20 Settembre 2013

FVG, i primati delle scelleratezze ambientali: consumo di suolo e cemento pro capite

Forse i nostri figli ancora no, ma certamente i nostri nipoti ce lo rinfacceranno: di aver consegnato loro una miserevole eredità. Pochi avanzi in termini di ambiente, risorse, bellezza, beni comuni, urbanistica ( temo anche diritti, democrazia, libertà
e responsabilità civili; lasciti morali neanche a parlarne . Mentre le generazioni precedenti qualcosa  avevano pur sempre ricevuto , come investimento e presupposto su cui giocarsi il futuro e sognare un mondo migliore.
Previsione molto pessimistica, la mia, rafforzata dalle parole  di Guido Pesante, ambientalista e responsabile aree protette del Friuli Venezia  Giulia, intervenuto insieme agli architetti Laura Di Bidino e Paolo Sergas, al convegno del Forum Cultura Gorizia “ Grande distribuzione…ma quanto ci costi?”
Una piccola regione come la nostra, fantastico microcosmo geografico, riesce a svendersi al cemento e alla speculazione edilizia ( e non sono solo i centri commerciali), semplicemente perché è la cosa più semplice da fare: non richiede programmazione, gestione, cultura, competenze, coerenza e lungimiranza; consente clientele, tangenti e intrallazzi vari; si affida all’improvvisazione, al succedersi dei programmi elettorali e alle alterne visioni delle varie legislature. Corre in quel solco di modesta, quando non pessima, qualità dell’organizzazione del territorio e dell’urbanistica che contraddistingue il Bel Paese e si ispira ad una tradizione di scempi, scelleratezze e annesse corruttele di cui siamo indiscussi maestri,noi del Bel (ormai Brutto) Paese.
E noi, in Friuli Venezia Giulia (il gioiello di vette innevate, dolci colline, fertili pianure ricche d’acque,  coste soleggiate, punteggiato di borghi e cittadine d’arte etc. etc., che ancora speriamo di vendere come prodotto turistico, meta culturale e modello di specialità) siamo già arrivati al traguardo dei primati negativi in termini di cementificazione, particolarmente in rapporto ai metri quadrati trasformati in sepolcri del suolo e al numero di abitanti. Ma perché preoccuparsi se ottimi terreni agricoli o aree verdi sono condannati sotto colate di cemento, che li uccidono per sempre nella loro natura e funzione di “suolo” e scatenano conseguenze a non finire? Se in regione gli agricoltori contendono agli ambientalisti zone di interesse tutt’altro che agricolo, perché non sanno più dove andare? Se i paesaggi della nostra vita e della nostra storia non ci appartengono più ? Se un mostro come il centro commerciale di Aiello sta puntando al raddoppio e se quello di Villesse segnerà l’abbassamento di chissà quante altre piccole saracinesche nelle cittadine attorno?
In fondo abbiamo ottenuto posti di lavoro: e per ognuno  sistemato in un centro commerciale ( nel 77 per cento dei casi con contratti a termine e nel 78 per cento con contratti part time: in una regione con un alto tasso di scolarità, va aggiunto ) ne abbiamo mandati a casa  ben altri 6 nei negozi di paese e di città.
I Comuni   hanno molte colpe: permettono la pratica del capannonificio, consentono l’estendersi  incontrollato di ingestibili periferie e la decadenza dei centri storici, vendono il territorio in cambio di oneri di urbanizzazione, di una piscina e una di pista di pattinaggio ( si fa per dire), e hanno scelto in massa di assecondare il processo che fa diventare finanziarie le attività immobiliari. Certo, bisogna tener conto dell’enorme pressione che i grandi gruppi sono in grado e sono autorizzati ad esercitare politicamente. E poi, vi immaginate lo staff tecnico di un grosso investitore, preparato, aggressivo e disposto a tutto, che affronta il piccolo ufficio tecnico comunale: confronto impari, è evidente. Soprattutto se nessuno, quel piccolo ufficio tecnico, lo sostiene e lo aiuta a difendere il proprio territorio.
Dietro il disastro così come descritto dall’ambientalista, altre mutilazioni e inaridimenti: i centri storici svuotati di famiglie e imprese,  la cultura delle città e delle piccole comunità  scardinata dal quotidiano, privata del ruolo di strumento identitario   e confinata nelle vetrine di  un povero antiquariato, il consumismo che prosciuga tasche e cervelli, la socialità sostituita dallo shopping e le stagioni scandite dalle offerte commerciali….
Le mie figlie adolescenti ascoltavano Guido Pesante con la fronte corrucciata e io mi vergognavo come un cane: queste cose le sappiamo e le temiamo da tempo, ma sentirle raccontare tutte in fila con i propri figli accanto, e da uno lucido e preciso come Pesante, accentua il senso di responsabilità. Voto da moltissimi anni, ed evidentemente ho sempre sbagliato. Si può cambiare direzione?

7 commenti a FVG, i primati delle scelleratezze ambientali: consumo di suolo e cemento pro capite

  1. Kaiokasin ha detto:

    Complimenti davvero, non era facile riassumere in poche righe i numerosissimi problemi connessi allo scellerato consumo del suolo, nel quale la nostra Regione si distingue ancora più di altre realtà italiane (senza particolari differenze nella successione di giunte di colore diverso). Questi sono i veri problemi dell’Italia, non quelli che ci propinano i talk show. Stiamoci sotto! http://www.stopalconsumoditerritorio.it/

  2. Dario Predonzan ha detto:

    Una piccola svista nell’articolo: Guido Pesante è responsabile aree protette del WWF Friuli Venezia Giulia (omettendo il nome dell’associazione potrebbe sembrare che si tratti di un funzionario della Regione… nessuno dei quali penso oserebbe dire quello che ha detto Pesante!)

  3. Fabrizio Dalla Costa ha detto:

    Un articolo molto amaro, ma molto vero, paghiamo il,prezzo di un arretramento culturale generalizzato che dura da decenni in tutti i campi.

  4. Fiora ha detto:

    apprezzo il tono per nulla apocalittico, di chi con i piedi per terra (quella che ci stanno cementificando sotto agli occhi!)valuta con assoluto realismo una situazione, al presente ed in prospettiva.
    ” si può cambiare direzione” ? Mah! finché” il dio denaro” (copyright papa Francesco)e il profitto IMMEDIATO (perché alla lunga non paga!)la faranno da padrone, vedo l’attuale scempio un processo irreversibile.

  5. Marino Vascotto ha detto:

    @4 Fiora
    C’è una contraddizione in termini nell’affermare che il processo è irreversibile “finché”. Significa che se superiamo quel “finché” ci accorgiamo che non solo è reversibile ma che ce ne sono mille di migliori.
    Il problema è proprio che certe situazioni, anche tragiche, si danno pigramente per scontate.

  6. Fiora ha detto:

    @5
    eh, Marino diresti bene se il mio “finché” non fosse retorico…vuoi sostituirlo con un ” giacché” ?
    nel senso che dubito di arrivare viva al sovvertimento tra l’avere e l’essere 🙁

  7. Marino Vascotto ha detto:

    @6
    Hai perfettamente ragione ma penso si sia capito che la mia non era una critica linguistica bensì una sottolineatura del fatto che accettare passivamente un simile stato di cose fa ormai parte di una mentalità largamente diffusa.
    Ed è questa mentalità che bisogna contrastare, anche perché quel “finché” abbia un termine e non si trasformi veramente in un “giacché”.

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