9 Aprile 2019

Quali indicatori della crisi per una PMI manifatturiera?

el sunto Cosa cambia con il nuovo “Codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza”? Ce lo spiega Lorenzo Clarich

Con l’entrata in vigore del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” assume fondamentale importanza il sistema di allerta preventiva attraverso (ma non solo) gli indicatori di bilancio predittivi del default. Sarà in effetti compito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) individuare tali indicatori al fine di massimizzare l’affidabilità e la semplicità di utilizzo da parte delle imprese e dei professionisti. Tra gli ultimi notevoli interventi sul tema si ricordano senz’altro quelli del dott. Massimo Talone – che ho avuto il piacere di ascoltare in occasione del suo ultimo intervento ad Udine – il quale sottolinea l’inevitabile necessità per le imprese di adottare un adeguato processo di pianificazione aziendale oltre ad un sistema integrato di risk governance (link). I dottori Bozza e De Angelis rimarcano invece la delicatezza del ruolo affidato all’organo di controllo preventivo (link) mentre il dott. Pierpaolo D’Angelo si focalizza sul dovuto scetticismo professionale attraverso un esempio numerico (link). Non da meno il CEO di Leanus Alessandro Fischetti ha di recente pubblicato una serie di interessanti statistiche sui sistemi di allerta (link).

Un tanto premesso e considerato il forte interesse di ricerca sul tema, desidero condividere i risultati di un’indagine empirica da me svolta qualche tempo fa che tuttora può contribuire al dibattito in corso. La domanda di ricerca era (e rimane tuttora) la seguente: quali sono gli indicatori di bilancio più adatti a monitorare il rischio di fallimento di una piccola-media impresa manifatturiera italiana? Per rispondere analizzai 36 bilanci di aziende sane e 36 bilanci di aziende fallite con un orizzonte previsionale di 2 anni elaborando 87 indicatori di bilancio e valutandone la relativa capacità predittiva del default. La ricerca fu supervisionata da un punto di vista scientifico dal prof. Maurizio Fanni. Per l’occasione mi focalizzai su un campione composto esclusivamente da società di capitali non-grandi residenti nella Regione Friuli Venezia Giulia ed operanti nel settore manifatturiero (codici ATECO da C10 a C32 compresi). Grazie ad una serie di elaborazioni statistiche fui in grado di (1) selezionare gli indicatori più efficaci per il contesto di riferimento e (2) metterli assieme generando una combinazione lineare (Z) che risultò molto efficace in sede di successiva validazione su un campione test che avevo tenuto da parte.

Di seguito riporto i migliori 4 indicatori con i relativi valori osservati:

(1) NOPAT / Totale Attivo che presentava un valore mediano pari a 3% per il campione di aziende sane e -6% (alert) per quelle fallite e può essere considerato una proxy del ROI (Return On Investment) normalizzato ed adattato per una PMI;
(2) Capitale Circolante Netto / Totale Attivo che presentava un valore mediano pari a 16% per il campione di aziende sane e -3% (alert) per quelle fallite e può essere considerato una proxy del cosiddetto “Acid Test” adattato per una PMI;
(3) Utile Netto / Ricavi di Vendita che presentava un valore mediano pari a 2% per il campione di aziende sane e -9% (alert) per quelle fallite e può essere considerato in modo abbastanza immediato una proxy del ROS (Return On Sales) adattato per una PMI;
(4) Capitale Netto / Totale Debiti che, se invertito e trasformato nel più noto rapporto di leverage (D/E), presentava un valore mediano pari a 4,5x per il campione di aziende sane e 13x (alert) per quelle fallite e può essere considerato a tutti gli effetti un indicatore dell’adeguatezza patrimoniale.

In definitiva la ricerca fornì risultati incoraggianti poiché emersero indicatori della crisi pensati specificatamente per le piccole imprese manifatturiere, tuttavia andrebbe ulteriormente indagata l’efficacia degli stessi indicatori per imprese operanti in settori diversi generando così verosimilmente un pacchetto di ratios correlati al codice ATECO effettivamente svolto dall’impresa. Mancano inoltre nella mia analisi i flussi di cassa, in particolare quello operativo – che decisi di non approssimare al Margine Operativo Lordo (MOL) a causa dell’osservata instabilità del CCN operativo -, poiché moltissime società analizzate adottavano il bilancio in forma abbreviata senza fornire alcuna informazione sulla liquidità generata/bruciata in quanto esonerate dell’obbligo di redigere il rendiconto finanziario: andrebbe forse esteso tale obbligo anche per quelle SRL che dovranno dotarsi nei prossimi mesi dell’organo di controllo ai sensi del novellato art. 2477 c.c. pur mantenendo legittimamente il bilancio in forma abbreviata.

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Un commento a Quali indicatori della crisi per una PMI manifatturiera?

  1. Andrea ha detto:

    Complimenti.

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