7 Dicembre 2007

Illy sulla legge sul friulano: “un model dal pont di viste sedi juridic che sociâl”

Riccardo Illy ha rilasciato una interessante interessante intervista a Lenghe.net sulla nuova legge di sostegno al friulano. Alcuni dei passaggi più interessanti:

Sulle motivazioni sociali e culturali:

Lis motivazions a son cetantis: o ai tancj amîs furlans, e je une lenghe che mi plâs e che o cjati legre, cun di plui ancje jo o parten a une minorance (chê de religjon valdese, e o sin pardabon in pôcs in Italie). O riten ancje necessari che al vegni metût in vore l’articul 6 de Costituzion in conformitât aes leçs dal Stât che a’ndi regolamentin la metude in vore. No par ultin o soi sburtât di un convinciment di caratar economic: o pensi che la varietât linguistiche e culturâl e stici la capacitât di jessi creatîfs e di inovâ, intune peraule cheste varietât e rint plui competitîfs. Lu mostrin, dal rest, lis ecelenciis che a son tal tiessût economic di cheste regjon.

Sul niet di Violante allo Statuto regionale con la dizione in friulano:

Massime, su la motivazion de specialitât regjonâl che si poie su la presince dal multilinguisim, lis critichis a son parcè che no je avonde cognossince dai fats: o ai let jo stes la trascrizion dal dibatiment de Assemblee costituente dal 1947, li che si mostre in maniere clare che la specialitât dal Friûl – Vignesie Julie e je ricognossude te presince de minorance linguistiche slovene tal teritori regjonâl che al sarès vignût. Si pues dî la stesse robe pes specialitâts de Val d’Aoste e dal Trentin-Südtirol, pes minorancis francese e todescje. A chestis minorancis nazionâls bisugne zontâ chês regjonâls.

Tag: , , , , , , .

31 commenti a Illy sulla legge sul friulano: “un model dal pont di viste sedi juridic che sociâl”

  1. Mi spiace, ma continuo a pensare che aver approvato la legge sul friulano è, per fare una metafora, come dare dei vestiti agli affamati e agli assetati: prima sarebbe bene pensare ai bisogni primari e poi a quelli secondari. Come a dire, prima gli aiuti concreti alle famiglie con sostegni a quelle con figli piccoli e creazione degli asili e una politica attenta ai bambini e poi possiamo fare altro. In questi cinque anni di governo della giunta di centro sinistra, posso affermare, senza ombra di smentita, di non aver percepito alcun vantaggio concreto e misurabile sulla mia pelle. Ma io sono un cittadino e forse le alchimie della politica semplicemente, non le comprendo!

    PS: quello che non comprendo è come faccia, qualche esponente straniero, a dire che questa regione è una delle regioni meglio governate e che è tutto merito di Illy. Non conosco quali parametri vengano presi in considerazione per fare simili affermazioni, ma credo che ai convegni come quello recente di Trieste con i premi nobel (che mi dicono molto costoso, e non ha pagato Illy!), sarebbe bene invitare qualche cittadino e qualche “casalinga”: forse ci direbbero molte più cose sulla nostra regione e sulle difficoltà del vivere quotidiano, di quante ce ne possano dire i tanti soloni che, in quanto tali, vivono in un “reality” che però non corrisponde alla realtà.

  2. marina ha detto:

    E io, che il friulano non lo so, come faccio a interpretare l’Illy pensiero?

  3. enrico maria milic ha detto:

    marina:
    il friulano scritto non mi pare difficile da capire.

    mauro:
    come detto più volte, sono d’accordo che ci sono priorità sociali e soprattutto ambientali che andrebbero finanziate prima, ma in ordine di principio sono d’accordo sul provvedimento – come lo sarei per il finanziamento alle altre lingue locali come il triestino.

  4. enrico maria milic ha detto:

    da il piccolo di oggi:

    Ven 7 Dic 2007 8:40 am

    Dal Piccolo di oggi

    IL FRIULI VENEZIA GIULIA E LA LINGUA
    IDENTITA’ E SEPARAZIONE

    di Paolo Segatti
    A ben vedere, il sacrosanto diritto individuale a vedere preservata
    la lingua e cultura friulana viene fatto dipendere dal fatto di
    essere parte di una comunità etno-culturale. Il che rinvia a un
    apparente processo di de-istituzionalizzazione dei diritti
    individuali, anche di quelli di chi parla una lingua minoritaria.
    Apparente perché ciò che in realtà si vuole è che le istituzioni
    cambino segno. Da presidio dei diritti individuali si vuole divengano
    presidio di una particolare interpretazione dei diritti collettivi.

    In questo modo la tutela esterna della lingua minoritaria può
    agevolmente combinarsi con una restrizione interna dell’esercizio dei
    diritti individuali alla tutela. Restrizione perché solo
    l’appartenenza alla comunità, per come viene delimitata e definita da
    qualche autorità, garantisce l’esercizio dei diritti individuali. Si
    tratta di un modo di intendere le istituzioni che è giunto
    addirittura a sancire che l’esercizio di un diritto politico
    elementare, come quello di poter candidarsi per il Consiglio
    regionale in condizioni paritarie, debba sottostare nel caso di un
    cittadino italiano di nazionalità slovena all’interpretazione
    particolare che di questa forniscono i dirigenti di un partito
    etnico. L’articolo 28 al comma 2 della bozza di statuto attualmente
    in esame al Parlamento nazionale dispone che un seggio sia di fatto
    garantito al partito etnico sloveno. Come dire che uno sloveno che
    non condivide l’interpretazione esclusivista dell’identità slovena
    offerta dai dirigenti di questo partito e si candida in un partito
    multietnico ha meno chance di conquistare un seggio di un altro che
    la condivide.

    A me pare che con la proposta di legge sul friulano la coalizione
    composita che la sostiene voglia fare un esperimento di
    nazionalizzazione periferica. Fare come in Catalogna e nei Paesi
    Baschi è una intenzione più volte apertamente proclamata. Di fronte a
    ciò colpisce, o forse sarebbe meglio dire preoccupa, il disinteresse
    dell’opinione pubblica nazionale. Preoccupa non solo perché non si
    capisce perché in Friuli si debba fare come in Catalogna o nei Paesi
    Baschi. Preoccupa perché è possibile che se questo tema entrerà mai
    nell’agenda dell’opinione pubblica e della politica nazionale si
    rischi di buttar via anche il bambino con l’acqua sporca. Il bambino
    da proteggere è la tutela di una lingua minoritaria a rischio.
    L’acqua sporca da gettare è l’approccio seguito per preservare il
    patrimonio culturale costituito da una lingua come il friulano.
    Purtroppo separare il bambino dall’acqua sporca è impresa difficile
    in sé, come assicurare la tutela esterna di un diritto collettivo
    senza limitare i diritti individuali. A renderla però ancora più
    difficile è l’idea che le istituzioni non appartengono ai cittadini,
    ma ad una comunità etnica, per altro inventata. O come alcuni
    auspicano a una confederazione di comunità reciprocamente esclusive,
    rispetto alle quali non si comprende il destino di chi si sente solo
    italiano o italiano e… altro.

    La forza di questa idea sta nella sua (presunta) ovvietà. La ricerca
    di soluzioni liberali al pluralismo linguistico e nazionale che
    caratterizza il Friuli Venezia Giulia è ritenuta merce esotica. Pare
    proprio che quel che è accaduto negli anni Novanta dietro all’angolo
    abbia certamente commosso, ma fatto poco pensare. A rendere difficile
    l’impresa è infine una sorta di convinzione carsica, condivisa da
    settori esigui ma non marginali della classe dirigente friulana,
    giuliana e slovena, di destra come di sinistra, laica e religiosa,
    che tutto ciò che ha a che fare con l’Italia sia inventato o imposto
    con la forza, sempre posticcio, in definitiva estraneo
    alle “identità” profonde delle genti di queste terre.

    Non è forse un caso che nel dibattito di questi mesi ma non solo, e anche purtroppo nei recenti documenti della regione, non si parla mai di cittadinanza e molto raramente di Repubblica. È possibile che alla lunga siano proprio tali convinzioni come il più diffuso senso comune etnicista a cui attingono a rappresentare l’ostacolo maggiore alla tutela della lingua friulana. Perchè è possibile che a una domanda di tutela etnicista l’opinione pubblica nazionale, se mai se ne occuperà, risponda con una risposta etnicista. Del resto anche ad Ovest del Tagliamento quanti hanno fiducia nelle istituzioni repubblicane e nelle loro capacità integrative?

  5. enrico maria milic ha detto:

    e ora il mio commento a segatti, tralasciando i concetti arabi che usa cioè i riferimenti oserei dire desueti a idee di “repubblica” e “cittadinanza” che sono molto interpretabili e da queste parti (italia) piuttosto vuoti… direi:

    1)
    non si capisce su che basi segatti identifichi nella stessa ideologia di fondo la legge sul friulano a scuola con la legge elettorale per il rappresentante sloveno (quest’ultima è sì una legge piuttosto discutibile, secondo me).

    2)
    il friulano secondo segatti sarebbe lo strumento di una comunità etnica inventata.
    questo è molto discutibile.
    tutte le comunità etniche sono inventate come “gli italiani” che certo non esistevano e non si sentivano tali prima di 200 anni fa (a parte qualche intellettuale, ovviamente)

    3)
    il parallelo tra friuli venezia giulia e balcani è totalmente senza fondamento.
    o meglio:
    è senza fondamento di dati (storici, sociologici, etnografici) l’idea che qualcuno possa imbracciare armi e far scorrere sangue per avere più autonomia o indipendenza dal governo romano.
    uno potrebbe dire che quella di segatti è solo una strategia retorica.

    4)
    qua si tratta di tutelare lingue e culture che stanno sul territorio e non si capisce perchè non possano essere tutelate quanto lo sono le lingue franche comuni, cioè l’italiano nazionale standard e l’inglese.

    5)
    qua si tratta di territori e pratiche culturali, non di etnie o di balcani.
    se pensiamo che arriverà la fata turchina a salvare queste culture locali, mentre queste ultime sono mangiate dall’italiano e dall’inglese a scuola e nei mezzi di comunicazione pezzetto per pezzetto, giorno per giorno, bene: allora stiamo freschi.

  6. arlon ha detto:

    però el silenzio-assenso pol far pensar che se zerchi de forzar la creazion de una comunità, eh!

    Articolo pessimo, anche perchè la legge (decisamente discutibile!) fatta su basi etniche sullo sloveno effettivamente c’entra poco.

    Sembra che per chi scrive le uniche cose sacre siano cittadinanza e nazionalità. I diritti individuali e collettivi di autodeterminazione li lascerebbe ad altri..?

  7. enrico maria milic ha detto:

    arlon, giusto
    lo studio imposto de lingue crea comunità
    vedi la comunità degli “italiani”

  8. Premettendo che sono d’accordo con Enrico, vorrei ribadire certi concetti espressi in passato:

    1) non ritengo “civile” un Paese che tutela in modo diverso le minoranze etno-linguistiche. In Italia c’è una chiara legge approvata alla fine degli anni ’90 che elenca queste minoranze. Le loro lingue sono riconosciute dunque dallo Stato ed hanno pari dignità della lingua italiana (meglio detta neo-fiorentino).

    2) non voglio impelagarmi in polemiche (potrei infatti dire che non è stato riconosciuta come lingua il Piemontese, diversamente da ciò che fanno i linguisti di tutta Europa e da ciò che è stato fatto dalle Istituzioni Europee: il Piemontese è stato infatti riconosciuto tra le lingue minoritarie europee – non tra i dialetti – nella raccomandazione n. 928 del 1981 e nella risoluzione del 16 ottobre 1981 dell’Assemblea del Consiglio d’Europa, nonché dall’UNESCO), ma è evidente che chi ha rivendicato i diritti con le bombe ne ha ottenuti di più di chi ha sempre ricordato di esistere in punta di piedi (occitani, walser, croati del Molise, ecc. ecc.).

    3) nel caso specifico, è evidente che in regione FVG l’italiano viene studiato a scuola come lingua “altra”. Per i tedeschi, i friuliani e gli sloveni della regione è addirittura una lingua “straniera” a tutti gli effetti; per i triestini è cmq una lingua “diversa” da quella parlata in famiglia, con gli amici, sul lavoro e, a volte, perfino a Scuola e all’Università.

    4) non capisco che male ci sia a tutelare queste tradizioni e non capisco le tante polemiche che questa tutela susciti. Non coltivare la propria lingua è come non coltivare i propri campi, il proprio mare e le proprie montagne.

  9. enrico maria milic ha detto:

    “Non coltivare la propria lingua è come non coltivare i propri campi, il proprio mare e le proprie montagne.”

    grande!

  10. Julius Franzot ha detto:

    L’ articolo di Segatti è innanzitutto un tipico esempio di frasi pseudo-intellettuali scritte in una lingua comprensibile solo a chi oltre all’ italiano, ha nel sangue il “burocratese” di matrice borbonica.

    Inoltre: la nostra Regione è stata già troppo appiattita all’Italia da cognomi tradotti, scuole di altre lingue chiuse, trasferimenti massicci, insediamento ai posti di comando di gente straniera per la maggior parte di noi. Purtroppo il 25.07.1943 non è servito a far cadere il fascismo nelle menti, sia di destra che di sinistra, che si sono imposte a reggere questa comunità.

    Oltre ad essere più che giusto non chiudere le orecchie davanti alla sparizione in corso del friulano dai centri urbani, secondo me Illy ha tutte le ragioni per considerare il Friulano anche un po’ come simbolo dell variegata composizione culturale (volutamente evito la parola “etnica”) in Friuli-Venezia Giulia.

    Poi, nello scritto di Segatti non si capisce bene la velata minaccia di un’ azione di ritorsione “etnicista” in altre regioni della repubblica italiana. L’ autore auspica forse la riapertura di Gonars?

    Posso solo esprimere la mia più piena solidarietà a chi come Illy si mette in prima persona nella difesa di qualsiasi minoranza, sia culturale che religiosa, in mezzo a questo odioso e preoccupante rigurgito di fascismo travestito.

  11. giorgio ha detto:

    E’ vero, è verissimo: “Non coltivare la propria lingua è come non coltivare i propri campi, il proprio mare e le proprie montagne.”
    Ma oggi, dicembre 2007, quanti di noi sono dediti a “coltivare” il territorio o la cultura dei propri avi? Ritengo che l’intenzione di tutelare lingue e culture minoritarie sia lodevole, ma la tutela che deriva dall’insegnamento scolastico deve essere una risposta solo in caso di una minaccia parimenti “istituzionale”, ed io, sinceramente, non ne vedo. Oltretutto mi pare che cercare solo la tutela (chiusura) e non la diffusione (apertura) crei confini e barriere.
    Perché piuttosto non cercare un punto d’incontro, un modo per “contaminarci” a vicenda le nostre culture minoritarie? Teatro friulano a Trieste, canzoni triestine a Udine, rassegna di libri sloveni ad Aquileia…
    Invece, la reazione della legge sul friulano a Trieste è stata dettata dall’invidia. Quando ho saputo che l’obiettivo della petizione presentata al vicepresidente del Consiglio regionale dalle compagnie teatrali «Armonia» e «Pat» è quello di “…ottenere per le parlate triestina, gradese, bisiaca e veneta….un riconoscimento ufficiale da parte della Regione così come avvenuto per il friulano”, mi sono ricordato di un pezzo che scrisse Michele Serra nei giorni in cui iniziava la frammentazione della Jugoslavia. In sintesi, nel racconto di fantapolitica, lo Stato degli slavi del Sud si divideva in staterelli, in regioni, poi in comunità sempre più piccole fino a che ognuno pensava per sé ed era nemico dell’altro.
    I risultati del rapporto Censis di oggi mi sembra che esaltino queste considerazioni. Cercate di convincermi che non sarà così.
    ciao, mandi, zdravo

  12. enrico maria milic ha detto:

    “Ma oggi, dicembre 2007, quanti di noi sono dediti a “coltivare” il territorio o la cultura dei propri avi? Ritengo che l’intenzione di tutelare lingue e culture minoritarie sia lodevole, ma la tutela che deriva dall’insegnamento scolastico deve essere una risposta solo in caso di una minaccia parimenti “istituzionale”, ed io, sinceramente, non ne vedo.”

    giorgio non sono d’accordo.

    penso che ne converrai che che sono i mezzi di comunicazione di massa e la scuola a determinare in larga parte:

    1)
    quello che come persone riteniamo siano gli stili comunicativi (incluso il linguaggio scelto per parlare) che sono ‘corretti’ e moralmente accettati

    2)
    che sono i mezzi di comunicazione di massa e la scuola, che usano prevalentemente l’italiano e (in frammenti) l’inglese, a determinare che io che ho 31 anni non parli il triestino con quella varietà di espressioni (la mia madrelingua) che venivano usate da mia nonna nella stessa lingua.

    3)
    se sei d’accordo coi punti 1 e 2 sarai anche d’accordo che i mezzi di comunicazione di massa e la scuola hanno un potere enorme nella vita e nella morte delle lingue e quindi sono ben più importanti di minacce che arrivano dalle ‘istituzioni’ (ma del resto se uno considerasse la scuola un’istituzione e dicesse che là dentro la lingua italiana nazionale standard è stata ed è una minaccia per le lingue locali, sarei d’accordo con lui).

    4)
    credo che citi a torto il rapporto censis di oggi. non avere un collante comunitario a livello di stato non credo si possa imputare a rivendicazioni sulla lingua. se fosse per questo la catalogna si sarebbe staccata dalla spagna, la svizzera disgregata, eccetera. è che l’italia fa spesso pena per la qualità delle sue istituzioni formative, politiche, dei suoi mezzi di comunicazione. sono questi i motivi per immaginare e chiedere l’autonomia e il federalismo e sono certo che la questione linguistica sia, nella mente di chi vuole l’autonomia e il federalismo, solo marginale seppur possa diventare, talvolta, simbolicamente importante…

    per no restar sempre nel gheto dele idee che gira su bora.la sule lingue minoritarie, sugerisso de legerse questo thread sul forum del grupo de bepe grilo de trieste – mi ghe scrivo là col nick “miaoista”.

  13. Concordo con Enrico specialmente sul fatto che distinguere tra “lingua” e “dialetto” è funzionale ai nazionalisti ed ai razzisti.

  14. Georgina ha detto:

    Qualche giorno fa ho letto sul Piccolo che il consigliere regionale Kristian Franzil vorrebbe che il friulano venga utilizzato anche nei posti di lavoro come in Catalogna. Ora, io personalmente vedo nel modello catalano un modello negativo. Avendo visitato quella regione della Spagna, e avendo conosciuto delle persone non catalane che lì ci lavorano, posso dire che ci sono dei rischi di emarginare chi non conosce la lingua locale. Difatti i latinoamericani e gli abitanti di altre regioni spagnole sono considerati cittadini di serie B.
    Mi chiedo se è questo che vogliamo nel nostro futuro, mi ricorda tanto la storia della Torre di Babele. E’ così bello avere una lingua comune per comunicare con tutti gli altri che non vedo perchè ci si debba chiudere dentro altri steccati. In fondo l’italiano è già una lingua minoritaria che si parla soltanto in Italia.

  15. Julius Franzot ha detto:

    @Giorgina: come vedi la situazione per chi non si sente Spagnolo o Italiano? Ti piacerebbe che la tua terra fosse occupata da Sloveni, che ti costringessero ad imparare Sloveno per lavorare? Che ti facessero insegnare solo Sloveno ai tuoi figli, fino a far scomparire la tua italianità?
    Io sono stato varie volte per lavoro in Catalogna, ho frequentato soprattutto il ceto produttivo, Catalani e Spagnoli del Nord. Mi hanno detto grosso modo tutti le stesse cose: “Tenemos que defendernos de los Españoles”.
    Ho conosciuto anche Baschi, pur non essendo mai stato nel loro Paese: lì era tutto ancora molto più drastico, ma non ho mai apprezzato il loro concetto di bombe contro innocenti. In Catalogna, che è arrivata molto oltre, non è mai morto nessuno per la difesa identitaria. L’ assassinio non paga, il metodo democratico per raggiungere gli obiettivi sì.
    E’ facile fare certi commenti mettendosi dalla parte del più forte.

  16. enrico maria milic ha detto:

    ma soprattutto, mi pare, che sostenere il friulano e saperlo non implica che non si sappia anche l’italiano nazionale standard o l’inglese e quindi comunicare con gli altri.

    dopo,
    non trovo nulla di male in un detto che dica “paese che vai, lingua che trovi”.

    perchè dobbiamo essere tutti uguali?!?
    è bello trovare omogeneità in ogni luogo dove vai?!?

  17. diego chersicola ha detto:

    imparare la propria lingua è imparare a conoscere sé stessi, imparare la lingua degli altri è imparare ad amare.

  18. Georgina ha detto:

    Scusa Julius, mi chiamo Georgina (non Giorgina…..) non sono italiana, non sono spagnola…. Non mi metto dalla parte del più forte, ma di quella del più debole: che sarebbe l’extracomunitario; oppure il meridionale. Ovviamente non mi permetto di contrastare l’uso della propria lingua, ma se il Friuli fa parte dell’Italia è giusto che
    la lingua ufficiale sia l’italiano. E’ una mia oppinione, non devi essere d’accordo.

  19. enrico maria milic ha detto:

    ma infatti la lingua ufficiale deve essere l’italiano in tutto lo stato.
    dopo, a livello locale, perchè le lingue locali non possono essere, anche loro, lingue ufficiali?
    non mi pare sia troppo complicato e mi pare che la cosa ci arricchisca.

  20. Georgina ha detto:

    Sono d’accordo, ma se leggi bene il mio primo intervento dicevo che non ero d’accordo sul fatto che il friulano venga usato sul posto di lavoro
    perchè questo lo farebbe diventare la lingua “ufficiale”.
    Tutto qua, io sono per la libertà di ognuno di fare quello che gli pare e piace.
    Ma, mi sa, che andando avanti per questa strada chi vorrà lavorare nella provincia di Udine è meglio che cominci ad imparare la lingua friulana….

  21. enrico maria milic ha detto:

    scusa,
    ma se vogliamo ragionarci su…
    sarai d’accordo che per quelli di lingua madre friulano, anche l’italiano nazionale standard a scuola è stata un’imposizione? e che anche negli uffici l’italiano nazionale standard è stata un’imposizione per quelli di lingua madre friulano?
    ma sono imposizioni a cui siamo abituati e che vengono date per buone e scontate…

    non dico che non dobbiamo sapere lingue franche (come l’italiano nazionale standard o l’inglese) che valgano per popolazioni più grandi di quelle che vivono un territorio ristretto. dico solo che le lingue locali devono essere sostenute tanto quanto le lingue nazionali standard…
    penso che il sostegno alle culture locali sia qualcosa di profondamente progressista.
    dopo, come su tutto, ci possono essere speculazioni di altre parti politiche per ben altri fini…

  22. Julius Franzot ha detto:

    @Georgina. Mi interesserebbe sapere per pura curiosità di che madrelingua sei. La mia è il tedesco e ciò forse mi porta a cercare alleati tra gli altri corregionali “minoritari”, dato che noi siamo strapazzati da prevaricazioni che si possono definire solo come ignoranti, tipo la delegazione della tutela del tedesco solamente da parte della provincia di Udine. E a TS e GO, che cosa siamo? Vittime dell’ irredentismo che ha distrutto le case dei Monfslconesi?
    Tornando al tuo tema del friulano sul posto di lavoro: è il segreto di Pulcinella che si insiste su questo per ottenere la libertà linguistica nell’ ottica di una decentralizzazione delle parlate regionali e sono certo che non ci saranno discriminazioni per chi dovrà apprendere il friulano: se dimenticherà qualche accento circonflesso, non sarà sicuramente vittima del mobbing. Io stesso, pur essendo mezzo friulano, non conosco la lingua di mio padre, ma non avrei nessuna remora a studiarla, se questo fosse indispensabile per la mia attività lavorativa. Io parto dal presupposto che chiunque vada a vivere in un altro ambiente culturale abbia gli stssi diritti e doveri degli autoctoni, compreso l’apprendimento della loro lingua.
    Non devo essere certo io a ricordarti che molti funzionari statali nella nostra regione sono nati all’ ombra di “o sole mio” e sarei dispostissimo a rispettarli, se anche loro venissero dalle nostre parti non con la mentalità dei colonizzatori, ma con quella dei lavoratori immigrati. Modestia innanzi tutto!
    Per inciso, io deploro il fatto che in Sudamerica si sia boicottato (Paraguay a parte) l’ uso di lingue ben più antiche dello spagnolo.

  23. Julius Franzot ha detto:

    Disculpa, Georgina, me habia olvidado de leer que eres española. Por lo tanto olvídate tu también de contestar a la primera pregunta que te puse. Me imagino por esto que no te alegraría tener que aprender el friulano, pero, así es la vida: no todo lo que pertenece politicamente a Italia es Italia. Iguál en el caso de España.

  24. Julius Franzot ha detto:

    Altro errore, dopo aver riletto ancora una volta le risposte… rinnovo le mie scuse. Peccato non sia possibile rimuovere o correggere gli interventi!

  25. Georgina ha detto:

    Figurati Julius, io sono italiana di cittadinanza e messicana di nascita. E non mi sogno nemmeno di tornare a parlare il “mexica” che era la lingua dei miei antenati (anche se sarei felice di conoscerla) perchè è stato grazie alla lingua dei conquistadores che adesso posso comunicare con tutti i cittadini di America dal nord al sud, visto che anche negli Stati Uniti la mia lingua è ormai preponderante.
    Curiosamente è con gli spagnoli che non riesco a comunicare perchè a loro non piace il mio accento…..
    Per quel che riguarda il friulano per me non è un problema, avendo imparato diverse lingue non farei molta difficoltà a capirlo, ma mi metto nei panni di uno che conoscendo solo l’italiano forse preferirebbe studiare l’inglese o il tedesco….

  26. Luciano ha detto:

    Questi sono i costi della democrazia. Tutti i Paesi che amano questo termine sono tenuti a sostenerli. E’ un segno di civiltà ed evita l’attaccarsi troppo a quelle ideologie che nei 2 secoli passati (specie l’ultimo) hanno causato milioni di morti e dato libero sfogo alla sopraffazione.

  27. Georgina ha detto:

    Macchè democrazia, è soltanto la campagna elettorale di Illy che vuole i voti dei friulani. Democrazia è avere mezzi d’informazione che non
    siano al servizio del potente di turno, e qua siamo ormai in piena campagna elettorale con TV e giornali che non fanno altro che lodare
    ogni giorno il presidente della Regione.
    Speriamo solo che i friulani non ci caschino, da quel tanto che conosco di loro non credo siano il tipo di persone che si lasciano abbindolare.

  28. Snait ha detto:

    Devo dire che nei media in provincia di Udine si usa spesso la parlata di Sauris o di Timau come se fosse rappresentativa anche dei tedeschi di Tarvisio e di Malborghetto-Valbruna, e questo crea dei problemi con quelli della Valcanale, che vedono usare un linguaggio che non è assolutamente il loro!

  29. Julius Franzot ha detto:

    @Snait: giusto, si tratta di parlate molto diverse tra di loro, che non si capiscono. In Valcanale parlano un dialetto austriaco moderno, abbastanza vicino alla lingua letteraria e comprensibile a chiunque sia di madrelingua tedesca, a Sauris e Timau si tratta di parlate arcaiche, che noi non comprendiamo (nemmeno a Tarvisio le comprendono) e difficilmente sanno parlare il tedesco attuale. Comunque,nessuna delle tre è “inventata”, con buona pace di Maran, che vorrebbe considerare “inventato” anche il friulano!

  30. effebi ha detto:

    (dal suono-rumore alla parola…alla lingua) Tutte le lingue sono inventate,
    invenzioni dell’uomo che poi nel corso del tempo le ha sempre modificate per necessità e\o per vantaggio (imposizione o miglioramento della possibilità di comunicare)
    ora invece l’uomo (locale) si è messo in testa di conservarle sottovuoto.
    (è possibile definire questa involuzione “progresso” ?)
    è possibile negare all’uomo di inventare ancora nuovi linguaggi, nuove espressioni ? è possibile pensare di constringere l’uomo ad adoperare forme arciche , superate, limitate, incomplete solo in nome della tutela della prorpia localistica identità ?
    ci lamentiamo dei grandi nazionalismi, ma ne stiamo alimentando tanti piccoli.
    In ogni caso le tutele delle piccole parlate è battaglia persa (e denaro sprecato): in questo momento molti, tanti giovani sono davanti alle loro tastiere inventando i linguaggio del futuro, parlando già una nuova lingua. buon divetimento “utenti” !

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *