4 Novembre 2013

La solitudine con il vino, il caso Zoran il mio nipote scemo

 Sembrava di essere tornati indietro di cinque anni, prima della crisi, quando anche le file al cinema erano la ordinarietà, la normalità.
Zoran, il mio nipote scemo, è un film che nel goriziano e nel monfalconese ha avuto successo, ma non è detto che ciò accadrà nel resto d’Italia.
Molti si sono recati al cinema per questo film perché pensavano di vedere rappresentato il Friuli, il goriziano, il confine con la Slovenia, forse perché si aspettavano una sorta di autorappresentazione della propria vita, dei propri luoghi. Ma di goriziano, ma anche di friulano questo film ha veramente poco, salvo la targa Go del furgoncino di Paolo, il protagonista, cinico e sadico, impudente e sfacciato, e qualche sfumatura, pur splendida, di paesaggio. Invece ha molto di balcanico.
A parer mio è un film tipico balcanico, una commedia popolare, particolare, che tocca vari temi e fortemente psicologica.
E mi sento di scrivere che il tema centrale è la solitudine con il vino.
Emerge anche la differenza, in modo sottile, tra alcolista ed alcolizzato.
Il vino.
Il succo di Bacco, ora aspro, ora dolce.
Un succo, contenuto in un bicchiere, con il quale dialoghi, giochi, con il quale vivi e condividi la tua solitudine in un mondo provinciale ma che ben può essere anche metropolitano.
Ma la solitudine si armonizzerà anche con il canto, con il gioco delle freccette, una solitudine che ben rappresenta quell’isolamento che l’individuo vive nella società, isolamento che ti spinge a divenire epicamente egoista.
L’amore, con il suo volto, irrompe ma rischia anche di rompere gli equilibri che quella solitudine ti ha impresso e che ha imposto anche un certo e dato modo di vivere.
Mi ha colpito la reazione del pubblico al cinismo del protagonista.
Un cinismo che nasce, ingenuamente, dall’ignoranza dello stato psicologico di Zoran e di altri personaggi, la balbuzie o l’autismo non vengono compresi e chi è colpito da ciò viene trattato come una persona da prendere in giro, in modo burbero ma anche ironico, quell’ironia che spinge il pubblico a ridere, anche se da ridere, in quel caso, vi era veramente poco.
Ma alla fine i deboli diventeranno i forti, non vi sarà la tipica rappresentazione del vittimismo, ma vi sarà la reazione e questa reazione è una grande ed importante rappresentazione della sensibilità umana e della capacità di voler andare oltre l’apparenza.
Il vino è e sarà il protagonista, ma non come la condivisione di un piacere, ma come la condivisione di quella solitudine che spinge l’individuo a divenire essere solitario e sarà solo l’amore ed ancora l’amore l’unica spada che potrà abbattere ogni confine, anche quello linguistico, sociale, culturale.
Il vino non sorseggiato per e con amore ma abusato nella propria solitudine non sarà il nettare degli dei, ma una dipendenza che accompagnerà l’individuo verso i più cupi orizzonti.

Tag: , .

21 commenti a La solitudine con il vino, il caso Zoran il mio nipote scemo

  1. Kaiokasin ha detto:

    “…dall’ignoranza dello stato psicologico di Zoran e di altri personaggi, la balbuzie o l’autismo non vengono compresi…”
    Ma preferivi che il povero Zoran finisse dal logopedista e poi dallo psicologo e poi dall’assistente sociale, ecc.ecc.?
    Penso che starà molto meglio con zio Paolo Bressan.
    Che oltrettutto, dopo il suo arrivo, beve molto meno e si lava molto di più, come ci racconta la piccola Anita nel racconto “Il Furgoncino giallo”: quindi zio e nipote si aiutano l’uno con l’altro, alla fine anche Zoran si affaccia finalmente alla vita, senza l’oppressione della nonna. Certo che è una fiaba, ma lasciacela così, perchè devi rovinarla…

    http://www.corriere.it/cultura/i-corsivi/il-furgoncino-giallo/

  2. Pieri ha detto:

    Io invece ho trovato molto “friulano” nel film, mi è sembrato cogliesse bene certi aspetti del Friuli e di quella parte così particolare del Friuli che è il goriziano.:
    Battiston è stato magistrale nell’interpretare un personaggio che esiste (qui come credo altrove) ma non era mai stato portato sul grande schermo…è un alcolizzato e basta, senza motivazioni che possano “giustificare” questo suo grande vizio (nel film si intende che lo fosse anche da sposato), un personaggio dall’indole cattiva che lascia una punta di amaro anche nelle scene divertenti.
    Magistrale anche Rok Plesnikar.
    Azzeccatissime le melodie friulane e slovene che accompagnano lo svolgimento del film.
    Mi è piaciuta anche la scelta di non indugiare troppo sulla bellezza dei panorami, ma di presentarli al naturale, con le tipiche giornate plumbee del nostro territorio.
    Certo non manca qualche stereotipo (es: l’anziano che passa tutto il giorno in frasca col cappello da alpino sulla testa…mai visto geente che gira col cappello alpino se non vi sono feste, ricorrenze ecc.; o ancora la scena in cui per raggiungere la casa della zia defunta usa il gommone, sembrava una scena ambientata sul Mekong)

  3. capitano ha detto:

    Ha senso parlare dei problemi dell’alcolismo quando nel film si sente il coro comunale di Doberdò cantare canzoni friulane oppure si vedono poster e magliette dell’udinese campeggiare in un’osmizza?

  4. Pieri ha detto:

    Dì la verità capitano, tu sei quel baggiano di Roberto Covaz

  5. Pieri ha detto:

    Cmq ho una sorpresa per te capitano: il coro Ermes Grion di Monfalcone in un video di ben 36 minuti ci canto in lingua friulana

    http://www.youtube.com/watch?v=p7DZvlicJow

  6. Fiora ha detto:

    @3 “ha senso parlare dei problemi dell’ alcolismo quando…”
    d’accordissimo con te, Capitano( hai visto mai 😉 ) Il film non l’ho visto e non lo vedrei, perché con “quei” problemi non si fanno elegie né folklore.
    Ah ,Marco Barone “emerge anche in modo sottile la differenza tra alcolista e alcolizzato” è compiaciuto “poetico” asserto talmente erroneo e datato da non apparirmi neppure pericoloso alibi per abituali consumatori di bevande alcoliche, che sanno benissimo che alcolista e alcolizzato se non è zuppa è pan bagnato.
    per il consumatore compulsivo di alcol non esistono le “sottili differenze”. non esistono i semi alcolizzati e non c’è differenza tra l’educato alcolista e il becero alcolizzato!questione di termini non di sostanza..
    parimenti si scrive escort e si legge prostituta, no?!

  7. giorgio (no events) ha detto:

    a me il film è piaciuto. Ho riconosciuto situazioni, personaggi e problemi di questa terra che rimane, seppure senza confini, il punto d’incontro di culture e modi di vivere diversi.

  8. marco barone ha detto:

    beh rispondendo a Flora rilevo che è ovvio che tra alcolista ed alcolizzato non vi sia differenza, quando ciò emerge nel film è la chiara rappresentazione di quella situazione che vede l’individuo sparare a zero sul proprio simile, alcolista/alcolizzato, forse in quel caso lo invidia pure perchè quella persona si è liberata da quel problema mentre il protagonista no, e lo tenta pure, e cerca di individuare differenze che non esistono, per autogiustificarsi e non voler vedere il problema, la sua solitudine e l’abuso con il vino.
    Quando scrivo la sottile differenza tra alcolista ed alcolizzato è ironico…come il film.
    cordialmente
    mb

  9. nick ha detto:

    a me il film è piaciuto molto: un film vero, non la solita commediola. Detto questo, credo che più che il termine osmizza sia stato usato in questi mesi come sinonimo di “privata” al fine di rendere più immediatamente comprensibile quella dimensione così peculiare che tutti noi conosciamo. Non credo ce la si debba prendere per una maglietta dell’udinese. Così come non credo che si debba vivere come una lesa maestà il fatto che Battiston, quando parla del film, faccia riferimento al “Friuli”, e non all’Isontino, come pretendeva Covaz sul Piccolo di ieri. Sono recriminazioni di un provincialismo ormai fuori tempo massimo (anche se mi rendo conto che un bastian contrario ci debba sempre essere). Un invito, infine: godiamoci questo bel film; parla di noi (più o meno da vicino). E ne parla in modo genuino, intellettualmente onesto. Fare le pulci alla pellicola (un film, non un documentario) non ha molto senso.

  10. Gianfranco ha detto:

    Il vino è solo uno degli argomenti (marginale oltretutto) di questa pellicola, che ritengo essere un film piacevole che racconta una storia dolce-amara senza prendere parti o favorire una sola delle peculiarità della nostra regione…e infatti non ha alzato il solito squallido polverone di critiche di parte. E’ un film di frontiera come sono di frontiera alcuni personaggi, veri borderline caratteriali ed esistenziali. L’atmosfera è tipica del cinema italiano di stampo più verista…ben lontano però dall’atmosfera del mio amato cinema balcanico.Non è certo un capolavoro, ma la prova di Battiston con un personaggio complesso come Paolo è encomiabile.

  11. Pieri ha detto:

    Il termine osmize è usato impropriamente, così come impropriamente è usato il termine “isontino” quando si contrappone a “friulano”. Nell’isontino il mondo friulano, sloveno e bisiaco si incontrano, ma a qualcuno sentire “friulano” da fastidio. Incredibile che il deirettore dell’edizione goriziana del Piccolo Covaz sia così superficialmente anti-friulano.

  12. capitano ha detto:

    E io che stavo rimestando nei flebili ricordi per capire quale personaggio fosse Covaz, forse il vecchio che racconta la storiella del semaforo all’inizio…

    Spiego allora per quale motivo bisogna guardare questo film.
    * Per due attori bravi
    * Perchè fa ridere
    * Perchè è unopuntozero

    PS a me interesserebbe capire perchè sul Menzognero il recensore debba scrivere che ci si scompisci dalle risate dall’inizio alla fine quando non è assolutamente vero, anzi, è una commedia tanto quanto potrebbe essere un film di denuncia sui danni dell’alcolismo. Ma per questo attendo risposta dagli stessi che mi spiegheranno perchè si debba usare il termine osmizza quando privata è la stessa identica cosa.
    Ora che ho fatto la mia marchetta speriamo che Oleotto mi faccia avere un accredito per il festival di Toronto.

  13. El baziloto ha detto:

    Visto alla mostra del cinema di Venezia ai primi di settembre. Piaciuto a tutti: applausi in sala.

    Non è un documentario, né un film storico, tantomeno un trattato di antropologia culturale: non mi scandalizzo quindi per le sbavature di contorno sul colore della maglia o robe del genere.

  14. Paolo Nanut Standrez-Gorica-Gorizia ha detto:

    @11 Qualche pregio Covaz ce l’avrà anche lui o no? Di Battiston e Oleotto ho l’autografo, in quanto il primo nel 2010 e il secondo l’anno dopo hanno dormito da me. Posso dire che Giuseppe e Matteo sono di una squisitezza unica

  15. Dag ha detto:

    Il film in regione è campione d’incassi, seppoi qualche provincialotto del sudest non apprezza o non va a vederlo poco male…

    A me il film è piaciuto abbastanza. La prima parte è assai comica, si ride di gusto e passa molto veloce. L’ultima parte, quella drammatica, è, secondo me, meno approfondita, dà una sensazione di incompletezza.

    Comunque sia un film diretto da un goriziano, che ha per protagonista un udinese e che è prodotto da una casa cinematografica udinese è, già per sè stesso, un film da andare a vedere.
    Su questo sono molto “patriottico”

  16. sfsn ha detto:

    volevo andarlo a veder, ma dopo che go sentì comenti entusiastici da Lojze e Nick temo che sia un bidon…

  17. michela ha detto:

    L’alcolismo dell’uomo evoluto si chiama “etilismo”, l’alcolismo del poveraccio si chiama “vizio”…
    @6) quanto a scrivere escort e leggere prostituta, io ho sempre scritto direttamente prostituta 🙂 In ogni modo, per me è sacro il diritto di qualsiasi regista e sceneggiatore di creare una storia rappresentandola a modo proprio, senza fini documentaristici, e solo lo spettatore ingenuo può davvero aspettarsi di veder raccontato un territorio o un popolo quando è servita soltanto una storia che poteva svolgersi ovunque.
    A questo proposito, il bellissimo film COME DIO COMANDA ambientato sui ghiaioni del Cellina-Meduna, non aveva mica il dovere di raccontare usi e costumi locali! la storia (secondo me bellissima) di un padre e di un figlio problematici poteva essere trasposta ovunque.
    La libertà di creazione e rappresentazione che deve avere colui che fa cinema, prevale abbondantemente sui “desiderata” del pubblico.
    Io sono nata nel Friuli nord-occidentale ma non mi sogno di vedere qualcosa della mia terra natale se vado a vedere una commedia o un noir o qualcosa che non sia un documentario, ambientato lassù!

  18. nick ha detto:

    @16: fai come credi. Sappi però che se non ci vai, ti perdi un bel film. E non sono io a dirlo….i riscontri positivi sono stati tanti e trasversali….

  19. sfsn ha detto:

    grazie del autorizzazion, adesso posso andar
    (ciò, senso del humour scarsetto, eh? d’altra parte cossa pretender de un yuppy neoliberista…)

  20. carlo primo ha detto:

    la mia sensazione è stata di vedere una specie di “rain man” in salsa domacia con il sempre bravo Battiston che sembra D.Abbatantuono..

  21. Jasna ha detto:

    @Pieri

    “l’anziano che passa tutto il giorno in frasca col cappello da alpino sulla testa…mai visto geente che gira col cappello alpino”

    Io sì, col cappello da bersagliere però. 😀

    Ho ritrovato tante cose di qui, tra cui lo stesso umorismo di certi miei vecchi zii.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *