14 Ottobre 2013

Quei gesti che ci chiedono il silenzio

Venerdì sera, a Trieste, una persona ha ottenuto l’attenzione della cronaca togliendosi la vita. Coerentemente con la linea editoriale presa in precedenza, bora.la ha deciso di non darne notizia.

Probabilmente, misurare la portata di questa nostra decisione in termini di variazioni sul numero di visite giornaliere potrebbe fornirci informazioni interessanti, ma la nostra decisione si pone su un piano diverso da quello dove si misurano i click sulla pagina e il traffico generato.

Capiamo bene chi preferisce fare diversamente: questi sono fatti che “fanno notizia”, si sa che gli occhi di molti lettori saranno magnetizzati dalle parole che ricostruiscono e inquadrano l’ultimo gesto di chi si è tolto la vita. Di fronte a questa scelta, che ci sembra così estranea e allo stesso tempo così umana, abbiamo tutti bisogno di risposte. Non di quelle, però, che possiamo trovare nelle parole della cronaca. O perlomeno, noi di bora.la, pensiamo così.

Chi era? Perché l’ha fatto? sono probabilmente le due domande che vengono in mente a tutti di fronte a un dramma come questo. Alla seconda non danno una vera risposta nemmeno le lettere che spesso accompagnano questi gesti: tanto meno ce la possono dare gli articoli di cronaca, composti di norma senza il tempo né la possibilità di approfondire davvero le ragioni di un atto del genere.

Quanto alla prima domanda, la tutela della privacy ci impedisce di saziare questa curiosità trovando negli articoli dati anagrafici. Incrociando i dati e scartando gli improbabili però, come in un macabro Indovina chi, possiamo ottenere un’immagine in negativo di una persona ridotta a poche coordinate, tra cui quella che spicca di solito è l’appartenenza a un gruppo sociale “a rischio”: adolescenti fragili, anziani abbandonati, persone che vivono un disagio mentale, innamorati respinti, imprenditori rovinati…

Ora, facciamo un esperimento mentale: immaginate, leggendo un articolo del genere, di realizzare a metà lettura che la persona che si è tolta la vita è qualcuno che conoscete abbastanza bene. Raggelati, fermate la lettura per un secondo che dura un’infinità. Poi riprendete a leggere mentre l’angoscia sale; sentite il bisogno di condividere quanto avete scoperto con chi vi sta vicino, e intanto il vostro cervello cerca di elaborare le implicazioni del fatto che quella persona non vive più.

Alzate gli occhi dalla pagina o dal monitor, constatate assurdamente che il mondo sembra lo stesso di qualche minuto fa, scuotete il capo e ricominciate la lettura. Ancora non capite perché l’ha fatto, e anche se adesso il suicida (o la suicida) ha per voi un nome, meno di prima vi sembra di sapere veramente chi era.

Forse, rileggendo, trovate qualche incongruenza tra il ritratto giornalistico e la persona che conoscevate. Probabilmente, le descrizioni vi appaiono vuote, meccaniche, o, peggio ancora, retoriche o morbose. E in ogni caso, ora è chiaro, le parole del testo rispondono a una domanda sola: cos’è successo?. Domanda irrilevante, rispetto ai mille perché che vi galoppano in testa.

Ma questo non è neppure il caso peggiore: potrebbe darsi che vi troviate a leggere il pezzo di cronaca sapendo già chi è la persona che si è tolta la vita. Perché di questa siete (e non volete dire siete stati) parenti, amici, partner. Riuscite a immaginare che effetto possono fare, in questo caso, le frasi di un estraneo che parla a tutta la vostra città di una persona che per lui non è mai esistita – quella stessa che ora voi state piangendo con rabbia, dolore e disperazione?

Ecco. Noi non crediamo che raccontare il che cosa è successo intorno a un suicidio possa fornire davvero un servizio. Non a chi conosceva la persona scomparsa, ma neppure a chi non la conosceva, e dopo aver letto di un volo spettacolare o del cadavere impiccato di una persona a rischio ritorna al suo mondo di prima, dove (si augura e prega) cose del genere non accadranno mai.

È dunque per rispetto di chi ha deciso di non vivere più e per rispetto di chi è stato vicino alla persona scomparsa che in questi casi preferiamo tacere, e continuare a scrivere delle cose positive che accadono nel nostro territorio, e delle cose negative che gli abitanti, se decidono di impegnarsi, possono cominciare a cambiare.

18 commenti a Quei gesti che ci chiedono il silenzio

  1. bea ha detto:

    Qualcuno doveva dirlo. E che venga detto così, poi, è puro regalo. Sottovoce, ringrazio.

  2. bonalama ha detto:

    carissimi non concordo con la vostra (pur legittima) scelta. Girare la testa dall’altra parte non serve a nulla. Servirebbe invece una attenta riflessione sul disagio (se è questo il caso)e la sua diffusione. Prendere atto che un problema (più problemi) c’è (ci sono, potrebbe dare inizio ad una più che auspicabile riflessione e magari a sollecitare dibattiti (non sterili contrapposizioni) con la fase “istituzionale”. Un sito quale bora.la, potrebbe promuovere ciò. Non è nè vuole essere un’intromissione

  3. Sara Matijacic ha detto:

    Ciao Bonalama. Ciò che tu dici, mi pare sia riassunto bene nell’ultimo paragrafo dell’articolo di Paolo. Il fatto che non vogliamo spettacolarizzare il dolore, non significa che non vogliamo parlarne, anzi. Vogliamo farlo in maniera rispettosa, lasciando ad esempio la parola a amministratori locali, associazioni, esperti e singoli che ogni giorno hanno a che fare con problematiche di questo genere.

  4. Fiora ha detto:

    @Paolo e Sara
    davvero nauseata del voyeurismo dilagante,( un esempio per tutti Avetrana) io vi ringrazio di non aver ceduto alla tentazione del sensazionalismo ed apprezzo la delicatezza che bora .la ha scelto in questa circostanza.
    @Bonalama
    “voltare la testa dall’altra parte” da parte di chi possa solo leggerlo il “fattaccio” di turno, mi appare oggi un bel esercizio di riservatezza…Questa non è una detective story,nè un gossip.

  5. morena gallone ha detto:

    Compllimti! siete veramene delle persone meravigliose. Grande Paolo! Lee tue parole arrivano al cuore di tutti noi!

  6. Enam ha detto:

    Sono d’accordo con la scelta di Bora.la. Sarebbe bello che altri mezzi d’informazione facessero lo stesso. Far leva sulla inclinazione al gossip macabro di una massa educata in tal senso dai media, per fare audience, l’ho sempre condannato. I telegiornali riempiono il palinsesto di notizie orribili ed al tempo stesso inutili dal punto di vista dell’informazione (intesa come mezzo per conoscere il nuovo nel mondo). I servizi sono confezionati per sottolineare il brutto, il negativo, per mostrare impietosamente il dolore e la miseria dell’altro, che potrebbe essere il nostro vicino di casa. Sotto sotto lo spettatore prova piacere a seguire certi eventi perchè una volta ancora realizza che non è capitato a lui e si rassicura di sapere che c’è chi sta peggio. poi ci sono i particolari minuziosi del delitto o dell’incidente, sciorinati con spietata precisione, tanto che tra il “C.S.I.” di turno e la realtà, la differenza non è quasi più rilevabile. Bravi voi di Bora.la, spero che anche altri vi seguano.

  7. bonalama ha detto:

    ciao direttore e grazie della risposta continuo a credere che bora.la possa essere un sito di riferimento anche quale coscienza sociale. I casi di “tragica rinuncia” tra i giovani sono sempre devastanti, anche per chi non li conosceva. #Fiora l’idea del gossip mi è estranea.

  8. Fiora ha detto:

    @6
    “l’idea del gossip mi è estranea”
    e chi alludeva a te ,Bonalama???!! la mia era una considerazione generale sul fatto ed un apprezzamento per come bora.la ne abbia trattato.
    A me invece pure “l’idea del gossip” è familiare come tutte le altre manifestazioni della vita, dalle più drammatiche alle più frivole.
    …a tempo e luogo e senza snobistiche preclusioni!

  9. capitano ha detto:

    Io non ho capito il senso del post o forse sì: teniamoci stretti i nostri tabù?

  10. bonalama ha detto:

    Fiora carissima io ho interpretato la tua missiva quale diretta alla sottoscritta che, apprezzando la scelta del sito, metteva in oggetto la necessità vista l’adeguatezza del nostro caro sito a trattare anche argomenti difficili, misunderstanding sob 🙁

  11. Paolo Stanese ha detto:

    Capitano, anch’io scrivendolo l’ho trovato paradossale: in fondo, questo post dichiara ciò di cui vogliamo tacere. Ma se permetti, provo a tradurlo un po’ meglio: teniamoci stretti i nostri “valori” (puoi metterci quante virgolette vuoi, a questa parola), e spieghiamo il perché.

  12. Kaiokasin ha detto:

    Io non so di che episodio si tratti, ma ritengo giusta la posizione di bora.la, anche per evitare possibili “effetti emulazione”. C’era e credo ci sia ancora un accordo tra Il Piccolo e Azienda sanitaria per non pubblicare notizie riguardanti i suicidi, proprio per questo motivo.

  13. sfsn ha detto:

    Me par che la posizion de Bora.la a riguardo sia umana, dignitosa e condivisibile. Quando succedi drammi del genere per le persone vizine xe za una tragedia sconvolgente: scriver articoli-babezo sora xe una roba orribile nei confronti dei parenti e dei amici e un comportamento da sciacalli dell’informazion (e qualche giornalista del piccolo la sa longa in materia…)

  14. Fiora ha detto:

    @10
    Già, Paolo.Si scrive tabu ,si legge valori e vi si legga pure saturazione delle incursioni nella privatezza di ognuno e della retorica a chilo, caratteristica di resoconti in casi di suicidi ,soprattutto delle persone giovani.
    Ribadisco l’apprezzamento per la discrezione.
    “il resto sia silenzio”

  15. Fiora ha detto:

    @14
    BECERI!

  16. Fiora ha detto:

    @14
    BECERI! non caschiamoci a dargli visibilità montando una polemica.

  17. Fiora ha detto:

    @14
    BECERI! non caschiamoci a dargli visibilità montando una polemica.

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