9 Agosto 2007

Il Quadrato Semiotico di Borgo San Sergio

Il centro di Trieste, nei giorni d’estate, è pervaso di una noia borghese incontenibile e devastante.
La poca osmosi tra il centro e le periferie genera scazzo. I soliti incontri, il solito rituale, lo sai che non mi va.

Meglio rifugiarsi a Barcola o in Costa dove il corpo nudo o semi-nudo annulla la differenza sociale. Ed è spesso prodigo di incontri.

Oppure meglio rifugiarsi nelle subculture, dai pokeristi all’associazione dei fuoristrada: lì mangi pane e Servola, tocchi San Sergio, parli con Strada di Rozzol.
Ti lasci alle spalle i pallosissimi tavolini dei bar sui passaggi pedonali e ti contamini con un po’ di vita in più.
La periferia, appunto.

Quando facevo l’università a Trieste vivevamo in un non-luogo. Un luogo prodotto per noi fatto di appartamenti condivisi tra 5 persone, aule studio e divertimenti artificiali lontani dal tessuto sociale cittadino.


Uno dei pochi elementi di trasversalità e di contaminazione con Trieste e soprattutto con la sua periferia era il fumo.
Il bello di fumare dell’hashish è che te lo devi procurare.
Per procurartelo devi agire in loco.
Per agire in loco devi “conoscere”. Muoverti con sapienza nelle periferie, socializzare nel modo giusto, farti amico qualcuno di cui avrai bisogno.

Una decina di anni fa passavamo interi pomeriggi a giocare a Risiko.
Giocavamo a Risiko perché era molto più difficile e complesso di qualsiasi nostro esame all’università.
Risiko era molto oltre la linguistica, la comunicazione di massa, quella roba anni ’70 chiamata “semiotica”. Mon dieu, la semiotica.

Avevamo già cambiato un paio di pusher locali, insoddisfatti dei prezzi.
Volevamo testare un nuovo galoppino.
Un ragazzo di Borgo San Sergio, stracolmo di orecchini e con il ciuffo anteriore color platino.
Era il fidanzato della nostra vicina di casa teenager.

Lo incontrammo durante una sessione di Risiko.
E ci tenne una lezione di semiotica.
La prima vera, grande lezione di semiotica e di struttura della significazione della mia vita venne da Borgo San Sergio nel giugno del 1996.

Il ciuffo di platino si muove con grande famigliarità tra noi universitari.
Lui è Trieste.
Noi siamo solo transizione nel suo territorio.
Ce ne andremo. Invece lui rimarrà.
Noi siamo Dante e lui Virgilio.
A lui il compito di spiegare.

El triestin xé una raza superior“.

Mein Kampf? 1925? Assolutamente no.
Qui siamo lontani anni luce da una teoria della razza eletta. Anzi.

El triestin xé superior perché non l’esisti.
El triestin xé sol che un prodotto de fattori.

Se te ghe pensi, el triestin gà:
– la baldanza dell’american
– la cativeriosità de lo sciavo
– la furbizia dell’italian
– la seriosità dell’austro-ungarico

Nesun altro, gà ste carateristiche

Baldanza, Cativeriosità, Furbizia e Seriosità.
Sembra una barzelletta e invece.
Invece questi sono gli apici degli assi dove si svolge la significazione del triestino.
Il triestino ha il suo senso muovendosi tra un asse e l’altro.
Più baldanza, meno seriosità.
Più cativeriosità meno furbizia.

Per chi ha letto Carlo Maria Cipolla e le sue leggi fondamentali della stupidità
noterà qualche somiglianza con questo grafico.

grafstupid1.gif

Ma la somiglianza più sconcertante è con un classico quadrato semiotico di Greymas.

guerrapacesint.gif
Graymas si proponeva di analizzare le strutture della significazione
tramite assi di relazione e negazione.

Il pusher di San Sergio pone il Triestino nella identica situazione, dove a rappresentarlo
è una macchina a continua generazione di senso.

Ecco un esempio:

quadrato_semiotica_trieste.jpg
Oppure potremmo divertirci a inchiodare personaggi triestini
e farli scorrere all’interno di quello che ho ribattezzato Il Quadrato Semiotico di San Sergio:

quadrato_semiotica_trieste2.jpg
Attenzione. Proviamo a rendere il processo di significazione ancor più complesso.
E introduciamo al Quadrato Semiotico di San Sergio alcune relazioni esterne agli assi centrali.
Introduciamo per esempio alcune variabili storiche come l’irredentismo, Gavrilo Princip, il patto Nato
e la Guerra Fredda.

quadrato_semiotica_trieste3.jpg
Inquietante, no? Il Quadrato di San Sergio incarna perfettamente nei suoi assi la tragedia di questa terra
e le sue complesse e delicate relazioni interne.
Un DNA talmente informe che potrei andare avanti con almeno mille altre variabili.
E non è detto che io non lo faccia.
Però ho bisogni dei giusti stimoli.

Chiamo il pusher.

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8 commenti a Il Quadrato Semiotico di Borgo San Sergio

  1. valerio fiandra ha detto:

    – Cosa desidera?
    – Quello che ha preso lei.

  2. enrico maria milic ha detto:

    mi fai un autografo?

  3. arlon ha detto:

    wow, che topic. Complimenti, no xe mal.

  4. IgorTV ha detto:

    Vecchio, sono estasiato.
    Vette altissime con questo post.

  5. sisterB ha detto:

    bea ztoria (erano anni).

  6. p0l3saN ha detto:

    l33t w00t! per sto post …

    – not bad at all!
    – dober/dobar!
    – niente male!
    – gar nicht schlecht!

  7. matteo ha detto:

    orca, pura letteratura underground!

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