23 Gennaio 2014

Eastweek: nove giovani sceneggiatori a scuola a Trieste

Martedì pomeriggio. Hotel Savoia, sala San Giusto. Sono qui con nove i protagonisti di Eastweek, un workshop di scrittura filmica per giovani del centro e dell’est Europa, voluto dall’associazione culturale Mattador. Da venerdì scorso, quando è iniziato il Trieste Film Festival, hanno lavorato sulle loro idee per migliorarle. E dopo cinque giorni di immersione nel loro lavoro di scrittura, stanno per affrontare un importante test.

I nove protagonisti sono stati selezionati sulla base di un loro soggetto, la formula più breve con cui si racconta il film che si vuole scrivere. Tra loro, qualcuno ha già concluso la fase intermedia (il trattamento) e c’è già chi sta ripulendo la propria sceneggiatura. I loro tutor, esperti sceneggiatori, hanno aiutato ciascuno ad avanzare nel loro proprio lavoro, assegnando e correggendo giorno per giorno compiti personalizzati.

Ma nel mondo del cinema non si scrive per la pagina: si scrive per strutturare i film che si vorrebbe vedere realizzati. E se un’idea è buona e funziona o convince, magari un produttore (che, all’incirca, è la persona che mette o trova i soldi per fare i film) si convince che quello è il prossimo progetto in cui si impegnerà. Nel mondo del cinema, sceneggiatori e produttori si incontrano in appuntamenti detti pitching.

Immaginate una specie di speed-date in cui avete 5 minuti per presentare al meglio la vostra idea di film a dei produttori, che a loro volta hanno 5 minuti per farvi delle domande. Questo è il pitching che gli studenti di Eastweek hanno affrontato. Tutti erano tesi, anche se era solo una simulazione. L’emozione della prima volta si sente, anche se i produttori, a loro volta, sono lì per imparare il mestiere (in un’iniziativa sviluppata con When East Meet West) e non per comprare un soggetto.

Tra gli allievi, c’è Lorenzo, che è arrivato a Trieste con un soggetto dettagliato e in questi cinque giorni l’ha riscritto quasi del tutto. C’è Bojana, che viene da Sarajevo e ha scritto una storia molto personale, intitolata My last birthday in Yugoslavia, sugli ultimi giorni di pace prima del conflitto nei Balcani. C’è Ioana, che ha in mente una commedia ambientata in un villaggio rumeno di montagna, dove tutti si fingono disabili per vivere di sussidi statali, e c’è Milada, che racconta di un paese immaginario dall’aria asburgica, dove mariti e mogli sono stabiliti per regio decreto, e le donne vengono murate vive con il consorte quando restano vedove…

Cinque minuti ciascuno per descrivere, cinque per rispondere alle domande. Non solo sulla storia: sulle location, sul budget, sui fondi pubblici disponibili, quanti attori servono, saresti in grado tu di fare da regista. Dimitar, macedone che studia a Praga, è l’unico che sembra rilassato e si dichiara “pretty confident”: ma è fin troppo breve e asciutto, e non fa decollare la propria storia. Alessandro, invece, non si fida del suo inglese e decide di leggere il proprio pitch: l’idea è notevole, ma parla troppo veloce del protagonista, un giovane videomaker che sta vendendo la propria anima al diavolo…

Finite le presentazioni e le domande, tutti finalmente si rilassano. Chiedo a Martina, che viene dalla Slovacchia, se è contenta del pitching. Mi risponde che, piuttosto, è contenta del suo progetto e dei personaggi: oggi ha avuto una prova della loro forza. Un’altra Bojana, che viene dalla Serbia, dopo il pitch sembra già di nuovo immersa nel suo road movie balcanico incentrato su un padre pericoloso che vuole conquistare la fiducia di suo figlio, e ne discute con la collega ceca Verica, la cui storia verte su un rapporto madre-figlio che lega in maniera tragica amore e morte…

Vado a fare i complimenti ai due tutor. Nicos Panayotopoulos mi investe con un torrente di parole, parla benissimo di Trieste, dell’organizzazione di Eastweek, dell’ospitalità delle persone. E dei suoi allievi: “tanti lavori sono molto buoni, la media è davvero alta, più che nei corsi all’università; e loro hanno fatto squadra, si sono aiutati… uno spirito magnifico”. Allora chiedo a Pavel Jech se il merito sia degli allievi o dei tutor. Lui ride e mi dice: “delle loro storie noi non possiamo toccare niente, ma dobbiamo distruggere tutto. Il nostro compito è mettere in questione le storie; tutto il resto (smontare, cambiare e rimontare) devono farlo gli allievi”.

Non c’è che dire. Sono davvero sorpreso da quel che ho scoperto del nuovo Eastweek. È un’occasione di formazione di altissimo livello (oltretutto, l’unica in Europa a lavorare in questo modo), in partnership con realtà importanti, dal Trieste Film Festival all’Iniziativa Centro Europea, da prestigiosi workshop e scuole di cinematografia a When East Meet West. Auguro buon lavoro e buona fortuna alle sceneggiatrici e agli sceneggiatori che ho conosciuto, e spero un giorno di veder proiettati i film che portano nel cuore e oggi hanno raccontato.

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