29 Aprile 2008

Non ci posso credere. Veltroniandemocratprogresscapitolinismo is gone

Roma ha un nuovo sindaco, e non è quel piacione di Ciccio Rutelli. Non è Rutelli assieme a Barbara Palombelli e quel cicciolone di Bettini a sorridere e brindare sul palco. E’ Alemanno Gianni, classe ’58, pugliese, sposato con Isabella Rauti, da sempre attivo nell’Msi prima e An successivamente. Se Roma lo ha votato, qualcosa è definitivamente cambiato. Se l’apparatone democattoprogressista non ha retto neanche nella capitale signori miei, bisogna pensare veramente che un’idea di apparato e di modus operandi è tramontata.

Il buonismo veltroniandemocratprogresscapitolino oltre a non essere stato scelto dagli elettori alle elezioni politiche, è stato direttamente ripudiato dagli stessi cittadini, che volenti o nolenti, erano stati usati in questi anni in questo esperimento di Roma da copertina patinata piena di buoni valori democratici, molto disattenta ai problemi reali e quotidiani della cittadinanza. Ieri, il mai compiuto Rutelli, ha spiegato la sconfitta con l’emergenza sicurezza e con il traino delle elezioni politiche a favore della destra. Poteva stare zitto e rimandare la riflessione limitandosi a fare i complimenti all’avversario. No. Non l’ha fatto perchè incapace di capire il valore molto più profondo e antico della scoppola rimediata. Rutelli non accetta di discutere sui meriti e demeriti di questa situazione. Aldilà delle frasi di rito sulla necessità di riflettere in futuro, si vede chiaro e limpido che lo stupro da parte di un extracomunitario risulta essere per l’ex ministro della Cultura l’unico motivo o quasi del cambio d’umore degli elettori.

Questo copione si ripete con attori diversi oramai da tre mesi. Da quando cioè Prodi ha dovuto dimettersi, c’è un quotidiano dispiegarsi di scuse, motivazioni, accuse, distinguo, discolpe, denunce di imbrogli e tradimenti, prese d’atto, lacrime e ripensamenti. Senza affrontare il problema. Rinviandone il momento, passando il cerino che oramai è sempre più corto e caldo.

La gente non ci crede più in questo progetto. Molta gente è stufa, e pur di non vedere tutta una serie di persone e modi di fare politica, ha votato dall’altra parte, spesso non credendoci. Spesso non premiando il buongoverno di chicchessia, ma solo per bocciare alcuni indigesti personaggi. Molta gente non si sente rappresentata dai programmi e dalle facce del Partito Democratico, senza entrare nel merito della sicurezza o altri spauracchi veri o presunti.

L’altro giorno riflettevo sul fatto che in trentun anni di vita, innamorato della poltica e della vita tra la gente, non ho mai avuto una casa dove mi sono sentito bene. Ho cercato come tanti giovani di trovarmene una nella sinistra, che da sempre è stato più vicina al mio sentire ed al mio pensare, ma nulla. Non l’ho mai sentita mia. Spesso anzi mi sono vergognato o ho provato disagio per molte scelte e molti silenzi. Come me, tanti altri giovani. Per questo non ci posso credere, non posso farlo più.

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48 commenti a Non ci posso credere. Veltroniandemocratprogresscapitolinismo is gone

  1. valerio fiandra ha detto:

    Gli ultimi paragrafi dell’articolo di Fabrizio Rondolino, su LA STAMPA DI OGGI, sono questi qua sotto:

    Il centrosinistra italiano in sette anni di governo non è stato capace di legiferare sulle unioni civili, sulla libertà di ricerca scientifica, sul conflitto d’interessi, sulle droghe leggere, sulla procreazione assistita, sulla liberalizzazione dell’accesso alle professioni… In compenso i conti pubblici sono un po’ meno in disordine, mentre quelli delle famiglie non quadrano più. Nulla di ciò che segna oggi l’idea e il concetto di sinistra è stato fatto dalla «sinistra» italiana. In particolare, il campo cruciale delle libertà individuali e dei diritti civili è stato congelato in nome di un malinteso rapporto con il mondo cattolico, dimenticando che la sinistra ha sfondato al centro, negli Anni Settanta, grazie alle battaglie sul divorzio e sull’aborto.

    Se non si comincia da qui, cioè dalla definizione di un un’identità radicata nella tradizione e capace di fruttificare nel presente, la sinistra, nonostante abbia persino smesso di chiamarsi così, continuerà a perdere. Fra l’originale e una confusa contraffazione, non è difficile scegliere l’originale.

    Paralizzata fra il rifiuto della modernità e l’esaltazione dei suoi aspetti più stupidi, la sinistra dovrebbe invece fermarsi a riflettere, riordinare un po’ le idee, convincersi che il Pci non c’è più (e neppure la Dc), che il mondo non ha bisogno di essere cambiato ma, finalmente, interpretato, e che soltanto fidandosi di se stessa potrà sperare di convincere gli italiani a fidarsi di lei.

    Francamente, non so se Veltroni abbia il tempo, la voglia, la capacità o l’interesse a compiere un’impresa del genere. Ma fra i tanti effetti collaterali della disintegrazione della sinistra in Italia c’è stata anche, com’è noto, la disintegrazione sistematica dei suoi leader. Veltroni è l’ultimo: non ci sono alternative, né ruote di scorta. Dunque tocca a lui, e speriamo che ce la faccia.

    ma sarebbe il caso di leggerseo tutto…

    http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=4455&ID_sezione=&sezione=

  2. arlon ha detto:

    Concordo con il post.

    E vedo nella sconfitta del buonismo immobilista una buona possibile base per politiche decenti in futuro (se così la si vorrà vedere..).

    Se Berlusconi dice falsità, o se il conflitto di interessi esiste ed è un’anomalia macroscopica, SONO temi da campagna elettorale.
    Non che debbano essere gli unici, ci mancherebbe. Ma eliminarli è semplicemente come fare finta non esistessero.. il risultato mi sembra evidente.

  3. Andrea Buoso ha detto:

    Dell’articolo di Rondolino apprezzo solo il paragrafo sul Pci che non c’è più. Ma attenzione: Rondolino appartiene alla ghenga dalemiana che, dopo la sconfitta dell’odiato Veltroni, vuole tornare a occupare il Potere (fregandosene del Pd, come dei Ds a suo tempo).
    Quanto ai contenuti: ma davvero i temi della sinistra laica sono i Dico, la fecondazione assistita? Ma vi siete fatti bere il cervello dai radicali? Abbiamo un Paese indietro su tutto (guardate Report) e gli ultimi riformisti veri si chiamavano Fanfani, Moro, Berlinguer…
    Il Pd è nato come esperimento di fusione dei riformismi laico e cattolico e vorreste buttare nel cesso quest’ultimo in nome di una superiorità culturale tutta da dimostrare? Non ho mai sentito tanto astio dell’intellighenzia Crozza-Litizzett-Odifreddista come contro Rutelli (agh! un convertito!), Veltroni (e gù a prenderlo x i fondelli col Ma Anche) e infine Prodi. E a parte che quest’ultimo è l’unico ad aver sconfitto Berlusconi, gli altri due (ma mettiamoci Bersani, Lanzillotta, Letta…) sono davvero meglio dei Caruso, dei Pecorari, dei Bertinotti dall’eloquio vacuo e tanto fantasmagorico?
    Volete tornare alla “gioiosamacchinadaguerra” dei Progressisti di Occhetto? Fate pure. Alle ultime elezioni si chiamava Sinistra Arcobaleno. S’è visto che fine ha fatto.

    Scusate lo sfogo.

  4. Julius Franzot ha detto:

    Secondo me, la Sinistra Arcobaleno ha lo sbaglio di fondo di essere distruttiva e basta, di essere “movimentistica” senza matrice ideale, di non avere proposte concrete per costruire, di non appoggiarsi a partiti seri, uno per tutti, DieLinke in Germania, che hanno imparato, in quest’ ultimo caso per esperienza diretta, che l’ alternativa al (fallito) neoliberalismo non può essere una riedizione del (fallito) comunismo reale.
    All’ elettore di sinistra, che si vede di fronte ad una disoccuoazione ed ad un precariato minacciosi, all’ impossibilità di trovare un lavoro fisso, se si hanno più di 45 anni, all’inflazione che rialza la testa, non può importare nulla della “ricchezza dell’immigrazione” (di cui profittano soprattutto pochissimi italiani che si fanno finanziare profumatamente convegni sul tema) e di temi come aborto e gay. Chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese vuole soluzioni pratiche, che la Sinistra Arcobaleno si guarda bene dal proporre.

  5. lucio gruden ha detto:

    “Molta gente è stufa, e pur di non vedere tutta una serie di persone e modi di fare politica, ha votato dall’altra parte, spesso non credendoci. Spesso non premiando il buongoverno di chicchessia, ma solo per bocciare alcuni indigesti personaggi. Molta gente non si sente rappresentata dai programmi e dalle facce del Partito Democratico, senza entrare nel merito della sicurezza o altri spauracchi veri o presunti.”

    La “rappresentanza” come qui viene intesa, in quanto conferimento della delega civica a un soggetto elaboratore (il partito) e a un soggetto designato a rappresentare le istanze (il parlamentare, il sindaco, ecc.), è senza meno il vero nocciolo della questione che più attanaglia la neonata nuova sinistra liberale italiana.
    Perché si rappresenta veramente qualcuno (e qualcosa) solo se lo si conosce.

    Purtroppo, invece, l’autoreferenzialità assoluta dei nuovi politici, che nuovi non sono ma che si ritengono “intelligenti” (capaci di intelligere, cioè “capire”, un verbo questo il cui portato è analitico per definizione), viene oggi messa in crisi da un fortissimo e prorompente nuovo bisogno popolare che si manifesta chiedendo condivisione autentica e rappresentanti idonei, in quanto capaci di empatizzare e “comprendere” (da comprehendere, avere dentro) i disagi, le situazioni reali, i problemi veri, le persone.

    Che i nuovi soloni della politica della liberale sinisra di oggi, già avvizziti attorno ad una visione nozionistica di partito democratico (non certo il Partito delle Democrazia di spadoliniana memoria) imbevuta solo di “elezioni primarie” e “mandato popolare” in salsa italica, non siano in grado di avere un progetto assonante con le vibrazioni di popolo è più che pacifico. Ma lo era sin dalle prime battute.

    Abbiamo visto di tutto attorno al modo in cui è nato il Pd. Demagogia del rispetto formale di regole burocratiche, fatte ad arte per cambiare tutto senza scomporre nulla, nessuno spazio per una conoscenza reciproca vera, apertura solo ai lavorantes, delle ex sezioni, pieni di volantini e di militanza porta-porta (sempre per dire, mai per ascoltare), funzionari di partito che fungono – appunto – il partito e non i cittadini. E ora molti sfoghi intellettualistici e/o apologetici, che anche in questo blog non mancano.

    Il popolo tradizionalmente di sinistra, quello che non fa politica, è oggi debordante e arrabbiato perché costretto a vivere (male) tra due estremi paradossali ed entrambi asintoni con la sua quotidianità: ad un estremo vi è la visione tardo-irenica, e ormai iconoclastica, di “rivoluzione e cambiamento paradigmatico” (enfatizzata dai salottieri bohemienne alla Bertinotti e derivati meno preparati che permeano tutta la Sinistra Arcobaleno, anche quella nostrana); dall’altro lato vi è la brutta copia di un pervertito quanto non riconosciuto (nei fatti, vista la scoppola) “modello Roma per l’Italia” del “Se pò fa'”, incarnato dal nostro WV e dal non-restaurabile F. Rutelli, ormai ex ragazzo prodigio.
    Quando Rutelli dice “mi hanno lasciato solo” dimostra che quel gruppo, del quale pure fa parte, è completamente sconnesso dal popolo.

    Ma dove può andare l’Italia se il Pd è, nei fatti, nelle mani di Goffredo Bettini (definito staliniano anche ieri da Marco Pannella, per i modi piuttosto assertivi di concepire la costruzione del nuovo soggetto politico). Bettini va conosciuto da vicino. Incarna una generazione di politici virtuali, da loft e ora da caminetto, che vanno sui blog e osservano null’altro che quello che conoscono già. Una stirpe di letterati illeterati che pensano di dimostrare quanto sono moderni e post-comunisti (e quindi definitivamente sdoganati) perché parlano costruttivamente del “fattore economico legato al rilancio dei centri città e del connesso benessere prodotto dal turismo”.

    Vedete, questa equazione “turismo=benessere diffuso” è il must di ogni Josep Eyarque che si rispetti, perché tutto il mondo è paese. Ma pochi (tranne l’antipatico, perché saccente e polemicissimo, arch. Massimiliano Fuksas) predicano, ahimè inascoltati, sulla necessità indifferibile di un moderno ritorno urbanistico (ma soprattutto di “rifondazione sociale” – il termine è mio, n.d.a.) alla qualificazione pensata delle periferie, in quanto luogo dove si vive vita pulsante e dove si autogenera lo spirito identitario.

    Migliorare la vita dei cittadini normali, mediante più servizi reali di prossimità e con una nuova presenza dello Stato e/o della Municipalità (che è lo stesso, in questo caso), sarebbe stata la nuova visione di frontiera per una sinistra consapevole e inserita nella società reale (che non è più né la fabbrica nè il corpo docente e non docente).

    Ma scommetterei che questa visione sarà concretizzata dalla destra.

    Ora non dobbiamo fare altro che aspettare la coppia Alemanno/Rauti e vedere cosa ci riserba questo secolo.

    PS personale: bravo cugino secondo

  6. La Mula ha detto:

    Carissimi, sono reduce da un bagno di elettori da rabbrividire ossia mi sono costretta a lavorare (soldi, devo mangiare anch’io o meglio, bere e fumare)a un’inchiesta sulla vendita di motociclette in FVG.

    Udine e Pordenone (domani Gorizia). Non so nemmeno per che rivista sto scrivendo (mi chiama la casa editrice) e quindi non potrò nemmeno segnalarvi i miei pregiatissimi 4 articoli (strapagati visto che le riviste di settore sono cariche di soldi). Sta di fatto che parlando di lavoro con un friulano doc e un friulanveneto ho capito molto di più sui risultati elettorali di quanto non capissi qui o in altri blog.

    Friulano doc: punta sull’eccellenza basandosi sulla passione per il suo lavoro. Il fatto che nessuno consideri le motociclette strumenti per praticare uno sport e che gli sportivi (che sono l’unica clientela che lui cerca, oltre ai collezionisti)siano costretti ad emigrare in Slovenia per trovare una pista decente è stato un deterrente alla riconferma di Illy. Trattandosi di friulano che ha potuto parlare direttamente con Tondo è tondista totale. Non si illude, ma spera. Anche perchè ha già identificato (e suggerito) alcuni siti dove far nascere piste da competizione internazionale.

    Friulanveneto: su suggerimento dei Carabinieri della ridente località del pordenonese è costretto a vendere moto agli extracomunitari, la cui presenza rovina l’immagine che si è costruito per una clientela che della moto (vedi sopra il problema piste ecc.) ha fatto una fede. Ma quegli extracomunitari la usano solo per andare a lavorare. Mentre la sua clientela medio alta vive per le gare. Così anche lui ha identificato siti per il tipo di gare che riguardano il suo prodotto.

    Entrambi vivono dell’officina (dove sono maghi, sul serio). Uno si autoproduce pezzi di ricambio, odiando lo stato perchè non sempre li omologano, anche se poi il mercato arriva a copiare i pezzi che lui monta sulle moto da campionato. L’altro vende abbigliamento per giustificare l’esistenza di uno show room e ha ‘indossatori’ di chiara fama selezionati tra i meglio nomi delle famiglie ‘notabili’ della zona. Che allena per le gare e le cui moto cura in capo al mondo.

    Sono entrambe persone straordinarie e straordinariamente preparate. Sostengono che il franchising copre ottimamente il mercato diffuso (vedi extracomunitari e triestini, noti per non avere la cultura della moto, che usano per andare da casa al mare). E il franchising è gestito dal Veneto, nessuno si rompe le scatole.

    Per entrambi la Regione è stata inadempiente rispetto ai loro problemi (le piste che mancano, la passione per le moto e soprattutto l’eccessivo spazio lasciato agli ambientalisti che limitano gli ambiti per la pratica dello sport). Non entro nel merito dell’organizzazione del lavoro, visto che ufficialmente sono praticamente dei solitari che al limite tirano dentro un socio…(poi se un figlio condivide, la moglie anche, ecc. non importa).

    Prossima volta, se Tondo non risponde, votano Illy! Il bello è che hanno dietro circa duemila persone ciascuno, alcune associazioni, ecc.

    A voi le valutazioni politiche. Io vado raccolgo e riporto. Non giudico, mangio, bevo e mi diverto. Oltre a incassare.

    Segnalo dunque:
    1) l’associazionismo parcellizzato e svincolato dai partiti (cosa che ad esempio Legambiente non ha fatto decretando la sua morte)
    2) il connubio economia e politica
    3) il potere del lavoro e della professionalità in questa regione a livello di ‘manualità geniale’

    Sto buttando giù note, non affermazioni, solo percezioni. Devo appena sbobinare. Certo è che del friulano non frega niente a nessuno. Anzi: uno è fierissimo (e a ragione) di avere clienti che vanno da lui dal Giappone! E non mentiva: ne è arrivato uno da Parigi mentre l’intervistavo…

  7. Marisa ha detto:

    Complimenti! Una piccolissima nicchia economica scambiata per l’universo elettorale.
    A proposito, chi vende auto fuoristrada, vorrebbe far riaprire tutte le strade forestali ora chiuse al traffico e istituire gare sul letto del fiume Tagliamento: pensa che bello scorazzare in lungo e in largo da una sponda all’altra di quella meraviglia della natura che si chiama fiume Tagliamento….
    Garantiscono il loro voto a chi li accontenterà!

    Ma dai!

  8. La Mula ha detto:

    Tante piccolissime nicchie economiche garantiscono fette di elettori, suppongo tu ne sia al corrente. In Veneto, ma anche in Friuli, ad esempio i cacciatori sono i principali sostenitori delle destre, a Trieste c’è un bacino di voti ‘contesi’ che ruota attorno al porto (e che sono poi i voti con cui Camber è senatore da una vita).

    E del resto, da friulana, sai bene anche tu come funziona il meccanismo. Prendi ad esempio Mizzau e la sua parcellizzazione della cultura (con la nascita di decine di piccole associazioni culturali): rimase in sella praticamente in eterno e per il successore, Barnaba, fu quasi impossibile chiuderle.

  9. Marisa ha detto:

    Si chiamano “piccoli appetiti” di lobby…
    Fenomeno straconosciuto a cui i candidati e i partiti rispondono con mille promesse elettorali….spesso poi non mantenute.

  10. lucio gruden ha detto:

    Scusate, ma Barnaba era laico e repubblicano, mica democristiano.
    Aveva fatto fare uno studio, nei primi anni Novanta (da assessore regionale agli enti locali) per razionalizzare la spesa accorpando efficientemente i 219 comuni della regione. Da tale studio quale si evidenziava che con aggregazioni comunali sull’ordine dei 6.000 abitanti, la sessantina di comuni che ne sarebbero scaturiti avrebbe prodotto un FVG ricco come la Clifornia e efficiente come la Baviera.
    Naturalmente Biasutti non mollò (“piccoli appetiti di lobby”?).
    Ciao.

  11. Marisa ha detto:

    Solo chi crede nel “Dio urbanizzazione” e conosce solo la “cultura urbana”, può domandare la cancellazione di entità storiche secolari come i tanti piccoli comuni della montagna friulana. Montagna prima lasciata tranquillamente “spopolare” (perchè mai è stata fatta una politica per bloccarne lo spopolamento: la montagna friulana non ha mai goduto di FONDI PER LA MONTAGNA o agevolazioni sul gasolio o la benzina…), e poi, quando un Comune è passato dai 1200 abitanti degli anni ’50 agli 120 abitanti di adesso….si strilla: cancelliamo questo Comune, costa troppo!

    Perchè questi piccoli comuni dovrebbero essere cancellati? Esiste anche la cooperazione tra Comuni, i così chiamati “servizi condivisi”…o no?

    E poi, hai mai sentito parlare della “cultura dei borghi”? Una cultura millenaria, fondamentale nella storia del Friuli….

    Non c’è solo la “cultura urbana” e non puoi valutare tutto in termini economici……

  12. La Mula ha detto:

    Caro Lucio, lo stesso Barnaba, da assessore alla cultura, aveva avuto serie difficoltà a smantellare l’apparato associazionistico di Mizzau.

    Marisa, siccome un po’ a modo nostro stiamo cercando di dare spiegazioni al voto, forse è il caso di riportare senza per questo condividere quanto viene detto da chi ha votato in modo diverso dal nostro.

    Esempio odierno: l’ultima volta di Berlusconi, non so se ricordate, era praticamente impossibile sapere chi l’avesse votato. Ossia nessuno ammetteva di avergli dato il voto. Oggi la situazione si è capovolta completamente e i ‘berlusconidi’ vanno fieri e te lo dicono.

    Meccanico storico del goriziano, ora in pensione dopo quasi 50 anni di lavoro (iniziato a 10 anni). “Ha visto che l’elettore italiano non è scemo? – parole testuali- Abbiamo dato un mandato e siamo in grado di ritirarlo subito se le cose non vanno come vogliamo noi”. Parlava di Illy.

    Sul come vogliono loro diciamo che è la solita menata: da un lato evadere il più possibile, tanto sono lavoratori indefessi (anche dopo la pensione), malati di lavoro e i soldi se li meritano tutti.

    Quello che colpisce però è la tradizione ‘passaggio di testimone’ che è anche il modo con cui interpretare il concetto di famiglia.

    ‘I miei figli (ndr: oggi titolari, più o meno di facciata) hanno studiato, ma a lavorare hanno imparato da me, sin da bambini’. Si vede che va fierissimo, anche perchè sostiene che questo tipo d’educazione ha fatto sì che non si droghino. E il fatto che Berlusconi abbia tanti processi è secondario: metti che arrivi la finanza può succedere a tutti. ‘Con tutta la burocrazia che c’è, basta una carta che manca…’.

    Insomma, il trionfo del ‘buon senso’ della gente comune, contro cui a sinistra si è disarmati (quando non si è bombardati dal buon senso comune della sinistra).
    Lì si è votato la volta scorsa Illy perchè avrebbe aperto le porte al mercato sloveno, ma ora che c’è perchè rischiare di nuovo? E poi Tondo è uno che lavora da bambino, uno di loro. E devo dire che come lavoratori sono ineccepibili. Certo che sarà più dura per loro che per altri accettare la crisi economica che incombe e sta precipitando di giorno in giorno.

  13. furlàn ha detto:

    LaMula, la tua analisi non fa una grinza ma mi spiegheresti allora il calo mostruoso di voti di Illy a Trieste? Quella cultura lì la vedo propria dell’entroterra e delle provincia friulana, non certo della cultura triestina.

  14. Marisa ha detto:

    Sinceramente l’analisi di F.L. mi sembra decisamente datata….
    Il Friuli è cresciuto e molto, soprattutto grazie all’Università, ma chissà perchè c’è chi è ancora fermo al Friuli degli anni ’50.

    Chissà, forse fa comodo continuare a “immaginare” un Friuli contadino, che sa coniugare solo il verbo “lavoro”.
    Il Friuli delle tante eccellenze, dei tanti successi imprenditoriali e culturali…..meglio ignorarlo!

    Perchè Trieste ha votato Tondo e non Illy (50,72% TONDO – 49,28 ILLY)? Perchè ha creduto a un friulano e non a un triestino?
    Domanda interessante. Chi dà la risposta?

  15. La Mula ha detto:

    Trieste non ama Illy o meglio non lo ama più. E Illy non ha voluto farsi amare da Trieste.
    Ma Trieste di fondo non ama nessuno e quindici anni di potere continuato hanno distrutto l’ex governatore.
    Molti errori, in primis quelli di comunicazione: la sovraesposizione sul Piccolo (da paura) per cinque lunghissimi anni l’ha danneggiato più della legge sul friulano. Illy in fondo è stato percepito a sinistra come un alter Prodi e Trieste odia Prodi per lo scempio fatto in materia di privatizzazioni (mai accettate e nei risultati inaccettabili)- quindi figuratevi a destra! E poi altro e altro, tra cui anche il fatto che non è ‘ciò mi, ciò ti’ (a tutti i livelli, visto che in questa tomba non c’è molto altro). Non lo era neanche prima, ma si era circondato da uno staff che parava i colpi. Questa volta ha voluto fare completamente da solo.

    E’ una persona squisita, ma non è fatto per la politica.E Trieste gliel’ha fatta pagare a caro prezzo senza offrire peraltro alternative, se non la solita spocchia snob (a tutti i livelli) della città.

    E poi Illy qui ha molti meno padrini che non in Friuli. Qui non c’è industria e lui parla agli industriali. I bottegai sono inespugnabili. Gli sloveni sono autoghettizzati (ma almeno loro l’hanno votato di sicuro). E poi? A Trieste non esiste sinistra ma una continuità dinastica in seno alla sinistra e/o in alternativa la follia di voler gestire a tutti i costi la politica regionale (quello che è sotto gli occhi di tutti)anche contro ogni evidenza.

    Trieste è città di destra purissima, che puoi accattivarti solo se usi gli stessi metodi che ha usato a Roma il Fronte della Gioventù con Alemanno. Strada per strada, osteria per osteria, caffè storico per caffè storico…e vorrei aggiungere posto di lavoro per posto di lavoro, ma son tutti pensionati. Non sono i metodi di Illy. E Zvech o la dinastia comunista non sa nemmeno che questa gente esiste.E i metodi di Zvech o della dinastia comunista non portano un voto che non sia scontato (questa volta con le candidature poi s’è fatto peggio).

    Dipiazza invece sì, Bandelli ancora di più. E incoraggiando le minuscole realtà, a volte oltre l’incredibile, ha raggiunto i suoi risultati. Il resto l’ha fatto Camber (basta vedere che fine ha fatto la povera Acerbi sponsorizzata dall’inviso, da Camber, Antonione).

    Quanto a Marisa l’invito a incontrare qualcuno che non sia autonomista friulano di sinistra e, senza cercare di redimerlo, sentire cosa ha da dire. Poi le suggerisco di girare per le realtà economiche che ritiene avanzate e quindi andare a vedere, ovviamente fuori Regione (al limite può fermarsi a Buttrio da Danieli e pochi altri) cos’è una realtà economica avanzata.

    Poi torniamo a discutere. Anche di università. Perchè così in basso da tempo non si era scesi (ma è una realtà nazionale, non solo friulana).

    Secondo me, Marisa, il Friuli che è stato catapultato nel futuro ultracosmico nel 76, oggi cerca di ricollegare lo strappo violento col presente. Sono più velocità e trent’anni di danni. E la risposta a tutto ciò non la dai tu nè men che meno io. La dà l’uomo forte o che si presenta come uomo forte.

    Parla anche con gente che, come me, non ti va a genio. Non c’è molto da imparare, per conto mio, ma strumenti per capire sì.

  16. furlàn ha detto:

    LaMula, da osservatore esterno dico la mia su Trieste, quindi perdonatemi svarioni su una città che ho frequentato poco. Mi sembra che il sindaco attuale incarni al meglio una, forse la maggioritaria in numero di votanti, anima della città Ai triestini Di Piazza piace anche se è friulano perchè è come il Guazzaloca di Bologna. Ha quell’aria da compagno di classe che “fazo tuto mi”. Sia chiaro, a me come personaggio sta un pelo più simpatico di Illy, sempre corrucciato e attento a quale telecamera guardare. Come amministratore però non so, ho conosciuto servolani che non lo sopportavano. Penso che non esistano luoghi irrimediabilmente di destra o di sinistra. Solo nelle ditature la gente non può farsi un’idea critica dei suoi amministratori e anche a Sesto San Giovanni mi sembra non tiri più la stessa aria di tanti anni fa. Le cose cambiano, forse a Trieste bisogna solo avere un po’ di pazienza. Chi pol dir! 🙂

  17. Lucio Gruden ha detto:

    “Solo chi crede nel “Dio urbanizzazione” e conosce solo la “cultura urbana”, può domandare la cancellazione di entità storiche secolari come i tanti piccoli comuni della montagna friulana.”

    Oh no, Marisa. Ma quando incontri il prossimo sei sempre così prevenuta?
    Hai forse qualche piccolo pregiudizio su un tale, mai visto prima, che offre un’informazione via blog a commento di un commento ad una pratica tipicamente democristiana (il divide et impera del Mizzau citato dalla mitica LA MULA)? Parrebbe di si.
    Vedi, mia cara Marisa che non conosco ma che provo ad apprezzare comunque ancora per un po’: nessun “Dio urbanizzazione” si fotte le mie giornate, né sono uno che conosce solo la cultura urbana.
    Sono uno che ha riportato un fatto.
    Se ti interessa sapere quello che come cittadino vorrei, batti un colpo. Se no, va bene lo stesso.

    Per la divina MULA: sei la più forte, o sbaglio?
    Comunque non penso che Trieste non ami più Illy: come il resto del Paese, ha ora un enorme rigetto per l’uomo solo al comando.
    In fin dei conti anche il Berlusca deve purgare il Bossi, o no?

    ULTIMA DOMANDA:
    “cosa dite del direttore Baraldi che ha fatto un 180° incredibile su Illy rendendo Il Piccolo ora realmente microbico sul piano della dignità intellettuale?”

  18. Marisa ha detto:

    Nessun pregiudizio verso di te Lucio, ma tanti verso chi vorrebbe urbanizzare il mondo. Forse perchè è l’unica realtà che conosce o perchè la ritiene la “migliore”? Non è nè l’unica nè la migliore, ma solo una delle tante varianti della aggregazione umana.
    Io non l’amo.

  19. La Mula ha detto:

    Ignoro chi siano le persone a cui si riferisce Marisa con l’urbanizzazione del mondo (a me non di sicuro, dal momento che qualsiasi scatoletta, biologicamente testata o nestlètizzata, non la mangio).

    Quanto a Trieste e Illy, la città presenterà (sta già presentando) il conto degli errori fatti, continuando a scambiare per arroganza la timidezza (un timido in pubblico finisce sempre per sembrare arrogante, così come non si capisce mai quanta timidezza c’è in uno apparentemente arrogante).Non voglio fare il difensore di Illy perhè non solo non lo sono, ma non lo sono mai stata (anche pubblicamente), ma a Cesare va dato il suo. Finchè ha potuto ha gareggiato. Oggi è cambiato tutto, anche in politica. E’ come se la Nike pensasse che tutti gli adolescenti di tutti i secoli a venire comprassero sempre e solo le scarpe con quel marchio.

    Marisa ha ragione quando parla delle tante varianti dell’aggregazione umana, sbaglia per me a inchiavardare il tutto in un conflitto tra città/capoluogo e paesi/periferia che per fortuna qui non esiste (c’era e forte in Jugoslavia) o è fenomeno marginale (questo sì retaggio del primo Novecento, leggi Codarin oggi sul Piccolo- lo scrivo in chiave polemica con Codarin, e specifico solo per evitare ulteriori fraintendimenti). Di Piazza piace perchè sintesi di due mondi, ma non può illudersi di piacere in eterno perchè questi due mondi si sviluppano, crescono, cambiano, mentre lui è perennemente Di Piazza. Finchè il prodotto tira, tirerà anche lui. E il problema del far emergere effettivamente del nuovo, anche in politica, è come nel mercato la concorrenza. Un nuovo prodotto attualmente non esiste. Abbiamo messo fuori mercato quelli più obsoleti, buttato lì dei prototipi che non convincono, si torna al vecchio marchio. Finchè non s’inventa qualcosa di nuovo su misura del mercato elettorale. Spremiamoci le meningi.

    Stop

  20. La Mula ha detto:

    Baraldi: lasciate perdere. Lasciateli perdere. Fare un giornale è difficile, fare il Piccolo impossibile. Le componenti sono tante e tali per cui potremmo fare notte e non ne verremmo fuori. Ma vale per tutta l’informazione italiana. Il problema caso mai è tornare a chiedere informazione. Ma è anche in questo caso, problema tardivo: ce l’hai gratis in rete o in tivù, perchè devi impiastricciarti le dita con la carta dei giornali? C’è un mondo fantastico che si sta spegnendo, ce ne sarà un altro che si affaccia. Quale?

  21. Marisa ha detto:

    Nessun conflitto città/campagna. Anzi. Adoro Parigi e ci vado ogni volta che ne ho la possibilità: la cosa più bella è camminare per Parigi e mescolarsi tra la gente. Ho anche vissuto 5 anni a Trieste. Però considero, contemporaneomente, la “cultura del borgo” una grande cultura. Un modo di rapportarsi con gli altri che non esiste in una realtà urbana. Quello che mi infastidisce è il fatto che a volte (o spesso?) chi vive in una “realtà urbana”, la considera una realtà superiore, il “faro” verso tutti devono guardare. Perchè mai una cittadina deve avere ALMENO 6.000 abitanti? Perchè mai una grande città deve valere più di un piccolo borgo di 1.000 anime? Sono due realtà diverse ed hanno il diritto di continuare ad esistere entrambi…

    Benissimo a suo tempo fece Biasutti a rifiutarsi di cancellare la millenaria realtà friulana dai mille borghi….

    Ecco, non amo

  22. Marisa ha detto:

    Ecco, non amo le gerarchie e la mancanza di rispetto per le realtà non urbane…
    Tutto qua.

  23. lucio gruden ha detto:

    Bene, Marisa, vedo che non ti interessa come la penso. Pazienza.

    Comunque, non è un problema di mancanza di rispetto e di gerarchie imposte.

    Io amo i borghi e la loro cultura (pensa che da 12 anni abito a Gradisca d’Isonzo), sono triestino di nascita, goriziano di adozione e ho abitato per 5 anni a Padova e 5 anni a Milano.
    Ma se devi fare il pane ti serve la farina; e se ne hai solamente un kilo (leggi risorse finanziarie “responsabili” cioé senza ulteriore aumento del debito pubblico), non puoi di certo continuare ad andare dal fornaio (il cittadino) e vessarlo con richieste al rialzo (aumento delle imposte), per fare qualche investimento.

    Le risorse sono quelle che sono. Il welfare all’italiana (una paga da 1000 euro a tutti, anche a quelli che ricoprono ruoli e funzioni inutili e socialmente dannose: leggasi autorefenzialità della burocrazia inefficiente) ha rotto le palle.
    Abbiamo 3.350 dipendenti pubblici quando in Germania ve ne sono 960.000 e in Francia 1,6 milioni. L’85% del gettito disponibile, al netto del pagamento degli interessi sul debito, viene liquidato in spese correnti (stipendi).

    Poi, a cascata, ci sono i costi del sistema del potere politico.
    Per mantenere 3 segretari comunali, 3 consigli comunali, 3 apparati, i cittadini di Staranzano-Ronchi dei Legionari-Monfalcone, sono costretti (in un fazzoletto di pianura dove la cultura è unitariamente quella “bisiaca” in cui si riconoscono) a rinunciare ad avere una biblioteca in più o una palestra in più o un camposanto più dignitoso.
    Pensaci.

    Ti capisco, sai. Ti immagino proveniente da un borgo della Carnia, donna che ha fatto l’Università a Trieste (e che detesta la presunta superiorità dei cittadini triestini), che si è laureata e che ora lavora in qualche posto pubblico a Udine o vicino casa.

    Non vanno uniti borghi di montagna, ma una razionalizzazione del sistema Regione-Province-Comuni, va fatta. Il problema del Paese, quello che c’è sullo sfondo da almeno 20 anni, è riuscire per un attimo a guardare oltre i propri egoismi, oltrepassando le indispensabili piccole rinunzie personali e di comunità, per provare ad avere qualcosa di più grande (un barlume di futuro e di ritrovata coesione sociale).

    Vedi, Marisa, l’alternativa ad un percorso di razionalizzazione non sono i “borghi”, ma la completa chiusura verso il prossimo e la perdita di ogni responsabilità collegiale. Con conti che pagheranno forse i nostri figli, ma che avremmo il dovere di provare a rimborsare.

    Non so se Biasutti abbia fatto bene.

  24. lucio gruden ha detto:

    ops……..volevo dire 3.350.000 dipendenti pubblici………..scusate

  25. La Mula ha detto:

    A me quello che pensi invece interessa. Aggiungo che se a cavallo 70 -80 lo stato non avesse emesso Bot e Cct al tasso del 25% noi non saremmo costretti oggi a pagare gli interessi.
    Politicamente è stata una manovra che è piaciuta molto (soprattutto agli industriali che hanno preferito investire in titoli di stato -qualcuno addirittura riportando in Italia capitali dall’estero- evitando il rischio d’impresa), finanziariamente quanto di più demenziale si potesse fare.
    In realtà era possibile dare il 25 %, ma su prestiti fondiari decennali a rischio estrazione, non su base trimestrale.Ossia dovevi assumerti una parte di rischio. Oggi tutti bofonchiano sull’inesistenza di investimenti(quelli che ancora hanno soldi,io non mi pongo il problema) o ci si dà all’allegra finanza dei procacciatori d’affari.
    Leggendoti m’è venuto in mente quel capo sioux che disse che abbiamo il mondo in prestito dai nostri figli. Se non guardiamo oltre, non solo in materia d’ambiente, non ne verranno fuori e conosceranno più merda di quanta non ce ne sia ora grazie alle scelte dei nostri padri.

  26. Marisa ha detto:

    Bene, Lucio, intanto non ho scritto che non mi interessa quello che scrivi ma solo precisato il mio pensiero. Se vuoi spiegare il tuo pensiero leggerò volentieri quello scriverai.

    Non abito in Carnia ma a Udine. E Udine e formata da antichi borghi mediovali..

    Non credo che il problema finanziario italiano sia costituito dagli stipendi delle persone che lavorano nei piccoli comuni, figurarsi..

    Il problema finanziario italiano si chiama acquedotti che perdono il 60% dell’acqua, opere pubbliche faraoniche iniziate e non finite, ponte sullo stretto di Messina progettato senza che ce ne sia la esigenza (a parte quello della mafia siciliana e malavita calabrese, uniti agli interessi dell’industria del cemento…), TAV che costerà agli italiani tantissimo di più rispetto a quanto spenderanno o hanno già speso francesi e spagnoli….

    Non è certo lo stipendio di un sindaco e di qualche assessore comunale a mettere in ginocchio il paese Italia.

    Pensarlo significa inventarsi “semplificazioni” finanziarie e economiche: prima di eliminare i piccoli comuni, riduciamo il numero dei Parlamentari e cancelliamo gli investimenti clientelari in infrastrutture che all’Italia non servono…

  27. La Mula ha detto:

    L’ipotesi che tutto ciò possa andare in parallelo non è contemplato?

  28. La Mula ha detto:

    …contemplata…?

  29. Marisa ha detto:

    ….cerchiamo di non essere “ridicoli”!

    Finchè si parla di creare “servizi comunali condivisi”, una rete tra comuni, sono perfettamente d’accordo, ma pensare di fare economia partendo dalla “merendina” dei figli, è populismo allo stato puro…..

    Ci sono più parlamentari in Italia che nel Parlamento degli Stati Uniti d’America….

  30. arlon ha detto:

    eliminare le provincie e accorpare i piccoli comuni/comuni contigui mi sembrano i primi passi per migliorare le cose.
    Inutile dire che non succederà mai.

  31. Marisa ha detto:

    Il SOGNO di tutte le Giunte regionali e dei Presidenti di Regione, è “togliersi” dai piedi l’OSTACOLO “Provincie”: unico istituto ad area vasta che può ancora contrapporsi all’autoritarismo e centralismo regionale. Sparite le Provincie, finalmente, la Giunta regionale con a capo il Governatore, potrà spadroneggiare a suo piacimento dal momento che i Comuni ormai sono già stati del tutto svuotati di competenze e poteri. E così il centralismo romano si sommerà DEFINITIVAMENTE al centralismo regionale….

    Questo c’è dietro la richiesta di eliminazione delle Provincie…

    Curioso poi che chi vuole la eliminazione delle Provincie, poi programmi la nascista di istituzioni neppure previste dalla Costituzione: aster, unioni di comuni, comunità montane sul livello del mare….
    Infatti c’è la necessità di un ente intermedio tra i Comuni e la Regione….ma deve essere un istituto “CONTROLLABILE” dalla Giunta regionale e dal suo Governatore, e ovviamente con poteri minimali.

    Le Regioni sono state previste dalla Costituzione come istituzioni “leggere”, ma di fatto si sono trasformate in istituzioni “pesantissime”: UN DUPLICATO DELLO STATO CENTRALE. Sotto questo profilo l’istituzione Regione è FALLIMENTARE. Da istituzione “leggera” è diventata un “pachiderma” che vuole controllare tutto e dirigere tutto. Da qui il gran desiderio di “fare fuori” le Province con la “scusa” dei costi.

    La Provincia ha una funzione importante: coordinare un’area vasta. Essere un ente intermedio tra la Regione e i Comuni. E con la riforma del Capitolo V della Costituzione (2001) i suoi compiti sono aumentati.

    “Comuni piccoli” : è sufficente creare una rete di servizi condivisi per eliminare costi e rendere efficenti i servizi ai cittadini.
    Anche il comune più piccolo ha la funzione importante di “presidio” del territorio, di legame comunitario. Come già scritto, per diminuire i costi è sufficente creare una rete tra comuni contermini: non serve cancellare il Comune.

    Perchè non cancelliamo invece le Regioni, visto che sono SOLO il DUPLICATO del centralismo statale?

  32. La Mula ha detto:

    Allora, punto primo. Si scrive sufficiente. Una volta va bene, ma all’ennesima non si pensa più al refuso. Spero tu non insegni italiano. Per fortuna adesso con Fontanini in provincia puoi darti al friulano, anche se persino Antonaz si dissocia da se stesso…

    Punto secondo (un esempio di totale inutilità e sperpero di risorse, nonchè di satira): la provincia di Trieste è uno degli enti fondamentali per il radicamento di qualsivoglia cosa sul territorio. Spazia per un raggio di tre chilometri (massimo) dai confini del comune di Trieste e serve a creare una rete tra i comuni che ne fanno parte, cosa che difficilmente sarebbe possibile dal momento che nessun normodotato riuscirebbe a capire dove finisce Trieste e dove comincia Duino Aurisina o Muggia.
    Ciò salva i municipi dalla fagocitante prepotenza del capoluogo e dallo strapotere degli interessi della regione.

    Marisa, la provincia di Trieste è la dimostrazione vivente (o quasi visto che è qualcosa che supera il peso sociale) di quanto le province siano inutili. O almeno di quanto questo tipo di struttura sul territorio sia inutile e costosa. Immaginare altro, riattualizzare le strutture sul territorio sarebbe cosa buona e giusta. Ma per carità. Hai ragione tu: “Anche il comune più piccolo ha la funzione importante di “presidio” del territorio, di legame comunitario. Come già scritto, per diminuire i costi è sufficente creare una rete tra comuni contermini”. Sì, è sufficente …se fosse sufficiente metteremmo i puntini sulla i.

  33. Marisa ha detto:

    La provincia di Trieste è un caso del tutto ANOMALO che non fa testo.

    Eliminiamo TUTTE le province SOLO perchè esiste il caso anomalo della Provincia di Trieste? MA DAI!

    Ricordo la recentissima istituzione dell’ennesima società REGIONALE: quella istituita da Illy per gestire i KM di strade statali passati dall’ANAS alla Regione. Invece di “passarne” la gestione alle Provincie (che ne hanno la competenza costituzionale e possiedono già una struttura collaudata!) è stato creato l’ennesimo “baraccone” regionale: cominciamo da qui a fare economia!

    Mi auguro che il nuovo Presidente della Regione, Renzo Tondo, provveda RAPIDAMENTE a eliminare questa nuova società, dando alle Provincie la gestione di questi nuovi KM (ex-Stato).

  34. furlàn ha detto:

    Anche la provincia di Udine è un caso anomalo.
    4905 km quadrati su 7845 km quadrati dell’intera regione fanno una percentuale del 63 % del territorio regionale destinato ad una sola provincia. E’ come se a livello nazionale esistesse una regione che occupa tutta la penisola dall’Emilia Romagna in giù, isole comprese, e a questa regione venissero date le stesse competenze alle restanti tre regioni del Nord. E’ evidente che c’è uno sbilanciamento, o si provvede a ridefinire la regione “meridionale” o si accorpano quelle settentrionali per bilanciarle. Sappiamo che la prima ipotesi (provincia dell’Alto Friuli) è naufragata. Resta l’accorpamento che qui è fattibile solo tra Trieste e Gorizia per continguità territoriale. La terza ipotesi, che preferisco per ragionevolezza, è dare la gestione dell’edilizia scolatisca, dei rifiuti ( vogliamo aprire un dibattito su come la provincia di Udine l’ha gestita in questi anni?) e alcune strade alla Regione e chiudere definitivamente degli enti per quello che fanno (le tre competenze di cui sopra) sinceramente, mi sembra costino un po’ troppo alle tasche del contribuente.

  35. lucio gruden ha detto:

    …..uffa, ragazze. Possibile che ci siamo ridotti all’ortografia? (…..ho visto tutto…..ha iniziato Marisa….!!!…..però La Mula le si è catapultata dietro…..con quella tagliente sagacia che la contraddistingue, in quanto POCO PERMALOSA, no?).

    Ma torniamo a noi.
    Mi sembra evidente che Marisa rappresenti “Cicero pro domo sua” e che, dunque, probabilmente lavora alla Provincia di Ud, ente placidamente smantellabile.

    Mi ha detto che vive a Ud e non in un borgo della Carnia (a proposito, non sentirti “troppo senese o volterrana” perché a Ud non si sa nemmeno pallidamente cos’è la gioviale leggerezza contradarola), ma non ha dato risposte sui suoi trascorsi studenteschi triestini, né – udite, udite – sulla sua occupazione in ambito pubblico.

    Marisa presenta, laconico quanto latente, un istinto amministrativistico di stretta forgia napoleonica (che, detto per inciso, molto incentrava sulle vie di comunicazione, sulle strade, intese come reticolo organizzato con logiche e attenzioni eminentemente militari).

    Ma non vede, nonostante il mio intervento precedente, la differenza tra “servizi condivisi” e “riduzione degli enti”. La semplificazione amministrativa è il primo obiettivo, perché ripone una nuova fiducia sul cittadino (quale fine e non semplice mezzo dell’azione burocratica, non più cittadino-vassallo). Contemporaneamente, in modo assolutamente non disgiunto, la semplificazione va intesa quale asset sociale importantissimo, per cui i controlli devono divenire ficcanti e seri, sempre fatti nella logica di punire chi si approfitta della semplificazione.

    Si pensi, per esempio, alle 39 autorità diverse che possono, in teoria, accedere ai cantieri di lavoro in edilizia (e non lo fanno, perché al massimo “fanno carte”) e alle 129 tipologie di adempimenti che le imprese, sempre in teoria, sono tenute a osservare.

    Io preferirei poche autorità molto serie e coordinate tra loro, frequentissimamente presenti presso i cantieri, soprattutto con una vocazione/finalità formativa, informativa e preventiva e munite di stringenti facoltà sanzionatorie con pene importanti e soprattutto certe per chi utilizza male l’asset della semplificazione (inteso come risorsa del patrimonio Italia).

    E’ un po’ più chiaro?
    Dire, cara Marisa, che non sono importanti i risparmi su consigli comunali, consigli circoscrizionali, apparati di comuni, province, comunità montane, enti inutili, ecc. – come tu fai – non solo significa non conoscere il bilancio dello Stato (che va bene, non è obbligatorio conoscere nei dettagli) ma soprattutto significa, questo è assai peggio, essere completamente insensibili a ciò che da anni la maggioranza degli Italiani chiede alla politica e alle burocrazie: un vero passo indietro e una nuova sensibilità verso i problemi di vessazione quotidiana.

  36. fish ha detto:

    Tra l’altro dal numero dei post direi che effettivamente alla provincia di Udine non si fa altro che lavorare….

  37. enrico maria milic ha detto:

    ciao,

    come gestore e responsabile di questo sito,

    chiederei se fosse possibile ai commentatori abituali di firmarsi sempre col nome e cognome (la mula esclusa, che ha un buon motivo per non smascherarsi ma di cui moltissimi nostri utenti conoscono ormai i veri nome e cognome).

    questo perchè so che marisa, per esempio, ha un ruolo pubblico importante in campo intellettuale. e non mi pare molto corretto che possa permettersi di dire di tutto senza che il suo vero nome sia legato alla sua vera identità.

    ovviamente discutiamone, capisco anche che ci possano essere delle eccezioni (vedi la mula, appunto).

    emm

  38. La Mula ha detto:

    Caro Enrico, ti ringrazio e spero che a giorni mi sia restituita la possibilità di firmarmi con nome e cognome, cosa che faccio e ho sempre fatto d’abitudine e per professione, ma non posso fare in rete a causa di Google (che recupera e restituisce le coordinate) e di un ‘persecutore’ che pare abbia deciso di dedicare a me la sua vita, almeno da sette anni a oggi.
    Il mio ‘cultore della materia’ (la sottoscritta, sa tutto di me, meglio di me) non ha bisogno di linfa vitale per intasare ulteriormente le aule dei tribunali e io non sono sufficientemente ricca per permettermi l’ennesimo avvocato per difendermi (assolta e ora costretta a mia volta a denunciare per arginare e chiudere la vicenda). Un tanto lo devo agli altri del blog, anche se, chi mi conosce sa benissimo chi sono. E a me va benissimo che si sappia.

  39. Marisa ha detto:

    Ciao Enrico,
    ti ringrazio del “ruolo pubblico importante in campo intellettuale”: ma non è così. Sono solo una anonima cittadina più informata, forse, della media degli italiani grazie ai molti contatti che ho.
    Se vai in internet e digiti il mio nome, molto scarsi sono i risultati.

    Credo che i blog, e Bora.la in particolare, siano importanti punti di incontro e scambi di opinione. L’usare un nome non vero è la prassi nei blog. In tutti i blog.

    Forse a volte sono stata troppo presente o forse “bastian contrario”. L’ho fatto solo, così almeno credo, quando si discuteva di tematiche che ritenevo di conoscere abbastanza a fondo.

    Lavoro spesso al computer per ore (a casa e non in ufficio!) e quando ho voglia di fare 10 minuti di ricreazione….entro nel sito di Bora.la. a curiosare.
    Un sito, questo di Bora.la, molto interessante e fatto veramente bene. Post intelligenti e commenti appropriati. E un piacere “leggervi”.

    Credo che il mantenere il nome “d’arte” aiuti il dibattito e lo scambio di opinioni. Non per nascondere la propria identità, ma per rendere meno “diplomatico” il dibattito, più libero, anche se sempre nel rispetto degli altri.

    Marisa

  40. lucio gruden ha detto:

    io invece uso il mio nome vero……non sono una personalità?

  41. La Mula ha detto:

    Stavo rinavigando e rileggendo quando l’occhio è caduto sulle Provincie. Quelle per conto mio -qualsiasi cosa dica Lucio- possono restare, basta abolire le Province. E scusatemi se mi ostino a mettere i puntini sulle i (in questo caso a toglierli).

    Allora Marisa, Udine città di vecchi borghi medievali? Se mi spieghi quali resistono te ne sarò grata. Un tempo esistevano sicuramente. ‘Vivevo’ in borgo Grazzano (cioè era la mia zona, io vivevo in piazza delle Erbe) oggi irriconoscibile. Andavamo a diffondere l’Unità e a pagare gli affitti per i pensionati che erano tutti contenti perchè il padron di casa non voleva soldi dalle case che cadevano a pezzi…infatti, aspettava il momento giusto per sfrattarli!

    Oggi quel borgo di medioevale non ha proprio nulla, se non una ristrutturazione da ‘voglio essere anch’io come Milano’ che fa pietà. Anzi, non come Milano, come Salisburgo. Sono tanti anni che non vivo più a Udine, evito di andarci anche se vi abita mia madre e mio fratello (mia sorella a Tarcento). Provo un fastidio fisico per come la città s’è ridotta, mettendo in luce solo la sua anima subalterna e perennemente perdente. E ti sottolineo il solo, nel caso tu non avessi capito che non ce l’ho con Udine e con i friulani, ma con quella Udine e quei friulani che hanno svenduto la loro cultura affidandola a un patinato incolore (destra o sinistra non ha importanza) solo perchè patinato.E quindi chic (per loro…)

    Trieste è una città morta. Lo sa e lo dichiara. I triestini lo sanno, lo dichiarano, preparano la borsa e vanno a Barcola a prendere sole.O a camminare in carso. Più salutare, almeno per i singoli. Udine è un sudario. E tutti rimangono ad abbarbicarsi sui municipi senza guardare a come i medesimi si sono fatti città (di merda). Da piazzale Osoppo a Tricesimo, secondo te, cosa è rimasto a giustificare l’esistenza di comuni come Reana del Rojale? I centri commerciali? Non credi che chi vive di quell’ignominia e in quell’ignominia condivida problemi simili a quelli di Udine? E non credi che basterebbe allargare dove già si è abbondantemente espanso il mercato i confini della città? Se non altro Udine non dovrebbe fare salti mortali ad ogni elezione per dimostrare che ha centomila abitanti…

    E Cividale? Parliamo anche di Cividale, o di Gemona o di Tarcento, di Palmanova, centri grandi che oggi hanno le loro periferie, perchè così ha voluto l’assurdità della ricostruzione. E quelle periferie non potrebbero essere circoscrizioni, invece che municipi? Non ti basta il campanile della chiesa (deserta)?

    Chi vive in un posto non riesce sempre a vederlo con distacco. Io Trieste ad esempio non la capisco proprio. Ma ogni volta che torno in Friuli mi accorgo che s’evolve, per me in peggio. Ultimo esempio Codroipo l’altro ieri.Ero all’oscuro delle schifezze fatte sulle strade dove si andava a prendere gli sclopit…Ma è con questa realtà che ci si deve confrontare (svincoli ad hoc per l’azienda, rotonde incredibili, sopraelevate inutili ecc.), non coi borghi medievali che non esistono più.

  42. furlàn ha detto:

    Viviamo in un luogo magico anche per questo, il nostro occidente geografico è anche il luogo decadente del nostro futuro. Il Veneto, il pordenonese sono diventati la megalopoli padana di cui si parla da qualche parte in questi giorni. Rotonde, capannoni e Audi station wagon (l’era-SUV sembra stia emanando gli ultimi respiri) Cosa sia rimasto di quell’idea romantica delle campagne dell’entroterra nessuno lo sa. Sono anni che è così e ne sono responsabili tutti, sinistre comprese. L’ennesima area artigianale davanti casa mia. “Tiara di prima” dicevano una volta i contadini, terra di prima, ad alto valore aggiunto per dirla come i manager, rubata ai trattori per costruirci l’ennesimo non-luogo. Ma non chiamatele “speculazioni” o “lobby dei geometri”, quelle della villetta-giardino-garage, delle “holidays in Suburbia” che proposi una volta a qualcuno. Mi viene in mente un film di Spike Lee, di un figlio che parla del padre, aveva lavorato tutta una vita per farsi la casa e potersi godere un giardino di 20 mq…

  43. Marisa ha detto:

    Il Dizionario della lingua italiana – di Giacono Devoto e Gian Carlo Oli –

    PROVINCIA – s.f. (pl – CE o CIE)
    Entrambi le forme plurali “Province – Provincie” sono esatte.

    SUFFICIENTE (o sufficente) – agg.
    Il dizionario in grassetto scrive SUFFICIENTE, poi a fianco (in corsivo) aggiunge (o sufficente).
    Ossia….entrambi le forme sono esatte! Questione solo di gusti personali!

  44. La Mula ha detto:

    Furlàn, come ti capisco. Non ci piace come sta cambiando la nostra terra, non abbiamo fatto molto (o bene) per indirizzare il cambiamento, ma abbiamo capito le ragioni del cambiamento, pur non condividendole. E’ così?

  45. lucio gruden ha detto:

    …..marisa!
    …..mula!!

    Certo che i vocabolari salvano sempre. O lingua parlata o lingua studiata…..bei paracu….!

    Dai ragazze, vi abbarbicate nel ….relativismo gnoseologico di una non-dotta querelle linguistica?
    Due come voi, piene di vis escatologica?

    (Per i non dotti: un fulgido esempio di relativismo gnoseologico si ricava dal celebre Protagora: “l’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”).

    Ma intanto: le Provinc(i)e sono o non sono?
    Cogitate gente, cogitate.

  46. La Mula ha detto:

    Non devono più essere in quanto già inesistenti? E vogliamo parlare dei confini?

  47. La Mula ha detto:

    Però, ragazzi, adesso tutti dobbiamo dare una mano al blog di Zvech. Lui è scomparso, ma sarebbe un peccato chiudesse definitivamente. Al lavoro, ordunque bloggeristi!

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