Continua la rubrica nata sulla scia del progetto In Salita di Alba Zari e Sharon Ritossa.
Una fotografia istantanea della situazione ciclabile a Trieste, concentrandoci direttamente sull’esperienza di chi la bicicletta la usa quotidianamente, sfidando quel motto duro a morire e che, col tempo, vorremmo invece ribaltare.
L’obbiettivo è dimostrare che sì, Trieste xe anche per bici.
Il nostro progetto, che si appoggia all’idea di Alba e Sharon, vuole proseguire nel loro lavoro.Chi vuole partecipare e dare il proprio contributo può mandare una sua foto in bici e le sue risposte alle quattro domande a manna@bora.la.
Vi ringraziamo in anticipo.
La testimonianza di oggi è di Italo Cerne.
- Descrivi la tua bicicletta.
La mia bicicletta si chiama Beone. Anzi viene chiamata Beone, storpiando la marca Be One: un po’ a causa mia che l’accompagno e un po’ in omaggio al retaggio triestino del bere. È una mountain bike nera e blu acquistata da Sportler, molto energica, una volta gonfiate bene le ruote. Se avessi ancora dieci anni saprei dire marca, modello, telaio, ammortizzazione, numero di marce… è dotata di una comodissima cassetta portatutto ex frutta e verdura – montata una volta decretata la quasi totale inutilità del portapacchi – di luci e adesivi.
2. Da quanto tempo utilizzi la bicicletta?
La prima bici sarà stata un triciclo in plastica degli anni ’80, una specie di scagno per appoggiare il culone e i pedali direttamente collegati al mozzo della ruota anteriore. Ma ovviamente i piedi stavano per terra.
La seconda – non so quanti anni avessi – è stata una di quelle pieghevoli, rossa. Aveva le rotelle, ma mio zio, il giorno che mi fu regalata, ci si sedette sopra piegandole all’insù: e fu così che dovetti raggiungere subito il primo traguardo: l’equilibrio!
Seguì la prima mountain bike. Non ricordo né il colore né le dimensioni né, ancora, quanti anni avessi. Ricordo solamente che con i compagni di giochi sangiacomini rotolavamo spesso a terra per colpa di trampolini improvvisati sulle radici degli alberi o delle discese dalle scale lì della chiesa. E c’erano già le salite, hai presente via San Marco?
Con l’adolescenza la bicicletta scomparve: nuovi interessi e nuovi mondi dell’età ormonale scavalcarono ruote e pedali.
A 26 anni, con l’arrivo di Beone, dopo qualche comparsa sporadica, la bicicletta è tornata a fare quotidianamente capolino nella mia vita. Da lì nuovi giri in Carso e locomozioni cittadine lasciando da parte l’auto e le lente camminate.
3. Dove ti porta la bici?
La Beone con la sua (insisto) comodissima cassetta è il mio mezzo di spostamento principale: dalla città a Barcola, dal lavoro al Carso. Alla fine Trieste avrà una morfologia tutta saliscendi, ma non è così grande. Partendo dal centro e scegliendo una direzione qualsiasi, entro 6 km sei fuori dalla città. Una volta resomi conto di questo (grazie google maps!), ho iniziato ad andare sul lavoro in bici. Non ci metto più di 20 minuti: solamente 7-8 minuti in più che in auto.
La uso quotidianamente nei tragitti cittadini, risparmiando un notevole quantitativo di tempo.
Come tanti altri (o forse solo alcuni?) e grazie all’intraprendenza di un amico, la scorsa estate sono arrivato molto lontano con e grazie a essa: fino in Montenegro. Mille chilometri di splendido viaggio, tra coste, ardue salite e immense valli.
4. Trieste xe per bici?
No xe che “no se pol”, te convien, cussì te pol dir “ara che bela che xe Trieste!”.
Trieste e triestini nel cuore…da una friulana…valligiana delle Valli del Natisone