28 Agosto 2007

L’intreccio, solo ideologico, di pratiche politiche locali e leghismo. / Domande a Russo, Tesini e chi vuole

“I dixi che l’Euroregiòn la vol solo Illy”.
“Scusa, chi xè che no la vol?”.
“I altri partiti. Tuti. Margherita, Diesse, Rifondazione… i perderia quote del loro potere, no?… xè semplice…”.

(…)

Di discussioni come queste, molti dei bene informati ne hanno sentite diverse volte. Anche i malino-informati, come me, partecipe ignorante dello scambio di battute di cui sopra. E dopo ti ritrovi uno dei professori della sinistra locale come Paolo Segatti che, su Il Piccolo, etichetta come etno-democrazia quella in cui il friulano è insegnato a scuola. Non riesco a trovare il fondamento degli argomenti di Segatti, ahimè. O, al massimo, mi pare che il prof. dia per buono e garantito il nazionalismo italo-repubblicano intrinseco della sue stesse base di analisi:

[La legge ha] l’ambizione di trasformare una lingua parlata per lo più in famiglia e al bar, da persone di bassa istruzione […] in una lingua della cultura e dell’economia, una lingua soprattutto che divenga fonte distintiva di identificazione collettiva […] Se questo non è nazionalismo, che cosa è allora nazionalismo?

E’ stato ampiamente studiato come la pratica pubblica e istituzionalizzata di una lingua sostenga delle identificazioni collettive legate a quella lingua. Ma Segatti non ha un dato a provare che per ogni singolo cittadino comune queste pratiche necessariamente equivalgano a un sostegno o a un ‘aumento’ del nazionalismo friulano.
Se, invece, Segatti sostiene alla Benedict Anderson che sentirsi parte di una comunità immaginata nazionale, in virtù (anche) della lingua parlata a scuola, è una pratica ‘cattiva’, allora non si capisce perchè sentirsi parte della comunità della nazione friulana sia qualcosa di più sconveniente di sentirsi parte della nazione italiana.

Quello che importa, invece, sono i dati e le conseguenze delle pratiche culturali ed economiche locali. Imparare il friulano a scuola e usarlo in pubblico non esclude ovviamente il sapere l’italiano perfettamente, il sapere l’inglese perfettamente, l’essere aperti al ‘diverso’ e essere anti-razzisti, competere in un’economia globale, praticare un’economia eco-compatibile… Io mi chiedo, anzi, perchè a Trieste assistiamo inermi al completo annacquamento e perdita dell’utilizzo del triestino usato dalle nostre nonne (vedi cosa già fanno il Veneto e l’Unesco per il veneto, invece).

L’ostacolo principale per affrontare questo dibattito serenamente, ovviamente, è superare il nostro interesse verso l’unica foto di questa pagina web.
Umberto Bossi è giustamente considerato da svariati politici e giornalisti come un turpe razzista.

Vale la pena di analizzare però non solo il dibattito da scienziati politici (Segatti) o da anti-razzisti (io: abbasso Bossi) ma anche le dinamiche di potere che sono in gioco quando qualcuno fa delle rivendicazioni regionalistiche in contrasto con il potere consolidato dei partiti nazionali (“Margherita, Diesse, Rifondazione”). Di queste rivendicazioni locali fa, a mio modo di vedere, parte anche il sostegno alla costruzione della nostra Euroregione: una federazione tra “piccoli” gruppi di cittadini divisi da un confine.

Potrebbe apparire che i partiti nazionali facilmente si appiglino al baluardo dell’idea di “cittadinanza repubblicana”, che sarebbe “buona” di per sè. Questa utile ideologia serve a far passare nell’opinione pubblica che l’autonomismo e il sostegno a pratiche culturali locali (il friulano a scuola) per forza equivalgono al turpe razzismo dei piccoli interessi ‘tipo’ Lega Nord. E, secondo il mio amico, questi partiti si oppongono anche all’Euroregione come pratica istituzionale (e perciò economica) che possa cambiare radicalmente i sistemi di potere che influiscono sul nostro territorio.

Piccolo è bello, invece. No al viagra. La politica inizia nel tuo quartiere, nella tua città, per esempio nel decidere pragmaticamente se vale la pena per il tuo stipendio o la tua bolletta che una Tav o un rigassificatore modifichino per sempre il sistema ecologico del luogo in cui vivi. La politica che produce cambiamenti sociali, in questi casi, non ha niente a che fare col dibattito nazionale tra sistemi nazionali di potere Veltroni – Bossi.

Alcuni politici blogger del Friuli-Venezia Giulia (Russo e Tesini in testa) mi pare stiano ad ascoltarci e possano rispondere a quello che scriviamo su Bora.La. Francesco Russo, sollecitato, ci ha già risposto con gentilezza una volta. Chiedo a Russo e Tesini, e a tutti quelli che vogliono intervenire:

– 1. non credete che sia proprio tramite il sistema scolastico pubblico (quindi magari anche le private parificate), strumento cardine dell’inculturazione dello stato nazionale, debba avvenire la salvaguardia di pratiche culturali locali fondamentali come quella del linguaggio?

– 2. non credete che la tutela pubblica di pratiche culturali locali sia una battaglia politica con un forte taglio sociale e, in termini novecenteschi, di centro-sinistra? Che “ogni culture, ogni lenghe, ogni storie di un popul” sia “une preziositât, une ricjece, un tesaur di conservâ, difindi e custodî”? E non è che la lampante mancanza di presidio di questi temi da parte dei vostri partiti rischia, appunto, di far sembrare ogni rivendicazione locale e regionale come qualcosa contro i vostri partiti?

– 3. e, ugualmente importante, vi chiedo se siete a favore dell’Euroregione. Vorrei sapere se concordate col mio amico che mi suggeriva come l’Euroregione i partiti nazionali non la vogliano, perchè il loro sistema nazionale di potere perderebbe presa rispetto a rappresentanti politici più legati al territorio che a sistemi complessi derivanti da segreterie romane. E quindi: qual è il vostro impegno per quest’obbiettivo dell’Euroregione, su che servizi pensate debba (e su quali non debba) perdere potere lo Stato italiano a favore di nuove strutture transnazionali locali e soprattutto in che tempi di attuazione…

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51 commenti a L’intreccio, solo ideologico, di pratiche politiche locali e leghismo. / Domande a Russo, Tesini e chi vuole

  1. enrico maria milic ha detto:

    qualcuno mi ha scritto, recentemente, parlando di altro:

    “ORPO, SCRIVER IN TRIESTIN MI E’ DIFFICILE. E SE FACESSIMO ANCHE NOI, COME I FURLANI, UNA CROCIATA PER LA DIFESA DELLA NOSTRA ANTICA LINGUA, DURATA ATTRAVERSO I SECOLI E DIVENTATA RICCA GRAZIE A GNOCHI, FRANCESI, AMERICANI, INGLESI, TALIANI, EBREI, TURCHI, CROATI, SLOVENI (ME DIMENTICO SICURO QUALCHEDUN) CHE NEL TRIESTIN GA AVU’ QUASI UNA LINGUA FRANCA? PENSACI GIACOMINO. TRIESTE XE UNICA, EL TRIESTIN ANCHE”

  2. Enrico Marchetto ha detto:

    Splendido pezzo, Enrico.
    Mi chiedo soltanto quale sia il preciso momento
    in cui Segatti si è rincoglionito a tal punto
    da sostenere che “[La legge ha] l’ambizione di trasformare una lingua parlata per lo più in famiglia e al bar, da persone di bassa istruzione….”

    Stiamo scherzando vero? Su che basi fai una dichiarazione del genere?

  3. patrick karlsen ha detto:

    Mi sta bene che la maggioranza di una classe se desidera l’insegnamento DEL friulano (la maggioranza chiaramente espressa!) lo ottenga, un po’ meno che l’insegnamento avvenga IN friulano.

    La legge in discussione per il momento prevede il friulano come lingua “veicolare” e il principio del silenzio assenso.

    Secondo me è vero che a monte di un provvedimento del genere sta una logica nazionalista. Micronazionalista e di parcelizzazione del territorio regionale.

    Affronterò la questione in modo barbaramente semplicistico.

    In questa regione ci sono tanti gruppi linguistici e “nazionali” diversi. Il quadro è complicato dal fatto che la nostra regione presenta una conformazione per dir così “balcanica”, una situazione cioè in cui i diversi gruppi non sono rigidamente e chiaramente identificabili in precise porzioni di territorio, ma vivono letteralmente gomito a gormito, ognuna riveste le parti sia di maggioranza che di minoranza a seconda dell’area considerata, e anzi spessissimo insieme compongono intrecciate le singole famiglie.

    Se si trasportano sul piano pubblico e politico tutte queste identità “nazionali”, per l’armonia del vivere civile in questa regione è semplicemente la fine, si arriva diretti alla guerra civile in potenza, a uno scenario novecentesco di competizione tra identità etnonazionali ciascuna in cerca di egemonia a scapito dell’altra.

    L’insegnamento IN friulano nelle classi della regione sembra aderire a questa prospettiva. Infatti bisogna chiedersi (e qualcuno legittimamente si chiede): e i triestini perché non possono avere la loro “lingua” veicolare a scuola? Ma soprattutto: e gli alunni non friulani nelle classi in cui potrebbe venire insegnato prossimamente IN friulano?

    Subirebbero il friulano come forza egemonica assimilante, mi pare chiaro. Come gli alunni sloveni e croati di Trieste nel primo Novecento costretti a frequentare le scuole italiane e tedesche.

    Smentitemi se sbaglio. Francamente spero di essere io ad avere capito male.

    Poi non si può ignorare che questo disegno di legge segue di poco l’impostazione etnocentrica assegnata alla legge elettorale, con il riconoscimento della “lista etnica” per quanto riguarda la rappresentanza politica della minoranza slovena. Anche lì una delle componenti del mosaico regionale considerata in blocco e proposta come base di identità politica.

    Insomma. Il Friuli venezia Giulia come tutto il Centro-sud-est Europa non si governa frammentando e spezzettando ma armonizzando e “sublimando” le diverse appartenenze etnolinguistiche su uno stesso piano di cittadinanza.

    Che sia repubblicana italiana o repubblicana giuliano-friulana non c’entra. L’importante è che fra le altre cose consenta l’insegnamento di ciascun gruppo linguistico in presenza di richiesta espressa a maggioranza senza imporre questo gruppo linguistico come lingua unica d’insegnamento.
    Che tuteli cioè ciascuna parte senza incoraggiare la frammentazione politica e civile.

  4. enrico maria milic ha detto:

    quello che continuo a non capire, è perchè l’utilizzo dell’italiano a scuola sia per forza più buono di quello del friulano.
    dove sta scritto?

    secondo me, poi, va sempre ricordato che se uno utilizza il friulano a scuola NON DIMENTICA l’italiano NE’ non impara l’inglese…

    perchè il friulano o il triestino o il veneto non possono essere delle lingue pubbliche e ufficiali? perchè il catalano va bene ed è accettato in catalogna e da noi invece ci preoccupiamo se la lingua di petrarca è messa in discussione?

    poi. sono pienamente in DISaccordo quando scrivi:

    “Il Friuli venezia Giulia come tutto il Centro-sud-est Europa non si governa frammentando e spezzettando ma armonizzando e “sublimando” le diverse appartenenze etnolinguistiche su uno stesso piano di cittadinanza”.

    sono in disaccordo perchè:
    1) nella pratica della gente comune (semplifico ovviamente), la pratica di una lingua/dialetto non corrisponde per forza a un’idea di appertenenza nazionale (e se corrisponde, come sopra, non si capisce perchè una lingua o una nazione sia meglio dell’altra). quindi non capisco e vorrei mi spiegassi il concetto “appartenenza etnolinguistica”
    2) io non sono per l’armonizzazione delle pratiche culturali, ma per il sostegno alla diversità. non penso, ripeto, sia un problema usare il friulano o il triestino come lingue veicolari del discorso pubblico e, contemporaneamente, interagire con stranieri e problemi globali. sfido chiunque a dimostrarmi il contrario con un esempio concreto alternativo…

    penso che questo video di pasolini di molti anni fa tratteggi bene lo scenario attuale rispetto alle identità locali che ci interessano.

  5. pk ha detto:

    Ammettere il veneto, il triestino o il friulano come lingue ufficiali, dici. Ma ufficiali di cosa? Non dello Stato nazionale italiano, ovviamente. Della regione FVG, allora. Benissimo. E mi spieghi concretamente come un qualunque apparato amministrativo-burocratico può funzionare con quattro lingue ufficialmente riconosciute come pubbliche?

    Parliamo di vita quotidiana.

    I friulani residenti a Trieste come fanno se si trovano davanti un impiegato comunale che insiste nel voler utilizzare la “lingua triestina” come lingua ufficiale nelle relazioni col pubblico? E i triestini italiani e sloveni residenti a Cormons?

    Ocio, non vale rispondere “alla fine ci veniamo incontro parlando in italiano”, perché quando elevi una lingua al rango di ufficialità ammetti che in qualsiasi commercio pubblico essa possa/debba venire usata. E le altre risultino lingue “straniere”. E anche inserendo l’italiano tra le lingue ufficiali il problema non scompare, semmai si complica (un funzionario italiano si potrebbe rifiutare di rispondere in sloveno/friulano/triestino etc.). Inoltre, tieni conto che nessun apparato istituzionale se si vuole mantenere laico può imporre il poliglottismo ai suoi amministrati.

    Ma il punto è che sotto la questione del friulano veicolare c’è la messa in discussione dell’autorità dello Stato italiano in regione. Benissimo. Purché non si abbia l’ingenuità di pensare che a quell’autorità non se ne voglia sostiuire un’altra ambiziosa di costituirsi in centro su nuove periferie, nuova maggioranza su altre minoranze. Purché non si voglia pensare che abbattendo l’attuale “centro” tutte le questioni verrano risolte da comitati di quartiere, città per città, ciascuna col proprio dialetto funzionante da lingua ufficiale.

    A questo proposito ripropongo un problema che ho sollevato nell’ultimo post, in attesa di risposta/discussione:

    “… e gli alunni non friulani nelle classi in cui potrebbe venire insegnato prossimamente IN friulano? Subirebbero il friulano come forza egemonica assimilante…”.

    La domanda rimanda a questa più generale: come governare una regione plurale? Un’autorità pubblica, un qualche centro ci sarà sempre. E come si pone questo centro in relazione alle differenze?

    Infine scrivi: “nella pratica della gente comune (semplifico ovviamente), la pratica di una lingua/dialetto non corrisponde per forza a un’idea di appertenenza nazionale (e se corrisponde, come sopra, non si capisce perchè una lingua o una nazione sia meglio dell’altra)”.

    Non è questione di meglio o peggio, è questione che identificare politicamente un gruppo su base etnolinguistica (gli “sloveni”, gli “italiani”, i “friulani”) in una situazione in cui più gruppi di questo tipo si trovano in compresenza (come nella nostra regione), significa impostare la competizione per la gestione del potere su base identica. Posto che ci saranno sempre istituzioni da conquistare, un centro politico da dominare. Ripeto: il più tipico scenario novecentesco.

    Un’ultima domanda: non trovi nessuna contiguità tra i concetti di “territorio”, “localismo”, “microidentità”, “xenofobia”?

  6. enrico maria milic ha detto:

    quando la lingua italiana è stata imposta in termini di massa si sono creati gli stessi problemi che tu sollevi nei tuoi casi ipotetici. si tratta comunque di imposizione.

    – sappiamo tutti come, a causa dei mezzi di comunicazione di massa, l’italiano resterebbe lingua franca nella vita sociale (non nelle istituzioni, ok). inoltre, il friulano veicolare non impedisce di insegnare molte ore di italiano (lingua e letteratura) e di inglese.

    – i problemi che poni sulla burocrazia sarebbero casi isolati. la gente ha altro a cui pensare che fare rivendicazioni sulla lingua da utilizzare in ufficio. e in friuli o da noi, prima che queste lingue scompaiano, non credo ci siano problemi a trovare impiegati che sanno o capiscono il friulano o il triestino. non solo è scandaloso che oggi un friulano non possa parlare in friulano negli uffici pubblici, ma anche che l’impiegato pubblico non sappia l’inglese per lo straniero che sa solo quello.

    – ma è vero, che in uno scenario istituzionale pensato come oggi, ci sarebbero dei problemi perchè la politica ha il culo pesante. penso allora che si possano trovare altre soluzoni a quella di un unico centro di potere, anche che sia un centro di potere regionale:
    viviamo nell’epoca tecnologica che permette la rete e il potere a rete. la burocrazia può cambiare digitalmente, il potere può essere diffuso sul territorio e neanche essere sul territorio, i documenti che ti servono possono sempre di più essere ordinati in rete dove, ovviamente, lingue e pratiche culturali possono fiorire in differenza e camminare parallele a traduzioni in’altre lingue e culture.

    “territorio”, “localismo”, “microidentità”, “xenofobia”: no, non ci vedo necessariamente una correlazione. chi la trova per forza ha un approccio ideologico e non pragmatico, per me.
    anzi, il contrario: ci vedo potenzialmente la possibilità di gestire le proprie pratiche culturali/economiche molto di più.
    fai male a orientalizzare la lettura della situazione, tirando fuori la jugoslavia e il conflitto post-jugoslavo (che è quello che fa segatti).
    ricordiamo sempre che la soluzione politica a “mosaico” della complessità linguistica (per esempio) della bosnia, dove la differenza è stata istituzionalizzata , per forza nazionalizzata (come volevano i signori della guerra) e permessa (ethnic cleansing), è stata sostenuta e probabilmente imposta dall’occidente, che non sa pensare a soluzioni diverse. invero è un portato dell’ideologia occidentale imperante.

    – la più grande politica ideologica xenofoba, razzista e contro la diversità non si ricollega a pratiche di sostegno della differenza (per esempio: catalogna, i sami in norvegia, i cantoni svizzeri ma non balcanici) ma possiamo e dobbiamo trovarla con facilità in germania negli anni 30 e 40 e in italia nel ventennio (e in molti altri luoghi che hanno pensato che la grande nazione con una lingua, un popolo e un potere fosse la soluzione migliore).

    – chiaramente ogni impostazione di sostegno alla diversità ha dei problemi, ed è facilmente strumentalizzabile dal bossi di turno o dal mussulmano estremista di turno o dal menia di turno ; ) qua sta a russo e tesini preoccuparsi di non farsi rubare spazio da questi qua. non credo sia poi così difficile

    – non ci sfugga però che l’utilizzo di una lingua per 60 milioni di persone è gravemente ideologico come approccio. e un po’ di complessità in più nelle pratiche culturali non credo che faccia male. o vogliamo omogeneizzare tutto e tutti come la plasmon?
    ; )

    ti cito, infine, delle riflessioni su gellner, certo non uno xenofobo:
    gellner1: “In fact, nations, like states, are a contingency, and not a universal necessity. It is the necessary consequence or correlate of certain
    – gellner2: “The structural elements that comprise these framing assumptions include the market, the economy, industry, capital, and print capital”.
    gellner3: “The nation–state, along with the consumer, laborer, and capitalist, comprise, we suggest, the essential elements of the culture of capitalism. It is the nation–state, as Eric Wolf (1982:100) suggested, that guarantees the ownership of private property and the means of production and provides support for disciplining the work force”

    – e ti chiedo: non credi che non sia un caso se oggi i partiti nazionali siano fondalmente contrari, in regione, al friulano a scuola? non voglio suggerire che (per esempio) diesse e margherita per forza sostengano le necessità delle imprese nazionali (che io penso abbiano necessità più complesse, tra l’altro, che quelle di una lingua unica). ma ipotizzo come sistemi nazionali di potere non riescano ad affrontare facilmente istanze di questo tipo: per strategia esplicita o per mancanza inconscia nei meccanismi di funzionamento della struttura (non è un caso se da tempo le segreterie romane di diesse e margherita non riescono ad affrontare i problemi del nord e del nord-est in particolare, malgrado i richiami alla cacciari di molti).

  7. caligola73 ha detto:

    Credo che Segatti si sia bevuto il cervello.
    Da un prof. illuminato e che spesso ci ha abituato a interessanti approfondimenti culturali, sociali e politici mi sarei aspettato un po’ di più.
    Con questa uscita mal riuscita ha dimostrato tutta la sua limitatezza data probabilmente dal fatto che non è mai andato oltre il Lisert

  8. patrick ha detto:

    Emm, credimi: vorrei essere persuaso della semplicità e della prossimità di alternative politiche come quelle che tu tratteggi. Ma il tutto mi pare ancora molto, molto fumoso.

    Non si può perdere di vista la base per dir così “giuridica” del vivere comune, il funzionamento quotidiano tradotto in leggi, norme, codici. Esiste (deve esistere) una base costituzionale nella vita di ogni società che non può fondarsi sull’improvvisazione ma deve prevedere soluzioni omogenee per ogni caso in questione (mi sorprende, per esempio, la leggerezza con cui salti la questione della necessità fisiologica di una lingua franca sul piano istituzionale in una società plurale, e delle ricadute politiche connesse alla scelta dell’una piuttosto che di un’altra).

    Poi scrivi: “ricordiamo sempre che la soluzione politica a “mosaico” della complessità linguistica (per esempio) della bosnia, dove la differenza è stata istituzionalizzata , per forza nazionalizzata (come volevano i signori della guerra) e permessa (ethnic cleansing), è stata sostenuta e probabilmente imposta dall’occidente, che non sa pensare a soluzioni diverse. invero è un portato dell’ideologia occidentale imperante”.

    Qui mi pare che chi “ideologizza” sei tu. Non si può pensare al processo di nazionalizzazione dell’Europa orientale e balcanica unicamente come a un’imposizione occidentale. E’ una lettura che fa il paio con le interpretazioni di Gellner che citi poi. C’è una parte significativa della storiografia contemporanea che reputa posizioni simili piuttosto superate nel loro impianto fondamentalmente marxista (come Gellner la pensa anche Hobsbawm e una pletora di nani e ballerine al seguito). La nazione cioè come creatura artificiale fatta ingoiare al popolo innocente da classi dirigenti borghesi ed elites intellettuali al loro servizio. In due parole, è un approccio che evita appositamente di affrontare le radici del consenso di massa goduto dalle soluzioni nazionali in Europa (anche quella balcanica!), sul bisogno forte di identità collettive che sale dal basso in momenti di acuta accelerazione del mutamenti sociali. Come ammettere che l’oppio a chiederlo è proprio il popolo. Capirai che per un marxista è difficile ;).

    Infine, non credo che il dissenso di diesse e marghe sul friulano veicolare sia dettato questa volta principalmente dal’interiorizzazione di logiche centraliste-nazionali-romane. Non capirei perché loro sì e la destra no, non mi pare che l’opposizione brilli per attenzione alle tematiche delle autonomie locali. A parte la Lega, ovvio.

  9. enrico maria milic ha detto:

    non vedo come i miei esempi di catalogna, sami e svizzera siano ideologici.

    gellner mi serve per leggere il passato, tontolone: 150 anni fa e l’affermarsi delle nazioni.
    ; )

    (sui balcani ci sono svariati studi che raccontano come le posizioni di mezzo, antinazionaliste, jugoslaviste o altre, siano state spazzate via in termini di visibilità e credibilità politica – grazie al sostegno dell’occidente, anche)

    oggi il contesto è molto diverso e più complesso… e il friulano come rivendicazione sempre più diffusa nelle comunità ne è l’evidenza.

    non credo di proporre soluzioni semplici. non propongo, anzi, soluzioni: quello devono farlo i politici. ma propongono una critica: a un sistema di potere che oltre che deprimente per il territorio è anche esposto a forti critiche e problemi nel futuro, secondo me. e credo che se uno vuole trova le possibilità per avere soluzioni migliori.

    del resto le lingue esistono da sempre, le nazioni no. eppure la gente ha sempre comunicato, commerciato, trafficato…

  10. patrick ha detto:

    Eh, ma io i sami li detesto 🙂

  11. enrico maria milic ha detto:

    a proposito di marxismo e imposizione delle società nazionali, ti cito una cosa che ho letto due ore fa per altri motivi e che mi pare condivisibile e anti-marxista:

    “Eric Wolf held that the term “society” connotes a Western bourgeois and Marxist view of the modern nation-state that, through its power advantage, indoctrinates its members with the ideology of common social and moral values. These then become the essence that cements the totality with society conceived as a bounded and homogeneous whole made up of interacting units”

    (da Irene Portis-Winner, “Semiotics of Peasants in Transition – Slovene Villagers and Their Ethnic Relatives in America”, pagina 31)

  12. pk ha detto:

    Precisamente. Ti segnalo sull’argomento:

    Lanaro, “Patria. Circumnavigazione di un’idea controversa”, Marsilio;

    Schulze, “Aquile e leoni. Stato e nazione in Europa”, Laterza.

  13. Julius Franzot ha detto:

    Sicuramente non sono state le opinioni di Segatti a farmi ripensare il mio iniziale appoggio incondizionato al Friulano a scuola. Piuttosto il paragone con la Trieste sotto l’ Impero, dove gli Sloveni erano costretti a scegliere scuole italiane o scuole tedesche. Dato che dubito che in Regione esistano comuni strettamente monolingue, se, parlando di quello che conosco, a Udine, Gradisca, Gorizia, Cormons, la lingua veicolare è il Friulano, chi friulano non è deve per forza imparare storia e matematica in una lingua straniera. Non mi sembra giusto. Io sarei per l’ apertura di scuole/classi con la lingua veicolare di ciascun gruppo linguistico (tra i 4 protetti) effettivamente presente nel Comune. Esattamente quello che si fa a TS con lo Sloveno. Nei Comuni considerati “friulanofoni”, magari non solo in quelli, un paui di ore alla settimana di Friulano (Italiano, Tedesco, Sloveno, a seconda dei posti) non farebbero male.

  14. fisherino ha detto:

    quello che si fa a Trieste non mi piace proprio: abitare a 5 Km dal confine e non sapere parlare sloveno lo ritengo assurdo.

    in più essendo assolutamente a favore del progetto dell’Euroregione credo che questo si possa attuare solo favorendo una struttura linguistica “multipiattaforme”. Per cui perchè non vedere l’introduzione del friulano come un progetto sperimentale?

  15. fisherino ha detto:

    ps: (riguardo la “xenofobia”) le parole di Segatti mi sembrano piuttosto offensive…e probabilmente indicano la deriva “progettuale” del centro sinistra italiano che anzichè ritenere una differenza culturale un valore aggiunto lo mortifica in maniera piuttosto volgare.

  16. enrico maria milic ha detto:

    invero, in questo articolo, a me interessava segnalare come il ruolo dei partiti ‘nazionali’ presso le nostre parti sia in difesa o assente su temi come le ‘culture’ locali e lo sviluppo trasnazionale-locale (euroregione).
    la discussione (mi e) ci ha preso un po’ la mano sul tema del friulano.

    sarebbe, ora, interessante sapere che ne pensano francesco r. e gli altri politici. se ci sono, che battano un colpo, un trackback, un commento o qualcosa di simile…

  17. enrico maria milic ha detto:

    mi pare una conferma delle mie critiche che, 24 ore fa, gianni cuperlo (diesse, triestino, a roma da tempo immemore, area d’alema) ha detto che sulla legge sul friulano sostiene la linea ultra-intransigente di maran (referendum per abrogare la legge quando approvata).

    chiaramente ci sono tanti modi per affrontare la questione: una è dirsi contrari ‘se la legge ha questa forma’ (vedi commento di julius qua sopra), altri è dire che fa schifo e basta (cuperlo).

  18. Frank ha detto:

    Fisherino ma sei flesciato?!?!? “”” quello che si fa a Trieste non mi piace proprio: abitare a 5 Km dal confine e non sapere parlare sloveno lo ritengo assurdo. “”””” !?!??!!?!??!?!?! ma è pazzia studiare lo sloveno!!!!! io ho studiato e studio ancora l’inglese…. il tedesco… & the last but not the least lo spagnolo!!! non studierei mai lo sloveno…. ma neanche se me lo obbligassero a fare…( all’università… ) cambierei città piuttosto… comunque sei proprio assurdo….

    P.S. il friulano nelle scuole è una vergogna… spreco di soldi e basta…. che utilizzino quei soldi piuttosto per portare professori di madre lingua inglese … tedesca— spagnola nelle nostre scuole…

  19. enrico maria milic ha detto:

    (…)
    tra le varie cose, mi risulta che tedesco, inglese e spagnolo vengano già insegnati.

  20. Frank ha detto:

    insegnati male… con professori mediocri… non tutti.. ma quasi … da quanto sento… insomma… la qualità dell’insegnamento devo essere migliorata…pesantemente!

  21. arlon ha detto:

    efettivamente, concordo sulla qualità pessima degli insegnanti di lingua nostrani. Per ogni prof buono (anche di un lingua straconosciuta come l’inglese) ce ne sono almeno 3 mediocri.

    E vedo anche l’insegnamento dello sloveno come una cosa totalmente diversa da inglese & co, si tratta di una lingua autoctona della quale sarebbe utile (e segno di sparizione reale dei confini) sapere almeno le basi.

    Per quanto riguarda il friulano, credo abbia senso solamente se coloro che lo parlano volessero preservarlo (cosa che – per assurdo – avrebbe senso col triestino, magari in forme diverse).
    Se invece ci si trovasse in una situazione di lingua in fase di disuso (non conosco la situazione, immagino soltanto), forzarla nelle scuole, per di più con questa formula di “silenzio-assenso”, sarebbe assurdo e, appunto, una forzatura.

  22. vanja ha detto:

    ciò,

    sarò sempre superscettico dietrologo, sarà sai bela la euroregion, ma no xè che a ily ghe fa comodo i voti dei furlani localisti leghisti prima del 2008, e ghe fa comodo svincolarse dal potere dei partiti per far el raìs della region e consolidar il suo potere un pocheto tropo personale, altro che legato alle genti e teritorio. Semo in grado de gaver forme de rapresentanza delle nostre genti? me va benissimo butar via i partiti nazionali figuremose. Ma no xe che restemo soli?
    Per el resto, se no pensasi sempre che i me vol fregar( e credo che questo sia profondamente triestin come attegiamento culturale), diria viva el furlan, el triestin, el sloven, ussaro, cosacco.Abaso la scola.
    ciau.
    vanja

  23. valerio fiandra ha detto:

    La questione posta in questo post è stata capace di totalizzare il maggior numero di commenti di sempre, credo.

    (zio) vanja, da personaggio cecoviano di tutto rispetto, probabilmente abitante in qualche 43a strada a Rozzol ( o in via san nicolò, attico con jacuzzi e crystal ), scrive perle di saggezza, nelle quali – altro che mash up – si confondono nel playback il Popolare e l’Aristocratico

    bacio la sua pantofola

    abaso la scola, poi, è da Guiness.

    Io – che poco ne capisco di socio.antro.politico logia, e meno ancora so e voglio farmi capire (  in tutti i casi ogni comprensione è POSTuma ) – voglio offrirgliene una scura, anzi due.

    dica Vanja dove e quando

    E cada, ora, un rispettoso, sano silenzio!

  24. fisherino ha detto:

    Frank…ma insomma, io parlo inglese e posso vantarmi di acere un attimo spagnolo, ma insomma, che centra????
    Perchè non si dovrebbe insegnare lo sloveno a Trieste? Davvero non capisco.

  25. fisherino ha detto:

    azz, ho la tastiera rotta…volevo dire: posso vantarmi di avere un ottimo spagnolo

  26. enrico maria milic ha detto:

    ciò

    ma come podemo solo pensar che in un mondo come questo una persona, se parla furlàn o triestìn o la se riferissi non a una nazion ma a una (euro)region, la se ritrova isolada?!?

    e ste critiche, paradosso, vien fate su un sito internet. mah

    (cmq vanja xè un grande)

  27. fisherino ha detto:

    viva

  28. valerio fiandra ha detto:

    la sola forma di approssimazione al vero passa attraverso il paradosso

  29. Frank ha detto:

    Fisherino sono contento che tu sappia parlare l’inglese, lingua internazionale… e lo spagnolo… lingua parlata in quasi tutto il sud america e ormai anche nel sud degli stati uniti… studiare lo sloveno parlato da 1 milione di abitanti?!?!? mai….. non ho nessun rapporto con loro…e molto probabilmente non ne avrò mai uno … quindi non è nei miei interessi impararlo…e sicuramente non sono il solo…perderei solo del tempo…( a studiarlo )… se dopo c’è qualcuno che sa che nel futuro quasi certamente avrà a che fare con gli sloveni ( per lavoro ) potrebbe anche impararlo…. senza che sia una cosa inutile—

    P.S. vorrei tanto studiare il francese…ma devo prima perfezionare le altre 3 lingue straniere…—-… studiare le lingue è una cosa che richiede pazienza….e non è un gioco… tranne per alcuni…

    P.S.(1) Non faccio scuola per gli interpreti…

    P.S.(2) so che non è il posto adatto ma….” c’è qualcuno che va a vedere Bruce Springsteen a Milano il 28 novembre?!? ” : )

  30. enrico maria milic ha detto:

    frank, hai sollevato un argomento importante (due, con springsteen).
    accanto a noi, cioè a 10-dieci minuti di macchina da casa mia e probabilmente dalla tua, iniziano gli insediamenti in cui si parla compattamente sloveno.

    sono 2 milioni di persone (non 1 milione).

    a trieste siamo circa 200mila. in friuli venezia giulia siamo 1,2 milioni.

    non è difficile capire che, se in giro per trieste non ci fosse ANCORA un approccio “un tantino” pieno di pregiudizi, la slovenia e lo sloveno sarebbero due luoghi, fisici e simbolici, a cui guardare per trovare lavoro, divertimento, cultura, amici, ecc.
    prendi la macchina, sei a lubiana, e ti ritrovi in un luogo “un tantino” più stimolante da tutti i punti di vista che trieste.

  31. Frank ha detto:

    sì — hai ragione — Lubiana è una città abbastanza vivace e abbastanza aperta! Le quotazioni su Trieste sono da decenni in costante ribasso…bah… ma che ci vuoi fare… se nel Carso triestino è pieno di stelle rosse con tutti i partigiani morti e il primo maggio è un trionfare di bandiere rosse ovviamente molti triestini avranno solo pregiudizi! Basta inoltre guardare la voce di wikipedia italia su Trieste e sembra quasi che la grande guerra sia uno scherzo, non esistono le figure degli irredenti (valgono più i 4 fucilati del TIGR ) …. sembra quasi una colpa essere italiani!
    Comunque.. per carità… ti dò ragione… la situazione è comunque questa…
    1 lascia perdere il divertimento… quello è un caso a parte… all’AMBASADA GAVIOLI ci sono 60% di sloveni e 40% di triestini…tanto per fare un esempio
    2 la gente incomincia a fare la spesa in Slovenia…
    pian piano—-qualcosa cambia… ma più che altro è una cosa ovvia… l’Italia è in pieno declino…

    P.S. se ci sono errori di ortografia me ne scuso… ma nn mi va di rileggere tutto… sono pigro anche in questo…sono triestino..

    P.S. ( scusate se sfrutto qst posto ) BRUCE SPRINGSTEEN!!! ATTENZIONE IL 28 NOVEMBRE è UN MERCOLEDì…

  32. enrico maria milic ha detto:

    al governo sloveno è al potere una maggioranza di centro-destra. niente a che fare con le stelle rosse e i partigiani, a quanto pare

  33. Marco ha detto:

    Ho letto l’evolversi della situazione e concordo con molta parte di quel che e’ stato detto da Enrico. Anche se sono friulano, personalmente non mi disturba se qualcuno mi parla in triestino, sempre se non dia per scontato che io lo capisca. Come tutti i friulani ho una conoscenza passiva dei linguaggi di origine veneta e questo non e’ certamente un handicap. Riguardo la legge sul friulano, si potrebbero fare molte precisazioni. A molti risulta incompensibile il dibattito, dai toni veementi, che si e’ venuto a creare sul Piccolo, che mostra sostanzialmente un ascarsa conoscenza dell’argomento. Come sottolinea Enrico, l’iniziativa parte davvero dal basso, da decenni di battaglie. La “lingua da osteria” e’ stata codificata da tempo, da “persone di bassa istruzione” che fanno di mestiere i glottologi e i docenti universitari. Risultano poco convincenti anche le osservazioni di carattere “etnico”, discriminatorio e di chiusura che si verrebbero a creare con l’insegnamento del (e in) friulano. Nessuno ha proposto di introdurre soltanto il friulano come lingua veicolare, ma di accompagnarla, con gradualita’, ad altre proprie del territorio (sloveno e tedesco), oltre all’inglese. La sfida e’ interessante, di certo non facile.
    Sul possibile sviluppo di un nazionalismo etnico friulano in contrapposizione con altre popolazioni della regione, ci sarebbe da dissertare parecchio, ma rischieremo di sconfinare nella fantascienza. Sara’ perche’ conosco molte delle persone “implicate”, ma quelli che spesso vedo bollate come retrogradi o individui d’altri tempi, mi sembrano esattamente il contrario. Con questo mi riferisco ai titolari degli ormai numerosi blog in friulano, quelli di Onde Furlane, ma anche molti altri che utilizzano lingua ed elementi della cultura friulano nel loro operato. Leggere qualche intervento mi fa soltanto capire che a Trieste c’e’ ben poca gente che va oltre il Lisert, Opicina e Rabuiese. Non e’ uno sfotto’, ma l’amara constatazione che c’e’ tanto da fare per poterci conoscere.
    A Enrico auguro di continuare nel suo interessante percorso, ringraziandolo anche per le interessanti citazioni di Gellner, autore prolifico ed interessante per comprendere le dinamiche del nazionalismo.

  34. enrico maria milic ha detto:

    grazie dell’apprezzamento. penso però che – lazò in friùl 😉 – dovreste pensare ai triestini con un po’ di senso storico.

    è qua che si è manifestato il fascismo (e il nazismo) nelle vesti più efferate.

    è qua che, non posso dire purtroppo, sono venuti a vivere decine e decine di migliaia di profughi dall’ex-jugoslavia e hanno per forza di cose condizionato l’importanza, per moltissimi anche non profughi, della relazione con l’identità naziionale italiana.

    non voglio dire che chi critica punti di vista come i miei è necessariamente un nazionalista.

    ma mi pare che è a trieste si dia per scontata l’intoccabilità di certi temi proprio perchè, a causa del contesto, questi temi nessuno ha mai solo pensato di toccarli. solo pensare di progettare qualcosa di alternativo alla nazione qua, per molti, corrisponde a un salto nel vuoto.

  35. arlon ha detto:

    ^^^^^^
    bel comento, come no quotar.

  36. arlon ha detto:

    p.s: ma cambiar l’ora de wordpress, proprio no? 😀

  37. Julius Franzot ha detto:

    I temi che nomina Enrico sono “intoccabili” anche per ragioni elettorali: Menia & Co si fanno votare da decenni dagli “italianissimi” promettendo “ritorneremo”. Se gli si toglie quello, di che parlano?

  38. enrico maria milic ha detto:

    giusto julius, diciamo meglio:

    a trieste il discorso politico dei partiti non meniani, quando deve per forza intrecciarsi sui temi dell’identità, non ha mai avuto spazi di manovra per negoziare ipotesi di cambiamento- come invece è accaduto in friuli o in veneto.

    solo l’idea di andare a toccare da lontano l’identità (nazionale, quindi) e di ciucciarsi, quindi, la violenza di menia, ha fatto sì che non si potesse mai mettere in campo una progettazione politica che ripensasse lo spazio e il sostegno a pratiche identitarie alternative.

    cioè alternative all’identità nazionale italiana, presidiata dalla violenza populista emotiva dei meniani.

    purtroppo sono cose che sappiamo bene, qua all’estremo lembo della nazione dove si arriva dalla capitale con 6.30 ore di treno se va bene.

    ma i tempi xè cambiai. o no?

  39. Julius Franzot ha detto:

    La Bora ciacola
    che i tempi xe cambiai,
    mi vedo ancora maschere,
    in tivù xe carnevai.
    Qualcossa cambia al Picolo,
    ghe pensa anca Antonaz,
    ma fora dele ciacole
    no se vedi un kuràz.
    Te vedi in tele ore,
    quele de la cità,
    mai un picio anuncio
    de quel che i s’ciavi fa?
    Bon che ora ai gnochi
    i scrivi do monade
    i meti soto i oci
    le nostre ciacolade.
    I gavarà capido
    che semo quatro gati,
    no i vol sporcarse i dedi
    per pochi, veci e mati.
    Ma in sta cità
    dove che i “Furlan”
    xe quasi magioranza,
    i antenati, porco can,
    pensè che a una conferenza
    su polenta e fogolar
    ghe andassi tanta zente
    se no ghe fussi gnente,
    roso o bianco, per trincar?

  40. Marco ha detto:

    Forse quassu’ in Friuli conosciamo molto bene le vostre tematiche, direi che pero’ non si e’ mai sviluppato il medesimo interesse per le nostre. Il telegiornale regionale e’ fortemente sbilanciato nei confronti di Trieste. Telequattro e Telecapodistria si ricevono anche da noi. Troppe volte nella vostra citta’ si tende a ignorare i cambiamenti profondi che sono intercorsi in Friuli. Inutile generalizzare, c’e’ anche chi ci ammira, pero’ gente come Rovis ha costruito la sua fortuna (?) politica proprio sul dileggio. Quelli che fanno chiasso e vengono recepiti negativamente, sono esattamente quelli come lui. Sapere che raccoglie decine di migliaia di firme, dicendo falsita’ e rifiutando il confronto, mi sembra veramente grave. Ho frequentato Trieste per lavoro, da quando la gente arrivava con il treno per Istanbul e la stazione centrale brulicava di signore con il velo. Il senso storico cerchiamo di immetterlo nei nostri ragionamenti, non preoccuparti. E’ solo un’impressione, ma spesso sembra che le tematiche di Trieste siano sacre e quelle del Friuli no. Il dato di fatto e’ che molte volte al di la’ di Barcola, non hanno consistenza. Non siamo stati capaci di conoscerci a vicenda, base per potersi rifiutare o meno, dividersi o proseguire per un po’ di strada assieme. Le presunte colpe reciproche sono diventate ormai il capro espiatorio di una serie di comportamenti che tendono a stabilire un ordine fasullo, dove ci sono soltanto cattivi dall’altra parte. E poi bisogna essere anche una citta’ dinamica per attrarre interesse. Faccio l’esempio dell’Expo, dove sembrava che tutto fosse affare di poche persone, rigorosamente di Trieste. Credo che, gestita collegialmente con la Slovenia e la Contea Istriana, si sarebbe rivelato davvero un grande mezzo di promozione per l’idea di Euroregione. E, invece, in Friuli c’era la piu’ totale indifferenza, non per questioni campaniliste, ma per come veniva gestita la questione. Non so qui per criticare la citta’ in toto, ma per avviare un dibattito positivo e alla pari. Siamo in molti a preferire la convivenza, se possibile. Le cose che dite sono reali, di Menia so parecchio, anche per ragioni anagrafiche. Uno dei problemi irrisolti e’ quello della cosi’ chiamata “Venezia Giulia”. Nessuno ha ancora avuto il coraggio di spiegare come si sono svolti i fatti. si e’ preferito tacere, o parlare di mutilazione. Noto che a Trieste non sono in molti a parlarne, preferiscono un nazionalismo da “italianissimi”, alla vera crescita. Sembrera’ banale, ma fino a quando non si supera questo blocco sara’ molto difficile anche avviare discussioni piu’ ambiziose.

  41. fisherino ha detto:

    Giusto Marco, per questo mi sta cuore la tematica linguistica (il Friulano in Friuli-lo Sloveno a Trieste) perchè mi sembra un punto di partenza capace di rompere gli schemi e andare oltre tutti i tabù politici, culturali ed ideologici di cui si è parlato in questi post. Conosco da pochissimo Bora.La e mi fa piacere che esista: credo che possa essere capace di veicolare queste esigenze.

  42. enrico maria milic ha detto:

    marco: non è mai troppo tardi per parlare con l’Altro…
    : )

    anche se come già detto in altri post sono molto scettico sull’idea che si possa categorie denominate ‘triestini’ e ‘friulani’ in cui io a trieste sono uguale nelle mie opinioni e azioni a 200 mila persone.
    alla fine, questo discorso, è lo stesso tipo di discorso per cui in italia siamo tutti uguali e quindi dobbiamo parlara UNA SOLA lingua

    (ma in genere: condivido quello che scrivi. il tuo ragionamento sull’expo, poi, per quello che ne so, mi sembra molto sensato)

  43. arlon ha detto:

    “Il telegiornale regionale e’ fortemente sbilanciato nei confronti di Trieste.”

    questa, po’…

    ..cmq concordo con (quasi tutto) il resto del mesaggio di Marco. Sarebbe il caso di passare oltre a certi anacronismi, e puntare ad un bene comune.
    Ci si può lamentare di triestini, furlani e via dicendo, ci mancherebbe. Ma su dati reali, non su campanilismi controproducenti.

  44. Marco ha detto:

    “Il telegiornale regionale e’ fortemente sbilanciato nei confronti di Trieste.”

    E magari tu pensi il contrario, Arlon. Che dirti? C’e’ anche chi ha monitorato i tempi esatti, dedicati a ogni singola provincia. Come vedi siamo tutti insoddisfatti.

    Parliamo tanto di tolleranza e poi nel forum del Piccolo si trovano idizio come queste.

    inviato da stellanelvento
    il 04 settembre 2007 alle 16:36
    ,
    Per fortuna trieste non e’ coinvolta ,,senno’ viva l’ignoranza legalizzata! gia’ in friuli fan fatica a parlare in italiano figuriamoci!!!saranno esclusi dalla civilta’ del tutto!! allarghiamo gli orizzonti e la mente: lingue europee per comunicare sempre meglio e non chiudersi in parrocchia. Approfondire ,migliorare l’inglese il francese il latino lo spagnolo…entriamo nel mondo,piuttosto!

    Forse sarebbe meglio che imparasse almeno una lingua per comunicare. Dati i srisultanti della sua esposizione direi che e’ soltanto un esemplare di imbecille. Nulla di raro, in tutte le latitudini.

  45. enrico maria milic ha detto:

    : )
    notare che l’autrice della lettera vuole che si impari anche il latino!
    : )
    con quello sì che comunichi con un sacco di persone!!!
    eheheh

  46. arlon ha detto:

    haha el forum del piccolo xe qualcossa de spetacolar.. in negativo.
    De sperar che i sia tuti là, veramente :-S senò xe grave

  47. Marco ha detto:

    E allora discutiamone. Ora nel forum siamo in parecchi.

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