(ho recuperato dalla cache di Google il post a cura di Cenerentola82 che è scomparso non si sa perchè e a causa di chi. Purtroppo su Google non erano salvati i commenti. Siete invitati a ripostarli, se ce li avete ancora…?!?!)
Eh beh, la geografia per molti resta un’illustre sconosciuta.
El quotidian locale… el Picolo per capirse, domenica ga lassà scriver ”Consiglio regionale friulano” nel suo editoriale ”Il laboratorio di Illy” al Padovan, giornalista, redator capo del Gazzettino, Francesco Jori. Parlando de Illy, el stesso Jori, per do volte lo definissi “il governatore friulano”… e beh semo ben messi. Saria de dirghe, magari se podessi mandarghe una letera e spiegarghe, o un bel libro de goegrafia… anche quei per i fioi che xe disegni che se pol piturar, no servi robe de Università. No xe che dal Picolo se pol pretender più de tanto però … che bale…
IL LABORATORIO DI ILLY
Mentre a livello nazionale il Partito democratico ancor prima di nascere sta imbarcando quintalate di parole, polemiche, distinguo, la sua variante settentrionale sta nascendo in silenzio in un piccolo ma interessante laboratorio nordestino: il Friuli Venezia Giulia. Che, particolare non irrilevante, andrà alle urne tra meno di un anno per le regionali: dovesse perdere pure lì dopo la batosta di pochi mesi fa, il centrosinistra farebbe un altro letale passo verso la condanna all’opposizione perpetua.
L’artefice di questa sperimentazione è Riccardo Illy, che da marzo a oggi ha introdotto senza strepiti tre rilevanti novità: 1) la nuova legge elettorale regionale; 2) l’accordo con Roma sulla gestione delle tasse locali; 3) l’apertura a un’ipotesi di intese con la Lega per il voto della primavera 2008. Regole elettorali, federalismo fiscale, mano libera sulle alleanze: non sono esattamente tre dei punti-cardine inseriti dai leader del Nord nel documento-manifesto per un Partito Democratico che riscatti il loro schieramento dalla condanna all’eterna sconfitta? E non dice niente il fatto che a incassare questi risultati e a tracciare la strada sia un personaggio da anni a capo di un governo di centrosinistra, prima nel Comune di Trieste e poi in Regione, in un’area che alle politiche vota centrodestra al 60 per cento? Merita dare un’occhiata, a questi tre paletti.
Atto primo. Dopo anni di discussioni e rinvii, il Consiglio regionale friulano vara una legge elettorale che introduce lo sbarramento al 4 per cento (minoranza slovena a parte), assegna un premio di maggioranza al 60 per cento, prevede un limite di mandati di tre legislature (due per presidente e assessori), fissa una soglia minima del 40 per cento di quote rosa, elimina la vergogna del listino (il gruppo di persone elette senza essere votate, in pratica una pattuglia di pretoriani del presidente ). Dettaglio non da poco: contro questo tipo di riforma si è pronunciata la lista civica nata a sostegno dello stesso Illy; il quale comunque è andato avanti per la sua strada.
Atto secondo. Mentre le Regioni a statuto ordinario litigano col governo, i Comuni con le Regioni, le Province col resto del mondo, il governatore friulano va a Roma e ottiene dal Consiglio dei ministri un decreto legislativo grazie al quale le tasse in compartecipazione riscosse sul territorio del Friuli-Venezia Giulia non vengono più girate allo Stato, che poi le ritorna indietro come e quando gli pare (cosa che aveva determinato un credito regionale di 2 miliardi di euro, in pratica metà delle entrate di un anno), ma rimangono a Trieste. Una svolta giustamente definita epocale da Illy, in virtù della quale oltre 3 miliardi di euro restano dove sono incassati: insomma, quell’autonomia finanziaria di cui tanto si parla, ma pressoché a vuoto.
Atto terzo. Discutendo di alleanze, il governatore friulano spiega con molta tranquillità che negli scenari prossimi venturi può benissimo rientrare anche un accordo con la Lega, ancorato alle cose da fare. Un cuneo mica da poco piantato nelle fiancate di una Casa delle Libertà che in regione si sta faticosamente ricompattando dopo i piatti rotti degli ultimi anni. E anche qui, nulla di episodico: non è un caso se il cosiddetto Parlamento del nord del Carroccio ha escluso dalle proprie riunioni un certo Berlusconi, e ha invece rivolto un espresso invito a Illy; il quale ci è andato per spiegare come il federalismo fiscale si possa portare concretamente a casa anche senza mettersi necessariamente a urlare sotto le finestre del governo.
C’è in tutto questo, se non una lezione, almeno una traccia di lavoro per chi sta costruendo il Partito democratico, ed è interessato a riscuotere anche il consenso degli elettori, oltre che l’attenzione di giornali e televisioni? E può rappresentare uno spunto di riflessione il fatto che a condurre questi esperimenti sul campo sia una persona che dichiaratamente si tiene fuori dal Partito Democratico, ma che si colloca comunque nel centrosinistra, per giunta facendolo vincere da una quindicina d’anni a questa parte? Due domande retoriche, di fronte al miserando spettacolo di un’Unione che ogni giorno nei fatti contraddice il proprio nome.
Ma due domande cui bisognerà pure dare risposta. A meno che perdere non sia diventato un piacere.(29 luglio 2007)
http://ilpiccolo.repubblica.it/dettaglio/IL-LABORATORIO-DI-ILLY/1346707?edizione=EdRegionale
NO COMMENT
si, una volta pol scampar.. tre, me par ridicolo.