7 Giugno 2007

Mash-Up, All-In, Two Pairs

Te gò dito, el mulo sloveno xé mato. Xé ‘ndado ALL IN con TWO PAIRS”

La lingua è una brutta bestia, un terreno delicato, un’arena dove basta un tono sbagliato e sono cazzi per tutti.
Ne è una dimostrazione il mio post di qualche settimana fa che ha scatenato un dibattito acceso e interessante.

E’ indubbio però che la lingua sia anche una fonte di divertimento e sperimentazione uniche. Soprattutto se abiti a Trieste.

Da qualche giorno ho festeggiato il mio dodicesimo anno di vita triestina.
In una dozzina d’anni ho affinato il mio occhio sociale tentando di carpire i segreti di questa città.
Per facilitarmi l’impresa, il mio socio mi ha regalato un vocabolario di triestino.

In più anche la professione mi dà una mano: sono appena reduce dalla creazione di alcune guide per Turismo FVG. Le guide recitano chiaro: Trieste è un incontri di etnie, popoli. E’ un territorio continuo di mediazione culturale.

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Il vocabolario di Triestino non mente: il numero di parole assorbite dal tedesco, dallo sloveno, dall’inglese sono tantissime.
La mia preferita è “bix”, dal tedesco “Wichs”, “Fronzoli”. Da cui il fantastico proverbio “Patina e Bix, scarsela Nix”.

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Lungo il corso degli anni Trieste è l’esemplificazione perfetta del Mash-Up. Territoriale e linguistico.
Contenuti da più sorgenti per creare un paradigma tutto nuovo.
La Statua di Saba, per esempio, emerge da un passato bronzeo e si mescola coi turisti di Via San Nicolò e spunta in migliaia e migliaia di reflex e digitali.
Senza contare l’ormai aurea leggenda della pipa rubata. Ibridazione di contenuti.

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Ibridazione di corpi. Penso alle decine e decine di universitarie di Udine, Treviso, Pordenone, che ho conosciuto nel corso degli anni, vittime del fascino del barista triestino. Mesh-up sessuale.
Subendo poi un processo di Triestinizzazione tanto soprendente quanto ridicolo e preoccupante (provate voi a veder sostituito il tuo trevigianissimo “xè”, con l’alabardato “xé”).

E poi c’è il poker. E qui volevo arrivare. In 12 anni non mi è mai capitato di assistere a un fenomeno di Mash-Up (insisto…) così palese, divertente e originale.

Mi sto appassionando a questo gioco. Ci gioco amatorialmente e mi godo ogni tipo di torneo, su Italia1, su Sky, su YouTube.
Ora ho cominciato anche live, nelle sale da poker.

Due settimane fa ero a Treviso. Sono passato a casa di amici per una partitina. Anzi, un “sit and go” come si chiama in gergo.
In una classica e opulenta Villa Veneta.
Giovani, spesso ricchi, che emulano l’intera gamma del linguaggio pokeristico americano: fold, two pairs, check, all in. Ma mai una parola fuori posto.
Di Veneto in quel tavolo c’era solo la Villa. Un tecnicismo da spettatore televisivo cognitivamente passivo. Mai un momento di cazzeggio.
Sembravano la perfetta replica di un format da medium di massa.
Questi giovani potevano essere ovunque: nel Nevada, in Inghilterra, a Stoccolma. Erano replicanti.

La settimana scorsa invece pur non cercandoli, trovo la poesia e il genio del mash-up in una zona industriale di Trieste. Entro in un circolo per un torneo di Poker nei Campi Elisi.
30 persone.
4 tavoli.
Rumore di fiches in sottofondo.
Il Poker è arrivato anche qui. Ma qui la televisione forse la guarda poco.
Oppure come i baristi triestinizzano le giovani universitarie, così i maneggiatori di carte scambiano “le picche” per “alabarde” e le fanno proprie.
Dopo alcune mani giocate capisco che mi trovo di fronte a una contaminazione linguistica senza precedenti.

Il poker è fatto di tre livelli.
Il livello giocato: fasi di gioco.
Il livello narrato: il meta-poker o il racconto delle fasi di gioco tra i giocatori
Il livello extra: le interazioni extrapoker tra i giocatori.

Le fasi di gioco sono identiche al poker della Villa Veneta. Stesse dinamiche.

Il Meta-Poker è invece uno show che renderebbe felice qualsiasi ricercatore linguistico:
– “ciò el mulo xé mato, gà foldà con Two Pairs in Big Blind, de cagarse”
(il tipo è andato via dal gioco pur avendo doppia coppia in grande buio, incredibile!)
– “quanto xé l’average?”
(quant’è la media delle fiches a testa?)
– ” Te son fòra. Non te gà de far re-raise se te sòn de picòlo buio e non te gà un cazo in man. Xé la spiza de mandarme via. Ma sòn Cheap Leader, cossa te me spaventi?”
(Sei fuori! Non devi rilanciare se sei di piccolo buio e non hai nulla in mano. Hai voglia di mandarmi via ma se ho il numero di fiches più alto nel gioco, come pensi di spaventarmi?)
– “ciò dei, mulo, gò spilla due jack e al flop me sòn vergognado de mi”
(dai su, ho pescato due jack e quando hanno girato le prime tre carte mi sono vergognato del culo che ho avuto)

Incredibile. Il tempo dedicato al meta-poker supera di gran lunga le effettive fasi di gioco. Andando a rivoluzionare con un contenuto prodotto dal basso, il linguaggio tecnico di uno sport. Qui il format non è stato pedissequamente riprodotto. Come a Treviso.

Qui il format è stato prima localizzato, poi ridefinito e rivitalizzato in una negoziazione linguistica continua tra i partecipanti.
A volte 5 ore di meta-poker sono davvero estenuanti anche per gli stessi giocatori. Che all’una di notte sono più silenziosi.
Ma qualcuno insiste.
Al tavolo finale c’era un ragazzino. Soprannominato da me “radiolina”. Non si fermava mai. Parlava sempre.
A un certo punto ha cominciato a raccontare fasi di gioco di due settimane prima. Al tavolo erano tutti esausti. Nessuno gli dava corda.
Ma “radiolina” non si da per vinto. Incrocia il mio sguardo di spettatore, esterno al tavolo.

“Robe de non creder, el mulo sloveno xé mato. Xé ‘ndado ALL IN con TWO PAIRS”
Io gli sorrido.
L’ho “confermato”.
“Radiolina” sorride e continua a narrare. Sarà il vincitore di quel tavolo.

Uscendo dal locale, scopro che hanno aperto anche un’associazione a Udine. La prossima tappa sarà sempre da spettatore. In un luogo dove ALL-IN diventerà TUTA QUANTA

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6 commenti a Mash-Up, All-In, Two Pairs

  1. endria ha detto:

    bravo henry.

    post sorprendentemente bello e interessante.

    keep on!

  2. enrico maria milic ha detto:

    (rido molto)

    probabilmente il miglior post di bora.la

  3. Arlon ha detto:

    haha.. bel articolo, concordo.

  4. Ant ha detto:

    Grazie Enrico, due sane risate! Presentazione impeccabile..Lo mandero’ alla mia capa numero 2 che e’ una sociolingista!

  5. Alessandro ha detto:

    Moooolto interessante, veramente!oltretutto scritto molto bene..complimenti!

  6. ilpivello ha detto:

    Pazzesco – ho notato esattamente la stessa cosa a casa mia, due giorni fa. Il multilinguismo e il poker (on-line, ma con tre coinquilini allo stesso tavolo con me). A metà di una mia stessa frase mi sono accorto di stare intercalando “call”, “all-in” e così via con parole in dialettazzo (umbro), e inventando – inevitabilmente – pnuovi vocaboli
    “al massimo checka, ma do’ vai co’ un raise!”
    Che belle le coincidenze.

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