2 Aprile 2014

È mancato ieri Francesco Macedonio

el sunto Francesco Macedionio si è spento lunedì 31 marzo. Il ricordo commosso di Bora.La nelle parole di un nostro collaboratore.

Francesco Macedonio non saluterà più l’affezionato pubblico del teatro Bobbio: si è spento il 30 marzo 2014, a ottantasette anni. Scrivo queste righe con grande tristezza, perché Francesco Macedonio è stato anche per me un maestro di teatro – prima ancora che di recitazione.

È stato fondatore con Ariella Reggio, Orazio Bobbio e Lidia Braico del teatro La Contrada, e suo direttore artistico per quasi quarant’anni, regista di testi dialettali e “in lingua”, delle Maldobrie di Carpinteri e Faraguna, di drammi, di spettacoli brillanti, di inventivi spettacoli di teatro per ragazzi. E a Francesco Macedonio dobbiamo quella prima spinta che fece nascere la trilogia dialettale di Tullio Kezich (composta da L’americano di San Giacomo, Un nido di memorie e I ragazzi di Trieste) e tante collaborazioni con scrittori e poeti locali come Claudio Grisancich, Pierluigi Sabatti, Pino Roveredo, Roberto Damiani.

In poche parole, dobbiamo a Francesco Macedonio la più bella finestra teatrale sulla nostra realtà giuliana, e una scena di teatro dialettale a un tempo colta e popolare – di cui il celebre e ormai classico Due paia di calze di seta di Vienna, portato in scena ancora una volta a ottobre del 2013 è l’esempio perfeto.

Nato a Idria (presso Gorizia) ma legatissimo alla cultura triestina, di cui era un raffinato conoscitore, ha restituito alla città e alla sua storia tutto quello che ha assorbito, ritraendola in una serie lunghissima di ritratti composti di storie e personaggi: incantata, ironica, contraddittoria, appassionata, ma a volte anche infernale e crudele.

Francesco Macedonio, nei suoi lunghi anni vissuti nel teatro, ha lavorato con numerosi attori noti in tutto il paese: (ricordiamo per tutti Johhny Dorelli, Gabriele Lavia, Valeria Valeri) ma anche con numerosi giovani attori che proprio con lui hanno cominciato a calcare il palcoscenico. In uno dei primi corsi di teatro, prima ancora che nascesse l’Accademia teatrale “Città di Trieste” che tanto deve a Macedonio, ho avuto la fortuna di farmi correggere da lui i miei tentativi di interpretazione di uno dei personaggi dell’Antologia di Spoon River.

Seduto in una platea buia, quasi semi-invisibile se non per i bagliori degli occhiali ma presentissimo con la sua voce, poneva domande o suggeriva piccoli aggiustamenti (un tono, una pausa) a quella banda di ragazzine e ragazzini quasi senza esperienza, alcuni dei quali sono oggi a loro volta validi interpreti e interessanti registi teatrali. E gli altri, potrei scommetterci, amano ancora tutti il teatro e ricordano bene quell’esperienza. Instancabile, faceva la spola tra il testo e chi lo recitava, e ci aiutava a confezionare, proprio nel senso sartoriale del termine, i personaggi.

E le nostre  interpretazioni crescevano, grazie a quei semplici tocchi, e noi maturavamo una lezione chiara in testa: il teatro ha sempre a che fare con qualcosa in più che con la realtà di ogni giorno… con il sogno, con la poesia, con l’immaginazione. E sul palcoscenico noi scoprivamo la straordinaria occasione di vivere e far vivere per gli altri un lato quasi magico del mondo vero, un lato che fuori dal teatro era tanto più difficile ritrovare ma che lui, era evidente, sapeva cogliere ovunque.

“È una perdita enorme. Per tutti quelli che lo conoscevano e gli volevano bene, così come per tutta la città, non solo per il mondo del teatro”, sintetizza Gualtiero Giorgini, che con Macedonio ha fatto i primi passi come attore. “Di lui ricordo lo sberluccichio bambino degli occhi, dal giorno in cui l’ho conosciuto e che lo ha accompagnato fino alla fine. Non mi ha mai diretta come attrice, ma quando veniva a vedere i miei spettacoli mi diceva «spagnoleta! Prima o poi faremo qualcosa insieme!», lo ha ripetuto fino a novembre scorso… e io sentivo nelle sue parole una vitalità e una giovinezza indomabili” ricorda Marcela Serli.

I funerali di Francesco Macedonio si svolgeranno domani, giovedì 3 aprile, presso la chiesa di San Rocco, a Gorizia. C’è poco da aggiungere. Arrivederci e grazie, maestro.

Foto: Marino Sterle. Fonte: La Contrada

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