19 Febbraio 2015

Scampoli di storia: dalla lotta in clandestinità nei G.A.P. triestini a Dachau

el sunto Una testimonianza di Rodolfo Flego, conosciuto come Rudy Rosso . E per concludere una lettera scritta da Rodolfo stesso un anno fa.

Ho trovato questa testimonianza autobiografica di Rodolfo Flego, conosciuto comeRudy Rosso figura notissima di comunista triestino anche perchè fu per anni autista e guardia del corpo di Vittorio Vidali e che è scomparso recentemente.

In un altro post ho raccontato il percorso che lo portò da un antifascismo istintivo ad una convinta adesione agli ideali del comunismo.

Qui riprendo il suo racconto da quando nell’ autunno del 1943 entrò in clandestinità con i G.A.P. a Trieste, sotto il comando di Sergio Cermeli. “La mia fidanzata, Luigia Cattaruzza, faceva parte dei G.A.P. Anch’io mi sono messo nel gruppo e sono diventato un capo gruppo. Si facevano scritte sui muri, si distribuivano clandestinamente dei volantini e robe del genere. Allora frequentavamo un’ osteria che si chiamava “Marameo” e che aveva opportunamente due uscite.
Una sera suona l’ allarme e noi diciamo al padrone di abbassare la saracinesca per non farci vedere che non andiamo al rifugio e così continuiamo a giocare a carte. Arrivano improvvisamente i carabinieri che ci portano via le carte d’ identità e ci dicono di andare a ritirarle l’ indomani in caserma.
Allora un tizio che dice di essere bersagliere si offre di andare in caserma a sparar balle a dire che noi siamo suoi amici e balle del genere. Infatti torna con le carte d’ identità. Da quel giorno si spaccia per nostro amico, dice di non essere fascista e le solite storie. Alcuni di noi cominciano a fare confidenze in piena regola. Dopo qualche giorno arrestano Valerio e lo “lavorano”. Pian piano lo costringono a fare tutti i nomi. Mi arrestano. Quello che è stato più duro da sopportare è stato che di notte quei maledetti bastonavano la mia fidanzata e me lo facevano sapere. Di giorno, poi, bastonavano me in piena regola. Volevano sapere cose che noi non sapevamo.
“Noi cerchiamo il Rosso” mi urla quel maledetto Maraspin che era un sottoufficiale dell’ Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza. Il mio nome di battaglia era proprio “Rosso” e da alcuni particolari avevo capito che si trattava di me. Io sparavo balle a raffica poi un giorno mi viene un’ idea: se dico la verità magari non mi credono. Allora dico: “Io sono il Rosso” e Maraspin: “Sappiamo che sei il Rosso perchè eri rosso di capelli da piccolo, ma noi cerchiamo un altro Rosso !”.
Un mattino ci svegliano all’ alba e ci portano in stazione: destinazione: Dachau. Ci buttavano fuori dalle baracche alle quattro del mattino in pieno inverno, ma eravamo praticamente nudi come vermi, ricoperti da qualche schifoso straccio. Per scaldarci, mi ricordo, facevamo la “piramide”. Se uno ci pensa… Uno si metteva dietro mentre gli altri stavano davanti con mezzo corpo nudo verso le intemperie. Poi a turno ci si dava il cambio. Sono arrivato nel lager che avevo 85, 87 chili: sono tornato che ne avevo 47.
Nel sottocampo di concentramento di Blaika era ancora peggio. Con venti gradi sotto zero ci mandavano fuori dalle baracche che era notte pesta; ci bagnavano in lungo e in largo con le pompe e con gli idranti per poi tenerci all’ aperto per quattro ore. Sui nostri stracci si formava un velo di ghiaccio. Era un modo per risparmiare pallottole. Quando sono tornato speravo di ritrovare la mia fidanzata invece era stata bruciata in Risiera.
Mi ero lasciato andare: ero distrutto fisicamente e moralmente. Poi con l’ impegno del sindacato e con il Partito Comunista ho recuperato piano piano. Ho fatto l’ autista del senatore Vittorio Vidali e ho fatto la sua guardia del corpo. Sono rimasto con lui per vent’ anni fino al 1983 quando è morto. E ora eccomi qua
”.

Ora alcune considerazioni che sulla testimonianza di Rodolfo Flego da parte di Sergio Mauri che la testimonianza ha raccolto. La coscienza di classe di Flego ruota attorno ai luoghi di lavoro. E’ significativo che Rodolfo giovane desideri e sogni di diventare un operaio metalmeccanico specializzato: è il modello operaio più ambito e desiderato nel contesto di classe. Una volta divenuto lavoratore portuale, Rodolfo trova un ambiente diverso. I contenuti professionali sono più poveri ma i contenuti socio-politici sono senz’ altro pieni e appaganti. Infatti i lavoratori portuali si caratterizzano per la loro tradizione socialista e antifascista. La stessa tipologia del lavoro portuale con i suoi caratteri di reclutamento occasionale favorisce il mantenimento della libertà personale che, nel contesto del regime fascista, si traduce anche sul piano della libertà politica. La presa di coscienza politica di Flego è in qualche modo successiva alla lotta. Per Rudy Rosso è l’ appartenenza alla classe proletaria la vera scuola politica.

Concludo questo Scampolo con un’altra testimonianza diretta: questa volta dello stesso Rudy Rosso, una lettera di protesta scritta di suo pugno un anno fa, nel febbraio del 2014.

 

PROTESTA DI UN EX DEPORTATO

Mi chiamo Rodolfo Flego, nato a Trieste nel 1919, da sempre antifascista, come molti uomini e donne dopo l’8 settembre 1943 decisi di unirmi alla Resistenza, nome di battaglia Rudi Rosso. In seguito alla mia cattura sono stato deportato in un Campo di Concentramento in Germania, dove sono rimasto prigioniero per diciassette mesi, ovvero fino alla fine della guerra.

In questi giorni mentre seguivo un programma in TV, sono rimasto molto colpito da una trasmissione che raccontava la storia dei Lager nazisti dove sono stati deportati e uccisi milioni di persone, uomini, donne e bambini.

Vorrei esporre brevemente il mio grande rammarico per come viene presentato l’orrore dei Campi di concentramento, essendo stato io stesso un deportato nel Campo di Dachau, a causa della mia appartenenza ai GAP, Gruppi d’Azione Patriottici.

Sempre più spesso mi capita di sentire una versione della storia dei Campi di concentramento parziale e sempre più focalizzata esclusivamente sul drammatico e inumano sterminio degli Ebrei, dimenticando che nei Lager sono passati anche milioni di non Ebrei.

Le vittime dei Lager ammontano a circa 11 milioni di persone morte, di cui 6 milioni circa di religione ebraica. È sicuramente sempre giusto esprimere solidarietà agli Ebrei internati ed uccisi, ma perché non ricordare tutti gli altri esseri umani imprigionati e uccisi nei campi? Oppositori politici, i così detti “criminali abituali”, gli “elementi antisociali” come prostitute, i mendicanti, gli “zingari”, gli alcolisti, i trasgressori delle leggi, gli psicopatici, gli omosessuali e i testimoni di Geova, e perché non ricordare l’eutanasia dei disabili( Programma T4), o la prostituzione forzata delle recluse con bordelli nei Lager, aperti solo per guardie e kapò, fino ad arrivare agli esperimenti “medici” su esseri umani, bambini inclusi? Perché la TV si dimentica sempre di tutte questi uomini e queste donne?

La mia generazione ha fatto grandi sacrifici e spesso ha dato la vita per la libertà dell’Italia e dei suoi cittadini, combattendo il nazi-fascismo e costruendo una Repubblica per un’Italia nuova e migliore.

L’oblio sui non ebrei reclusi ed uccisi nei Lager nazisti non aiuta, a capire fino in fondo quello che sono stati realmente i Campi di sterminio.

Rodolfo Flego

DACHAU numero matricola 69638

1 commenti a Scampoli di storia: dalla lotta in clandestinità nei G.A.P. triestini a Dachau

  1. Rodolfo Rolfi ha detto:

    Guardare bene il braccio sinistro della persona in piedi nella foto.
    Non suggerisco niente, guardate da soli.

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