12 Marzo 2013

Scampoli di storia: le “saltarìe” nella Trieste medioevale

Rubrica a cura di Paolo Geri

Le “saltarìe” erano nel Medioevo triestino ampie porzioni di territorio che comprendevano più contrade. Venivano controllate dai “saltàri” ovvero da guardie “precarie” diremmo oggi, quasi sempre abitanti del territorio loro assegnato, assunte per brevi periodi di tempo dal Comune quasi sempre di anno in anno.  I “saltàri” avevano il compito di. vigilare su prati, campi, vigne, frutteti e boschi del territorio di loro competenza prevenendo o reprimendo danneggiamenti, furti o altri delitti soprattutto contro la proprietà. I territori da vigilare  erano assai  ampi e con caratteristiche diverse l’ uno dall’ altro come dirò più avanti. 

Agli inizi del Trecento – come si apprende dagli antichi Statuti tergestini del 1318 – le “saltàrie” erano sei anche se varieranno di numero negli anni successivi come poteva variare, a seconda delle esigenze (e credo delle disponibilità economiche del Comune) il numero dei “saltàri”che erano in origine nel complesso diciannove.  Negli Statuti cittadini sono indicate in una annotazione dei primi di gennaio del 1330 le seguenti “saltàrie” con il rispettivo numero di “saltàri”: Castigloni con otto saltàri; Melarsi con sei; Cologne con tre; Moncolani con otto; Grundelere con sei; Sancti Viti con tre; sub valle Mucho con due.   Si può vedere come in soli dodici anni il numero delle guardie fosse sensibilmente aumentato.  Non cedo serva traduzione per i nomi delle contrade perchè i toponimi corrispondono in gran parte a quelli attuali.  Preciso solo che “Contrada Castigloni” (i Castiglioni o Castoni o Castioni) si chiamava nel Medioevo l’ altura su cui negli anni Sessanta-Settanta del Novecento è nato il rione di Borgo San Sergio. “Contrada Grundelera” (“Grondelera”) invece andava da “rivo Grignano ad Sistianum”: un territorio dunque piuttosto esteso, probabilmente riferito esclusivamente a quell’ area che oggi si trova fra il percorso della strada Costiera ed il ciglione carsico e quindi lontano dalla riva del mare.   Armati a spese del Comune, ove riscontrassero furti o reati,  i “saltàri” arrestavano i colpevoli e li denunciavano al “Banco del Maleficio” (il tribunale civile e penale del Medioevo) per il processo.    

Sembra che ogni “saltarìa” avesse una casetta a disposizione dei guardiani: in questo senso potrebbero ricordarci le odierne stazioni dei carabinieri.  Ma i “saltàri” non dovevano essere prodigi di onestà se  sono numerosi i processi in cui sono gli stessi proprietari dei terreni che denunciano i “saltàri” sia per danni arrecati sia per inefficienza del loro lavoro e anche per furto.

Dall’ addizione degli Statuti del 1327 si apprende che i “saltari” di Moncolano, che avevano forse sede nell’ omonimo Castello, “devono accudire da Santa Maria di Grignano verso la città, devono stare in Pradello (?) e devono custodire il rivo della Romania ad via Nova [….]  quelli di Melars devono custodire Cadinsij sotto il Farneto e il rivo Soriasti (?) a Santa Maria Maddalena e da Farneto a mulin de Pribeçi (?) [….] quelli di Castiglono  devono custodire sopra il pontar S.te Sabbate (la Chiesa di Santa Sabata oggi scomparsa) e il rivo Feleteri (?).   L’ Addizione del 1328 precisa che i “saltari” devono avere almeno venticinque  anni e che “[…] quelli di Castigloni devono custodire il rivo Gasi in valle Mucho”.  I criteri di elezione dei “saltari” sono stabiliti nelle addizioni degli Statuti del 1340,  del 1349 e del 1350.

Dagli stessi Statuti del 1350 apprendiamo poi i confini delle “saltàrie” dell’ epoca: Grundelera arivava sino a “rivo Santa Maria de Grignano”; Moncholano andava “dal detto rivo alla via che và alla fonte Domine Jeppe (una fonte che si trovava grossomodo dove oggi c’ è appunto via Geppa e verso la strada per la porta Riborgo”; Cologna andava  da via Nuova a via Sancti Palagi”; Melarsi: da “via Sancti Palagi a villa Riçmagne alla via che procede verso Ristorti e Monelli”;  Castiglono dalla via inferiore a rivo Ghasi alla strada verso Plajdos; Berda andava “da rivo Ghasi oltra, fino alle vigne in valle de Mucho e Cereto comunale” e infine San Vito “sive Diselle verso SanVito e porta San Lorenzo”.

Due secoli dopo nel 1550 la distribuzione delle zone di competenza era in sostanza inalterta: “[….] i “saltari” di Grondelera operavano da rivo Grignani ad Sistianum; [….] i “saltari” di Moncholani nell’ area dal predetto rivo a via Nova, fino al ponte di pietra presso porta Riborgo [….] i “saltari” di Cologne da via Nova a via Sancti Pelagy […] quelli di Melars da via Sancti Pelagy  verso villa Rizmagna e la via a Ristortum e Mombeu usque a Sancta. Maria Magdalena [….] i “saltari” di Castioni dalla detta via a Rivo del Gias e la via verso Plaudes […..]  quelli di Sancti Viti da Disele per strada a mare, muri della città e porta Riborgo per magna strada verso Prati Episcopi e Zaule”.

Non è ben certo quando sia cessata questa suddivisione amministrativa con il conseguente impiego di queste “guardie comunali”:  probabilmente ai primi del Settecento quando la popolazione del circondario e di quelli che oggi sono rioni periferici di Trieste iniziava – se pur lentamente – a crescere.   (Notizie tratte da “Storia di Trieste di G.L.”).

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