19 Novembre 2013

Visti dall’estero 1 – la ciclabilità

Ndr. Inizia da oggi “Visti dall’estero”  rubrica settimanale, a cura di Nicolò Giraldi, giornalista triestino che  vive e lavora a Londra.

Qualche settimana fa, in piena rassegna stampa mattutina, mi imbatto in un interessante articolo pubblicato proprio da Bora.La dal titolo Aumentano incidenti e vittime tra i ciclisti a Trieste. I numeri, ripresi dai risultati del Rapporto Aci – Istat 2012, parlano chiaro: nel capoluogo regionale i ciclisti coinvolti sono stati 21, facendo cosi’ registrare un +23,5 per cento rispetto al 2011. Dato sul quale gli amministratori locali dovrebbero riflettere? Si, anche se “ai ciclisti no te ghe la conti”.

Parallelamente, negli ultimi 10 giorni a Londra sono morti 6 ciclisti facendo cosi’ salire a 14 il numero degli incidenti mortali dall’inizio del 2013, putroppo, perfettamente in linea con i numeri del 2012, dove si erano registrati 14 decessi tra gli amanti delle due ruote. Il sindaco Boris Johnson va al lavoro in bicicletta, ha voluto fortemente il sistema delle Barclay’s bikes (bici a noleggio in tutta la zona 1 della capitale ndr) e, da tempo, cerca di alzare l’attenzione sul problema della sicurezza. I ciclo-laburisti tuttavia non gli danno tregua, chiedendo piu’ impegno, leggi severe, piu’ tutela per chi sceglie di investire meglio le 130 sterline che mensilmente andrebbero a pagare l’abbonamento della Tube.

In molti diranno “Trieste non e’ Londra”. Chiaro.

Ma siccome quando ritorno a Trieste, le due ruote sono l’unico mezzo che amo veramente e lo sono state per un po’ anche qui a Londra prima che la bicicletta finisse in frantumi sotto un camion di Pret A Manger, vorrei partire proprio da qui per cercare una riflessione ad ampio raggio sul presente della bici e perche’ no, sul diritto dei tanti ciclisti a pretendere un futuro migliore.

Trieste o Londra, non fa differenza. “Sempre due xe le riode”.

La bicicletta, secondo i dati forniti dal IV Osservatorio dell’Auto Elettrica di Deloitte a margine del convegno “Come sta cambiando la mobilita’?” presentato lo scorso 31 ottobre a Milano, e’ il mezzo che sta vivendo, assieme agli ibridi e ai veicoli elettrici, la sua stagione d’oro. Il fatto che il settore automobilistico standard sia invece in crisi e’ realta’. Quest’anno si registra un meno 8,4 per cento di immatricolazioni rispetto al 2012. Negli ultimi due anni in Italia stiamo assistendo ad una vendita esponenziale di biciclette. Secondo il rapporto Censis, infatti, sono piu’di tre milioni le due ruote vendute nel Bel Paese nel biennio 2011 – 2012.

I motivi sono chiari. Quando si usa la macchina bisogna, in ordine, preventivare: il pieno di carburante, il bollo, l’assicurazione e i costi di manutenzione sempre piu’ onnipresenti a causa di autovetture costruite per essere difettose. Tutti insieme fanno in modo che un automobilista si orienti sempre di piu’ verso l’abbattimento delle spese. Una bicicletta nuova costa sensibilmente meno di un’autovettura e non nasconde nessun altro costo, se non quello di qualche riparazione generalmente non troppo costosa.

C’e da dire pero’ che a Trieste da qualche anno le biciclette sono aumentate sensibilmente. In una citta’ che le identificava con il mito di Giordano Cottur e la sua Willier Triestina (cosi’ la famiglia Dal Molin di Bassano volle omaggiare la nostra citta’ nel secondo dopoguerra ndr) e dove usarle non e’ propriamente la cosa piu’ semplice del mondo, il dato dei 21 incidenti salta all’occhio. Tuttavia, una piccola invasione su due ruote e’ dato incoraggiante per il futuro. Significa meno automobili, riduzione dell’inquinamento, migliore impiego dei soldi un tempo usati per pagare l’officina.

Certo, da parte degli enti pubblici, si dovrebbe assistere ad un impegno maggiore nel tutelare i ciclisti. Qui a Londra perche’ di bici si muore, a Trieste perche’ la pista ciclabile che dalla stazione dovrebbe portare al castello di Miramare e’ semplicemente una presa in giro; perche’ non esiste, in tutto il centro citta’ (chiederla in periferia sarebbe persino troppo ndr) una corsia preferenziale larga un metro e mezzo dove i ciclisti possano pedalare senza pericoli; perche’ il bike sharing, introdotto a Trieste qualche tempo fa a fronte di un finanziamento del Comune di Trieste pari a 150 mila euro, sembra funzionare cosi’ e cosi’.

Cosi’, mentre il sottoscritto sta scrivendo arriva la notizia del sesto ciclista morto in meno di due settimane a Londra. Torno sulla cartella e non riesco a pensare ad altro. Sta diventando veramente troppo.

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13 commenti a Visti dall’estero 1 – la ciclabilità

  1. Diego Manna ha detto:

    quello che si sente sempre: “eh ma trieste no xe fata per le bici!”
    intanto però resta innegabile l’esplosione di bici in città. mentre ci si perde ancora in ciacole su sepol o nosepol andar in bici a trieste, in bici a trieste si va, e tanto. punto.
    ci si sente abbastanza sicuri su rive, piazza unità e dintorni. da panico la situazione in corso italia, via carducci, largo barriera, viale d’annunzio…
    la ciclabile di barcola… 😀
    cmq sogno una ciclabile lungomare da servola a barcola, oh yeah!

  2. capitano ha detto:

    Visti da… Londra. Se la vedevi da Amsterdam o da Copenhagen non ci saresti andato così leggero. 🙂

  3. erika ha detto:

    vista dalla Germania la situazione di Trieste fa sbellicare da quanto è patetica: in piazza unità mi pare non si possa andare in bici, e nei dintorni è a rischio di pedoni, auto e ciclisti stessi. Anche sulle rive non vedo uno spazio adeguato per la sicurezza in bici..in definitiva tutto è in mano al buon senso delle persone (qualche anno fa il buon senso di chi mi voleva bene mi ha convinta a non andare da Servola all’Università in bici più di qualche volta, quindi col buon senso non si esce di casa). La ciclabile di Barcola? …mi vien da ridere 😀
    Prima esperienza di un tedesco/americano sulla ciclabile:
    Tedesco/americano: “Quando arriviamo sulla ciclabile?”
    Io: “Ci siamo già da 5 minuti!”

    Per me la situazione è patetica non tanto per lo stato delle cose, quanto per il fatto che per migliorarle enormemente partendo da sotto zero non ci vuole praticamente nulla. Partendo dal basso, basta copiare le strisce che fanno per terra negli altri paesi. Credo che i ciclisti farebbero pure volentieri una colletta per il colore e dedicherebbero volentieri il tempo per dipingere le strisce. La voglia di fare da parte dei ciclisti c’è, ma perchè è così difficile dare la possibilità di mettersi in opera?

    Trieste. Praticamente nulla, mentalmente patetici.
    Viva.

  4. Alessandro ha detto:

    Infatti io credo che sebbene la città non si presti al 100% alle due ruote vanno considerati almeno due fattori: 1- la bici è un mezzo contemplato dal codice della strada ed ha diritti e doveri come le macchine. 2- alcune misure per favorire i ciclisti sarebbero a costo zero.

    Ottima l’idea delle corsie segnate a terra (ove possibile ovviamente, spesso le strade sono troppo strette).

    Considererei anche un problema culturale però. Io abito all’estero e vado a lavoro in bici. Accadono incidenti qui come altrove ma l’automobilista è culturalmente pronto per le bici per strada. Prima di una svolta (per cui devono attraversare la corsia ciclabile) guardano lo specchietto e il ciclista ha la precedenza. Vengono trasmessi spot in TV e le regole vengono insegnate a scuola guida…

  5. erika ha detto:

    Infatti la cultura è fondamentale e, a parte spot e insegnamento che sono eccellenti strumenti ma sfortunatamente costosi, esiste anche una crescita culturale a costo zero che si chiama: interesse. L’interesse degli utenti dello stesso spazio (in questo caso la strada) a confrontarsi invece che ostacolarsi. L’interesse a trarre il meglio dallo spazio e dal viverlo in comune, l’interesse di fornire a tutti maggiori possibilità di movimento in sicurezza. Perchè aggiungere una possibilità di scelta su come muoversi vuol dire aggiungere un grado di libertà alla nostra vita.
    Dall’interesse di un confronto tra gli utenti, invece che uno scontro si crea conoscenza, si scopre quanto sia importante per una automobilista che il ciclista segnali la sua presenza (giubbini rifrangenti, luci visibili,…) o che il pedone stia attento prima di buttarsi sulle “zebre” (ho l’impressione che i pedoni non si rendano conto della capacità di frenata di un motorino, o di una bici), o che il ciclista segnali ai pedoni e ad altri ciclisti la sua presenza con il campanello, o che stia attento al momento di svoltare…insomma ci deve essere l’interesse comune di gestire lo spazio per tutti e l’interesse di capire le esigenze dell’altro, che automaticamente vuol dire accettare la condivisione dello spazio.

  6. Federico Zadnich ha detto:

    Ulisse FIAB organizza una conferenza stampa venerdì 22 alle 11.00 per fare un bilancio su due aspetti:
    1)Tanti gli impegni presi e gli annunci fatti da Cosolini sulla ciclabilità ma fin’ora le azioni messe in campo sono state risibili.
    2)La grande distanza tra quello che è stato fatto a Trieste e quello che è stato fatto in altre città italiane negli ultimi 2 anni (Torino, Reggio Emilia, Bozano, Bologna) per promuovere la ciclabilità. In queste città le amministrazioni con coraggio e visione hanno iniziato a cambiare radicalmente la mobilità urbana.

    http://www.ulisse-bici.org/?p=6123

  7. sfsn ha detto:

    secondo mi la magior parte dei automobilisti de Trst pensa de esser in un videogioco e credi che piu’ ciclisti che te buti zo piu’ punti te ciapi!

  8. erika ha detto:

    si, el ziclista xe 5 punti (4 se te se fa tamponar), la vecia xe 3 punti, ma no val se co’ te rivi la xe za distirada sule zebre!

    Grazie Ulisse! 🙂

  9. alpino ha detto:

    le comparazioni Londra..Copenaghen Amsterdam vs Trieste sono quasi comiche.
    In primis a Londra circolare in pieno centro con le vetture + un lusso di pochi e dunque strada più libere a tal punto che la Polizia a cavallo trotta tranquillamente e duque anche per i ciclisti è più facile la vita, nelle altre due capitale la cultura atavica del biciclo le rendono la patria del pedalatore..ma è tutta questione di infrastrutture?? certo che no, la differenza principale si ravvisa nella italica maleducazione e indisciplina del pedalatore italiano abituato a girare senza luci e/o catadiottri in tutti i sensi di marcia e su tutte le superfici carrabili, immaginatevi piazza Unità aperta al traffico libero delle due ruote..
    Il popolo delle bici italiano ha ancora molta strada in termini di educazione e civiltà prima di poter porre ad esempio il cittadino olandese..

  10. capitano ha detto:

    Il dibattito sugli spazi pubblici e sul loro utilizzo (strade, ferrovie, scuole, porti, caserme,…) viene affossato in continuazione su gran parte dei media. Finchè si continua così c’è poco da sperare su quale idea possano farsi le persone.

  11. ufo ha detto:

    Ve dispiasi se inveze de alti dibattiti me calo su argomenti più concreti?
    Mi fussi un che pedala spesso (e volentieri), con le lucette del vu cumprà davanti e de drio e dove xe posibile rispeto anca le regole senza intrigarge i altri. Ogni tanto, cola bela stagion, venio anca in cità calandome per la vecia ferovia e no go grandi problemi girar pel le vie, anzi. Un problema, inveze, lo gavessi: dopo che son rivado dove che go de andar, dove xe che poso molar el velocipede senza eser in multa? Tempo fa i me diseva che a Trst ghe fussi venti postegi per bici (redazion: te gavessi promeso de publicar la lista…), ma mi no li go mai visti, almeno dove che me fazessi comodo che i fussi. Perché se per vignir in cità ghe vol gaver un postegio in afito no merita più…

  12. erika ha detto:

    Drio el palazzo cheba go visto che i ga messo dei “rastrei” 🙂
    In caso ve ieri persi le tante bele robe che i volessi far:
    http://www.retecivica.trieste.it/new/admin/allegati_up/allegati//Andare_in_bici_a_Trieste(1).pdf

  13. ufo ha detto:

    Grazie, Erika! Bel opuscolo. Tante pagine de boni propositi, tante robe che in teoria le dovessi partir prosimo ano (in teoria, perchè grazie al Patto de stupidità l’unico mezo de trasporto che sarà finanziado sarà el F-35), ma almeno ghe xe, a pagina 12, la mapa dei postegi legali che esisti ogi.

    Pecà che ghe ne xe solo che cinque, e nissun dove che me fazessi comodo mi. Uffa.

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