5 Maggio 2008

Kosovo: un’altra “soft partition”?

Per chi ha seguito con una certa attenzione le recenti vicende del Kosovo, e avendo in mente cosa è successo nei Balcani negli ultimi quindici anni, non era impossibile prevedere che uno degli scenari successivi alla dichiarazione di indipendenza unilaterale del 17 febbraio scorso avrebbe potuto essere quello della spartizione del Kosovo in due parti, una albanese e una serba.

Sebbene questa ipotesi sia stata considerata non percorribile o inaccettabile (sia da chi appoggia l’indipendenza sia da chi vi si oppone), stanno aumentando le indicazioni che portano invece a ritenere questa soluzione come possibile. E la questione principale sul tavolo riguarda i rapporti tra l’UNMIK, la missione delle Nazioni Unite presente in Kosovo, e l’EULEX, la missione dell’Unione Europea che dovrebbe sostituire l’UNMIK nella gestione civile e amministrativa del paese dopo l’indipendenza. Si riteneva appunto che questo passaggio di consegne fosse “naturale”, anche perchè, da un punto di vista economico, la missione europea prevedeva di utilizzare risorse e infrastrutture già messe a disposizione dell’UNMIK. Ma pare che col passare del tempo tale passaggio di consegne sia tutt’altro che scontato, con l’avvio di un’estenuante contrapposizione che risulta maggiormente attenta agli interessi delle organizzazioni che a quelli del paese e degli abitanti del Kosovo.

Su bora.la avevamo già parlato di un braccio di ferro in corso, con le parole usate da Guido Gabelli in un’intervista, nella quale l’operatore di Assopace presente a Mitrovica rifletteva sugli scontri avvenuti il 17 marzo di quest’anno relativi all’occupazione del Tribunale da parte della popolazione serba nella parte nord della città. Era abbastanza inspegabile il perchè di un improvviso scoppio della violenza dopo un periodo di relativa calma e di azioni dimostrative più che di reali fatti violenti. Gabelli, da osservatore in loco, poneva, come possibile chiave di lettura, la volontà degli attori in campo di “testare” i rapporti di forza, che avrebbero definito anche i futuri rapporti sia tra le missioni presenti che tra queste e la popolazione sul territorio. Si riconosceva che l’UNMIK stesse cercando un ruolo nuovo, probabilmente di interlocutore privilegiato della parte serba.

Ora i segnali che arrivano sembrano confermare questa ipotesi. A partire da una nota dell’UNMIK, nella quale definisce il “passaggio di consegne” non più come “transition of competences” ma come “reconfiguration”, che indica quindi un cambio organizzativo e non un trasferimento di poteri. E che dimostra, fatto ancora più importante, che l’UNMIK non stia certo terminando la sua missione.

Si pone allora il problema del rapporto tra due missioni civili le cui sovrapposizioni sono evidenti (al di là, ovviamente, delle considerazioni sullo spreco di soldi e di risorse). Che le due missioni possano instaurare rapporti privilegiati ognuna con una delle due principali componenti del Kosovo non appare essere più così improbabile.

Un lancio di agenzia della Reuters del 28.04.2008 dice testualmente: “Diplomats say that if the U.N. mission in Kosovo (UNMIK), stays on the ground after June, it would cement a de facto “soft partition”: “UNMIKland” in Serb areas in the north, “EULEXland” in the rest of the Albanian-majority state.”

Si ritorna così a parlare di divisione, ormai divenuta la soluzione più seguita nella definizione delle controversie internazionali e delle situazioni di crisi (ad esempio “soft partition” è anche il termine usato in un recentissimo studio della Brookings Institution di Washington – uno degli istituti più influenti negli Stati Uniti – che afferma che per l’Iraq il futuro può essere simile a quello della Bosnia, e cioè basato su una divisione, “soft partition” appunto, in questo caso in tre zone, sunnita, sciita e curda)

Il giorno dopo questo lancio di agenzia la BBC pubblica un articolo intitolato “Crisis looms over Kosovo’s future, che conferma l’impasse tra organizzazioni internazionali. In questo senso si sta giocando una partita a scacchi anche legata alle imminenti elezioni in Serbia, nella quale sembra che, se da un lato l’Europa offre l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’UE, dall’altro l’UNMIK si ponga come possibile mediatore in un’eventuale vittoria dei radicali.

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