3 Dicembre 2013

Il treno da Buie d’Istria ferma a Trieste, Norwich e Losanna


Debora Gasperini, nata a Buie d’Istria, ( Croazia ), lavora all’Universita’ di Losanna come docente junior di biologia molecolare. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei sugli ogm, su quanto complicata sia una carriera nel mondo scientifico.e sul motivo per il quale in Italia si fatichi ancora cosi tanto per conferire alla ricerca il ruolo che dovrebbe avere.

Hai frequentato le scuole superiori a Buie, il Collegio del Mondo Unito a Duino, poi biologia a Trieste, un dottorato in Gran Bretagna ed ora un post doc e una cattedra a termine all’Università di Losanna, Svizzera. Come sono maturate tutte queste scelte?

Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche. Dopo il Collegio del Mondo Unito, studiare biologia a Trieste mi è sembrata la meta piú indicata. Per il dottorato mi sono spostata all’estero per fare ricerca su argomenti che mi appassionano. Ho conosciuto molte persone che hanno fatto un percorso simile. La maturazione delle scelte nasce anche da elementi personali. C’è chi sceglie in base all’argomento, chi sceglie in base ai progetti offerti, chi in base alla bellezza della città. Spostandomi, mi sono trovata in molte situazioni favorevoli per confrontarmi e scambiare nuove idee, e per ora, non penso al problema del posto fisso.

Quali sono le caratteristiche peculiari di ogni realta’ della sua formazione accademica?

Ogni luogo porta con sé qualcosa di particolare. L’Università di Trieste mi ha fornito un bagaglio teorico vasto ed accurato. Laurearsi a Trieste in materie scientifiche vuol dire uscirne altamente qualificati. In Inghilterra mi sono sempre sentita preparata, ma ho anche iniziato a pensare al futuro in maniera piú concreta. La differenza tra me e studenti inglesi è che magari loro hanno avuto una formazione piú ristretta ma mirata e sono consapevoli dei diversi “sbocchi professionali”. Io mi sono sentita un po’ ingenua. Dall’Inghilterra mi porto dietro un sacco di conoscenze specifiche di strumenti che posso usare adesso. Uno su tutti, il modo di pensare piu’ mirato al risultato. In Svizzera insegno di piu’, e mi trovo benissimo. La crisi economica qui non si percepisce ancora e le ricerche non devono necessariamente avere applicazioni immediate nella società. L’avanzamento della conoscenza in genere viene valutato positivamente.

A Losanna è docente junior di biologia molecolare alla triennale ma anche post doc. Cosa tratta nelle sue ricerche?

Insegno biologia molecolare, con particolare attenzione alla genetica vegetale. Faccio ricerca di base, cerco di capire come le piante percepiscano forze meccaniche e come utilizzino i propri meccanismi di difesa quando si sentono “aggredite”. Sono ricerche che non hanno applicabilità immediate, tuttavia sono importanti a lungo termine per chiarire alcuni punti sulla biologia vegetale a volte ancora così oscuri.

Cosa rappresenta per lei l’Istria?

L’Istria rappresenta la mia casa. Lì ho la mia famiglia, è la regione in cui sono nata. Sono fiera di essere istriana e quando porto in visita i miei amici, spiego con orgoglio quello che rappresenta per me. Vi trascorro le vacanze ma considerando il mio lavoro, non credo di tornare ad abitarci.

Il cognome che porta è italiano. Qual è l’origine della famiglia?

I nonni materni erano sloveni e croati, mentre da parte paterna germano-sloveni e italo-croati. Quand’ero piccola a casa si parlava il croato, con mia nonna il dialetto istro-veneto, a scuola l’italiano. Potremmo definirlo, come spesso accade in Istria, un misiot.

Aspirazioni future? Un sogno nel cassetto?

Mi piacerebbe continuare a lavorare nella genetica vegetale e in particolare studiare meccanismi di accrescimento cellulare nelle piante. Un mio sogno sarebbe quello di formare un gruppo di ricerca. Magari piu in là negli anni. Adesso probabilmente è presto.

I ricercatori, forse piú degli altri, sono dalle nostre parti “costretti” ad emigrare a causa di un quasi assente investimento nella ricerca. Vivendo da tanti anni all’estero si sarà fatta un’idea del perché le cose da noi sembrano non funzionare.

Secondo me, nessuno ci costringe ad emigrare. A Trieste ci siamo laureati in sette nello stesso periodo. Tre sono rimasti in Italia con delle bellissime carriere. Penso che dipenda da tanti fattori. Ti senti di provare un’esperienza all’estero? Se la risposta è si, allora fallo. Io mi sono spostata perché viaggiare mi è sempre piaciuto, volevo confrontarmi con realtà nuove ed imparare. Peró sarebbe meglio considerare anche le conseguenze di tutto ció. Per esempio, il ritorno in Italia potrebbe essere complicato, vista la carenza di concorsi pubblici. Tuttavia, lasciatemi dire: se uno vuole ritornare in Italia non credo sia impossibile, si puó sempre optare per fondi Europei o internazionali. Credo che i ricercatori intenzionati a ritornare in Italia possano cambiare le cose con un po’ di pazienza e buona volontà.

Perche’ l’Italia spende così poco per la ricerca?

Non lo so, il governo avrà altre priorità. Da fuori ho sviluppato un’opinione molto critica. Anche se riuscissi a ritornare in Italia con dei fondi esteri, mi rendo conto che dovrei affrontare tutta una serie di problemi che all’estero non ho. Probabilmente dovrei confrontarmi con un gruppo di ricerca meno internazionale, e per me la diversità rappresenta una delle principali fonti di stimoli. Sicuramente dovrei andare d’accordo con il professore (fa il gesto dell’inchino nda).

Un pensiero scientifico che vorrebbe venga chiarito una volta per tutte.

In Italia tanti si sentono esperti di tutto, e si permettono di dire la propria opinione. Forse non c’è un pensiero scientifico su tutti. In Inghilterra dare un’opinione senza sapere di che cosa si stia parlando è una pratica vista malissimo. Bisogna essere bene informati prima di giudicare. I giornali inglesi sono un ottimo punto di riferimento e dovremmo prenderne esempio. In Italia si capisce subito da che parte sta il giornalista. E non dovrebbe essere così. Tantissimi fanno i giornalisti scientifici senza avere una benché minima esperienza in materia. Non si puó essere a favore di Greenpeace quando parlano degli ogm solo perché la parte politica che rappresenti è contraria senza sapere niente a proposito di queste pratiche.

Qual è la sua opinione sugli ogm?

Penso che le persone non sappiano esattamente cosa siano gli ogm. La gente tende a dare un giudizio fin troppo superficiale perché viene bombardata da messaggi politici che ripetono che gli ogm sono cattivi, che fanno male, che provocano malattie. Credo che bisognerebbe spiegare alla popolazione di che cosa si tratti, e lasciarla decidere autonomamente senza influenze da parte dei ‘tuttologi’. Gli ogm – organismi geneticamente modificati – sono il risultato di tecniche di ingegneria genetica altamente controllati e specifici, che consentono la modifica di DNA genomico. Per esempio, con queste tecniche si possono creare piante da raccolto resistenti a vari stress come patogeni o siccità riducendo l’uso di pesticidi o acqua. Gli agricoltori hanno selezionato per centinaia di anni piante dalle proprietà adatte usando incroci o innesti. In entrambi i casi i semi che ne derivano sono il frutto di scambio di DNA genomico e selezione della caratteristica desiderata. La differenza è che in laboratorio la selezione è piú rapida e specifica. Ovviamente bisogna preoccuparsi di fare degli studi sull’impatto ambientale e sulla sicurezza alimentare, ma dal punto di vista molecolare non succede nulla di straordinario. Penso che dovrebbero esserci delle campagne di istruzione della popolazione su questo tema.

Pensi che ci sia la mano della politica in tutto ció?

Certamente. Sono le forze politiche a decidere se gli ogm si possano usare in Europa o meno. Ma dovrebbero anche preoccuparsi di spiegare alla popolazione che cosa sono gli ogm, quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Per il momento in Europa non ci sono grandi vantaggi e quindi resta in vigore il bando. Negli Stati Uniti e in Sud America si fa vasto uso di piante da raccolto ogm visto il riscontro economico e la grande pressione da parte delle multinazionali che li producono. In Africa, dove sussistono problemi di siccità, forse l’ogm sarebbe una soluzione. Certo, per ora non in Istria.

Intervista pubblicata anche sul blog Italiani con la valigia

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