9 Settembre 2013

Scampoli di storia: la difesa della sede de “Il lavoratore” e del Cantiere San Marco

Rubrica a cura di Paolo Geri

Era l’ 8 febbraio 1921, quando a Trieste i fascisti assaltano e distruggono la sede dell’ “Edinost”, il quotidiano sloveno. All’indomani sempre i fascisti attaccarono la sede della redazione e della tipografia de “Il Lavoratore” allora ancora organo del Partito Socialista di Trieste. Diventerà poco più tardi organo dei comunisti triestini.
Il 21 gennaio era stato fondato a Livorno il Partito Comunista d’ Italia ma la scissione a Trieste si concretizzò pochi giorni dopo quando Giuseppe Tuntar, già dirigente del Partito Socialista della Venezia Giulia, con un colpo di mano si impossessò a Trieste della tipografia del giornale.
“Il Lavoratore” doveva poi attraversare la storia della sinistra di classe triestina uscendo saltuariamente clandestino durante il ventennio fascista per poi riprendere le sue regolari pubblicazioni nel secondo dopoguerra prima come quotidiano e poi come periodico dei comunisti triestini sino ai primi anni Ottanta. Ma torniamo agli anni Venti. La sede de “Il Lavoratore” era già stata devastata dai fascisti il 14 ottobre 1920. Il giorno successivo all’ assalto a “Edinost”, il 9 febbraio 1921, viene incendiata la Camera del Lavoro di Fiume.
L’ assalto della sede de “Il Lavoratore” – ricorda Vittorio Vidali – fu un’operazione meticolosamente preparata nel palazzo del governo. La battaglia fu aspra perchè gli assalitori si trovarono innanzi una difesa organizzata dall’ interno e dall’ esterno. Sin dall’inizio i fascisti preferirono ritirarsi e lasciar fare alle forze di polizia che assediarono, intimarono la resa e dopo aver occupato l’ edificio, arrestati e bastonati a sangue i difensori, permisero ai fascisti di penetrare, distruggere e incendiare”. “Il Lavoratore” era stato difeso come una piccola fortezza, con le armi, ma non era bastato. Vidali mi raccontò personalmente negli anni Settanta: “Ci ritirammo solo quando finimmo le bombe a mano”.
“Il Lavoratore” era difeso dagli “Arditi del Popolo” (o “Arditi rossi”) triestini, il cui capo indiscusso era appunto Vidali. Gli “Arditi del Popolo” erano nati pochi mesi prima da una “costola” degli “Arditi d’ Italia” ma come organizzazione antifascista. L’ iniziativa della loro costituzione era stata di un gruppo di iscritti guidati dal simpatizzante anarchico Argo Secondari. Si erano creati così gruppi armati in grado di opporsi alle squadre d’ azione fasciste: erano formati da componenti anarchiche, comuniste e da formazioni di difesa proletaria.
La nascita degli “Arditi del Popolo” fu annunciata da Lenin sulla “Pravda”. L’ Internazionale Comunista era favorevole a questa organizzazione come si legge sul resoconto nell’ incontro fra Nikolai Bucharin e Ruggero Grieco, quest’ ultimo all’ epoca rappresentante dell’ ala bordighista del Partito Comunista d’ Italia.
A Torino in quei giorni gli operai avevano approvato nelle Officine Fiat una risoluzione che minacciava di rappresaglie gli industriali per il loro appoggio sfacciato ai fascisti. Il 29 febbraio a Trieste i fascisti ritornarono all’ attacco e, nonostante la difesa dei lavoratori triestini, incendiarono la Camera del Lavoro.
All’ indomani fu dichiarato lo sciopero generale e gli operai occuparono il Cantiere San Marco. La forza pubblica e reparti dell’ esercito lo assediarono, la battaglia si prolungò per alcune ore, e alla fine alcuni reparti del cantiere erano in fiamme. I più coraggiosi difensori, rimasti sul posto sino all’ ultimo, fuggirono e riuscirono a sbarcare a Muggia su di un rimorchiatore. A sera, mentre i fascisti sfilavano manifestando il loro giubilo, all’ uscita della galleria di Montuzza, vennero lanciate contro il loro corteo due bombe a mano di tipo austriaco che provocarono una quindicina di feriti.
Molti anni più tardi l’ anarchico triestino Umberto Tommasini dichiarò di essere stato, unitamente ad un socialista e due comunisti, il protagonista di quella azione.
Tornando allo sciopero del Cantiere San Marco gli industriali proclamarono la serrata perchè pretendevano che gli operai pagassero i danni dell’ incendio del cantiere. La lotta terminò il 14 aprile con la sconfitta degli industriali. All’ indomani dell’incendio del Cantiere San Marco la polizia procedette a numerosi arresti; fu arrestato, ma poi rilasciato, anche Vittorio Vidali. Ma dopo il grande successo elettorale dei comunisti nelle elezioni politiche del maggio 1921, numerosi giovani comunisti, tra i quali Vidali, che ne era l’ esponente principale, furono arrestati, torturati e denunciati per “associazione a delinquere, detenzione di armi e di esplosivi, omicidi, ferimenti, ecc.” Vidali e i suoi riuscirono ad arginare gli arresti sostenendo che i loro gruppi erano autonomi dal Partito Comunista e rivendicando il diritto di difendersi con le armi contro la violenza e l’ illegalità. Dopo due mesi, a tutti gli arrestati fu concessa la libertà provvisoria. Soltanto alla fine dell’ anno il processo venne celebrato in Corte d’Assise e a porte chiuse. Malgrado l’ accusa avesse chiesto pene pesanti, diciannove anni di carcere per Vidali quale “capo del complotto e dei bombardieri,” le condanne furono lievi e tutte con la condizionale. I giurati e i giudici erano rimasti colpiti dal coraggioso atteggiamento degli imputati e dalla notizia delle torture cui erano stati sottoposti. In agosto, mentre si trovavano in libertà provvisoria, in risposta all’ assassinio dell’ antifascista De Marchi, i giovani comunisti triestini avevano dato l’ assalto alle sedi rionali fasciste di San Giacomo e di San Vito devastandole. Sino alla marcia su Roma a Trieste fu un susseguirsi di aggressioni fasciste nessuna delle quali restava senza immediata e decisa risposta sia sul terreno politico sia su quello della guerriglia. Ma i rapporti di forza stavano rapidamente mutando.
Il 22 maggio 1922 in occasione della visita a Trieste di re Vittorio Emanuele III il Fascio locale diede una prova inequivocabile di forza facendo sfilare una legione armata di duemila uomini affermando il giorno successivo: “Prendete atto dell’ adunata di ieri …. Il Fascismo domina la Venezia Giulia, vi piaccia o no”.
Significativa sulla situazione di Trieste dell’ epoca risulta la testimonianza di Ignazio Silone: “Alla vigilia della marcia su Roma, a Trieste e provincia esisteva un equilibrio del terrore. E la sinistra era tutt’ altro che stanca e demoralizzata: tant’ è vero che il quartiere più popoloso, San Giacomo, era ancora ostentatamente antifascista e nelle ore notturne veniva accuratamente evitato dai “patrioti”. Pochi mesi dopo Vidali ed altri antifascisti triestini, che vedevano la loro vita ormai a rischio, furono costretti a fuggire all’ estero.

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26 commenti a Scampoli di storia: la difesa della sede de “Il lavoratore” e del Cantiere San Marco

  1. Sandi Stark ha detto:

    Quanti di quei fascisti erano consapevoli di essere fascisti tra il 1919 ed il 1920?

  2. El baziloto ha detto:

    Occhio Geri, che secondo Stark i socialisti triestini erano per meta’ dei nazionalisti italioti in sostanziale combutta con i fasci contro gli sloveniecc. ecc. ecc.

  3. Giovanni Rotolanti ha detto:

    Molto importante discorrere di fascismo,è molto tempo che non ne sentivo parlare….

  4. giorgio (no events) ha detto:

    Vede Giovanni, finché c’è gente che giustifica o addirittura esalta la dittatura tra le due guerre, è opportuno ricordarne le nefandezze ed i crimini.

  5. Kaiokasin ha detto:

    Ma dov’era la sede del Lavoratore (v.Maiolica)?

  6. effebi ha detto:

    …si vorrebbe, con questo, raccontare dello scontro tra il bene e il male ? 🙂

  7. El baziloto ha detto:

    Vorrei approfondire brevemente un punto appena sfiorato da Geri: il “colpo di mano” col quale Tuntar “s’impossessò a Trieste” della tipografia de “Il Lavoratore”.

    In realtà, questo “colpo di mano” del gennaio 1921 fu un vero e proprio assalto da parte di un gruppo di comunisti alla sede del giornale, armati di bastoni. I redattori e i tipografi socialisti vennero spediti fuori – quindi – a bastonate.

    Alla guida degli assalitori, un personaggio che fece una parte della storia del movimento operaio triestino: Vittorio Pascottini.

  8. Sandi Stark ha detto:

    La mia domanda non è retorica, mi piacerrebbe sapere se i fascisti del 1919 e 1920 erano coscienti di essere fascisti. Come si definivano? Cosa dicevano nei loro scritti? Dicevano “noi fascisti” oppure si definivano altrimenti? Mi piacerebbe saperlo perchè non mi è ancora capitato di leggere le loro testimonianze documentali.

  9. Bibliotopa ha detto:

    “A sera, mentre i fascisti sfilavano manifestando il loro giubilo, all’ uscita della galleria di Montuzza, vennero lanciate contro il loro corteo due bombe a mano di tipo austriaco che provocarono una quindicina di feriti.
    Molti anni più tardi l’ anarchico triestino Umberto Tommasini dichiarò di essere stato, unitamente ad un socialista e due comunisti, il protagonista di quella azione.”

    ricordo di aver letto commenti molto pesanti su qualcun altro che buttava bombe a mano su cortei, alcuni anni prima… ma già allora “uccidere un fascista non è un reato” come si diceva nel 68 e giù di lì? comunque grazie per aver ricordato un periodo alquanto turbolento a dir poco della storia di Trieste.

  10. hobo ha detto:

    @9 se i partiti di sinistra e i sindacati fossero stati piu’ decisi nel combattere, anche con le armi, il fascismo del ’19-’22, l’italia forse si sarebbe risparmiata 20 anni di dittatura, e il mondo si sarebbe risparmiato un sacco di altre cose sgradevoli.

  11. Bibliotopa ha detto:

    #10 se i partiti di sinistra fossero stati uniti, allora…. e invece …

  12. hobo ha detto:

    appunto. uniti si vince (come diceva un famoso sindacalista cabibo, che i fascisti li aveva combattuti per tutta la vita).

  13. Sandi Stark ha detto:

    Estate del 1921, Trieste no iera Italia perciò la reazion de Tommasini (i personaggi ciamdi fascisti no fazeva una passeggiata in galleria ma i tornava da azioni violente commesse a San Giacomo delle quali se ga za parlà altrove) no la paragonoabile all’azion terrorista de Wilhelm Oberdank, visto che nel 1882 Trieste iera Austria e i due poveri fioi che el gaveva mazà, no i gaveva commesso in precedenza, alcuna violenza.

    Inoltre Tommasini no iera socialista e no el iera de sinistra: el iera anarchico. El iera cittadin ‘talian, rivà a Trieste nel 1919, prima no el iera nianche regnicolo, quindi se el iera a Trieste iera cazzi dei occupanti, che in base alla Convenzion de l’Aja, mai e poi mai i gavessi dovù colonizzar con la loro gente i territori occupai prima dei trattati de pace. Nè Tommasini, nè Giunta, nè nissun altro civile ‘talian doveva trasferirse a Trieste prima del febbraio 1922 quando xe sta applicà el Trattato di Pace.

  14. effebi ha detto:

    sandi ne insegna che i anarchici doveva… rispettar le regole 🙂

  15. Sandi Stark ha detto:

    Qualche sapienton pensa che nel 1919 se andava da Trieste all’Italia in motoreta. Iera un confin super controllà su tutte le strade de accesso al Litoral e alla città dove i nostri che tornava dalla guerra vigniva fermai e internai. Dopo i doveva spetar che el sindaco (o meio al Comitato de Epurazion) scrivessi che si, che el signor podeva andar a Trieste, che no el iera austriacante, filo SHS o pericoloso sovversivo. In questi casi el finiva ne le fortezze in Italia. Se inveze el iera sloven (o tedesco o de altre parti de l’Impero) ma con cittadinanza triestina da dopo el 1909, el vigniva pedalà direttamente in SHS, cioè Yugo.

    Come i controllava i triestini che tentava de tornar a casa, sia civili che militari, i podeva anche controllarse i suoi civili che vigniva da Vivaro come Tommasini.

  16. Paolo Geri ha detto:

    #5. kaiokasin

    “Dove era la sede del “Lavoratore” ?”
    Di preciso non lo so. Mi pare di ricordare che Piemontese nel suo “Storia del movimento operaio triestino” parli appunto di via Maiolica (o di via Vidali ?). Ma nelle cronache dell’ epoca si parla spesso di piazza Garibaldi e quindi in effetti potrebbe essere stata in via Maiolica.

    #13. Sandi Stark

    “Inoltre Tommasini no iera socialista e no el iera de sinistra: el iera anarchico”.

    Definire nel 1920-1921 un anarchico come “non di sinistra” è a dir poco improprio. E soprattutto a Trieste dove anarchici e comunisti operavano fianco a fianco – pur nella rispettiva autonomia – nelle commissioni di fabbrica (come a Torino). Gli anarchici erano “alleati” oggettivi dei socialisti prima e dei comunisti poi, uniti nelle azioni e nella propaganda contro i fascisti. E lo dice non solo Tommasini nelle sue memorie ma anche Claudio Venza nei suoi saggi sul movimento anarchico triestino di quegli anni.

  17. effebi ha detto:

    comunisti e anarchici:

    “Percorsi diversi, non sempre dalla stessa parte della barricata (vedi in Spagna, dove i comunisti stalinisti arrivarono all’eliminazione fisica di anarchici e comunisti trotzkisti)…”

    i stalinisti iera questi de cui se parla nel post no ? sai cocoli… sta desiderio dell’eliminazione fisica dell’avversario iera prorpio …incontenibile.

  18. hobo ha detto:

    @19 si’, ok, ok, ma ti preocupite dele divisioni e dei aerei mandadi da mussolini in spagna per eliminar fisicamente i aversari su larga scala. tipo a guernica.

  19. hobo ha detto:

    e comunque nel 1920/21 el stalinismo no esisteva, perche’ stalin ga sconfito trotsky e xe anda’ al potere nel 1926.

  20. aldo ha detto:

    A differenza di quel che dice erroneamente Sandi Stark, Umberto Tommasini:
    1 – Era “regnicolo” in quanto si trasferì da Vivaro a Trieste con la famiglia per il lavoro del padre e nel 1909 iniziò egli stesso a lavorare in città come apprendista fabbro e partecipò appena tredicenne a un corteo di protesta. Tornò con la famiglia a Vivaro prima dell’inizio della guerra, combattè, fu fatto prigioniero dagli austriaci e rinchiuso nel campo di prigionia di Mauthausen. Dopo la guerra ritornò al suo precedente lavoro di fabbro a Trieste.
    2 – Al momento del fatto citato nell’articolo di Paolo Geri era anarchico, in quanto aveva già abbandonato il Partito Socialista al momento della scissione comunista.

  21. effebi ha detto:

    s eè il caso di preoccuparsi di chi bombarda gli avversari… perchè non preoccuparsi di chi sparacchia ai propri compagni ? concedimelo hobo

  22. aldo ha detto:

    Il passaggio di Tommasini dai socialisti agli anarchici poco prima dell’evento citato e continuando la stessa battaglia, mostra chiaramente come socialisti, comunisti, anarchici e anche repubblicani stessero dalla stessa parte e partecipassero alle stesse manifestazioni dall’ultima parte dell’ottocento in avanti. Il fondatore del Partito Socialista Andrea Costa fu arrestato dalla polizia e condannato da un regio tribunale italiano a 3 anni di reclusione per aver partecipato a una manifestazione, insieme con anarchici e repubblicani, contro la condanna a morte di Oberdank, al tempo ritenuto anarchico, anche se poi il fascismo ne falsificò la storia.

  23. hobo ha detto:

    @22 il link al #17 l’ho messo io, mi pare. o no?
    invece non mi pare che tu abbia mai linkato qualcosa in cui si parli di quel che ha combinato l’italia, in particolare l’italia fascista, nei suoi 150 anni di storia.

  24. hobo ha detto:

    (nemmeno di sfuggita, eh)

  25. Kaiokasin ha detto:

    “l’ anarchico triestino Umberto Tommasini dichiarò di essere stato, unitamente ad un socialista e due comunisti, il protagonista di quella azione”. Ah, l’unità delle sinistre. Oggi avrebbero fatto 3 partitini prendendo lo 0,5% ciascuno, oppure le primarie…

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