11 Dicembre 2012

La prima donna a fare il giro del mondo in bici è passata per Trieste

6 dicembre 2012. San Nicolò ha portato a Trieste una persona davvero eccezionale: si chiama Juliana Buhring, ed è la prima donna che sta ultimando il giro del mondo in bicicletta. Ha varcato l’ex-confine di Rabuiese, dove è stata salutata da due ciclisti di Ulisse Fiab e Salvaiciclisti, e ha accolto il loro invito a cena all’agriturismo di Piscianzi. Lì ho avuto l’occasione di intervistarla, in esclusiva per i lettori di Bora.La.

Juliana, innanzitutto complimenti: sei sorridente e in splendida forma, e ciò conferma che la bicicletta fa bene al corpo e allo spirito!

(Ride) Beh, di sicuro fa bene allo spirito… ma il corpo è stato messo a dura prova. In India sono stata malissimo: ferma quattro giorni in preda a un’influenza intestinale, oltre ad aver pedalato per quattro giorni in mezzo a un ciclone. Non ti dico quante volte sono stata attaccata da cani, e in Australia le gazze mi hanno preso di mira: si scagliavano come kamikaze sul mio caschetto… per non parlare di quando, in Nuova Zelanda, mi sono trovata a rischio di congelare fra le montagne, con il vento a 170 km/h…

E come te la sei cavata?

Beh, immagina la scena: stavo spingendo la bici a mano, attraverso quel vento impossibile e mi sentivo sempre più debole e confusa… a un certo punto, al bordo della strada, ho visto parcheggiato un camper che ondeggiava alle raffiche. Disperata, ho bussato, e sono stata accolta da una coppia di mezza età, che mi ha letteralmente salvato la vita.

Che avventura! Quali paesi hai toccato, e come è nata l’idea di fare il giro del mondo in bicicletta?

Sono partita da Napoli, sono passata per Francia, Spagna e Portogallo, quindi ho attraversato gli Stati Uniti da Boston a Seattle… poi Australia, Nuova Zelanda, Malesia, Thailandia, India, Turchia, Grecia, Macedonia, Albania, Montenegro, Bosnia, Croazia e Slovenia, per rientrare oggi in Italia.
Sai che prima di giugno del 2011 non avevo mai messo piede su una bicicletta? Dopo aver pedalato un po’, ho fatto un primo viaggio tra Berlino e Copenhagen, e l’ho trovato fantastico. Da qui al giro del mondo, beh, il passo è stato breve…

… breve?!

Non sono mai stata un’atleta, ma da sempre sono convinta che niente è impossibile, una volta che te lo metti in testa e decidi di andare fino in fondo. E perché fare il giro del mondo in bici doveva essere impossibile? I miei amici mi prendevano in giro, e anche Antonio, il mio partner che ora mi fa da tour manager da Napoli, non mi aveva preso sul serio. Ma quando ha visto che mi allenavo seriamente e con costanza, ha cominciato a supportarmi pienamente.

E come ti sei allenata?

Beh, il mio piano era solo abituare il corpo a un numero maggiore di chilometri ogni giorno. Pensa che all’inizio mi allenavo con la mia bici ibrida e normali scarpe da ginnastica… poi ho incontrato un grande trainer di ciclisti, Umberto Perna, che ha preso a cuore la mia causa e mi ha allenata seriamente, e mi ha fatto scoprire i pedali con gli attacchini per le scarpette! Dopo qualche mese, fare 120 km al giorno era diventato una cosa naturale.

E ora fai tranquillamente tappe anche di 200 km… con che bici e che equipaggiamento? Dieta particolare?

Dieta… beh, a dire il vero non ho seguito un’alimentazione particolare, ho mangiato praticamente di tutto! Equipaggiamento, il minimo indispensabile: poco più che un cambio di biancheria e di abiti tecnici, oltre agli attrezzi per la manutenzione di Pegasus. Sì, la mia bici si chiama così, perché con lui [sì, per Juliana la bici è un Lui!] sento davvero di avere le ali! Deriva da un modello da corsa in carbonio, è leggerissima – donata dalla Schiano. Ho scelto componentistica ultraleggera, affidabile ma delicata, e un po’ alla volta ho sostituito tutte le parti tranne il telaio, ma su tutti quei chilometri è normale! E comunque, Schiano è stato praticamente il solo sponsor che ho avuto per questa impresa…

Scusa, sei la prima donna a fare il giro del mondo, e nessuno si è fatto avanti per sponsorizzarti? Eppure mi sembri una testimonial perfetta!

Mah, forse ciò è legato alla causa che sto supportando, che non è popolare né alla moda. Faccio il giro del mondo per promuovere la Safe Passage Foundation, che si occupa di diritti dei bambini in situazioni estreme, principalmente quelli cresciuti dentro a sette. Molte volte crescere in una setta significa non avere diritti, essere considerati una proprietà dei genitori o degli organizzatori del culto. Per dire, in certe sette la trasfusone del sangue è proibita, e ciò si può trasformare in una condanna a morte certa anche in casi banali. Per non parlare delle difficoltà che i bambini possono avere a scegliere che tipo di vita fare, o nell’integrarsi negli ambienti esterni.

Immagino che sia molto difficile intervenire in casi come questi: le comunità ristrette sono sempre molto motivate a difendersi dalle intrusioni del “mondo esterno”…

E tantopiù immagina quanto sia difficile viverci per dei bambini! E non ci occupiamo solo di bambini, anche i giovani che escono dai culti hanno bisogno di assistenza. Lo so molto bene, perché io e le mie sorelle siamo cresciute in uno di questi culti, i Bambini di Dio [la stessa in cui sono cresciuti Joaquin e River Phoenix – NdR], e poi siamo fuggite per salvarci: ma una di noi tre non ha retto l’impatto col mondo esterno, e si e tolta la vita. Depressione, disturbi da stress post-traumatico, attacchi di panico, tendenze suicide… vivere dentro a un culto ossessivo ti nega gli strumenti per affrontare il mondo e ti toglie molte possibilità di crescere per quella o  quello che sei.
Ma io sono convinta che non è mai il tuo passato a dettare chi sei: puoi sempre decidere cosa fare della tua vita, e questo mio giro del mondo vuole esserne una prova.

Quindi, sei partita il 23 luglio 2012 con una gran bella bici leggera, pochissime cose al seguito e nessuno sponsor…

… e appena duemila euro, per un viaggio che, più o meno ne sta costando ventiduemila! E sai come me lo sto pagando? Grazie alle donazioni via internet delle persone che mi stanno seguendo sul mio sito e su facebook! La generosità delle persone è davvero straordinaria, commovente. Naturalmente, una parte delle donazioni va alle iniziative di Safe Passage, che dalla mia impresa riceve anche un po’ di attenzione e notorietà. Grazie a tutti, anche a nome di chi potrà essere aiutato con le vostre donazioni!

Ultima domanda… ma dopo aver girato tutto il mondo, dov’è che ti senti a casa?

A Napoli! Io ho girato il mondo anche prima di questa impresa in bici, sono nata in Grecia, da mamma tedesca e papà inglese e sono stata in molti, moltissimi posti… ma a Napoli c’è una magia che mi sussurra questo è il posto che fa per te! È una magia fatta di mare, sole, persone… qualcosa di veramente straordinario!

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9 commenti a La prima donna a fare il giro del mondo in bici è passata per Trieste

  1. Federico Zadnich ha detto:

    La bicicletta e tutto quello che gli gira attorno regala sempre sorprese e emozioni!!! è stato bello incontrare Juliana e conoscere la sua storia. Grazie a Bora.la che racconta queste storie!!!

  2. Sandro Clemente ha detto:

    Bravissima, un bell’esempio per coloro che muovono il biip sempre in auto

  3. effebi ha detto:

    BELLA LA MOTIVAZIONE, BRAVA

  4. Dag ha detto:

    Bisogna anche dire che, oltre alle motivazioni, occorre anche una notevole dose di tempo e di follia per realizzare simili imprese. Del resto, per una anglo-tedesca che si sente a casa a Napoli la follia non manca! 😉

  5. sfsn ha detto:

    forte, baba in gamba!

  6. biancoalbanco ha detto:

    steek hutzee !!!

    altro che quelle quattro oche che se la tirano…

  7. Paolo Stanese ha detto:

    Scusate se aprofitto di questa pagina per uno “spot”: Il 18 dicembre la commissione trasporti del Parlamento Europeo sarà chiamata a votare per inserire o meno la rete europea di ciclovie EUROVELO all’interno della rete transnazionale di trasporti TEN-T.
    Chi volesse sostenere questa iniziativa sensibilizzando i nostri parlamentari europei dia un’occhiata a questo link: http://piciclisti.wordpress.com/2012/12/10/leuropa-decide-sul-futuro-della-bicicletta/

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