascio dell’università, che non è causato dagli alberi genealogici.
Proviamo a dircelo in faccia: ho un posto di lavoro, sono raccomandato. Lavoro bene o no?
Seguirebbe il fatto che ci sono ‘raccomandazioni’ anche per portare le pizze col motorino. E allora la domanda è diversa. Vogliamo riflettere sul mercato del lavoro e imbunirci la bocca di chiacchiere? Vogliamo parlare della qualità del lavoro? Di quello richiesto e quello fornito?
Basta. Giuro che non intervengo più
Vero, confermo: le banche sono ed erano strapiene di figli di papà andati in pensione per lasciare il loro posto al figlio/a. Difficile entrare senza un papà (o una mamma..) ex-bancaria. Anche oggi. Poi c’è chi fa carriera e che i resta al palo. Un pò dipende dalle capacità professionali e un pò da altro.
Ha ragione Francesca, oggi anche per consegnare le pizze a domicilio ci vuole la “conoscenza”. Altre volte è il “caso” o la “fortuna” di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.
Vogliamo parlare dei “concorsi di progettazione”? O di come gli enti pubblici affidano gli incarichi ai professionisti esterni?
Nel privato la competenza solitamente è premiata e tenuta in considerazione: uno che “non” vale si cerca di scaricarlo alla concorrenza. Ma il “pubblico” è tutto un altro mondo….
Questa volta solidarizzo con Francesca.
smettiamola di dire fregnacce, perpiacere.
è vero che in un sacco di posti nel settore privato si assume per conoscenze ma in tantissimi altri si assume per competenze e esperienze.
uno dei tanti dati a sostegno di questa idea è
la semplice esistenza del mercato di siti che mediano tra l’offerta e la domanda di lavoro (tra cui multinazionali). tra questi siti:
– monster.it
– jobonline.it (tra l’altro gestito da un’azienda triestina)
– e molti altri
dai, basta ve prego
Infatti, nessuno ha detto nulla contro ciò. Il problema è il ‘pubblico’, ma non è un problema o non è solo un problema di genalogie. Dai basta, te prego
“In banca si evitava di assumere parenti per evitare accorpamenti che ne minassero la sicurezza.”
Scusate il ritardo…..Ho letto tutto. Molto interessante.
La mia opinione è la seguente:
1) fino a quando non c’é competizione va tutto bene.
2) non c’è regola che non possa essere aggirata, pur tuttavia non si può rinunciare a darsi delle regole.
Partiamo dalla seconda. Il punto diviene: come dettare le regole?
Dal mio p.d.v. bisognerebbe condividere un minimo comune multiplo di tipo “etico” (eh si, qualche volta la deontologia deve porre regole scomode basate su valori condivisi, ha ragione eric).
Non è possibile, come fanno La Mula e Marisa, confondere piani diversi e indurre ad un relativismo assoluto su questi temi: essere figli di….deve essere un impedimento (confesso: poco-unidemocratico) sia in sede di selezione che di carriera. E questo vale per tutti gli ambiti pubblici: quindi soprattutto nelle università italiane, vere cloache rette da oligarchia benpensanti, infarcite di gesuitismo strisciante (quello che ti insegna che Tu devi assumere il potere perché Tu – e Tu solo – sarai in grado di fare il bene comune, essendo Migliore).
Le banche italiane erano (sono?) parapubbliche, se non strettamente pubbliche. Presidenti e Direttori Generali non facevano altro che “scambiarsi i favori” assumendo reciprocamente i segnalati, con buona pace dei sindacati e della banca d’Italia. Ciò che farebbero anche i baroni delle università, se fossero introdotte “cause di non-nominabilità parentale”. Ma si deve fare lo stesso.
Riprendo ora il Punto 1).
Le grandi compagnie assicurative (private) operavano in regime di esenzione assoluta dalla concorrenza. Avevano regole codificate, con accordi sindacali sottoscritti, che prevedevano testualmente la facoltà del “subentro di un parente di primo grado” a fronte dell’uscita anticipata di un pensionando. Le compagnie di assicurazione italiane e le banche, replicavando anno dopo anno utili miliardari e vivevano immerse nella protezione garantita.
Ora c’è un abbozzo di mercato, indotto dall’Europa (alla faccia di Tremonti) e le grandi banche hanno iniziato a guardare alla qualità delle candidature, mentre le compagnie hanno smesso di reiterare gli accordi sindacali di cui sopra.
Per concludere.
Senza regole che introducano un vagheggiamento della nuova etica da perseguire (caso “quote rosa” docet) con il chiaro obiettivo di giungere a qualcosa di diverso, si continua solo a rimanere identici a se stessi (perché autoreplicanti) continuando a scendere negli abissi degli ultimi posti di tutte le graduatorie del merito-Paese.
P.S.
Sofri Luca è un viziatello borghesuccio di ritorno, con poco talento ma di cui la nostra misera Italietta di oggi (storicistica e risistematrice) sembra avere un grande bisogno catartico.
E’ ciò che ci meritiamo.
lucio: bravo!
Molto d’accordo anche io, eccezion fatta per il Post Scriptum. Luca Sofri ha un papà famoso e fuori dal comune. Non è più viziato di molti altri ( me compreso ), e non è un borghesuccio di ritorno, è uno che – facendo abbastanza bene le cose che sa fare ( musica, giornalismo di costume, pubbliche relazini )- ha approfittato delle occasioni che gli si sono presentate. Ma ha anche messo a disposizione di altri le sue idee ed entrature. Mi piacerebbe che altri – certo più di lui dotati in intelligenza e originalità, e certo meno di lui beneficiati dalle occasioni – facessero lo stesso.
Niente da eccepire sull’etica e su parametri etici da introdurre anche per legge in qualunque situazione. La mia polemica riguarda metodi di denuncia che francamente non mi appassionano.
Travaglio (tanto per restare nella cronaca) ha raccolto quintalate di materiale prima di dire da Fazio quanto ha affermato e l’offesa è solo satira. Una delle cose meno apprezzate e capite.
Qui non si sa neppure quanti sono, ad esempio ,i Prenz che insegnano (tre, quattro?), ma si spara e si chiedono delazioni per raccogliere materiale.
Travaglio parla di connessioni con la mafia, accusa grave. Qui si lascia velatamente trasparire che tre o quattro persone lavorano per via parentelare.Lavorano bene o male? La domanda è questa.
” essere figli di….deve essere un impedimento (confesso: poco-unidemocratico) sia in sede di selezione che di carriera.” Mi sembra un’affermazione veramente fuori dalle righe. E dal mondo.Di un razzismo aberrante. Cosa fanno i figli di…si sparano?
Nè Marisa nè io abbiamo difeso il sistema prepensionamento- assunzione, solo denunciato l’esistenza. E comunque conosco fior fiore di persone che pur potendo non ne hanno approfittato. Da genitore vado molto fiera di una figlia che s’è trovata lavoro da sola e che si costruisce il suo futuro da sola come meglio le va. Da genitore è ciò che volevo per le mie figlie, la completa autonomia dalla famiglia. Ma questa è questione di scelte personali in materia d’educazione (altro tema interessante).
Quel sistema funziona praticamente ovunque, fa parte di un sommerso osceno (questo sì da denunciare, previa indagine accurata, io parlo solo per quello che so in presa diretta)con cui si risolvono problemi gestionali all’interno di aziende pubbliche e private in materia di occupazione. Per cui se tu, ‘vecchio’ che mi costi un fracco di soldi, ti prepensioni, ti assumo tuo figlio con contratto ‘variegato’. E il ‘vecchio’, che teme di perdere prima o poi la pensione e non sa dove infilare il figlio, accetta. E il figlio accetta.
Quello che chiedo è solo un po’ meno pressapochismo nelle denunce, non sono contraria a una maggior etica nelle assunzioni e negli incarichi. Anzi. Sparare nei mucchi è facilissimo. Mirare prima di sparare è meglio.
Ps: e comunque son contenta perchè i commenti ci sono stati ma nessuno ha partecipato fino ad ora alla buca di Sior Pasquino
Sor…
Ps: Valerio, i Sofri, padre e figlio, sono pura questione di gusti, cosa che capita a chi ha comunque scelto una vita sotto i riflettori.
La Mula:
“Ma comunque conosco fior fiore di persone che pur potendo non ne hanno approfittato. Da genitore vado molto fiera di una figlia che s’è trovata lavoro da sola e che si costruisce il suo futuro da sola come meglio le va.”
Vedi che ti sei risposta da sola?
Non è aberrante razzismo….ci mancherebbe. I “figli di” non devono spararsi, infatti, ma semplicemente fare un percorso diverso da quello di partecipare a concorsi dove nelle commissioni giudicanti c’è l’amico di papà.
Concorso pubblico? Si, bene. Via da casa, molto via da casa.
Qualche disagio in più, introdotto ex lege (visto che l’etica non è ancora patrimonio condiviso) tanto per dimostrare l’effettiva volontà (e magari la capacità) di praticare ciò che – come dice La Mula – avrebbero culturalmente “assorbito” nel permeante clima familiare, a contatto con le eccellenze di mamma o papà.
Esattamente come stanno facendo i tuoi figli, di cui sei orgogliosa. E lo sei perché essi dimostrano di avere assorbito il “valore” di una cultura familiare fondata anche sullo speciale insegnamento del merito del “farsi da soli”, senza ripiegare sul più comodo declivio della deprecabile liturgia universitaria del “scuoletta-ambienti giusti con mamma e papà-collaborazioni e assistenza all’amico del papi-miserrime pubblicazioni-concorsino pro forma-docenza garantita-ambienti di città-and so on”.
Ma perché non guardate le cose in termini di relazione con gli altri? Non siete francamente incavolati nel vedere un’Italia che vede sfilarle davanti, spesso giustamente sorridenti, molti Paesi europei pieni di voglia di fare e di essere meglio di come erano? Mi sento vicino alla gioia degli Sloveni e lontano dalla caduta verticale nostrana.
A me dà un fastidio tremendo che non riusciamo a riprenderci come “comunità ideale”, senza più valori condivisi, dove si mette in discussione anche la più elementare regola deontologica di qualche forma di moralità nell’avvio ad una carriera universitaria o ospedaliera, tanto per citarne due.
Tanto per concludere spostando un po’ il tiro.
Ieri sera ho sentito il neoministro On. Prof. Brunetta fare le sceneggiate da Vespa, innescando la parte di quello che è scandalizzato perché non sa come sono gli uffici statali di Napoli ma anche – nella substantia – del resto del nostro Paese. Si voleva “mostrare” come quello efficientista sulla scia delle sue dichiarazioni scenografiche tipo “a casa tutti gli assenteisti”.
Depressione infinita.
Possibile che non si facciano mai le cose nel modo dovuto, utilizando semplici tecniche di positioning che qualsiasi homo economicus moderno quale Brunetta (si fa per dire) dovrebbe conoscere (pur insegnado macroeconomia, che altro non è che l’aria fritta dei commenti….”a cose avvenute e sui grandi cicli”).
Un’impresa, anche piccola, quando deve ripensare se stessa perché le cose non vanno bene, per prima cosa cerca di capire dove si trova collocata rispetto alla concorrenza, in termini di prodotti, prezzi, costi, marketing, organizzazione, ecc..
Bene, l’università italiana – ma così si dovrebbe fare per tutta la burocrazia – dovrebbe mappare le diverse proprie attività e segmentarle in processi piccoli-piccoli, per poi giungere a scelte di profonda modifica e snellimento, con un occhio ai “concorrenti”.
Non è solo un problema di punire questo o quello, magari con licenziamenti che poi sono pure ingiusti: si tratta di ripensare le infinite sovrapposizioni di ruoli e di funzioni per ridare un senso a quello che la pubblica amminisrazione fa, nella logica però di una focalizzazione assoluta “verso” il cittadino.
Tutti parlano di necessaria efficienza della pubblica amministrazione (metteteci anche l’università). Sbagliato perché troppo parziale.
Il problema è oggi, prima di tutto, pensare alla sua perduta efficacia (ragione per cui essa è “autoreferenziale”).
@La Mula: quando c’è un vero problema (raccomandazioni ed ingiustizie connesse), credo sia legittimo prima sparare nel mucchio per sensibilizzare il pubblico. Poi il tiro si aggiusta, passivamente ed attivamente.
E’ ottima cosa che qui se ne è parlato, aspetto solo le proposte costruttive per risolvere il problema, prima di sparare le mie, piuttosto drastiche, radicali e difformi dal sistema corrente.
i professori si fanno ai congressi delle società scientifiche con quelle che noi in sicilia chiamiamo “le terne”: la commissione A fa un professore alla B, la commissione B ne fa uno alla C e la C ne fa uno alla A. A è del nord est, B è del centro e C è del sud. Il tutto a distanza di 10 anni.
Ma quando state ore e ore chiusi nelle stanze dei vostri amici professori, che cazzo vi raccontate????
di cosa avete mangiato all’ultimo congresso?
il giorno prima di morire farò due cose: scriverò un libro sul sistema sanitario italiano e poi commetterò una serie di omicidi.
hasta luego
proposta: università libere un cui esiste la libera docenza. sarò io a scegliere se voglio perdere il mio tempo con le amenità di chi ha troppo tempo da perdere o se voglio seguire corsi seri.
poi scriviamo un bel tema, lo infiliamo dentro un software che lo indirizza ad un professore sconosciuto, dall’altra parte del mondo, in forma anonima.
e poi vediamo chi diventa professore e chi pulisce i pavimenti.
certo, chi annusa una certa aria in famiglia sarà influenzato nelle sue scelte lavorative future, ma ciò non significa che sarà migliore di un collega che in famiglia quell’aria non l’aveva annusata. Il piccolo problemino è che chi ha già in famiglia un aggancio avrà la vita molto più semplice degli altri, a prescindere dalle competenze e dal curriculum.E mettiamo che il padre sia biologo famoso e lui sia scarsino in fisica, il giro dei genitori farà in modo di trovargli un posticino in qualche ong o in un giornale.
Comunque la questione è legata all’appartenenza di classe, ma nei salotti bene non va più di moda parlarne (meglio parlare del vestito di Eva Cantarella all’inaugurazione della Scala).
A proposito della Prenz ricercatrice: sarà anche una brava insegnante, ma al concorso che ha vinto c’era una specialista argentina che era la copia sputata del profilo che avevano fatto per il concorso. Ma essendo esterna e non avendo paparini in commissione ovviamente non ha vinto….
Carissimi,
vi scrivo dopo aver letto attentamente i vari commenti sull’inchiesta
dei legami familiari all’interno del corpo docente dell’ateneo
triestino, e mi sembra che i post che ho letto finora siano troppo
“morbidi” e tolleranti su una situazione che invece mi sembra
grottesca e obsoleta. Oramai abito in Inghilterra da una decina d’anni
e quindi non sono più familiare con i modus operandi del “sistema
università” italiano. Un caso su tutti però mi salta all’occhio, e
cioè quello della famiglia Prenz all’interno della facoltà di Lettere.
A parte il fatto che un professore che è andato in pensione qui nel Uk
non oserebbe mai e poi mai continuare ad usare il proprio (ex) ufficio
per controllare le mail, fare telefonate extra-urbane e continuare a
svolgere attività para-didattica, tutte cose che mio fratello (ex
studente di lettere e ora impiegato in una società in Spagna) ha visto
fare al prof. Prenz più e più volte!, ma il vero caso scandaloso è sua
figlia Cecilia Prenz, che con una laurea in teatro e senza aver
conseguito alcun dottorato ha saltato a piè pari tuto l’iter classico
per diventare subito ricercatrice di letteratura spagnolo (!!!), senza
averne né i titoli né le qualità. Il fatto di parlare spagnolo come
lingua madre e di essere figlia di un intellettuale non costituisce ai
miei occhi un motivo sufficiente! Insomma, qui in Inghilterra queste
cose farebbero rabbrividire i miei colleghi, in Italia è normale,
anzi, c’è chi continua a difendere questo tipo di comportamenti! Che
tristezza…
rispettabilissimo Juan Octavio Prenz,ma il suo spagnolo è poi gran cosa?