Lo scrittore Corrado Premuda pubblica un suo piccolo racconto sulla attesa fine del confine, 22 dicembre 2007…
Una mossa un po’ goffa e si incappucciò la testa lucida con la parrucca. I capelli sintetici non avevano nulla da invidiare ai riccioli castani che aveva sfoggiato per tanti anni. Si osservò seria allo specchio del comò, poi sprofondò i piedini nelle pantofole di pelo e ciabattò verso il bagno. Due spruzzate di profumo dietro agli orecchi, una a destra e l’altra a sinistra, come ogni mattina. Tornò in cucina e finì di bere il caffè che restava nella tazzina. Adesso anche il piacere della colazione prolungata era terminato. “Sono solo le 9.30”, sospirò guardando l’orologio appoggiato sulla credenza.
Gorizia si presentava così, ordinata e pulita. Sola in quella casa né grande né piccola, circondata dal silenzio, per cui aveva cominciato a nutrire un’ossessione. Un po’ annoiata, forse. L’espressione di un’aristocratica abbandonata in vacanza, il decoro e la fierezza di un antico splendore. A volte parlottava tra sé e sé, si lamentava furtivamente: ma in generale piuttosto che protestare taceva.
C’era un rigore posato nella sua bellezza calcolata, sfiorita. Certo qualcosa covava sotto tutta quella naftalina mista a colonia. C’erano stati giorni vivaci dietro quelle rughe, una volta. Al tempo dell’Austria.
Un moto di stizza per la malinconia. “Che sciocchi”, diceva di sé e del passato. Quel mondo era andato, quella vita era finita. Che ne era di lei ormai? Com’era ridotta? “Persa come l’Austria”, si rispose.
Tra commemorazioni private e piccoli parapiglia interni la giornata di Gorizia superò il pranzo e si avviava, come sempre, a un pigro ozio prolungato fino a sera. Un uccellino cantava su un ramo dell’albero di fronte alla finestra. Dal giardino sempre curato, maniacale, artificiale, giungeva qualche suono, come una melodia. Gorizia strinse gli occhi e i pugni e la bocca grinzosa. Non voleva ascoltare. Non voleva sentire niente. Il suo fare brusco la fece scattare al davanzale: batté le mani e l’uccellino prese il volo. Quel giorno l’aria era più molle del solito, i colli, il fiume, le ville mormoravano languide lusinghe rétro.
Il sole tramontava, le tende filtravano rosso sulla credenza piena di foto, ritratti, medaglie, diplomi. Gorizia prese tra le mani nodose una cartolina consumata agli angoli. Una cartolina vecchia coi saluti scritti a caratteri eleganti in una lingua che lei non parlava più.
Fece una smorfia, per trattenere una lacrima o per sedare un rutto. Ripose la cartolina e disse ad alta voce: “Stasera ho deciso di tornare all’Austria”.
Circa un’ora dopo Gorizia attraversò la strada che dalla sua casa portava verso la piazza. Aveva calzato la parrucca delle grandi occasioni, quella che usava per andare al funerale degli amici, si era coperta di acqua di colonia, aveva indossato alcuni gioielli fuori moda e un abito nero coi lustrini che era rimasto nello stesso angolo dell’armadio per quasi cento anni.
Coi suoi passi piccoli ma decisi raggiunse l’Austria. Esitò per un momento davanti alla porta: non metteva piede nel locale da così tanto tempo. Si decise ed entrò.
Apparentemente non era cambiato molto, l’arredamento e la disposizione dei tavolini era la stessa. Il palco stava sempre lì, dove l’aveva lasciato di corsa mente precipitavano gli eventi. Piuttosto le facce dei pochi avventori erano nuove. Non riconosceva nessuno dei suoi vecchi amici.
“Incredibile! Guarda chi c’è: Gorizia”, la richiamò al presente una vociona rauca. Il pianista dell’Austria era ancora lì, al solito posto davanti al bancone. “Qual buon vento, eh? C’è stata un’altra annessione? Non saranno di nuovo cambiati i confini. Io non ci capisco più niente”. Chiaramente l’uomo non aveva abbandonato il vizio.
Gorizia lo squadrò con uno sguardo di rimprovero. “Va bene, ho capito: nessun allarme!”, rispose il vecchio. E continuò: “E tua sorella gemella? Ti hanno separato da lei, è così?”
L’uomo si pentì subito per la domanda. Lo sguardo di Gorizia si fece per un attimo rabbioso ma subito riacquistò una dolce rassegnazione. “È passato tanto tempo”, disse dopo una pausa. I pochi avventori dell’Austria la guardavano tutti e prestavano attenzione a quella bizzarra vecchia che si accarezzava la testa cotonata.
“È passato tanto tempo”, ripeté lei, “ma voglio esibirmi di nuovo, come una volta”. Il pianista osservò il fondo del suo bicchiere stupito, non si capacitava della cosa. Gorizia lo prese sotto braccio e lo accompagnò al piano: “Suona una di quelle musichine, per piacere”.
Il locale risuonò di note lontane e dimenticate. Il piano era scordato e la voce non era esercitata. “Adesso le ho viste proprio tutte”, continuava a ripetere il vecchio musicista mentre batteva sui tasti con sempre maggiore entusiasmo e sul palco due gambette danzavano indiavolate, “Gorizia che torna all’Austria!”
(la foto è tratta da Italyontheweb)
il racconto è coinvolgente, al punto che sono curioso di sapere se e come continua. Spero di poter soddisfare la curiosità.
Come te vol che finissi?
Finissi che la matina se sveia, varda fora dela finestra e xe Menia che sventola et tricolore e ghe tira piere a un che dal’altra parte ghe ziga nas tito.
no.
surprise.
no xè menia col tricolore ma
ariva wilhelm oberdank redivivo.
Menia vedi che Oberdank xe sciavo e ghe tira piere. Po el se presenta e ghe chiedi scusa, inzinochiandose davanti ala… santa memoria.
A sto punto Gorizia no ghe ne pol più, ciapa la Transalpina, la speta le solite ore dele ferovie slovene, e la emigra.
La Kneipe “Austria” la vien serada, come “locale cospirativo”, riva un teròn, che verzi la enesima pizeria e la ciama “Mittelpizz”.
I mone che va al Rosenbar a magnar spagheti alo scoio per 10 Euro i va adeso ala Mittelpizz e i magna Mittelpizza pugliese, per 9 Euro. Trombai sì, ma almeno i sparagna 28 scellini.
Gorizia la va a Klagenfurt, se fa cambiar el nome e la se ciama Görz. La go vista l’ ano scorso sul Ulrichtsberg: la portava una bea bandiera de polenta e sepie. La zercava Jörgl, e no la saveva che i ghe gà proibì de andar sul Ulrichtsberg. A Görz no ghe proibissi gnente nissun, a Klagenfurt, la xe felice come una Pasqua e la va ogni setimana in Karfreitstrasse (Via Caporetto) per bever un tajut con el Landeshauptmann, ciacolando coi oci lustri de Alpe-Adria. El ghe domanda cossa che farà la Slovenia, ela che la gà visudo tanti ani vizin de lori. “Cossa te vol che sapio mi, forsi che a noi i ne conta cossa i ghe ga dito a Jansa de far?”
Jörgl vorìa dirghe quel che el pensa dei sciavi, ma no vol far dano ala causa comùn. Tuti do i tasi, fuma una sigareta, ebbene sì, in Austria se pol ancora fumar, povaro nostro Franz! Speremo ben, che Jörgl no se meta de novo a smontar cartei, che Görz la ne servi de ambasciatrice, che la vadi una volta oltre el Loibl-Pass e ghe diga a Jansa che no stemo zogando coi buratini, che verzi la boca e diga sì o no. A meno che i merikani no che gabi dado soldi per el sabotagio…
No, tute monade, i disi ste robe solo per insempiar la zente. Jeben ti…! Fuck!
: )
Mah.. Gorizia è il nome, ma il carattere mi sembra più quello di Trieste.
Boh… tutte parole…poi qua si sa non cambia nulla… la festa è già stata spostata dai politici in qualche non ben precisata località dietro al carso triestino…gorizia a 40 km piu in su che fisicamente à molto diversa da trieste per chi ci è passato…non conta orami piu nulla…solo tocai forse …
dietro alla festa dei confini i politici locali che giocano a fare i grandi..e sono troppi ed ognuno di corte vedute..
dietro tutto il corridoio 5… che sulla base dei rischi inondazioni per i prossimi decenni pubblicati dalla nasa (nord adriatico e paesi bassi le zone più a rischio in tutta europa) …
passa, ma GUARDA TE CHE CASO ESATTAMENTE SULLE ZONE PIù A RISCHIO
CIO CONFERMA CHE I POLITICI NON SONO IN GRADO DI PIANIFICARE QUASI NULLA …SAREBBE ORA DI FARE MERITOCRAZIA
come facevano almeno un pochino sotto l’Austria
Commovente.
Forse un po’ troppo cupa e pessimista, come visione. La vedo meglio per descrivere la Görz degli ultimi decenni. Forse da quando l’Unione Europea ha iniziato a interessarsi a queste zone, c’è una chance di miglioramento.
Che la vecchia signora torni giovane, chi sa!
Comunque sia, Görz ci ha perso quanto e PIU’ di Triest con la caduta dell’Impero Austro-Ungarico. Questo è un dato storico, ormai irreparabile. Bisogna guardare avanti e cercare nuovi modelli di sviluppo (in cui la parola “confine” diventi bestemmia, negazione di vita).
Ciononostante, sono ancora troppi che non conoscono la storia e l’anima goriziana. Figli della propaganda savoiarda, poi fascista e infine semplicemente romana.
Ma Görz, forse, si sta svegliando.
A.E.I.O.U.