15 Novembre 2013

Impedire la coltivazione del mais transgenico: basta usare le norme del nostro ordinamento

Non è proprio bello che per la seconda volta (la prima con una lettera che non può non essere stata letta da chi di dovere, la seconda oggi in Commissione ambiente) un Ministero dica ad una Regione, la nostra, che le sue esitazioni in ordine all’assenza di apparato sanzionatorio del decreto interministeriale del luglio scorso, con cui è stato vietato il mais ogm Mon 81, non hanno ragione di esistere.
La vicenda la conosciamo tutti, parte dal campo di Vivaro dove Fidenato, agricoltore convinto che le biotecnologie ci salveranno dalla fame nel mondo, ha seminato (e non ha nemmeno conservato i documenti che dimostrano la tracciabilità delle sementi: 16 mila euro di multa) mais ogm del colosso multinazionale delle sementi Monsanto. Il fronte NO OGM si è battuto in tutti i modi per ottenere dalla Regione un provvedimento limitativo: ma Fidenato, forte dell’autorizzazione a quel mais della Comunità Europea, l’ha seminato, coltivato e trebbiato. L’ha già venduto, servirà ormai da mangime in qualche allevamento che produce un qualche celebrato prodotto alimentare Made in Friuli.
La Regione, fin dal principio, tergiversa, nonostante l’anelito ( anche quello delle campagne elettorali) sia per un territorio libero da Ogm. Poi i Ministeri di agricoltura, ambiente e salute, emanano un decreto, a luglio, che vieta nello specifico la coltivazione del mais transgenico. Non basta, gemono i nostri politici che spesso sono anche avvocati, e quindi tendiamo a dar loro credito: il decreto non prevede sanzioni alla violazione del divieto e non possiamo fare nulla contro le autorizzazione dell’Europa. Si aspetta, si cincischia.
Il Ministero, cortesemente, prende la penna e scrive: guardate, dice, che l’apparato di norme per comminare sanzioni esiste, basta che lo usiate, se avete dubbi siamo qua per consulenze qualificate gratuite! Ancora niente, qui in Friuli non si fanno proprio convincere.
Davvero inquietante: nel senso che produce inquietudine quando ci si chieda quali siano le ragioni più recondite di questa strategia così poco coraggiosa e coerente. Ma va là Luciani, che dici, non ci sono proprio recondite regioni, sono solo le incertezze degli amministratori troppo scrupolosi!
Intanto è la baraonda: il Corpo forestale dello Stato – che da noi sopravvive sul territorio solo in parte della Foresta di Tarvisio – effettua analisi sui territori limitrofi ai campi coltivati con OGM, riscontra contaminazione da OGM, avvisa la Procura di Udine e ne riferisce in commissione agricoltura. La Guardia Forestale regionale, dal canto suo, dice che contaminazione non c’è.
Ed oggi, in risposta ad una precisa richiesta della parlamentare Serena Pellegrino, che ha senza giri di parole chiesto in Commissione ambiente se non si ravvisino inadempienze nella condotta della Regione, il Ministero ha sviluppato un bel trattatello di tecnica giuridica. Dando nuovamente torto alla Regione.
In sostanza il decreto interministeriale di luglio attua la sospensione dell’autorizzazione alla coltivazione del MON 810 della Comunità europea, e quindi fa “rivivere” le altre norme del nostro apparato legislativo sul tema, incluse quelle che stabiliscano sanzioni.
Ma se non bastassero le opzioni indicate quest’oggi, il Corpo forestale dello Stato, nella sua comunicazione di reato rispetto i danni da contaminazione genetica, ha preso a riferimento anche l’art.650 del codice penale, che configura l’illecito dell’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, ovvero, tradotto in parole povere e nel contesto delle campagne di Pordenone e Udine, l’essersi infischiati del divieto espresso dai tre Ministeri.
Ma stiamo perdendo di vista qualcosa, nella controversia ormai incentrata su contaminazioni e relativi livelli, su danno ambientale e relative responsabilità, su questioni di tecnica giuridica e di scienza: cioè che quello di cui si discute oggi, qui in Friuli Venezia Giulia, ha rilevanza per definire il ruolo che l’Italia stessa deve essere in grado di sostenere in sede negoziale europea: possiamo rappresentare il precedente, da imitare e seguire. Cioè il prototipo di una scelta politica, etica ed amministrativa che ci garantisca il diritto ad avere un ambiente naturale e una filiera agro alimentare liberi da organismi geneticamente modificati, che rappresenti il rifiuto del ruolo egemone delle multinazionali dei semi in tutto il mondo, che affermi l’etica della scienza e del progresso umano al di sopra degli interessi economici. E per ora, a parte i proclami, la nostra Amministrazione non ci ha stupito per fulgido esempio e lungimiranza.

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4 commenti a Impedire la coltivazione del mais transgenico: basta usare le norme del nostro ordinamento

  1. bonalama ha detto:

    viene da piangere, proprio da piangere, così le lacrime salate bruceranno queste poco conosciute (negli effetti) e tanto meno controllate (nei difetti e nella propagazione) aberrazioni. ps: chi ha ragione fra corpo forestale e guardia forestale?

  2. Victor Bergman ha detto:

    Questa del “diritto ad avere un ambiente naturale” è nuova!

    Che vuol dire?

    Diritto di tornare all’età della pietra?

    Diritto di cacciare la selvaggina con l’arco (costruito a mano in materiali non sintetici, ça va sans dire)?

    Per quanto mi riguarda, chi vuole può anche andare a vivere in grotta e mangiare radici …”bio”, ma non vedo perché si deve IMPORRE questa “scelta” a chi ha altre idee e altre cognizioni.

  3. sfsn ha detto:

    victor,
    co te cresserà due cojoni e tre nasi in più e te se troverà col cancreto al stomigo vederemo se te la penserà uguale…

  4. arguto ha detto:

    @2) VIVA Fukushima

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