2 Maggio 2007

Ferone: “Non è escluso che i Pensionati vadano al ballottaggio”

“Il nostro partito punta realisticamente al 10 per cento dei consensi ma non è escluso che possa arrivare al ballottaggio, anche in considerazione della crescente simpatia che la battaglia del Partito Pensionati per una città più giusta e solidale sta riscuotendo fra la gente”. Il candidato sindaco dei Pensionati, Luigi Ferone, risponde alle considerazioni di Ettore Romoli riguardo alla presenza di “troppe liste di disturbo”. “Ci dispiace ‘disturbare’ qualcuno – ha concluso Ferone – ma questa è la realtà dei fatti”.

7 commenti a Ferone: “Non è escluso che i Pensionati vadano al ballottaggio”

  1. ale ha detto:

    io non riesco a comprendere come si puo’ votare per un partito che rilascia una simile dichiarazione sul piccolo di qualche giorno fa: prima raggiungiamo il 10% e poi decidiamo da che parte stare.
    come elettore penso sia la prima cosa da sapere con chi ci si allea!
    e poi caro ferone il 10% sono 2.500/2.800 voti….
    …… ma dove li scavate?

  2. Carli ha detto:

    Il Vostro Consigliere Regionale del Friuli Venezia Giulia, Ferone, non può essere contattato nemmeno telefonicamente. Se qualche pensionato vuole farlo deve servirsi di Internet, cosa tutt’altro che agevole per le persone anziane e non acculturate in materia elettronica. Oltre tutto deve scrivere nome, cognome, e-mail, numero telefonico. E’ un’ingiustizia ed un abuso di potere.
    Nel giro di pochi giorni la Triplice ha fatto avere agli statali un aumento di 105 euro al mese. Una discreta cifra, che i pensionati non si sognano nemmeno.
    Ma c’è di peggio: grazie alle iniziative dell’onorevole (si fa per dire) Luxuria lo Stato deve intervenire per le operazioni di riadattamento sessuale, mentre la Regione Toscana elargisce 2500 euro all’anno per favorire il reinserimento occupazionale (!) dei transessuali. E noi?
    Cosa hanno fatto il partito dei pensionati e le loro Organizzazioni sindacali per far applicare la legge 140/85 da parte dell’INPS? Proprio oggi ho sentito quattro pensionati esuli che si sono recati all’INPS per avere notizie sull’applicazione di questa legge: ebbene, si sono sentiti rispondere che l’Istituto non sa nulla. In conclusione, costoro hanno perduto 180 euro all’anno, più rivalutazioni ISTAT, in qualche caso fin dal 1985. Solo oggi, per pura combinazione, hanno saputo di quale ricorrente prevaricazione sono vittime, da parte delle Istituzioni, dei partiti, dei Sindacati, e delle loro stesse Organizzazioni.
    A proposito della 140/85, sapete che in Trentino-Alto Adige ed in Valle d’Aosta esistono leggi regionali che ne hanno raddoppiato l’assegno di maggiorazione perequata? I pensionati aventi causa residente nelle altre Regioni sono forse cittadini di seconda serie? Perché il Partito dei pensionati, almeno dove esiste, non si fa promotore di apposite iniziative “ad hoc”?

  3. Invinoveritas ha detto:

    Quando vedi una persona di duecento chili ti domandi se fa fatica a finire il mese? Cosa vuoi che importi a lui che prenderàdalla regione quei cinquemila euro al mese… Io non andrò mai in pensione e il TFR ovunque lo metta tra venticinque anni non mi basterà a concedermi lussi come il formaggio grana o la fetta di crudo. Spero di morire prima…

  4. Carli ha detto:

    INPS – I pensionati (e non solo) hanno spesso necessità di contattare l’INPS, che difficilmente possono soddisfare.
    Esistono solo due vie: il numero verde ed internet, a parte il contatto diretto, che per molti è precluso dalle difficoltà logistiche, se non anche dai problemi di salute.
    Ebbene, il numero verde non risponde se non eccezionalmente.
    Non meno problematico, e spesso impossibile, è interrogare il sito internet: ad esempio, se una persona è nata a Zara, non trova nemmeno l’indicazione di questo capoluogo; se è nata in provincia di Fiume o di Pola trova carenze fondamentali nell’elenco dei Comuni di pertinenza, e così via. Ciò contravviene alla normale diligenza del buon padre di famiglia, che dovrebbe presiedere ai servizi per il cittadino, senza discriminazioni, ed alla stessa Circolare ministeriale del 1° febbraio 2005 n.9, relativa ai territori su cui è venuta meno la sovranità italiana a seguito del trattato di pace del 10 febbraio 1947.
    In buona sostanza, dopo aver perso tanto tempo, fatica e denaro non si riesce ad inviare alcuna comunicazione. Ciò, senza parlare delle tante persone anziane, e spesso invalide, che ovviamente non hanno internet nè la posta elettronica, e che non possono trovare supporto nemmeno attraverso una e-mail di parenti od assistenti volontari, perchè in questo caso l’utilizzo viene bloccato automaticamente. E’ proprio una vergogna, anche perchè non si comprende quali esigenze funzionali abbia l’Istituto nel sottoporre i cittadini a tante richieste impertinenti, salvo quella di impedire l’accesso al maggior numero possibile di persone.
    Invece di destinare ingenti mezzi finanziari alla realizzazione di un sito così farraginoso che non serve, l’INPS avrebbe potuto chiedere, al massimo, solo il numero della posizione previdenziale, col risultato che avrebbe speso assai meno e che il cittadino sarebbe stato in grado di contattare l’Istituto in modo celere e funzionale, come esigono le norme in materia di trasparenza, e prima ancora, il rispetto dovuto ai suoi scopi fondanti di solidarietà, di cui, forse, si è perduto persino il ricordo.
    Ma il partito dei pensionati, di grazia, cosa ci sta a fare?

  5. veritas ha detto:

    INPS PRO DOMO SUA
    L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, come tutti sanno, venne costituito durante il Ventennio, assieme ad altri Soggetti di diritto pubblico con analoghi scopi solidaristici, ma col passare del tempo ha visto ampliare le proprie competenze, e quindi le proprie strutture, fino a diventare un’Azienda dalle dimensioni pletoriche. Oggi, con oltre 20 milioni di assicurati e 32 mila dipendenti, che comportano un monte stipendi pari a 2,2 miliardi di euro in ragione annua, l’INPS non ha rivali nel pur cospicuo mondo del parastato, ed ha finito per diventare un centro di potere, davvero di prima grandezza.
    Un organo di stampa come “L’Espresso” del 15 marzo 2007, non certo in odore di simpatie destrorse, ha pubblicato un documentato e dettagliato servizio sui fasti dell’Istituto, con particolare riguardo agli sperperi ed alle distrazioni di risorse pubbliche che ne derivano, in palese scostamento, bisogna aggiungerlo, dal ruolo istituzionale di assistenza e di servizio a favore delle categorie più deboli, ed in primo luogo a quelle dei pensionati e degli invalidi. Basti pensare che, come ha scritto Giuliano Cazzola, Presidente del Collegio dei Revisori, il numero di coloro a cui vengono corrisposti emolumenti per la partecipazione ai lavori delle Commissioni nazionali, regionali e provinciali, assomma a 6.222, con una spesa che ha raggiunto 13,5 milioni di euro, e che si traduce in flussi finanziari a vantaggio precipuo di sindacalisti e compagni di viaggio, che di quelle Commissioni, pronte a riunirsi almeno “18 mila volte” all’anno (comportando spese di trasferta per un altro milione e mezzo di euro) sono componente notoriamente fondamentale.
    Questo fiume di denaro, in buona sostanza, potrebbe diventare un ruscello senza pregiudizi di sorta, ed anzi, incrementando le disponibilità finanziarie da destinare agli scopi di base. Va da sé che la prassi descritta, pur politicamente e moralmente opinabile, potrebbe essere accettata in via di correntezza se l’INPS garantisse livelli di normale funzionalità, improntati alla diligenza media del buon padre di famiglia. Purtroppo non è così.
    L’esperienza quotidiana dimostra che le lungaggini burocratiche sono sempre più gravi, e tanto più intollerabili, in quanto si traducono in danni e prevaricazioni a danno di persone anziane, che nella maggior parte dei casi non sono in grado di tutelare i propri interessi legittimi. A ciò contribuisce, tra l’altro, la sovrapposizione di controlli e verifiche da parte di altri Soggetti pubblici, cosa che sottolinea un evidente concorso di responsabilità da parte del momento legislativo o regolamentare, e ribadisce le condizioni di sudditanza funzionale e psicologica in cui versano gli aventi causa. Basti pensare che persino a Milano occorrono parecchi mesi, quando va bene, per ottenere un assegno di accompagnamento anche da parte di invalidi totali, per non parlare delle traversie spesso annose con cui bisogna confrontarsi per una semplice ricostituzione pensionistica.
    Qualcuno obietterà che esistono i Patronati, e che la loro assistenza dovrebbe essere prestata a titolo gratuito, come lo stesso Istituto si preoccupa di notificare nelle comunicazioni ufficiali a chi dovrebbe assistere, a fronte di diritti che invece vengono pervicacemente negati, talvolta a fronte di un cavillo interpretativo di questa o di quella legge. Sta di fatto che anche i Patronati sono espressione diretta dell’uno o dell’altro Sindacato, ed almeno indirettamente, dell’una o dell’altra forza politica, e che la loro lettura di disposizioni spesso farraginose o pletoriche, incomprensibili agli interessati, finisce per essere contigua a quella dell’INPS: con tanti saluti, appunto, ad una benintesa previdenza, ed agli scopi per cui ottant’anni fa si era data vita all’Istituto.
    Sappiamo benissimo che il progressivo avanzamento dell’età media di sopravvivenza comporta problemi di politica previdenziale che non possono prescindere da esigenze di finanza pubblica, e dal fatto che l’imposizione fiscale ha raggiunto livelli ormai invalicabili, ma ciò non toglie che sia legittimo, e moralmente sacrosanto, pretendere che in un Paese come l’Italia, in cui la contribuzione previdenziale è caratterizzata da incidenze massime rispetto a quelle altrui, i servizi resi siano proporzionali ai sacrifici imposti.
    E’ palesemente ingiusto che, a fronte di oneri indiretti tali da raddoppiare il costo del lavoro, le prestazioni previdenziali, in un numero crescente di casi, non permettano nemmeno di mettere d’accordo il pranzo con la cena, e che il potere d’acquisto delle pensioni di ogni ordine e grado, a parte gli effetti rivenienti dalle note vicende monetarie, venga ulteriormente eliso dal foraggiamento di strutture burocratiche in paradossale, ulteriore espansione. Ed è altrettanto ingiusto, ma nella fattispecie, anche piuttosto sorprendente, vedere che l’opposizione, come ha constatato “L’Espresso” e come capita di verificare nell’esperienza quotidiana, “sta alla finestra”.
    Se è vero che il grado di civiltà di un Paese si misura, in primo luogo, sulla base della politica per le classi più deboli, e quindi, per la fascia più anziana della popolazione, il cui potere contrattuale è ridotto tendenzialmente a zero, il tramonto della previdenza colloca l’Italia, anche per questo aspetto, in una posizione di malinconica retroguardia.

  6. veritas ha detto:

    veltroni – L’Unto del Signore
    Lo stellone di buona memoria continua a proteggere l’Italia, e Dante, ad oltre sette secoli dal suo viaggio ultraterreno, si sta accreditando come profeta non meno grande del poeta: finalmente, è arrivato il Veltro, destinato a salvare l’Italia, e forse il mondo intero, da tutte le sventure. Bisognerà accendere parecchi ceri di ringraziamento, e fare ammenda della scarsa fede per cui si era ritenuto che l’epoca della manna dal cielo fosse finita da un pezzo.
    Il segretario del nuovo Partito Democratico non è stato ancora eletto, ma sembra che tale adempimento sia del tutto inutile, perché l’incoronazione è già avvenuta a furor di popolo: Il Sindaco di Roma, pur non avendo le doti dei generali di Napoleone, è stato promosso sul campo ed insignito dei gradi di Sindaco d’Italia. Manca soltanto la proposta, o meglio la pretesa, di farlo “santo subito”.
    Eppure, il discorso di Torino, che ha delineato un programma a dir poco taumaturgico, capace di risolvere tutti i problemi del bel Paese e di ricondurlo allo stato di natura caro all’utopia di Gian Giacomo Rousseau, non ha chiarito l’essenziale, e cioè quali siano le fonti finanziarie capaci di supportare una spesa per cui non esiste aggettivazione che non sia riduttiva. Per la verità, il Nostro pensa ad un ampliamento del gettito fiscale riveniente non solo e non tanto dalla lotta all’evasione, ma prima ancora, da virtuose adesioni di massa al nuovo corso, che vivono soltanto nella fantasia di certa sinistra “chic”, in cui le utopie si confondono con studiate ingenuità.
    Veltroni si presenta sul proscenio della grande politica come un salvatore della patria, destinato a compiere il miracolo perché, a differenza dei suoi “competitors” dell’una e dell’altra sponda, è l’Unto del Signore. Non a caso, prima di sciogliere la riserva e di concedersi all’abbraccio liberatorio del Lingotto, è salito a Barbiana, per “trarre gli auspici” dalla tomba di don Lorenzo Milani, della cui scomparsa, proprio in questi giorni, ricorre il quarantennale.
    Ecco una strumentalizzazione a dir poco smaccata: invece di mutuarne il convincimento di ritirarsi in Africa nell’impegno a favore dei bambini e dei diseredati del terzo mondo, cosa che aveva pensato di fare alla scadenza del suo mandato in Campidoglio, è stato folgorato come Paolo sulla via di Damasco, maturando la decisione del grande sacrificio per il bene comune, e non solo per quello degli amati progressisti e compagni di viaggio. Il nuovo Sindaco del terzo millennio si impegnerà per tutti, e non solo per coloro che lo avranno votato.
    A parte il fatto che vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso è sempre stato uno sport piuttosto pericoloso, ciò che lascia di stucco è questa sorta di “imprimatur” che il buon Walter è andato a chiedere a don Lorenzo: un Uomo, questo sì con la maiuscola, che si era donato anima e corpo alla causa degli umili e degli ultimi, e che non aveva mancato di affermare in ogni occasione la sua fede democratica, ma proprio per questo, rigidamente anticomunista. Come Veltroni?
    Don Lorenzo ebbe momenti di notorietà, non soltanto con la sua azione pastorale e con il suo impegno quasi messianico di educatore, ma nello stesso tempo, con i problemi giudiziari che lo videro protagonista di una famosa “querelle” con alcuni Cappellani militari, tra cui il compianto don Luigi Stefani, esule da Zara, alpino della “Julia”, sensibile ai valori di un continuo ed impegnativo volontariato come volle dimostrare con una lunga milizia nella Venerabile Arciconfraternita della Misericordia fiorentina e nelle Opere del Soccorso, compresa quella in favore dei profughi ungheresi, ma attento anche ai principi sacri della patria e dell’onore: del resto, non erano stati Cappellani militari Uomini come don Carlo Gnocchi, il Santo dei mutilatini, don Giulio Facibeni, il fondatore dell’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa”, o don Reginaldo Giuliani, eroe della prima guerra mondiale?
    Chi conobbe don Lorenzo Milani e don Luigi Stefani può ben dire che furono accomunati dall’amore per il prossimo, sebbene l’uno fosse antesignano del futuro, e l’altro, paladino della tradizione: due mondi che avrebbero potuto e dovuto incontrarsi, e che non è giusto riproporre al giorno d’oggi in un’antitesi strumentale, al pari di certe improbabili genuflessioni sul povero sepolcro di marmo bardiglio, non certo di prima scelta, che ricorda meglio dei proclami avveniristici del Veltro la semplicità e la forza morale del parroco di Barbiana.
    Carità di patria esige, tuttavia, che all’Unto del Signore giunga l’augurio di poter essere tale fino in fondo, per gestire con esemplare onestà e correttezza una cosa pubblica fin troppo bistrattata dai troppi assalti alla diligenza dell’una o dell’altra fazione, o più verosimilmente, per digerire gli effetti di una probabile disavventura elettorale dagli scomodi scranni dell’opposizione, anziché da una stimolante missione in terra d’Africa, a cui il Veltro ha dovuto rinunciare in ossequio alla Chiamata.

  7. Cenere ha detto:

    @veritas
    Ma ti pare una buona cosa fare il copia-incolla da altri siti e pubblicare a nome tuo articoli di altri?

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