8 Aprile 2014

Dehors a Trieste, per Paolo Rovis divieti assurdi

el sunto Critiche dal consigliere Paolo Rovis al regolamento approvato dal Comune sulla gestione degli spazi antistanti ai locali pubblici.

Dehors a Trieste, Paolo Rovis critica il nuovo regolamento appena approvato dal Comune. Sul suo blog l’intervento completo.

La necessità di un regolamento “Dehors” nacque una decina d’anni fa. Si trattava di dare risposta a una legittima richiesta di molti baristi e ristoratori: poter installare coperture sugli spazi antistanti i propri locali, così da poter fruire di un maggior numero di posti a sedere non solo nei mesi estivi, ma anche d’inverno. Avrebbe significato più lavoro e, quindi, più occupati – soprattutto giovani – nel settore.
Si susseguirono varie bozze di un regolamento non semplice da produrre. Si dovevano conciliare, infatti, le esigenze pratiche dei gestori con quelle di tutela dell’ambiente e del paesaggio, scongiurando il rischio di trasformare le vie del centro storico in una baraccopoli. Finì che non se ne fece nulla, fondamentalmente a causa della diversità di vedute tra il Comune e la Soprintendenza.
Il Regolamento approvato ieri non ha nulla a che fare con i “Dehors” come intesi e sollecitati all’epoca. Si limita a imporre norme sugli arredi già impiegati dai pubblici esercizi per far accomodare all’aperto i propri clienti: tavoli, sedie, ombrelloni. Vediamo come.
I divieti assurdi. Innanzitutto c’è il colore. Al bando qualsiasi arredo di colore diverso dal grigio scuro. Le tinte chiare, pur eleganti e diffuse, vanno rottamate.
Proibito delimitare i propri spazi esterni con pannellature, ancorché trasparenti. La soluzione sarebbe stata per nulla invasiva e particolarmente utile per gli avventori nella città della Bora. Ma non si può.
Divieto totale anche per le pedane: non possono venire posizionate nemmeno in presenza di pavimentazioni sconnesse o in pendenza. Con buona pace dei disabili che potranno trovarsi in difficoltà e del cliente che potrebbe ribaltarsi dalla sedia se la gamba di questa dovesse infilarsi, ad esempio, tra le fughe dei masegni.
Abbiamo scoperto anche che i fiori deturpano le bellezze architettoniche di Trieste. Infatti non sono ammesse fioriere, di alcun tipo.
Pure le piccole comodità vengono abolite: i divanetti vadano al rogo, una rigida sedia basta e avanza per il dissoluto avventore del bar.
I danni economici. Chi ha investito, magari poco tempo fa, migliaia di euro per i propri arredi esterni, dovrà rifare la spesa se questi non corrispondono ai bulgari dettami del Regolamento. Ammesso che abbia i soldi per farlo, fatto tutt’altro che scontato in periodo di grave crisi economica. I costi ricadranno inevitabilmente sul cliente, Triestino o turista che sia. Deprimendo ulteriormente il settore.
Oppure il gestore si farà due conti e giungerà alla conclusione che la somma della tassa per l’occupazione del suolo pubblico e del costo degli arredi da sostituire sia finanziariamente insostenibile. Rinuncerà così allo spazio esterno: minor servizio, minori sbocchi occupazionali, meno introiti per il Comune.
La “tassa”: 1 milione di euro in più. I 430 gestori triestini che vogliano mantenere l’attività sullo spazio esterno al locale dovranno presentare un progetto. In tutti i casi. Anche se l’arredo si risolve in due tavoli, otto sedie e un ombrellone, anche se le suppellettili sono esattamente quelle che il Regolamento prevede e assente. Il progetto dovrà venire redatto e vidimato da un professionista abilitato. Costo medio oltre 2mila euro. Che moltiplicati per 430 attività di pubblico esercizio e aggiunto qualche extra, fanno circa 1 milione di euro da sganciare. Immotivatamente. E in aggiunta alla spesa per gli arredi e alla tassa per l’occupazione del pubblico selciato.
Poca chiarezza. Si aggiunga che non c’è chiarezza sui tempi entro i quali adeguarsi alle vessatorie disposizioni e nessuna certezza che i progetti presentati trovino parere favorevole dalla Soprintendenza.
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21 commenti a Dehors a Trieste, per Paolo Rovis divieti assurdi

  1. sara ha detto:

    Concordo in pieno con Rovis. Dopo la dittatura etica, adesso arriva anche la dittatura estetica. Delle intrusion del potere nelle nostre vite non se ne può più.

  2. letizia ha detto:

    perchè la questione non è stata posta PRIMA dell’approvazione del nuovo regolamento??? Dove eravate…caro Rovis????Si critica sempre a posteriori, quando il danno è fatto.

  3. Fulvia ha detto:

    Bel siparietto Sig. Rovis, perché non spiega che tutto il Consiglio era contrario ai diktat della soprintendenza e che l’approvazione del regolamento è stata l’unica mediazione possibile con la Picchione che in materia ha comunque sempre l’ultima parola? Le ricordo che dal 2011 le sedute del Consiglio sono trasmesse in streaming, forse qualcuno ha seguito la discussione.

  4. capitano ha detto:

    Divieti assurdi un tubo. Vada in corso a Gorizia a vedere che porcherie sono cresciute negli anni.

  5. erika ha detto:

    Son sicura che el grigio scuro xe una bona roba.Nell’ impossibilita’ de eliminar colombi e pantigane, se tuto xe grigio scuro, almeno i se mimetizza e no se li vedi. Bravi, ben cazada!

  6. Paolo Geri ha detto:

    Ero d’ accordo con la Sovrintendente parecchie volte (ultima quando ha fatto togliere la tensostruttura per Carnevale), ma questa volta ha sbagliato. Non è imponendo limiti assurdi (vedi i colori) che si tutela la bellezza di una città. D’ altronde la Giunta Comunale poteva fare ben poco: spetta – come è già stato detto – alla Sovrintendenza l’ ultima parola. Anzi, va dato atto all’ assessore Marchigiani di aver condotto una paziente e difficile trattativa. Più di così non si poteva ottenere e il rischio era il blocco del lavoro di tanti esercizi pubblici. Quella di Rovis mi embra una posizione del tutto strumentale.

  7. Lox ha detto:

    Caro sig. Geri, strumentale mi sembra solo l’ultima parte del suo intervento, che prima dice e poi si contraddice.
    A sentire lei il provvedimento in sè è sbagliato, ma solo perché è stato approvato dalla Giunta non va criticato.
    Ma è mai possibile che questa benedetta signora Picchione non possa essere in qualche modo, se non limitata almeno allontanata (obiettivo ultimo delle sue continue bocciature a quasi tutte le richieste di autorizzazione che le arrivano)?
    Credo che questa signora stia riuscendo in un’impresa titanica: quella di mettere d’accordo, contro di lei, destra e sinistra triestine… Si vede che il suo motto è “Molti nemici molto onore”.
    A noi! signora Picchione…

  8. Fiora ha detto:

    patendo il mio nel settore abbigliamento agonizzante-zone-pedonali-sì-zone escluse dal bengodi, di conseguenza a traffico incentivato, non ho seguito le tappe di questa querelle.
    Mi viene però spontanea una considerazione apartitica, figlia solo del buonsenso.
    Ma cossa metè paleti e bastoni tra le riode a chi che tenta de ravvivar sta malada in coma de nome Trieste?
    come disi i cugini ? vonde macacadis! meno cromatismi estetizzanti e più rispeto pel lavor del…local (inteso come imprenditore e come sede dell’attività) e potenziamento de l’acoglienza pei foresti

  9. Paolo Geri ha detto:

    #7. Lox

    Non è che il provvedimento non va criticato perchè è stato emesso dalla Giunta. Si può certo criticare ed è stato fatto da più parti (l’ intera IV Circoscrizione di Trieste ad esempio lo ha bocciato all’ unanimità, personalente in III Circoscrizione non ho partecipato per protesta al voto). Ma semplicemente non serve a nulla farlo. E tantomeno votare contro ad un Regolamento che è il migliore possibile nei “rapporti di forze” dati fra Comune e Sopraintendenza.
    Come ho già detto le leggi attuali danno l’ ultima parola su questi temi alla Sopraintendenza non al Comune. Se l’ architetto Picchione dice sedie grige a pallini gialli (non l’ ha detto per fortuna), no a divani e poltrone (l’ ha prescritto), no a pedane (vedi le polemiche in merito degli esercenti del Ponterosso) così deve essere fatto. E sino a quando le leggi e i ruoli decisionali non cambieranno così sarà. Non a caso il Consiglio Comunale, subito dopo aver approvato (obtorto collo) il Regolamento (se lo bocciava non ci sarebbe stato alcun dehors esterno questa estate, perchè tutti potevano essere rimossi in quanto non a norma con le prescrizioni della Sovraintendenza), ha votato una mozione che chiede al Ministero l’ avvicendamento (alias rimozione) dell’ Architetto Picchione. E un consigliere comunale ha commentato “speriamo però che non ne arrivi una (uno) peggio !”
    La strumentalità del voto contrario del centro-destra in Comune sta nel fatto che votare contro ad un testo “concordato” fra Assessore e Sovraintendenza (io direi meglio imposto dall’ architetto Picchione che però ha il diritto di farlo in quanto risponde del suo operato solo al Ministro) e che quindi non poteva in alcun modo essere più “liberale”, è semplicemente per me un atto cretino.

  10. Lox ha detto:

    Non credo che sia cretino, ma caso mai altamente democratico esprimere il proprio dissenso con un voto contrario. Primo, perché almeno così risalta una volta di più la contrarietà alle arbitrarie decisioni del Soprintendente di una buona parte non solo del Consiglio Comunale ma anche dei cittadini che i consiglieri rappresentano .
    Secondo, perché il voto contrario, stante l’attuale maggioranza in Consiglio, non rischiava di far saltare l’approvazione.
    Credo che sia stato un voto di coscienza per una volta condiviso nell’intimo anche dalla maggior parte di chi ha dovuto votare a favore.

  11. Paolo Geri ha detto:

    #10. lox

    Solo una cosa ancora. Le decisioni della Sovraintendente possono essere sbagliate, cervellotiche e quant’ altro. Queste ultime lo sono, altre, precedenti secondo me, no. Ma non sono certo “arbitrarie” in quanto – ripeto – ne ha la competenza (praticamente esclusiva) per legge. E in linea generale è giusto che sia così. A Roma è stata la locale Sovraintendenza ad impedire che passasse un progetto per giocare a golf alle Terme di Caracalla !
    Se un Regolamento non fosse stato approvato entro aprile, la Sovraintendenza avrebbe potuto (e dal suo punto di vista e in base alle sue prerogative, dovuto) vietare tutti i parcheggi “esterni” dei locali. Non credo fosse un ipotesi auspicabile per nessuno.

  12. Francesco ha detto:

    Chiedo a voi perché non lo capisco.
    Come mai il Comune era obbligato votare un regolamento così restrittivo? Nel regolamento si dice infatti che per sedie e tavolini che ricadono in zone di vincolo serve comunque il preventivo ed apposito parere vincolante della soprintendenza. Però Paolo Geri dice che tutte le limitazioni del regolamento sono in realtà imposizioni della soprintendente.
    In base a quale legge dunque la Soprintendenza avrebbe imposto le sue prescrizioni anche nelle zone non oggetto di vincolo? Perché il Comune dovrebbe accettarle se non limitatamente alle zone vincolate?

  13. Francesco ha detto:

    Detto questo, scaricabarile a parte, un regolamento che vieta i colori mi sembra una follia che solo una città rassegnata alla tristezza può accettare così, come se fosse una cosa normale accettare le imposizioni del potente di turno.
    Neanche fossimo in Corea del Nord.

  14. Fiora ha detto:

    Penso che prima di ragionare (…o sragionare? 😉 ) da addetti ai lavori, posizione temporanea e caduca a seconda di come spiri il vento ,ora da ovest ora da est, si dovrebbe guardare la realtà da persone che condividono i nostri mq dove concittadini lottano ed investono e senza la certezza di un convenzionale 27 del mese con busta paga, perché non si sono ancora arresi…
    In quest’ottica apparirebbero ininfluenti gli accostamenti cromatici più o meno azzeccati e assumerebbe altra valenza un congruo numero di sedie fuori dal locale.
    Privilegiare il buonsenso può benissimo coincidere comunque con il buongusto.

  15. Paolo Geri ha detto:

    #12. Francesco

    In assenza di un Regolamento Comunale tutti i “parcheggi” esterni dei locali risulterebbero essere fuori legge, passibili di rimozione e di multa relativa. Il Comune si occupa infatti solo dell’ aspetto “concessione di suolo pubblico” (a pagamento) ma l’ aspetto “estetico” attiene al benestare della Sovraintendenza che può esprimere tutte le limitazioni (colori, ecc.) che vuole.
    Il fatto da considerare poi è che il nuovo piano regolatore in fase di aprrovazione prevede un significativo ampliamento del cosidetto “centro storico”, che passerebbe ad includere anche ampie parti del Borgo Giuseppino e Teresiano. Questo fatto è decisamente positivo per motivi urbanistici che non sto qui ad elencare.
    Ma la conseguenza sul regolamento dehors è che l’ area interessata (e soggetta) allle nuove disposizioni diventa decisamente più ampia includendo decine e decine di locali che prima non rientravano nell’ area di tutela più restrittiva. Si parla di circa 400 esercizi pubblici interessati.
    E’ evidente che regole estetiche e di buon gusto sono indispensabili. Non vedrei certo con piacere (faccio un caso limite) panche e tavoli da sagra in piazza Verdi, in Piazza Unità o in Viale XX Settembre). Ma una disponibilità maggiore fra diverse esigenze doveva essere concesso dalla Sopraitendenza. Decine e decine di operatori, con le nuove regole, saranno costretti nel corso degli anni a dover acquistare nuove strutture esterne.

  16. GIAMPAOLO LONZAR ha detto:

    @@@ VARI : Fermo restando che un cero gusto deve accompagnarsi al posizionamento di tavoli etc.
    Resta assurdo di codificare anche i colori, insomma siamo gente che e’ andata in giro per l’Europa e i dehors dei ns. vicini Austriaci,sloveni,tedeschi, svizzeri non mi sembrano abbiamo dei limiti,infatti si vedono ombrelloni con pubblicità di bibite !!!!

    Qui la signora ha vietato anche le piante e fioriere !!!!! Forse odia le piante !!!

    Mi sembra siamo andati un pò oltre !!!

    Alla fine io non ho visto bar e caffè che avessero arredi tanto brutti che ora qualcuno è
    costretto a cambiare od a buttare e magari è un acquisto anche recente.
    Forse il più brutto lo ha la Sazione Rogers !!!!

    Mi ha dato l’impressione di una persecuzione ,quando ha fatto togliere il tendone
    n Pza della Borsa per cavilli cartolari per una struttura che doveva stare là solo 4 giorni !!!
    Mah & Boh !!!!!

  17. Kaiokasin ha detto:

    D’accordo su togliere dehors, pedane, pannelli in plexiglass (le fioriere sono molto eterogenee e in molti casi restano desolatamente vuote, si può farne a meno) e dare delle regole estetiche generali (come del resto è in molti comuni): in strade importanti come il Viale, il canale, ecc. si vedono cose improponibili. Brava Picchione, visto che la classe politica triestina si mostra priva di buonsenso e buogusto, interessata solo a inseguire i voti di questa o quella categoria.
    Solo penso che in caso di esigenze particolari (qualcuno parlava di marciapiedi in pendenza o sconnessi) vanno tenute in considerazione le dovute eccezioni.

  18. ufo ha detto:

    O la Picchione odia i fiori, o (ipotesi certamente non da scartare) ce l’ha con la città… magari sperava in una comoda sinecura romana e l’essere stata mandata alla periferia dell’impero tra i fastidiosi le ha guastato l’umore – così si sfoga rompendo l’anima a casaccio per vedere se riesce a farsi trasferire più vicino ai centri del potere burocratico?

    Mi pare di notare ultimamente comunque un leitmotiv: tra la Picchione, la Monassi ed altri personaggi dediti a tempo pieno al nosepolismo ci troviamo tutti quanti in balia di figure spiccatamente negative che rispondono del proprio operato solamente ad anonimi ed innominati ‘superiori’ nascosti dietro un muro di circolari – e si tratta praticamente sempre di fenomeni paracadutatici addosso da fuori. Non che quelli che eleggiamo noialtri siano esempi di competenza e professionalità, si capisce, ma verso questi ultimi almeno abbiamo la minaccia di rullarli al prossimo turno elettorale quando se ne vengono fuori con acrobazie concettuali più strampalate del ‘solito nazionale’. I visitors alieni stanziati nelle nostre strutture pubbliche, invece, sono esenti anche da tali ipotetici influssi moderatori: la loro carriera dipende solo da quanto contento riescono a fare il loro sovrastante nella lontana (anche mentalmente) capitale; il loro modus operandi è di decidere a tavolino quali provvedimenti e interpretazioni fanno comodo a loro o al detto sovrastante, e poi scartabellare tra le trecentomila leggi della repubblica fino a trovarne una che potrebbe essere artatamente interpretata in funzione dei loro comodi (facile, quando si è sia l’interprete del dettato normativo che l’arbitro dell’interpretazione).

    Che dite, la facciamo una proposta? Visto la quantità di peculiarità locali delle nostre terre, tra eredità asburgica e tutto il resto, potrebbe essere il caso di favorire l’insediamento di funzionari con qualche familiarità e connessione col territorio invece che questa catena sfigata di oggetti immobili non identificabili (se non per l’impronta del posteriore sulla poltrona)? Io una propostina piccola piccola ce l’avrei… L’ispirazione mi è venuta rileggendo il pezzo di un anno fa sulla nomina di Franco Juri a direttore del Museo del mare Sergej Mašera di Pirano. Il Juri aveva all’epoca partecipato al concorso pubblico (per titoli ed esami, come si usa dire), ma non l’aveva vinto. A vincere il concorso era stata l”ex-ministro della cultura Andreja Richter, ma con un piccolo ostacolo: non sapeva la lingua della minoranza ivi di casa, per cui l’hanno ringraziata della partecipazione e le hanno augurato miglior fortuna altrove, optando alla fine per il candidato che la lingua della minoranza invece la favellava egregiamente, anche se meno qualificato. Tutto questo in attuazione degli accordi internazionali che la Jugoslavia aveva stipulato con l’Italia, che restano norma di legge.

    Che ne direste se anche da questa parte del confine ci si mettesse infine in regola con la Costituzione e detti accordi ancora e sempre vigenti, richiedendo a chi vuole appoggiare il suo deretano sulle pubbliche poltrone la conoscenza della lingua della minoranza? Almeno avremmo sfoltito, e non di poco, la casta da cui vengono pescati i nostri persecutori – e aumentato la probabilità che sappiano almeno qualcosa del territorio su cui vanno a spadroneggiare. Chissà, magari potrebbero essere addirittura residenti in zona e dunque avere un certo interesse al progresso ed allo sviluppo intelligente di queste terre, invece di pensare solamente a far contenti i travet ministeriali… Visto che nell’intero Litorale sloveno anche l’italiano viene insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado, un certo bacino di potenziali candidati non mancherebbe certo…

    OK: era solo una proposta. Ammetto che le palme di Popovič non entusiasmano neppure me, ma se devo scegliere tra le palme ed la messa al bando delle fioriere… che siano almeno palme da cocco! E se invece la proposta vi aggrada, festa in piazza: con un colpo solo rimandiamo alla Città eterna la Picchione, la Monassi, il Picciotto…

  19. GIAMPAOLO LONZAR ha detto:

    @ 18 UFO :
    Sono d’accordo 100 x 100 %

  20. Fiora ha detto:

    @Ufo
    te giuro che go leto tuto parola per parola e che condivido,ma le tue due ultime righe xè una sentenza de CASSAZIONE! 😀

  21. Francesco ha detto:

    Però il regolamento l’ha scritto e votato io Comune. La Soprintendenza non c’entra proprio un bel nulla.
    Al più ha il compito -a prescindere da quel che dice il regolamento comunale – di valutare i progetti nelle zone di vincolo monumentale. Tanto che lo stesso regolamento per queste zone non solo richiede l’approvazione della commissione comunale ma prima la preventiva autorizzazione della Soprintendenza. Quello che non si capisce e che non giustifico in nessun modo e’ il perché il Comune abbia voluto quindi imporre tanti vincoli preventivi. Nemmeno se rispettare questi vincoli assicurasse l’approvazione della soprintendenza.

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