19 Dicembre 2007

(Expo), portoVecchio, Triestecittàdellascienza, corridoio5, Euroregione…

Da anni la Venezia Giulia manifesta una preoccupante tendenza alla monomaniacalità dei temi in discussione. L’effetto più grave di questo pericoloso fenomeno mediatico è il proliferare di dichiarazioni e prese di posizione, quando non, come nel caso dell’Expo, di comitati (e quel che comportano,meglio note come ‘careghe’).

Desidero pertanto, prima di arrivare all’Euroregione, ripercorrere alcune delle più divertenti saghe giuliane.

La tecnica è sempre la stessa ossia quella già sperimentata nel dopoguerra con Osimo. La fine è nota, ma intanto uno comincia a parlare, un altro risponde, lui replica, si replica alla replica ecc. finchè sembra che esista sul serio un finale diverso. Sono ovviamente necessari convegni e incontri, comitati, libri e interventi sennò non vale. E soprattutto la complicità dei giornalisti e la visibilità dei politici.

Possiamo riconoscere alcuni temi caldi che ancora riscaldano gli animi in questo rigido inverno.

Il primo è l’arcifamoso Corridoio 5. Se per il Mose a Venezia Berlusconi ha almeno deposto in acqua una pietra col suo nome, del Corridoio 5 – che ci occuperà almeno fino al 2012 – non non c’è nemmeno, che ne so, una traversina, un binario, nemmeno un marciapiede. Sarebbe però interessante fare una ricerca su quanto se n’è scritto e parlato.

Segue il rilancio del porto di Trieste che ogni anno ha l’incredibile facoltà di raddoppiare i traffici. I maligni sostengono sia l’effetto del moltiplicatore 0 (0 per 1 fa sempre 0), in realtà oggi come oggi possiamo parlare del moltiplicatore 0,1 o anche 0,2. Avanti di questo passo non si esclude che in futuro si possa arrivare anche all’unità e persino al moltiplicatore 2.

Terzo argomento fondamentale il porto Vecchio. Molto redditizio per le consulenze.

Unico purtroppo bruciato in breve tempo, l’Expo, che comunque, nonostante nessuno oltre il Lisert fosse a conoscenza della candidatura, ha occupato parecchie persone.

Di questi tempi sta prendendo quota il Jurassic Park ossia il parco scientifico, l’unico al mondo a fare ricerca senza un comparto produttivo al fianco. Di positivo c’è che la ricerca la fanno sul serio, anche se per esportarla (ricaduta zero, a parte qualche affitto a scienziati solvibili).

Ma ecco che un nuovo affascinante argomento prende prepotentemente il sopravvento: l’Euroregione!

L’Euroregione affonda le sue radici nell’idea di Trieste città mitteleuropea, ponte tra est e ovest. E’ un’idea bellissima abbondantemente sperimentata negli ultimi trent’anni ossia da quando il nostro massimo pangermanista, con un colpo di genio, è riuscito a cancellare l’ipotesi che Trieste potesse essere il porto più a nord dei Balcani (i Balcani non piacciono nemmeno ai croati, figuriamoci ai giuliani!) bensì l’erede diretta di un Impero- che non la poteva vedere (non avesse avuto il porto il vecchio Franz l’avrebbe regalata volentieri al primo venuto).

Questa immagine nobile e sempre valida oggi si trasforma in Trieste capitale.
Di cosa? Di un sodalizio transnazionale che promuoverà congressi, incontri, dibattiti, di un comitato per la gestione e la promozione dell’Euroregione con presidenti e rappresentanti che cercheranno di ampliare gli scambi. Se non si riesce con quelli commerciali rimangono sempre di gran moda quelli verbali.

Mancherà la Slovenia, almeno per il momento, ma è sicuro che, quando avrà finito di siglare anche l’ultimo trattato economico con l’Austria e risistemato alla perfezione le infrastrutture (manca poco), si prenderà un po’ di riposo e parteciperà volentieri a tutti gli incontri programmatici e ai workshop.

Anni fa un’esperienza simile era stata nominata Alpe Adria. Per i più giovani è solo il nome di un festival cinematografico, ma dovrebbe esistere ancora da qualche parte. Certo, non ha Trieste capitale e questo è disdicevolissimo.

Ho finito. E spero tanto di sbagliarmi su tutto.

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17 commenti a (Expo), portoVecchio, Triestecittàdellascienza, corridoio5, Euroregione…

  1. Julius Franzot ha detto:

    Devo spezzare una lancia a favore di Claudio Magris, inequivocamente definito dalla Mula come “il nostro massimo pangermanista”. Innanzi tutto: la parola “pangermanista” risale all’epoca di Bismarck, quando la “Grossdeutsche Lösung” fu contrapposta alla “Kleindeutsche”, la prima riguardando una fusione di tutti i Popoli di lingua tedesca (quindi anche dell’ Austria) in un unico Stato Nazionale, e la seconda (quella che poi si realizzò) intendeva una Germania unita, con la Prussia come baricentro, ma politicamente distinta dall’Austria. La battaglia di Königgrätz (1866) sancì la fine del sogno pangermanico, ripreso solo da Hitler nel 1938, ma quello non era da prendere sul serio, o no? Ebbene, Magris, nel “Mito asburgico”, sua tesi di laurea, a cui evidentemente accenna La Mula, non difende assolutamente la “grossdeutsche Lösung”, ma fa esclusivo riferimento alla parte austriaca della Monarchia Asburgica. Del resto, basta aver letto “Danubio” per rendersi conto di quale fosse il mondo di Magris: il Danubio da Donaueschingen a Passau era estraneo al “Mito”, solamente un preludio culturale, nella consapevolezza della memoria del vecchio Reich (primo e secondo). Semmai il macrocosmo danubiano comprendeva anche la Serbia, Romania e Bulgaria, ma mai la Germania.
    Anche Magris non è scevro delle contraddizioni dell’ Europeo moderno: in suoi articoli recenti sul “Corriere della Sera” afferma con massima convinzione di guardare al mondo germanico “da italiano” e si sente profondamente tale. Come istriano, una scelta di campo legittima.
    Poi la Mula si contraddice con l’ affermazione di una Trieste “erede diretta di un Impero…”: se si parla di pangermanismo (grossdeutsche Lösung), allora quale sarebbe dovuto essere questo Impero? Trieste deve tutta la sua prosperità e la sua ascesa a Maria Theresia (e Karl VI), vissuti nel 18. secolo, in cui Austria e Prussia si combatterono ferocemente (v. “Lenore” di Gottfried Burger), quindi si trattava di Austria, ovviamente non di “Grossdeutschland”. Per quanto riguarda i Balcani, lo stesso Metternich (Renano al servizio dell’ Austria) non ebbe difficoltà ad ammettere che “iniziavano al Rennweg”, strada di Vienna che sfiora il castello del Belvedere. Quindi l’Austria non si vergognava per nulla di Laibach e Agram, del Balkan! Per quanto riguarda Franz Josef, l’ ultimo dei veri Imperatori della Nostra Monarchia, la sua disaffezione per Trieste ebbe luogo solo dopo che un certo sloveno anarchico di nome Oberdank tentò di assassinarlo, piazzandogli al posto sbagliato una bomba fatta male. E dategli torto…! Suo fratello ci ha regalato una delle attrattive turistiche maggiori in “Italia”, Miramar.
    I miei romanzi li scrivo altrove, qui mi limito a queste considerazioni sull’ articolo precedente. Anche se anche il resto sarebbe pure meritevole di commenti. Alla prossima puntata!

  2. 1 X ha detto:

    “Ho finito. E spero tanto di sbagliarmi su tutto.”

    Ma se per ti quel “tutto” xe merda perchè no te va via?
    O almeno perchè no te proponi soluzioni? Xe facile criticar e basta, xe el più bel sport in Italia.
    Me par un intervento degno delle segnalazioni del piccolo. Tra le fermate del’autobus che saria de spostar de venti metri e Fido che zerca casa. Su dai, podè far de meio.
    I problemi xe cominciadi nel 18 quando purtroppo semo stadi “redenti” e se ga agravado quando intorno ala cità i ga messo el muro. Visto che quel muro ogi casca e se pol tronar a vardar a nordest se podessi gaver un poca de fiducia?
    Magari in bareto nele ciacole tra do veci me podessi anche aspetar discorsi de sto tipo.
    Ma se anche tra i giovini (ma ti te son giovine?) no ghe xe proposte inveze che criticar el criticabile e anche de più, alora xe questa la roba più triste che sta sucedendo in sta cità.

  3. Venezia Giulia?

    Ma sapete che trattasi di definizione storico-geografica letteralmente inventata dall’irredentismo italiano? (cfr. “Venezia Giulia: la regione inesistente”, di Gino di Caporiacco)

    Forum Iulii (Foro di Giulio, inteso come Giulio Cesare) era l’antico nome dell’attuale Cividale del Friuli.

    Poi esteso alla regione geografica e storica del Friuli.

    I friulani, quindi, non sono altro che forogiuliani, poi, per contrazione F(o)R(og)IULANI.

    Quindi coloro che si autodefiniscono come GIULIANI (in primis, i triestini) non si accorgono che, inconsapevolmente, si danno dei… FRIULANI.

    Cosa che naturalmente ci fa intimamente piacere ricordando, soprattutto, che una forma di friulano era parlata a Trieste prima dello svilupparsi del dialetto triestino.

    So di andare off topic e di effettuare osservazioni all’autore del post soltanto sull’uso di una denominazione geografico-territoriale, ma ritengo – con spirito costruttivo – che in un’Europa in cui i confini cadono, non si possono semplicisticamente considerare come secondari i problemi dell’identità, delle definizioni (che devono essere scientificamente esatte: almeno quelle relative ai territori. Poi ciascuno è libero di definirsi come crede. Se ritiene, una persona di cultura occidentale può liberamente aderire all’Islam, tanto per fare un esempio piuttosto banale).

    Allora poniamoci un primo problema.
    In questa regione, che io definisco politicamente bastarda, effettuiamo uno studio accurato dal punto di vista scientifico sul suo nome.
    Cerchiamo di capire se Friuli Venezia Giulia sia una definizione geograficamente e storicamente corretta o se sia soltanto una invenzione politica.

    Se dovesse trattarsi dell’unione amministrativa di due zone geografiche-storico-politico differenziate, definiamole con rigore scientifico.

    Almeno per cercare di capirci. Almeno tra di noi. Poi per Roma resteremo sempre in fondo a destra (come capita a tanti gabinetti, scusate la battuta…)

  4. 1 X ha detto:

    “In questa regione, che io definisco politicamente bastarda, effettuiamo uno studio accurato dal punto di vista scientifico sul suo nome.”
    “Se dovesse trattarsi dell’unione amministrativa di due zone geografiche-storico-politico differenziate, definiamole con rigore scientifico.”

    Eh ciò, xe questi i veri problemi. E xe su questo che bisogna trovar soluzioni dedicando tempo e risorse.
    Ma dove vivè????

  5. enrico maria milic ha detto:

    @ALBERTO, tu scrivi:

    Ma sapete che trattasi di definizione storico-geografica letteralmente inventata dall’irredentismo italiano?

    ogni definizione di un luogo è politicamente inventata, se è per quello.
    pensi che prima dei “friulani” non c’erano altri abitanti che chiamavano questi luoghi in altra maniera? e pensi che in questi luoghi i “friulani” esisteranno per sempre? e che qualcuno un giorno non cambierà il nome di questi posti?
    ma non lo sai che i nomi di trieste (triest, trst, ecc.) e di udine (udìn, videm, weiden, ecc.) sono tanti quanti le “popolazioni” (gente che parla la stessa lingua) che storicamente sono passate da queste parti?
    e non lo sai che ogni popolazione dà un suo nome per ‘marcarla’, per dire di possederla, culturalmente e magari politicamente?

    il nome di questi posti è l’ultima delle mie preoccupazioni.

  6. enrico maria milic ha detto:

    PER “1 X”

    me par che la mula ga perfetamente razòm, almeno su due robe:

    – i tormentoni infiniti che in sta cità produxi poco arosto, anzi: solo ciacole (el porto, e le foibe che neanche menia al governo gà sistemà gnente, e l’expò, e trieste capitale no se sa de cossa…)

    – che l’euroregiòn cussì come la xè ogi no ne servi a gnente. senza la slovenia e sopratuto senza lubiana (che magari no la entrerà nela euroregiòn se volemo dirla tuta), cossa se femo de sta euroregion? zà cussì, come dixi la mula nel’articolo, no xè chiaro che poteri gavarà sta istituziòn… anche se mi son più contento de ela perchè la euroregiòn xè pur sempre un’istituzion de coordinamento che a qualcossa (se i politici xè bravi) podarà servir…
    “se i politici xè bravi”.
    quel, mi no so.

  7. Matteo Apollonio ha detto:

    Lana caprina.

  8. La Mula ha detto:

    Ops,non pensavo di suscitare tante dotte citazioni…L’unica cosa che mi dispiaceva era un po’ troppa cattiveria nei confronti del porto, che effetivamente sta migliorando.Non che ci volesse molto,dopo le due precedenti amministrazioni, ma una crescita c’è, anche prescindendo dalle statistiche (si basano sulla movimentazione dei containers registrata dai computer e siccome ogni containers viene mosso almeno tre volte vanno divise per tre o quasi).

    Il resto è abbastanza attinente alla realtà. Uno se ne accorge dopo essere stato lontano da Trieste per un anno.Ritorni e ritrovi la città più depressa di prima.

    Non sono più giovane, ma ho avuto la fortuna di passare un anno al lavoro in Veneto, nella provincia più ricca d’Italia,quella di Vicenza.Vero è che dove c’è ricchezza non c’è depressione, ma è altrettanto vero che per produrre ricchezza bisogna saper fare sistema.E impresa.

    Hanno strade peggiori delle nostre, ferrovie da paura (solo l’asse Venezia Verona e Venezia Padova è degna di cotanto nome) eppure riescono a produrre,a vendere, a tenersi sul mercato. Un terzo della popolazione è extracomunitaria: certo c’è razzismo, ma più indotto (da politici e informazione)che reale. Alla fine subentra il buon senso e puoi essere di qualunque nazionalità,ma se lavori va tutto bene. Forse in virtù dell’imperante presenza della Chiesa esistono programmi d’integrazione avanzati.La vita costa la metà,la qualità è il doppio. A fronte di un’incultura diffusa da iperconsumismo e facciata, l’offerta culturale reale è ampia,per tutti e per tutti i gusti,molto diffusa anche capillarmente.

    L’età media della popolazione è di molto inferiore alla nostra (46 anni!), i servizi non mancano.Ma soprattutto tutti ‘fanno sistema’.Sarà perchè il più a destra è democristiano e il più a sinistra democristiano, sta di fatto che se si tratta di ‘fare per’ sono tutti d’accordo. Non parlano,fanno.

    Anche nella più piccola microcittadina esistono due quotidiani,cosa che costringe l’informazione a fare i conti con la concorrenza. Qui, se non sei sloveno, o leggi il Piccolo o leggi il Piccolo.

    E infatti,rientrata,leggo il Piccolo. Ossia un quotidiano che si trascina sullo stesso tema per mesi e anni perchè nessuno ha più voglia nè stimoli per riempirlo con qualcosa di nuovo.

    Vai via un anno lasciando irrisolti i nodi del Corridoio 5,rientri e rileggi sempre le stesse cose. Idem sul resto. Finita la sbornia da caduta di confine ricominceremo con l’Euroregione,in un senza capo nè coda che impressiona.

    Vedete,questo adagiarsi sul nulla e in qualche modo esaltarlo è particolarmente pericoloso. Io cerco di essere ironica,ma sicuramente l’ironia non è di facile accesso. A Trieste esistono realtà avanzate (faccio un esempio:c’è un’azienda locale che,prima ‘straniera’ nel mondo, sta programmando gli impianti di climatizzazione e riscaldamento di New Dehli subasi di riaprmio energetico), ma siccome lavorano hanno poco tempo da dedicare all’informazione. E i giornalisti demotivati altrettanta poca voglia di andarli a cercare.

    Così ogni giorno, da anni,anzi da decenni,si racconta sempre la stessa storia una volta cavalcata da uno,una volta dall’altro. Il politico non sa,nè può sapere se non viene informato.Insomma si recitalo stessocopione.

    Vi lascio. Sta arrivando una persona che sta lavorando in materia d’ambiente con FVG, Slovenia e Croazia.
    Suppongo sia interessante

    LaMula

  9. @ enrico maria milic

    che ingenuo che sono…
    e io che pensavo che la geografia fosse una scienza, suddivisa in branche… geografia fisica, politica, economica…

    peccato che il nome “scientifico” di una località sia quello in cui questa è definita dallo stato a cui appartiene…

    ma forse potresti sostenere che è corretto chiamare London Londra perchè ci vivono alcuni italiani…?

    mah…

    esiste poi un istituto del diritto civile (che riguarda le persone, non i luoghi) che si chiama “diritto al nome”

    è il più sacrosanto dei diritti, vedere riconosciuto il proprio nome, ovvero la propria identità

    è l’ultima delle preoccupazioni anche quella identitaria…?

  10. 1 X ha detto:

    London resta London anche se la chiami Londra o Bucodelculodelmondo. Non credo che ai londinesi cambi la vita. Ma ormai, per qualcuno… sempre gli stessi?, sono diventati più importanti i nomi che le cose stesse.
    Il fatto che per il mondo germanico Trieste diventa Triest e per quello slavo diventa Trst significa semplicemente che la città è, o è stata, sufficientemente importante per quei popoli da darle un nome nella loro lingua.
    Se Salerno resta Salerno in tutte le lingue del mondo vol solo dir che nissun li ga pel cul.
    Vedendo le cose da quest’altro punto di vista, si potrebbe essere persino orgogliosi che qualcuno si è preso la briga di tradurre il nome della propria regione/città/paese/rione/condominio anche nella sua lingua.

    Ma il sentire necessario che la propria identità venga legittimata e riconosciuta da tutti gli altri non è sintomo di mancanza di autostima e profondo senso di approvazione… un po’ come i bambini.
    Io so chi sono e cosa sono e non me ne può fregare di meno di quello che possono pensare gli altri. Se per gli altri sono solo uno ics quelli sono semplicemente problemi loro.

  11. enrico maria milic ha detto:

    @ alberto

    ok, siamo d’accordo sulla relatività della storia e sul fatto che i nomi alla fine contano poco.

    dopo però dici che dare il nome a un posto è un diritto legale della maggioranza della popolazione.

    quindi cosa proponi?

    per me l’identità è importante, basta che non serva per demarcare confini verso ‘diversi’:
    diversi che parlano un’altra lingua, di un altro colore, che mangiano altri cibi, che si vestono diversi, ecc.

  12. Matteo Apollonio ha detto:

    Ok tutto perfetto, ma perchè no se parla de quel che disi LaMula? Me sembra che questo scambio de vedute sia el classico momento dibattito alla triestina.
    Io comunque ti appoggio in pieno cara Mula. Vivo a Belgrado, che ha un’esasperazione di alcuni comportamenti triestini. Non per niente Trieste è parecchio serba in tante cose. Qui si guarda all’oggi, al momento. Fare sistema è un concetto sconosciuto, ancora più sconosciuto di quanto lo è a Trieste. Questa esasperazione mi permette però di vedere ancora di più quella lieve che aleggia a Trieste, la mia città. Fare sistema è una cosa bellissima. Sarà perchè sono nato a Trieste e ho sempre avvertito questa nostra grave carenza, ma tutta la mia vita ed il mio presente sono caratterizzati dalla ricerca quasi isterica di trovare occasioni per fare sistema. Ho però la sfortuna di avere intorno molte persone che si appassionano all’analisi dei problemi ed alla ricerca storico culturale delle loro radici. Queste persone sono necessarie, ma ce ne vorrebbero delle altre ad agire sul territorio, nel commercio, nell’imprenditorialità, nell’innovare le forme economiche per permettere un reale sviluppo economico, culturale e sociale.
    Se pensiamo che una delle uniche è il signor Boniciolli, che di anni ne ha più di settanta… La politica avrebbe bisogno di portare avanti queste riforme di sistema, e forse in qualche caso lo fa, ma le notizie a cui si dà risalto sul nostro Monogiornale sono la legge sul friulano ed altre amenità di questo tenore. A quando una presa di coscienza?

  13. La Mula ha detto:

    Carissimo, io penso che in una società non depressa ci dovrebbe essere lo spazio per tutto, per chi si occupa di mercato e per chi si occupa di storia. Purtroppo siamo una società depressa (sintomo tra i tanti il nazionalismo, che condividiamo con altre terre depresse)e di conseguenza tutti ‘pisciano’ sul territorio di tutti.

    Io faccio (facevo,sono in felice pausa) la giornalista. Quello che so non mi deriva da miei saperi speciali, ma da quanto raccontato da chi quei saperi li ha. Riportare per condividere sarebbe un compito alto, utile a tutti. Nella realtà quasi sempre leggiamo l’augusto pensiero di qualcuno, cosa più che lecita in un blog, poco interessante per l’informazione.

    Sulla base dell’augusto pensiero (e se in mala fede degli interessi di alcuni) nascono i mostri di parole che diventano realtà solo perchè detti e scritti. L’Expo è stato uno di questi mostri. Tutti hanno un comun denominatore: moltissime parole, moltissime cariche anche autorevoli, ma nessuno che ci rischi un euro.

    Mettiamoci nella testa di un imprenditore puro, di quelli che mettono 100 euro per avere tra un anno 200 euro. Siamo sicuri che gliene freghi qualcosa della porta tra est e ovest, il crogiuolo di razze e culture, l’identità,la bellezza ecc.? Vuole sapere quanto costa, quanto ci deve investire. E si domanda: se è proprio un affare, perchè non se lo comprano anche loro? Alias: dov’è il bidone?

    Expo,scienza,porto vecchio e nuovo, euroregione,corridoio 5: dove sono i soldi dei triestini e friulani ? Non ci sono. L’unico cantiere in funzione in porto vecchio (che va avanti a velocità della luce) è della Maltauro (Vicenza). Possibile che nessuna delle nostre imprese operi se non in settori coperti da fondi pubblici (vedi viabilità comunale ecc.)?

    Possibilissimo. Nati assistiti continuiamo a illuderci di poterlo restare in eterno (e vale anche per il Friuli che s’è ricostruito di be’ soi, ma coi miliardi di Roma).E così non ci resta che parlare di quello che potremmo fare quando Babbo Natale ci porterà i denari.

    Dovremmo ricominciare da capo, rifondare una classe dirigente capace di assumersi il rischio d’impresa. Meglio dunque continuare a dormire, almeno finché non ci manca nulla. E ci avanza anche molto tempo per occuparci di tutto.

    La Mula

  14. enrico maria milic ha detto:

    matteo, tutto giusto.

    come è stato detto il problema non è solo rischiare, farsi il culo, spendere soldi che non si sa se tornano.

    ma il problema è anche l’informazione cioè il monogiornale.

    non che bora.la, in questo momento storico, sia un’alternativa, per carità.

    ma mi pare che bora.la possa essere un luogo dove discutere di un’alternativa al monogiornale (quindi discutiamone). i problemi dell’economia sono altri e dite giustamente come non arriverà babbo natale euroregionale a risolverli. ma anche i mezzi di informazione sono cruciali.

  15. se non prendiamo per assodato che esistono i diritti civili ed esistono norme giuridiche, sposiamo l’anarchia…

    potrebbe andarmi bene, ma con le posizioni espresse da 1 X che sa quello che lui è e se ne frega degli altri, mi sa che andiamo molto poco lontano…

    enrico

    il problema è uno solo:
    se tu riconosci chi sei (ovvero ti identifichi, senza che siano gli altri a dire chi tu sei), impari anche a rispettare gli altri riconoscendo che sei diverso da loro e che anche loro hanno diritto a identificarsi senza che siano gli altri a dir loro chi sono…

    se invece tutto è “smamìt” (come si dice in friulano, che si potrebbe tradurre in ‘indistinto’, ‘annacquato’) la confusione circa la nostra identità ci renderà impossibile capire anche chi percepiamo appena diverso da noi… il non avere ben presenti i nostri valori ci renderà impossibile percepire quali siano i valori.
    In assoluto e degli altri.

  16. e ancora per 1 X

    forse il fatto che alcuni luoghi sono stati “tradotti” in idiomi diversi significa semplicemente che in determinati luoghi geografici si sono incontrate (e scontrate) etnie diverse e che quei luoghi sono stati contesi…

    non credo sia scontatamente motivo di menarne vanto perché se una città si può chiamare in modi diversi può significare anche che ha avuto diversi padroni e che i suoi abitanti sono stati comunque sempre sudditi di qualcuno…

    pensate invece alla storia e gloria di Venezia che un tale (Graziadio Isaia Ascoli, peraltro fondatore della Società Filologica Friulana) ha ritenuto potesse dare il suo nome addirittura a tre regioni: Venezia (Euganea), Venezia Tridentina e Venezia Giulia…

    Certo, Venezia è tradotta Venice in inglese e Venedig in tedesco, ma soltanto perché è una città universalmente nota…

    Vi ricordo che l’Italietta si prese la briga di tradurre il nome di un noto monte, Krn (acuto).
    E sbagliò clamorosamente, facendolo diventare Nero.

    Questo è un tipico esempio di “traduzione da dominatori, o da nuovi padroni”. Padroni nella fattispecie ignoranti.

    In Friuli l’esempio più eclatante è Muscli, fraz. di Cervignano.
    Muscli è, ovviamente, muschio.
    In italiano è stato tradotto Muscoli.

    Ma il regime fascista, si sa, si basava molto sulla muscolatura…

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