27 Marzo 2019

Da Gorizia alle consolle di mezzo mondo passando per il Sónar: Incontro con Bawrut

el sunto Il suo e.p. “4x4” è stato da più parti incoronato come disco dell’anno 2018 ed i remix che sta confezionando stanno prendendo strade sempre più larghe

Bawrut, all’anagrafe Borut Viola, è un dj e produttore nato a Gorizia. Il suo sound, molto particolare ed in bilico tra Nu-Disco e Techno ridotta all’osso gli sta fruttando riconoscimenti illustri, il suo e.p. “4×4” è stato da più parti incoronato come disco dell’anno 2018 ed i remix che sta confezionando stanno prendendo strade sempre più larghe. Incrociarlo non è stato per nulla semplice, dopo mesi di rincorse sono riuscito a strappargli un’oretta per farmi raccontare un pò della sua storia.

Ciao Borut, tra pubblicazioni di remix e tuoi dj set in giro per il mondo, questo sembra un periodo davvero intenso per te, su cosa stai lavorando attualmente?

In questo momento sono appena rientrato da un weekend di fuoco dove ho suonato a Tel Aviv, poi Milano ed infine Berlino.

Con questo progetto Bawrut, nato quattro anni fa, nel 2018 ho cercato di concentrarmi nel produrre più musica possibile, sia a nome mio che remix per altri, proprio nei prossimi giorni ne usciranno alcuni, uno per gli olandesi Tunnelvisions, ed uno per Alexander Robotnick, quindi il lavoro di produzione occupa buona parte delle mie giornate, anche se dopo molti anni, sono riuscito a fare un’ottima media tra qualità e quantità.

Il mio processo creativo è variabile, nel senso che a volte le idee mi vengono fuori velocemente ed in tre giorni riesco ad avere un abbozzo, altre volte la cosa prende più tempo.

Anche se in questo periodo la mia popolarità è in crescita, cerco di tenere sempre a mente una cosa che ho notato in questi anni, ovvero che quando il tuo nome inizia a girare, e tu diventi in qualche modo famoso per un certo tipo di sonorità, è molto facile rimanere incastrati in quel cliché.

Il risultato è che quando quel genere musicale cresce, di conseguenza anche tu fai un balzo in alto, ma quando ha esaurito la sua carica, tu sparisci con esso. Il mio, quindi più che un sound definito è un particolare tipo di approccio alla produzione

Al giorno d’oggi, fare musica di qualità è veramente semplice, con un software ed un paio di cuffie ci si può già confezionare il proprio disco (certo, se una cosa è prodotta in uno studio professionale si sente, ma non è quello il punto), il problema è che questi software, impostando gli automatismi, ti possono aiutare al punto che fanno quasi tutto da soli (accordi, armonie) e quando ascolti il risultato dici “bello sto pezzo, lo lascio così”, la creatività in questo caso centra ben poco.

Gli stessi software però, allo stesso modo ti danno la possibilità di andare a modificare elementi e creare cose impossibili con una strumentazione classica, a me ad esempio, piace molto lavorare sulle forme d’onda e modificarle, questo mi da la possibilità di aggiungere il mio tocco personale.

Questo si sente, ovvero trovo che i tuoi lavori abbiano un piglio originale e siano immediatamente riconoscibili, ma da quanto mi dici, non mi sembra tu sia un fanatico di attrezzatura da studio od un collezionista di rack modulari.

Una parte della mia strumentazione è analogica, e ne sono sempre stato un appassionato, ma la mia visione sull’accumulo di apparecchiature, è che più strumenti hai, più rischi di essere inconcludente, almeno questa è la mia opinione. Vedo che l’avere maggiore offerta a livello creativo, ovvero avere più strumenti e di conseguenza più suoni, ti distoglie da ciò che è veramente importante, ovvero che la traccia funzioni sulla pista da ballo. Utilizzo quel poco che ho, che a volte mi sembra già anche troppo.

Bawrut è la tua seconda impersonazione dopo il successo avuto come Scuola Furano più di dieci anni fa. Che differenze vedi nella scena del clubbing ora rispetto al 2005 ad esempio?

Devo dire che quando abbiamo iniziato, in quegli anni, eravamo una novità nel panorama, qualcosa di fresco che non faceva parte a pieno titolo della club culture, siamo stati tra i primi ad intercettare e proporre quel tipo di sound, ma non eravamo minimamente coinvolti nel giro dei dj da club storici, quelli che stavano sulla scena già da più di un decennio, e neanche eravamo interessati a farne parte.

Avevamo un approccio punk, supportato anche dalla nostra etichetta di allora (la Riotmaker, patria anche degli Amari e del duo Fare Soldi), quindi alla fine siamo arrivati ad essere considerati anche nella cosiddetta club culture, ma facendo un percorso totalmente diverso, non ho infatti mai fatto la tipica gavetta del dj, dove devi per anni suonare prima del dj principale.

Una caratteristica imprescindibile di quella determinata scena (che oggi su Beatport viene catalogata come Indie Dance) era la provenienza del pubblico, molto varia, anche gente che con la cassa in 4/4 non ha mai avuto niente a che fare perché proveniva proprio dal rock indipendente. Tutto questo grande calderone, che veniva definito anche scena electrofunk, e di cui ne facevano parte anche i Crookers ed i Bloody Beetroots, insomma, tutta ‘sta cosa ad un certo punto è collassata, sono spariti i club, i produttori, ed anche il pubblico, che oggi, per buona parte ha anche smesso di seguire la dance ed i clubs, mentre i restanti hanno iniziato a seguire la scena EDM.

La mia fortuna in quel caso è stata la mia curiosità, che mi ha fatto mantenere una passione parallela anche per tutto quello che era legato alla musica house delle origini, il sound di Chicago, mi appassionavo a leggere gli articoli di Christian Zingales su Blow Up e di Fabio de Luca su Rumore, ascoltavo il glorioso “Weekendance” su Radio2 con Luca de Gennaro, e comunque, anche quello era un approccio alternativo alla club culture, non ero assiduo lettore di Mixmag o Dj Mag ma ho sempre cercato una via laterale a questo mondo.

Il secondo disco di Scuola Furano (dal titolo “108” ed uscito nel 2012) era qualcosa di totalmente differente, in un momento dove la electrohouse era sparita e l’EDM stava diventando un fenomeno di massa. Il disco se lo filarono in pochi, ma una cosa che mi rende felice è che oggi, nel 2019, la Defected ha messo sotto contratto e pubblicato l’album di Fiorious, che produssi per lui tre anni fa e che fu la naturale evoluzione proprio del mio album “108”, dove era presente anche lui in un pezzo.

Negli anni successivi cosa hai fatto?

Ho collezionato musica e prodotto cercando di trovare la quadra tra ciò che veramente mi piace e ciò che funziona veramente su una pista da ballo, ecco, a vedere dai risultati che stanno arrivando ultimamente, penso di averla trovata.

Sei nato e vissuto a Gorizia, da 5 anni ti sei trasferito a Madrid, questo radicale cambiamento ha anche influenzato il tuo approccio ed tuo sound?

E’ stato determinante per me separarmi da una realtà che per me stava diventando quasi tossica, nel senso che mi stavo trovando, artisticamente parlando, in una situazione che non mi permetteva di crescere ma neanche di uscirne. Staccarmi dai social, e di conseguenza perdere anche una parte dei contatti che mi legavano ad un certo tipo di scena, è stato il primo passo. Mi sono trovato catapultato in un mondo dove non avevo quelle tipiche distrazioni, tipo commentare cosa stanno facendo uscire gli altri produttori, parlare bene o male di quest’altro dj etc., sia nel virtuale che nel reale. Questo mi ha aiutato tantissimo a focalizzarmi sul fare musica. Ora come ora, produco senza preoccuparmi di cosa possano pensare gli altri artisti, od anche a chi dei miei contatti possa piacere la mia musica, anche perché qui a Madrid sono ripartito da zero anche a livello di pubbliche relazioni.

Una scelta coraggiosa quindi.

Sicuramente, ma che non sarebbe stata tale senza il supporto della mia partner, che mi ha portato qui dandomi la possibilità di concentrarmi sulla musica.

Non è stato molto semplice, anche perché se qualche anno prima avevo una certa fama come Scuola Furano, già da qualche tempo a nessuno gliene fregava più niente, tantomeno qui a Madrid. La cosa assurda è che colui che mi ha dato la spinta iniziale per creare questa nuova cosa di Bawrut è stato Bugo, lui ha vissuto qui quattro anni qui dopo essere stato in India, un pomeriggio volevamo andare a visitre i Red Bull Studios che erano stati abbandonati dopo la Academy, in questo posto incredibile tra i padiglioni industriali dei primi ‘900, e mentre passeggiavamo in questo ambiente surreale, mi ha dato alcuni suggerimenti che mi hanno aiutato non poco.

Per due anni di fila hai suonato al Sónar di Barcellona, che è il più longevo ed importante festival di musica elettronica in Europa, come ci sei arrivato e com’è stato suonarci?

Loro mi seguivano già da qualche tempo, anche perché cercano di tenere sempre una quota di artisti locali abbastanza elevata, grazie alla mia agenzia sono riuscito ad entrare la prima volta nel 2017, la mia esibizione di quell’edizione (reperibile anche su Youtube N.d.a.) rimane a tutt’oggi il punto più alto ed emozionante della mia carriera fino ad oggi.

Io ero già tesissimo di mio, ed all’arrivo al backstage, mi viene comunicato che l’artista che doveva suonare prima di me era irreperibile (Princess Nokia), e quindi mi chiesero se volevo salire subito e fare un warm-up fino al suo arrivo, per poi fare il mio set regolare. Non mi ero preparato per questo, ma ho deciso di salire lo stesso per fare questo set più tranquillo fino all’arrivo di Princess Nokia, ho cercato di creare una bella atmosfera, nel frattempo l’artista latitante è arrivata ed ha fatto il suo live, con grossa sorpresa, quando era di nuovo il mio turno, c’era gente che aspettava il mio ritorno, non ci credevo. Il fatto di aver dimostrato la mia disponibilità quella volta mi ha aperto le porte anche per l’edizione successiva. Da lì un’altra grossa soddisfazione è stato l’endorsement di Kink, che ho incrociato in un’altra data sempre patrocinata dal Sonar.

Grazie Borut per il tempo che ci hai dedicato, qui sotto alcuni link per ascoltare alcune sue produzioni.

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2 commenti a Da Gorizia alle consolle di mezzo mondo passando per il Sónar: Incontro con Bawrut

  1. sam ha detto:

    bravo borut

  2. Archibald ha detto:

    Gorizia è una città che ha mantenuto l’iconografia austriaca ,della vecchia nobiltà austriaca, immigrati a parte; tutto sommato ha sempre un certo fascino, ma bisogna viaggiare retro temporale e non innovare, è chiaro che il DJ in questione sarebbe rimasto al palo là.

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