22 Ottobre 2006

Valga, l’ultima Gorizia?

In cui si racconta di come, durante un recente viaggio in Estonia, Fabiana e Marco si rendano conto che a tutte le latitudini, alla fin fine, la storia assomigli sè stessa.

Look, dice Marco scherzando, they are like us!

Una coppia di anziani cammina verso casa dall’altra parte del filo spinato, un gatto (clandestino!) lo attraversa senza rispettare lo stop.

Sul retro del vicino centro commerciale (avatud 9-22) quattro parrucchiere estoni chiacchierano fumando sigarette.

Poco lontano, il relitto di quella che avrebbe potuto essere una piscina, una casa del popolo o magari un centro ricreativo, ricorda al visitatore che in tempi (poco lontani) anche qui batteva l’ora di Mosca.

Ho sempre pensato che fosse Gorizia l’ultima città europea divisa in due da una frontiera dopo la riunificazione di Berlino, fino al giorno in cui sono capitata a Valga/Valka, una città divisa fra Estonia e Lettonia, a 4 ore di macchina da Tallin.

Il mix di cemento sovietico, casette di legno estoni dipinte a colori vivaci ed edifici sponsorizzati dall’Unione Europea mi dà una sensazione bizzarra, di spaesamento, come se i detriti di varie ere geologiche non avessero fatto in tempo a stratificare, ma si fossero posati una accanto all’altro, a memoria permanente del tempo che passa.

I negozi di vestiti, mobili e giocattoli usati sono dappertutto: la gente qui non può permettersi di comprarne di nuovi. In compenso, il cartello nero-arancio wi-fi segnala che ci si può connettere a internet anche in mezzo alla strada: benvenuti in e-stonia, il paese in cui non hanno mai visto un libretto di assegni perché già dal primo giorno dopo l’indipendenza hanno deciso di lavorare sull’informativizzazione di tutti i servizi.

Al ristorante coreano Horan, la cameriera parla il russo e l’inglese. Chissà chi sarà il padrone di questo posto. Si sarà trattato di un qualche ingegnere Nord Coreano in visita in URSS che ha deciso di stabilirsi qui? O magari di un Estone scopertosi amante delle culture orientali? Non sarebbe il primo. Uno dei campioni emergenti di sumo è un estone biondo di 170 chili, si chiama Kaido Höövelson, nome d’arte Baruto, che in giapponese pare significhi “baltico”.

Mentre passeggiamo scattando foto (la luce del cielo dopo la pioggia è perfetta) mi chiedo come sia per questo ragazzo che fuma una sigaretta all’esterno del liceo russo vivere qui. E per queste signore che chiacchierano aspettando l’autobus? Avranno ancora legami con quelli che vivono “al di là”… Diverse persone attraversano il confine, i doganieri non li fermano nemmeno, nessuno controlla i documenti.

Come da noi. Chissà se pure loro hanno avuto il propusnica, quel librettino grigio verde che ha sempre distinto “noi” ( triestini, giuliani, sloveni, croati ) dagli “altri” ( i “taliani” ), e che ci permetteva di passare per piccoli valichi sconosciuti al grande pubblico deridendo e compatendo, in fondo al cuore, quei poveri tedeschi costretti a stare in fila per ore ed ore con le loro roulottine al valico di Fernetti o di Rabuiese.

Il confine è la prima cosa che mi viene in mente quando penso a me stessa ed alla mia storia personale. Mia nonna raccontava che alcuni suoi parenti si erano ritrovati, dopo la separazione definitiva della zona A dalla zona B, ad avere il soggiorno in Italia e la camera da letto e il bagno in Yugoslavia… mi divertiva moltissimo, da bambina, pensare all’ufficiale della guardia di finanza che, a rigor di logica, avrebbe dovuto perennemente stazionare nel corridoio di casa.

Vivere sulla frontiera, avere la possibilità di conoscere entrambi i mondi, aver visto il prima e il dopo, mi sono sempre sembrati un incredibile vantaggio, al di là di tutta la retorica degli “inviolabili confini”. Ci si rende conto che esiste l’altro, il diverso, ma che in fondo, questo “straniero” è così simile a te, che non sarebbe poi impossibile ribaltare i ruoli. Che benchè la storia recente vi divida, siete per il resto perfettamente compatibili.

A Valga sono le otto di sera. Un tramonto abbagliante illumina il tetto della chiesa S.Giovanni. Io e Marco, tedesco della Germania dell’Est, camminiamo verso la macchina con una potente sensazione di deja vù incollata addosso.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, quando l’Estonia ottenne per la prima volta l’indipendenza, il colonnello britannico S.G. Tallents ricevette l’incarico di studiare una soluzione al problema della citta’, in cui convivevano le due comunita’. L’idea brillante del diplomatico fu quella di dividere la citta’ in due. Da una parte Valga, dall’altra Valka. Durante il periodo sovietico le due parti coabitarono nuovamente “sotto lo stesso tetto”, per poi ritrovarsi separate con l’indipendenza dei primi anni ‘90
a on line

Link su Valga: WikipediaTourist informations

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