9 Ottobre 2007

La Provincia alla marcia per la pace

Anche una rappresentanza della Giunta provinciale ha preso parte ieri alla marcia per la pace Perugia-Assisi. Venticinque chilometri che il presidente Gherghetta, gli assessori Marko Marin?i? e Sara Vito, a cui si è aggiunto il consigliere Silvano Buttignon, hanno percorso assieme alle 200mila persone presenti. Ed è stata in questa circostanza che il presidente Gherghetta e la sua giunta hanno ricevuto il plauso di Rosalie Zongo e Salia Kirakoya, due rappresentanti dello Yatenga (Burkina Faso) che hanno illustrato gli esiti positivi che il Progetto Acqua, intrapreso dalla Provincia, sta producendo nei loro villaggi. La costruzione di due pozzi per uso domestico e pastorale e di altri due per l’agricoltura ha infatti consentito alla popolazione di risparmiare le decine di chilometri necessari a raggiungere i punti di approvvigionamento.

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10 commenti a La Provincia alla marcia per la pace

  1. Franz ha detto:

    Curioso: nessuno dei Soloni che hanno commentato la notizia della corriera di AN per Roma ha postato qui chiedendosi “chi paga le gite della giunta Gherghetta?”…

  2. Alessio ha detto:

    Lo commento io. Vale lo stesso discorso, se è legittimo che gli aderenti di AN da tutte le parti d’Italia vadano a Roma al “Prodi via subito”, manifestazione di parte, è legittimo pure che una rappresentanza di amministratori locali sfilino assieme ad Assisi per la pace assieme a 200000 altre persone in una manifestazione che non ha colore politico.

  3. gilbone ha detto:

    Alessio: Pinocchio e Biancaneve sono ancora i tuoi vicini di casa?
    perchè pare ancora che tu creda alle favole!
    Manifestazione senza colore politico? Ma facci il piacere???
    Dove sono le bandiere arcobaleno ora? Perchè per la Birmania non sventolano (sarà che lì esiste un regime comunista che neanche a lavarlo con la varrichina ed il dixan diventa rosa?).
    Sarà senza colore la manifestazione ma: cosa ci facevano le bandiere NO TAV – NO DAL MOLIN – NO QUEST’EQUELLO?
    San Francesco d’Assisi se fosse vivo avrebbe preso il suo “cuscino” e lo avrebbe tirato in testa ai manifestanti!
    Già….la corriera di AN la pagano tutti….ma la marcetta della pace di Gherghetta la paghi diretto tu che con l’I.P.T. (principale entrata diretta della Provincia = Imposta provinciale Trasporti) ce lo hai mandato dopo che ti sei comprato l’ultimo modello di FIAT degli stabilimenti di Togliattigrad…..

  4. Alessio ha detto:

    Gilbone, non abito vicino al comune.
    Ad ogni modo……
    “MARCIA PACE: POLITICA RESTA FUORI NEL GIORNO DELLA BIRMANIA
    (AGI) – Assisi, 8 ott. – Tutti uniti in nome della Birmania e del rispetto dei diritti umani. Il popolo della Perugia-Assisi ha marciato compatto sotto striscioni e bandiere arcobaleno indossando ‘qualcosa di rosso’ in sostegno del popolo birmano, in una edizione caratterizzata dall’assenza di slogan politici e di partito.
    L’invito degli organizzatori ai rappresentanti di Governo e Parlamento, “fate un passo indietro e lasciate che per un giorno parli chi non puo’ mai prendere la parola”, e’ stato preso quasi alla lettera. I politici c’erano – da Rosy Bindi a Barbara Pollastrini, da Alfonso Pecoraro Scanio a Paolo Ferrero, da Patrizia Sentinelli a Franco Giordano, solo per citarne alcuni – ma la loro presenza e’ stata discreta. Solo un accenno al welfare e alla legge elettorale, tutti d’accordo nel sostenere che la costruzione della pace deve partire dal rispetto dei diritti umani.
    Alla 17esima edizione della Marcia della Pace, la vera protagonista non e’ stata la politica, ma la Birmania quale emblema della violazione dei diritti umani. Il popolo della Marcia ha accolto l’invito rivolto alla Tavola della Pace dalle forze dell’opposizione democratica del Myanmar e si e’ colorato di rosso. Una delegazione di monaci buddhisti dal Tibet ha partecipato alla 24 chilometri e all’arrivo ha chiesto che venisse osservato un minuto di silenzio “per tutte le Birmanie del mondo”. A marciare c’era anche Zaw Tun, il giovane segretario della Federazione dei Sindacati birmani che nell’ultima settimana e’ stato ospite della Cisl. “Per ritrovare la pace, la Birmania ha bisogno dell’Europa e dell’Italia”, ha detto, e ha lanciato ai governi Ue l’ennesimo appello per “interrompere ogni rapporto commerciale con la giunta dei generali”. Molto folta la delegazione degli ospiti internazionali, oltre 200 provenienti soprattutto da Africa e Medio Oriente, ma anche dall’Afghanistan e dall’Iraq, che venerdi’ e sabato hanno partecipato alla grande Assemblea dell’Onu dei Popoli. Sono stati loro ad aprire il corteo dietro lo striscione con lo slogan ‘Tutti i diritti umani per tutti’, ripetuto sulle magliette vendute a inizio marcia, tutte rigorosamente rosse. Il giovane direttore dell’agenzia stampa Pajhwok di Kabul, Danish Karokhel, ha marciato “per chiedere alla comunita’ internazionale di smettere di bombardare il Paese” e investire piu’ nella ricostruzione civile che nelle operazioni militari.
    Sindacati, enti locali, Acli, rappresentanti di movimenti, Ong e associazioni hanno aderito numerosi senza deludere le aspettative degli organizzatori. C’erano, tra gli altri, Libera, l’associazione dei familiari delle vittime di mafia, quella delle Ong italiane (con Focsiv, Intersos e Vis in prima fila), Pax Christi, Mani Tese. Moltissime le bandiere dell’Arci con i colori dell’Umanita’: verde-terra, azzurro-cielo e mare, e poi rosso, bianco, nero e grigio come le razze umane. “Un grande successo”, ha commentato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace, “200 mila presenze dimostrano anche a chi e’ scettico la forza del popolo che ogni giorno si rimbocca le maniche per costruire un nuovo mondo”.
    Immancabili, lungo il tragitto, i banchetti con in mostra magliette con l’effige del Che, spillette, bandiere e sciarpe con i colori dell’arcobaleno. Numerosi anche gli stand ‘alternativi’ del commercio equo e solidale. La lunga camminata per la pace e’ stata animata dalle note di Beatles, Lennon, Bob Marley e Modena City Ramblers, evocate dagli altoparlanti e riadattate da chitarre e tamburelli. Moltissimi gli scout, piu’ di 6 mila secondo la Federazione Italiana Scautismo. Il lungo serpentone della pace ha percorso a ritmo lento e cadenzato quasi tutto il tragitto. Con una unica grande eccezione, lo ‘stand up’ promosso dalla campagna Onu per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio: un salto a braccia levate alle 12.45 in punto per chiedere ai Governi di tutto il mondo di dimezzare la poverta’ nel mondo e fare maggior pressione politica per il rispetto dei diritti umani. La Marcia si e’ conclusa intorno alle 15, quando la testa del corteo ha raggiunto la Rocca di Assisi, ma la festa e’ continuata fino al tramonto. (AGI)
    http://cooperazione.agi.it/in-primo-piano/notizie/200710080956-cro-rt11020-art.html

  5. gilbone ha detto:

    bella lì: solito postaggio ripescato da Internet! Il solito copia ed incolla!
    Immancabili, lungo il tragitto, i banchetti con in mostra magliette con l’effige del Che, spillette, bandiere e sciarpe con i colori dell’arcobaleno.
    e questo nel corpo del postaggio è scappato?
    Dell’I.P.T. niente? Di Ghergetta e Co? Niente…..

  6. Alessio ha detto:

    Diciamo che hai postato un commento alla caxxo non sapendo nemmeno per cosa hanno marciato quest’anno.

  7. gilbone ha detto:

    Tutti diritti per tutti…..caxxo….
    hanno marciato come negli anni passati per:
    Spuntano come funghi uffici e consulenze “per la pace” negli enti locali guidati dal centrosinistra
    Sognano di vincere il Nobel per la pace o semplicemente hanno fiutato il business arcobaleno? Sono gli amministratori degli oltre 600 enti locali che hanno istituzionalizzato la cultura pacifista con apposite leggi o con uffici ad hoc. Realtà molto diverse tra loro sia come dimensioni che a livello amministrativo. Si va dalla piccola Brugherio (il comune alle porte di Milano reso noto della trasmissione di Celentano) alla Campania di Bassolino, dal semisconosciuto Cocopa (Coordinamento comuni per la pace della provincia di Torino) a Roma *caput mundi* del pacifismo, grazie a Veltroni.
    Tutti hanno in comune due caratteristiche: l’appartenenza politica al centrosinistra – quasi tutti gli enti e 6 regioni su 7 (fa eccezione il Veneto, ma vedremo perché) – e l’attitudine a investire soldi pubblici per velleitarie iniziative terzomondiste. Tanto per rimanere sull’attualità, un rappresentante della Regione Toscana è stato in questi giorni in Sud Africa per incontrare Nelson Mandela. Si chiama Massimo Toschi, nella precedente giunta Martini, intascava 100 mila euro l’anno come “consulente per la pace”. In questo mandato ha cambiato incarico: è diventato “assessore al perdono”. Qualifica suggestiva per un vero e proprio ministro degli Esteri della Regione, che in cinque anni ha effettuato oltre quaranta viaggi all’estero. Dall’Iraq al Burkina Faso, dall’Eritrea ai Balcani «nelle quali ha promosso e sostenuto le attività di cooperazione e di pace della Toscana». Roba da far invidia a Kofi Annan. Ma la Toscana purtroppo non rappresenta un’eccezione.
    Antonio Bassolino, con fantasia tutta partenopea, cinque anni fa si è inventato una specie di Nobel campano per la pace. Un premio di trentamila euro l’anno da assegnare a personalità che si sono distinte nel campo. Personaggi come Nelson Mandela o Gino Strada: un premio che serve a dare visibilità ovviamente al governatore e non certo a chi riceve il premio. Per non essere da meno, il sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, è intervenuta su due temi che stanno a cuore ai suoi concittadini: le comunità rom e l’emergenza scolastica. Ma non a Napoli. Nel primo caso ha avviato un progetto in favore degli zingari di Kalasharshi, a sud di Bucarest. Nell’altro, ha stanziato finanziamenti per la costruzione di 70 scuole in Madagascar. I napoletani non hanno ancora risolto i problemi a casa loro, ma all’estero brilleranno per generosità.
    Conoscere le cifre degli stanziamenti è un vero rompicapo. Perché gli amministratori delle giunte rosse fanno le cose per bene, alla faccia della trasparenza. Due esempi significativi arrivano dalla Liguria e dal comune di Roma. Claudio Burlando ha annunciato che la sua regione per la marcia di Assisi ha versato «un contributo simbolico di 600 euro».
    Ma, la Regione Liguria ha finanziato alcuni pullman destinati ad Assisi, per almeno 4000 euro. Cifre destinate, guarda caso, a duecento militanti dell’Arci, l’associazione giovanile legata a doppio filo con i Ds. Somme che, con peripezie contabili, sono state iscritte all’ordine del giorno della giunta e prelevate dal capitolo che riguarda la cooperazione internazionale e lo sviluppo. «Cosa c’entra la marcia della pace di Assisi con la cooperazione internazionale?»
    La mancata chiarezza sulle spese è caratteristica comune anche alle iniziative del Campidoglio.
    Nella capitale, da tre anni, è attivo «l’ufficio per la pace a Gerusalemme». Un ente che, parola di Veltroni, ha già effettuato dozzine di missioni. La gestione della struttura è curata da Ecomed, agenzia per lo sviluppo sostenibile nel Mediterraneo. Un ente che «nel 2004 è in perdita per 193.604 euro».
    Una delibera estiva della giunta Veltroni farà infatti confluire l’ente in una nuova società «Il nuovo schema di convenzione prevede di stabilire gli importi solo successivamente, con deliberazione dirigenziale: insomma, un rimborso a piè di lista delle fatture presentate». Una maniera che renderà impossibile far sapere ai romani quanto costa la ricetta del “pacifismo all’amatriciana”.
    Un problema che è stato evidenziato anche in Umbria, dove si è scoperto che «la Regione spende 31mila euro all’anno» per un “consultente per la pace”. Il problema, come denunciato dalla destra umbra, è «la normativa attuale, che non consente di appurare a chi vengono attribuite e perché».
    Un buco nero dove *o’ governatore* Bassolino può permettersi il lusso, per diffondere “la cultura della pace” nelle scuole, di spendere almeno un milione di euro. Dal 2000 ad oggi, in trecento scuole campane ha avviato un «capillare lavoro di sensibilizzazione sull’argomento». Iniziative “epocali” come l’agenda della pace 2005, distribuita agli alunni campani. Poco importa che abbia omesso le festività religiose cristiane privilegiando quelle islamiche.
    E non sia detto che gli amministratori settentrionali non sono munifici: l’Emilia Romagna ha raddoppiato gli stanziamenti da un milione e cinquecentomila a 3 milioni e quattrocentomila euro annui. La Toscana di Claudio Martini, in prima fila nelle critiche per la finanziaria del governo, ha stanziato 2,3 milioni per il 2005. Le amministrazioni rosse sono imbattibili sulle spese per la solidarietà internazionale: la Regione Marche, con apposita legge regionale, dal 2002 stanzia ogni anno più di 300 mila euro.
    I nuovi amministratori di centrosinistra cercano di recuperare il tempo perduto nella corsa agli sprechi. La Puglia di Nichi Vendola tre settimane fa ha annunciato lo stanziamento di centomila euro per «iniziative di pace»: la metà della somma servirà per spesare il soggiorno di una settimana in Israele e nei territori palestinesi ai politici della provincia di Lecce «e ad alcuni esponenti della società civile». Un viaggio che non sarà decisivo per le sorti della diplomazia internazionale, ma che toglie cinquantamila euro al bilancio di una Regione che avrebbe bisogno di altri interventi. La logica distintiva di un’amministrazione che passa dal centrodestra al centrosinistra sembra diventata quella delle iniziative pacifiste. In Sicilia, il comune di Ragusa ha prontamente inventato l’assessorato alla pace «nei valori della non violenza, della solidarietà e dei diritti umani», destinando risorse all’istituzione di una “Scuola della pace e della solidarietà”. In un mare di retorica e di luoghi comuni — e di soldi pubblici sprecati — navigano tante altre amministrazioni.
    In questo panorama, la partecipazione della Regione Veneto di centrodestra fa eccezione, ma va detto che ha ereditato una vecchia legge regionale del 1988. La giunta Galan non ha fatto altro che aggiornarla nel 1999, ridimensionando gradualmente le spese. Ma il baraccone, quando è stato montato, è molto difficile da smantellare con la sua capillare rete di clientele e di personale impiegato. In genere, l’“addetto al pacifismo” viene dalle solite realtà.
    Alla provincia di Roma, il “consulente per la pace” è un funzionario dei Ds, stipendiato con 40 mila euro all’anno. L’esperto di pacifismo è ingaggiato anche in comuni con poco più di centomila abitanti. A Terni, una ex-funzionaria della Quercia percepisce 40mila euro all’anno per occuparsi della materia. Pochi comuni amministrati dal centrosinistra sfuggono alla logica della “tassa” sulla pace. Anche in un piccolo centro come Brugherio, in provincia di Milano, esiste il “Comitato brugherese per la pace e il disarmo”, che gode del regolare finanziamento comunale.
    Il modello è una legge regionale «per la promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale», che impone spese per la «promozione della cultura della pace» costringendo anche gli amministratori che verranno successivamente a conservare strutture e personale. Nei bilanci di molti enti spiccano delibere come quella del comune di Fabriano, che ha pagato le spese ai partecipanti alla marcia di Assisi. Tra le new entry c’è la provincia di Pesaro, che da poche settimane ha la sua consulta arcobaleno.
    Il processo è stato avviato e pare irreversibile. Tra i comuni che già hanno nominato un assessore alla pace ci sono Abano Terme, Pontedera, Potenza, Riccione e Venezia. Stessa iniziativa è stata presa da province come Ascoli Piceno, Bari, Forlì-Cesena, Gorizia, Lecce, Milano e Venezia. Senza considerare le giunte che hanno deciso di nominare un consigliere delegato come la provincia di Salerno.
    Situazioni che imbarazzano gli stessi consiglieri delle giunte rosse. È emblematico quanto stralciato dal resoconto di seduta del comune di Jesi nella dichiarazione di un consigliere comunale, (Enrico Brazzini, dei Socialisti Uniti Jesini) nella seduta del 5 novembre 2004: «La pace la vogliamo tutti, per carità, ma è ridicolo che in una situazione simile, dove stiamo facendo tirare fuori ai cittadini i soldi per pagare le immondizie sulle soffitte, diamo via 30 milioni così senza sapere dove vanno a finire…». O forse lo sanno fin troppo bene.
    E quando non vengono spesi soldi pubblici si attivano campagne di solidarietà che si rivelano a tutti gli effetti strumenti di propaganda politica. È sufficiente vedere su quali campagne si è mobilitato il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace. Costituito a Perugia nel 1996, ha come referente istituzionale il presidente della Provincia in carica, Giulio Cozzari della Margherita.
    In realtà, il vero braccio operativo è Flavio Lotti, coordinatore della Tavola per la pace, schierato sul fronte no-global e dichiaratamente anti-berlusconiano. Non è un caso se da tre anni a questa parte la marcia di Assisi (organizzata dal coordinamento) è diventata un pretesto per attaccare il governo della Cdl. Fiori all’occhiello della tavola per la pace sono le due mobilitazioni nazionali per Simona Pari e Simona Torretta. Porta la loro firma anche la grande manifestazione del febbraio 2005 a Roma in favore della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena.
    Che siano pacifisti a senso unico si evince dai fatti: non una sola manifestazione per i caduti di Nassiriya, neppure una “riunione di condominio” per la liberazione degli ostaggi Stefio, Cupertino e Agliana. Identico silenzio in occasione del rapimento della volontaria Clementina Cantoni, “colpevole” di non essere dichiaratamente di sinistra come le due Simone: una, collaboratrice del Manifesto, l’altra ex-portaborse del sottosegretario diessino Marco Minniti.
    Le iniziative degli aderenti al coordinamento rientrano in una strategia che va ben oltre la pace nel mondo. Uno dei presupposti ideologici, ad esempio, è essere contro la Bossi-Fini. Chi vuole la pace, secondo questo criterio, è anche contrario ai cosiddetti Cpt (centri di permanenza temporanea per immigrati). Nel rapporto pubblicato dall’associazione nel maggio scorso viene riportato con soddisfazione il successo di alcune «lotte contro i Cpt, da Gorizia alle province di Bari e Lecce, come nelle politiche per il diritto di voto agli stranieri e il conseguente coinvolgimento nelle amministrazioni». Insomma, con la scusa del pacifismo si veicolano messaggi e programmi che appartengono a una parte politica ben precisa.
    L’ultima campagna di solidarietà del coordinamento è stata dedicata all’anniversario dell’Onu. Poco più di un anno fa sono stati messi in vendita oltre centomila quaderni per gli alunni delle scuole elementari, dal costo di 1,20 euro ciascuno (a spese degli enti locali) i cui proventi sono stati devoluti in favore di un non meglio identificato progetto in Medio Oriente. Strano che a distanza di un anno l’iperattivo ufficio stampa della Tavola per la pace non abbia reso noto in quale dei progetti in cantiere siano state destinate le risorse.
    Nell’ottobre del ’99 un consigliere denunciò irregolarità nelle raccolte dei fondi per il Kosovo allestite dalla stessa associazione, sostenendo che non erano mai arrivate nei campi dove erano destinate. Il coordinatore della Tavola per la pace fu costretto a convocare una conferenza stampa per spiegare che parte del materiale non era stato ancora spedito «per motivi di carattere doganale». Anche stavolta sarà colpa dei doganieri?

  8. Alessio ha detto:

    Per favore, indica il link. Ad ogni modo non ho capito cosa centri il calderone dei fondi della collaborazione internazionale e l’affidamento dei più svariati incarichi di consulenza (a proposito, ti sei dimenticato di dire che la regione italiana con più consulenti esterni in Italia è la Lombardia di Formigoni) con la sfilata degli scout per la Birmania in una manifestazione i cui organizzatori hanno chiaramente chiesto “fate un passo indietro e lasciate che per un giorno parli chi non puo’ mai prendere la parola”.

  9. Rider ha detto:

    Soltanto per far capire (ai più tonti) che cosa si intende per studi e specializzazioni amministrative sul tema della Pace, ed il perchè ci siano degli assessorati competenti. Ne ho preso una a caso, questa è spagnola, in internet ne trovate altre, in italia aspettiamo.. Leggetela.
    Legge 27/2005, del 30 novembre, per la promozione dell’educazione e della cultura di pace. Pubblicata sul Boletin Oficial del Estado [Gazzetta Ufficiale Spagnola] del 1/12/2005 n. 287 pp. 39418-39419, provvedimento n. 19785)
    Juan Carlos I
    Re di Spagna
    A tutti quelli che vedranno e capiranno la presente sappiano: che le Cortes Generales hanno approvato ed Io sto promulgando la seguente legge.
    Esposizione delle motivazioni
    Il XX secolo è stato un secolo di profonde contraddizioni. È stato un secolo in cui si sono compiuti progressi inimmaginabili in numerosi ambiti della vita: dalle scoperte scientifiche che potrebbero farci superare molte malattie, ridurre la povertà ed eliminare la fame, fino ai cambiamenti nella cultura politica, che hanno permesso di sostituire governi autoritari con
    forme di governo democratiche.
    Malgrado questi avanzamenti, abbiamo visto come il XX secolo sia stato uno dei secoli più sanguinosi della storia: due guerre mondiali, la guerra fredda, genocidi in paesi come la Bosnia, il Ruanda o il Kosovo, o grandi crisi economiche che hanno favorito l’aumento delle differenze tra coloro che possiedono sempre di più e coloro che non possiedono nulla. Tutte
    questi elementi sono chiari indicatori delle grandi contraddizioni del secolo che ci siamo lasciati alle spalle.
    Si tratta, in definitiva, di un secolo in cui è prevalsa, senza alcun dubbio, una cultura della violenza che si caratterizza per il fatto di mettere in evidenza sette gravi insicurezze, che molto spesso, generano frustrazioni e di conseguenza, violenza a diversi livelli. Queste sette
    fonti di insicurezza furono declamate dal programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) nel 1998 e sono l’instabilità finanziaria e l’insicurezza economica, l’insicurezza relativa al posto di lavoro e al reddito, quella di tipo culturale, sanitario, personale,
    ambientale, politico e della comunità. Queste insicurezze si trovano all’origine di numerose ingiustizie e disuguaglianze che prevalgono tanto su scala locale, che regionale e mondiale.
    Nel quadro del Decennio Internazionale per una cultura di Pace (2001-2010) proclamato dalle Nazioni Unite, questa legge, riconoscendo il ruolo assolutamente decisivo giocato dall’educazione come motore nell’avanzamento di una società, vuole essere un punto di partenza per sostituire la cultura della violenza che ha caratterizzato il XX secolo con una
    cultura di pace che deve caratterizzare il nuovo secolo.
    Tutti i valori, i comportamenti, le attitudini, le pratiche, i sentimenti, le credenze che danno sostanza alla pace, riempiono di contenuti la cultura di pace.
    Questa cultura di pace deve essere radicata attraverso la forza dell’educazione alla pace, alla nonviolenza e ai diritti umani, e attraverso la promozione della ricerca per la pace, l’eliminazione dell’intolleranza, la promozione del dialogo e della nonviolenza come pratica
    diffusa nella gestione e nella trasformazione dei conflitti.
    Questa legge – riprendendo il punto a.2 del Programma di Azione su una cultura di Pace,
    approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999 – stabilisce una serie di misure destinate all’ambito dell’educazione e della ricerca, con l’obiettivo di costruire una
    cultura di pace e nonviolenza nella nostra società.
    Articolo 1
    1. La Spagna risolverà le sue controversie internazionali in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e gli altri strumenti internazionali di cui è parte, collaborando per il rafforzamento della Pace e della Sicurezza Internazionale, la Cooperazione e i diritti umani.
    2. Il Governo promuoverà la pace attraverso iniziative di solidarietà, culturali, di ricerca, di educazione, di cooperazione e d’informazione.
    3. A tale scopo il Governo stabilirà meccanismi di collaborazione con le Comunità
    Autonome, gli Enti Locali, così come con altri enti e organismi dello Stato. Allo
    stesso tempo, e perseguendo lo stesso obiettivo, stabilirà accordi di collaborazione con gli organismi internazionali, le entità e le organizzazioni non-governative più
    significative nell’ambito della pace.
    Articolo 2
    Il Governo, al fine di realizzare gli obiettivi menzionati nell’ambito della cultura di pace, deve:
    1. fare in modo che, in tutti i livelli del sistema scolastico, le materie vengano impartite in accordo con i valori propri di una cultura di pace, e promuovere la creazione di materie specifiche relative all’educazione alla pace e ai valori democratici.
    2. favorire, secondo l’ottica della pace, l’introduzione dei valori della nonviolenza, della tolleranza, della democrazia, della solidarietà e della giustizia nei testi scolastici, nel
    materiale didattico ed educativo e nei supporti audiovisivi destinati agli alunni.
    3. promuovere l’inclusione come contenuto curriculare nei programmi di educazione e
    nelle iniziative di educazione alla pace su scala locale e nazionale.
    4. combinare, nel contesto del sistema scolastico, l’insegnamento con la promozione
    dell’educazione alla pace destinata a tutti e durante tutta la vita, attraverso la
    formazione degli adulti ai valori menzionati.
    5. collaborare con l’Organizzazione delle Nazioni Unite, nella promozione di Istituti
    Universitari Specializzati.
    6. promuovere una crescita della conoscenza pubblica e dell’insegnamento del Diritto
    Internazionale Umanitario e della legislazione sui diritti umani.
    7. promuovere la formazione specializzata di uomini e donne nelle tecniche di
    risoluzione dei conflitti, di negoziazione e di mediazione.
    8. promuovere le attività volte alla costruzione della pace in aree di conflitto attraverso la partecipazione di personale specializzato.
    9. Il governo creerà dei meccanismi per una consultazione periodica con la società
    civile, con il mondo associativo e con i movimenti per la pace per un adeguato
    compimento delle disposizioni contenute nella presente legge.
    Articolo 3
    Il Governo assegnerà aiuti per la realizzazione di studi e di ricerche in materia di pace, e promuoverà il riconoscimento delle iniziative sociali e dei mezzi di comunicazione a favore
    della pace.

  10. robe ha detto:

    robe de Rider…

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