25 Febbraio 2008

Riconciliazione. Il discorso di Janez Drnovšek

In memoria dell’ex presidente Sloveno Janez Drnovšek e a poche settimane dalla giornata del ricordo, vorrei segnalare un suo discorso tenuto nel 2005 nel corso di una cerimonia di commemorazione per le vittime della repressione seguita alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un po’ perché il discorso rappresenta un punto alto della politica slovena, segnando un momento importante della pacificazione nazionale. E un po’ per guardare al di là del nostro ombelico confinario.

Signore e Signori,

pochi giorni or sono abbiamo celebrato in Slovenia il 60° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale e della vittoria su Nazismo e Fascismo. Abbiamo ricordato le atrocità della guerra e sottolineato il fatto che anche gli Sloveni avevano fornito il loro contributo alla vittoria sulle forze dell’Asse – le forze del male.

Se le ideologie nazista e fascista avessero prevalso, alcuni popoli oggi non esisterebbero più. Possiamo ragionevolmente affermare che gli Sloveni sarebbero tra questi.

A Nazisti e Fascisti si opposero le nazioni democratiche ma anche l’Unione Sovietica comunista, dopo essere stati brutalmente attaccati dai Nazisti. La Yugoslavia di allora e la Slovenia furono divise e occupate dalle forze dell’Asse.

L’elite politica del tempo era indecisa. Ondeggiava tra l’idea di una resistenza passiva, in attesa degli alleati, e quella di una cooperazione tattica con gli occupanti. In contrasto con questa, il partito Comunista aveva degli obiettivi chiaramente definiti e tra essi collegati: la lotta contro gli occupanti e un contemporaneo cambiamento dell’ordine sociale.

Gli occupanti, soprattutto Tedeschi ma anche Italiani, esercitavano una terribile repressione sugli Sloveni. Esilio, campi di concentramento e fucilazione degli ostaggi ferirono gravemente il nostro popolo. La Guerra di Liberazione Nazionale fu dura e senza compromessi. Morivano i soldati degli occupanti, morivano i partigiani e sempre più numerose diventavano le vittime del massacro fratricida.

La natura rivoluzionaria della Guerra di Liberazione Nazionale diventava sempre più evidente. E dall’altra parte la controrivoluzione. Per i politici borghesi, per numerosi contadini e per gli individui neutrali lo spazio tra la resistenza comunista e la cooperazione con gli occupanti diventava sempre più ristretto. Molti di questi scelsero la cooperazione con gli occupanti perché vedevano in essi una miglior possibilità di salvare le loro istituzioni, il loro modo di vita o perfino la vita stessa. Così si trovarono collegati alla fazione degli occupanti che stavano perpetrando una guerra distruttiva e dei crimini contro l’umanità. E si trovarono dalla parte degli sconfitti.

Il loro destino fu triste. Atroce. Migliaia di membri della “guardia domestica”, fuggiti oltre il confine, furono restituiti dagli alleati alle autorità rivoluzionarie in Yugoslavia. Quale poteva essere il loro destino?

La decisione venne ovviamente presa dalle maggiori autorità statali e di Partito dell’epoca. Senza interrogare i colpevoli, senza processi furono uccisi in segreto, di notte e sepolti in numerose fosse comuni in tutta la Slovenia. Si stima che fossero più di 13.000. E tutto questo dopo la fine della guerra.

Le uccisioni furono totalmente insensate dal punto di vista militare. La Slovenia era già stata liberata. Fu pura vendetta. E liquidazione del nemico di classe.

Il delitto fu così malvagio che le autorità del tempo lo nascosero all’opinione pubblica, in patria e all’estero. Per decenni abbiamo celebrato soltanto le luminose vittorie sugli occupanti e sui traditori della nazione, mentre i lati oscuri della vittoria rivoluzionaria non venivano menzionati. Una grande maggioranza degli Sloveni non ne sapeva alcunché. Per un lungo tempo ha solo intuito la tragedia umanitaria.

Questo crimine non grava sui numerosi partigiani che lottarono coraggiosamente contro gli occupanti, pagando a migliaia con la loro vita. Non pesa sulla maggioranza delle persone, comunisti compresi, che hanno desiderato un ordine sociale più giusto senza prendere parte allo sterminio fratricida. Grava però sui leader rivoluzionari e sui loro collaboratori che furono pronti, senza coscienza, a uccidere migliaia di persone, senza nemmeno curarsi della fondatezza della loro colpa.

I comunisti yugoslavi dell’epoca erano fedeli discepoli di Stalin. Dopo la rottura di Tito con Stalin il socialismo yugoslavo trovò una dimensione lievemente più umana. Ma gli inizi furono duri. La mancanza di rispetto per la vita umana e per le libertà civili alla fine distrussero per molti, anche su scala mondiale, la nobile idea di un ordine sociale più giusto.

Signore e Signori,

tutte le guerre portano con sé terribili sofferenze. Vivendo in tempo di pace, questo è per noi difficile da raffigurare. Anche l’uomo cambia, nella guerra. Compie degli atti che altrimenti non sarebbe capace nemmeno di immaginare. Per questo, in pace e dalla distanza data dal tempo trascorso, è difficile comprendere cos’era accaduto all’epoca.

E nelle guerre non c’è distinzione netta tra bianco e nero. Spesso accadono atrocità incomprensibili, anche oggi quando crediamo che non sia possibile. Eppure lo è. Ci basti ricordare Srebrenica.

Non ci può essere una bella guerra. Ecco perché il messaggio fondamentale della giornata di oggi è diretto contro la guerra. E contro la rivoluzione sanguinaria. Contro il totalitarismo di ogni genere.

Le nostre dispute devono essere risolte in maniera pacifica, nel dialogo democratico e con i mezzi della legalità. Con rispetto per ogni uomo, con comprensione e prendendo in considerazione le differenze. E, a volte, possiamo anche perdonare.

Quello che accadde durante la Seconda Guerra Mondiale e dopo di essa non deve accadere più. E’ anche per questo che stiamo costruendo democraticamente l’Unione Europea. Con le solide fondamenta dello stato di diritto, sulla base del rispetto reciproco e della tolleranza.

Prima di tutto non dovrà più accadere che uno Sloveno uccida uno Sloveno. Non dobbiamo dimenticare cosa è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale e dopo di essa. Rimpiangiamo e rispettiamo ogni vita persa. Rendiamo omaggio alle vittime. Restituiamo loro la dignità, almeno nella morte. Le loro morti siano per tutti noi un eterno monito. Possano riposare in pace.

Iniziamo a vivere le nostre vite in modo nuovo. Il tempo per il perdono e la riconciliazione è giunto. Le nuove generazioni sono qui. La nostra vita presente e futura non deve portare il peso degli antichi rancori. Ma deve essere basato sulla verità. Anche sulla verità riguardo a quello che è accaduto qui, sessant’anni fa.

P.S. non saprei proprio come tradurre l’esordio, il mille volte sentito “Spoštovani”. Suona tanto naturale in sloveno, quanto assurdo (stimati? rispettati? rispettabili?) in italiano. Ho preferito tenermi sul banale con “signore e signori”, come nella traduzione inglese.

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5 commenti a Riconciliazione. Il discorso di Janez Drnovšek

  1. pk ha detto:

    E’ un bel discorso, mirato sostanzialmente a riabilitare la massa dei collaborazionisti sloveni in nome della pacificazione nazionale. C’è da chiedersi cosa succederebbe in Italia se Napolitano usasse parole simili nei confronti dei militi di Salò.

  2. Beh, a riabilitare Salò ci ha già pensato 12 anni fa Luciano Violante. Quando aspirava a fare il Presidente della Repubblica.
    Io mi batto per una MEMORIA CONDIVISA, che passa però da due punti fondamentali:
    – riconoscimento delle proprie colpe da parte dei repubblichini e dei loro eredi politici
    – riconoscimento ASSOLUTO dei valori della Resistenza

    FDC

  3. Sre?ko ?ebron ha detto:

    Beh, riabilitazione e’ una parola un po’ forte. Riabilitare significa lavare da colpe, discolpare. Rivalurare le azioni. Non era questa l’intenzione. Infatti la parola non ricorre mai nel discorso. Invece e’ chiaro il gesto di pacificazione, di perdono, di riconoscimento dei torti subiti dalla parte sconfitta. I morti vanno sepolti ed onorati perche’ morti, senza riguardo a cio’ che furono da vivi. Il collaborazionismo non viene riabilitato.

    Questo si legge nel discorso di Drnovšek

  4. pk ha detto:

    “Per i politici borghesi, per numerosi contadini e per gli individui neutrali lo spazio tra la resistenza comunista e la cooperazione con gli occupanti diventava sempre più ristretto. Molti di questi scelsero la cooperazione con gli occupanti perché vedevano in essi una miglior possibilità di salvare le loro istituzioni, il loro modo di vita o perfino la vita stessa.”

    E questa che colpa è? Drnovšek sotto traccia chiede proprio questo. Non riabilita il collaborazionismo, ma riabilita la grande massa dei collaborazionisti. C’è una bella differenza.

  5. Tadej Murmina ha detto:

    Grande Drnovsek.
    Pace all’anima Tua.
    Tu eri un vero sloveno..un vero uomo.
    Non certi “ometti” che ancora oggi si pavoneggiano di certi crimini.
    W Drnovsek!

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