Mercoledì, tra temporali, nubifragi ed acqua alta, ero alla Biennale per darci la solita occhiata, soprattutto alla mostra tematica delle Corderie.
Il tema era “Pensa con i sensi – Senti con la mente”. Raramente un tema è stato declinato in maniera così coerente e con uno sviluppo tanto logico. Nella seconda sala un argentino espone una serie di idee, installazioni e grafiche sul tema dell’ attentato alle Twin Towers: il primo colpo d’icchio è uno shock, dall’ alto è in picchiata un caccia americano con legato sopra un grande crocefisso. Proseguendo, le grafiche ricostruiscono una presunta responsabilità della Chiesa cattolica per l’ accaduto, insistendo su di una simbologia teologica che non parla di pace, ma di devastazione (Lot in fuga da Sodoma in fiamme), odio, fanatismo (Inquisizione). Un grande plastico indica lo sviluppo della cultura urbana nei secoli; dalle casupole basse ai grattaceli, neri, minacciosi, su cui un meccanismo fa sfrecciare periodicamente un aereo civile.
La guerra non si ferma qui: forografie di Beirut bombardata, una bambola che, come il ritratto di Dorian Gray, assume su di sè le più orrende ferite dei soldati in Medio Oriente, ma non serve a salvarli dalla morte: bambola e soldato uniti sotto il titolo “exitus”.
La guerra può anche essere quella all’ ambiente: manifesti e foto informano che da 10 anni a Tangeri speculatori immobiliari stanno costruendo una copia della Costa del Sol, distruggendo valori ambientali e culturali. I fiori si chiedono se ci sarà posto per loro.
Ci avviciniamo alla spiegazione delle cause delle guerre in atto: il profitto. Un tappeto di giunchi è decorato da tappi di Coca Cola lucidati ed altri rifiuti della società dei consumi tirati a lucido, in modo da sembrare oro e pietre preziose. E’ l’ ingordigia umana che vende ancor’oggi le perline agli indigeni in cambio delle loro materie prime, e le perline di oggi sono la spazzatura americana.
Big Brother is watching you: un sapore orwelliano trapela dalle foto di garritte brasiliane abbandonate. Sembra che dicano: “ora siamo vuote, scrostate, aperte, ma, se non fate i bravi, domani potremmo metterci tanti bei soldatini con i mitra…”
Una discussione si accende davanti ai ritratti dei rappresentanti delle cinque religioni presenti a Gerusalemme per “parlarsi”. Io vedo un estremo tentativo di parlare, di accordarsi a parole e non a bombe, la guida ci vede l’ ipocrisia delle religioni che, pur sotto spoglie diverse, si fanno tutte beffe dell’ umanità, un mio amico vede la prova che Dio non esiste, che è solo un’ invenzione dell’uomo: se esistesse e fasse onnipotente, come è possibile che permetta che ci si combatta in Suo nome?
Nell’ ultima sala il messaggio antireligioso che pervade tutta l’esposizione si stempera in una città utopica, derivante da una credenza tibetana, che parla di una città ideale in terra, fatta di torri simboliche, sopra la quale appare di tanto in tanto una sua copia esatta, ma perfetta, cristallina, immutabile. Io vi ho visto una rielaborazione, del tutto indipendente, del Mondo delle Idee platonico, a dimostrazione che certi principi universali sono tanto immanenti nella natura da spuntare identici a grandi distanze, senza dover scomodare per questo gli extraterrestri di Däniken. Interessante anche la simbologia di una delle torri: una scala a chiocciola entra in un tunnel oscuro, gira attorno alla torre, poi si fa più chiara ed esce alla luce poco prima della cima. E’ il tunnel che centinaia di testimoni hanno visto al momento della morte, la via di Dante dall’ Inferno al Paradiso, nel tratto attraverso il Purgatorio.
In sintesi, una fotografia di una società inquieta, sospinta alla guerra dallo sfruttamento del Pianeta da parte di pochi, che si ribella, ma inutilmente, alla fine cerca consolazione nell’ aldilà, ma non in quello delle religioni, in quello panteistico in cui non c’è posto per ritualità e rappresentazioni antropomorfe elucubrate.
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