28 Novembre 2012

Rinarrate 1: 12 novembre 2003

La prima Protagonista che incontriamo si firma “Cimabue”. È stata la prima a trovare una chiave per raccontare la propria storia e a consegnare un testo, e oggi spetta a lei aprire questa serie di testimonianze. La sua scrittura è fresca e immediata, con qualche calco da espressioni dialettali che, dopo aver a lungo discusso, abbiamo deciso di lasciare nel testo definitivo. Capirete il perché a poche righe dalla fine del pezzo.


    Drin drin drin!
– Pronto?
– Ciao, sono Maria. Ti disturbo?
– Oh! Maria, tu sei il mio angelo custode e non disturbi mai! Hai qualcosa da chiedermi?
– In effetti, volevo chiederti se ti farebbe piacere partecipare a un corso di scrittura, organizzato dalla nostra associazione e da un giornale on-line. Alla fine del percorso, che dura due mesi, il tuo articolo con la tua storia sarà pubblicato…
– Con la mia storia?
In un paio di secondi mi è passato per la mente che meravigliosa opportunità mi dai, così nel mio piccolo posso mettere in guardia tutte le persone che stanno vivendo la mia stessa situazione… e spiegare che una via d’uscita c’è sempre!
– Ma certo che accetto, e ti ringrazio anche per questa bellissima esperienza che mi stai offrendo!
– Ok allora! Cimabue, sono felice che parteciperai… ci vediamo domani pomeriggio alle 16.00. Ti abbraccio, a presto!
– Ciao Maria, a domani!

Alla sera, a letto, pensai all’indomani e, contenta di ritornare al Centro e ritrovare tutte le grandissime eroine che avrei rivisto con molto piacere, mi addormentai. Quella notte, in sogno, mi tornarono a galla tutti i ricordi passati. Dalla mia prima volta, quando io e Mr. Hyde siamo andati a vivere assieme e litigammo per una scenata di gelosia inesistente e lui mi alzò le mani, violentemente. Terrorizzata, presi mia figlia di 4 anni e mi rifugiai a casa dei miei genitori, con la convinzione che mi avrebbero aiutato. Tutto ciò non fu possibile, perché Mr. Hyde venne a prendermi e convinse mio padre a farmi tornare a casa con lui, perché la pensavano allo stesso modo: «Le donne a casa? Devono stare zitte e subire», «È un disonore la separazione! Nella tomba sì, separazione no!»
E questo è stato il mio destino, nove anni di sofferenza e paura.

Una mattina decisi di andare a fare la spesa con mio papà, perché con solo il mio stipendio non riuscivo a far quadrare il bilancio familiare: l’affitto, le bollette della corrente e del gas, e la spesa. Al rientro a casa, Mr. Hyde mi accusò di essere stata con un amante, gli spiegai che si sbagliava, che ero stata con mio papà a fare la spesa pagata da lui. Non lo avessi mai detto! Mi alzò le mani in maniera molto violenta, poi, non contento d’avermi fatta nera, andò in cucina, prese un coltello (il più grande) e mi trascinò in camera, dove abusò di me con il coltello puntato alla gola. Per Mr. Hyde quella era la lezione che meritavo per averlo tradito, con mio padre! Quando rividi mio padre gli raccontai l’episodio. La sua risposta? «Ah, ok. Faccio finta di non sapere».

La mia vita era molto faticosa: lavoravo 10 ore al giorno, perché avevo aperto un’attività in proprio per poter portare più soldi a casa, mentre Mr. Hyde non lavorava. Nella sua testa malata si considerava un “figlio di papà” (anche se non ricevevamo nessun aiuto economico da parte dei suoi parenti). Io portavo mia figlia a scuola e l’andavo a riprendere per farla stare con me in negozio. Alla sera, al rientro a casa, dovevo travestirmi da “filippina”… lava, stira, cucina: non doveva mai essere mai nulla fuori posto, e tutto pulito. Una sera, mentre stavo cucinando la cena, Mr. Hyde cominciò a picchiarmi con calci, pugni che volavano da tutte le parti. Con le braccia ho cercato di proteggere la mia testa, lui ha continuato a colpirmi, fino a fratturarmi quattro costole. Tutto ciò davanti alla bambina, piangente e terrorizzata. E perché mi aveva picchiata? Perché aveva trovato una macchia sul mobile della cucina.

Mr. Hyde aveva l’abitudine di litigare sempre durante l’ora del pranzo o della cena, per qualsiasi motivo futile. Un giorno, nella pastasciutta avevo messo un po’ meno sale: mi spaccò il piatto in testa e poi, non contento, a pugni mi gettò a terra, mi prese per il collo fino a farmi mancare il respiro. In quel momento pensai di morire. La bimba, terrorizzata nel vedermi così in pericolo, cominciò a piangere tanto forte, e lo pregò di lasciarmi andare. In un momento di distrazione di Mr. Hyde presi la bimba in braccio e corsi giù per le scale. Un mio vicino del secondo piano, sentito il trambusto, ci accolse in casa.

Il giorno seguente incontrai mio fratello, e vedendomi così sfigurata mi chiese cosa fosse successo. Gli confidai che volevo scappare di casa ma non sapevo dove andare con la mia piccola. Per Mr. Hyde, solo orizzontale sarei uscita da quella casa, che per altro era MIA! Il mio fratellino mi accompagnò al Centro Antiviolenza, dove conobbi due angeli che mi accolsero a braccia aperte. Spiegai loro la mia situazione, mi sentii capita per la prima volta. Assieme alle volontarie, mia figlia e mio fratello abbiamo organizzato in gran segreto la fuga mia e di mia figlia. Aspettai con gioia la loro chiamata che mi confermò il giorno e l’ora. Da un giorno all’altro chiusi la mia attività per non essere rintracciata.

Il 12 novembre 2003 io e mia figlia siamo state accolte in una casa-rifugio segreta, gestita dal GOAP. Ogni anno, in questa data, festeggio la mia rinascita, la mia libertà, la mia voglia di vivere con Loriana, una carissima amica conosciuta nella casa-rifugio. Tra pochi giorni sarà il mio anniversario “da single” e il più bel regalo che potessi ricevere è la possibilità di scrivere questo articolo.

Da quando vivo sola, assieme alla mia bambina ormai adulta, vivo in pace e faccio tutto quello che ho sempre desiderato fare. Il lavoro è precario, lavoro in borsa lavoro per 350 euro mensili, ma almeno quando chiudo la porta di casa MIA si respira aria di pace e serenità, una cosa che prima non sapevo volesse dire. Mi sono messa in gioco e mi sono iscritta perfino alla scuola serale, sono in seconda superiore e non dico che è semplice lavorare e studiare fino alle 23.15 ogni giorno… ma lo faccio per me! Era un mio sogno e adesso cerco di realizzarlo.

Adesso ho vicino solamente persone che mi vogliono veramente bene, la mia signorinetta (la mia piccola), mio fratello con tutta la sua famiglia, le mie sorelle con le rispettive famiglie, e la mia “mumu” Silvestro, ringrazio Dio di averla conosciuta e  le sarò sempre grata per tutto quello che fa per me… le voglio bene! Le volontarie del Goap sono state i miei angeli custodi, le porto sempre nel mio cuore e le ringrazio ogni giorno per avermi salvato la vita. Grazie per tutto quello che fate per noi in queste situazioni, dove non ci abbandonate mai. Siete uniche!

In questa bellissima esperienza da scrittrice ho avuto l’onore di conoscere molte persone straordinarie e ringrazio tutti gli ospiti, Benedetta Gargiulo, Pino Roveredo e Fabio Dorigo per la loro pazienza e per averci insegnato i trucchi del mestiere. A Paolo, tu sei uno dei pochi uomini che porterò nel mio cuore, grazie per essere stato per noi compagne di penna un bravissimo insegnante, e la tua calma ci ha spronate ad andare avanti e scoprire questo nuovo mondo a noi sconosciuto. A Sara, grazie per i tuoi saggi consigli. Saluto tutte le mie nuove amiche e come d’accordo ci vediamo tutte noi, Paolo e Sara e tutti gli ospiti, davanti a una pizza per festeggiare la nostra prima “uscita”!

* * *

NOTA: nel progetto Rinarrate verranno accettati solo commenti firmati con il vostro nome e cognome, indipendentemente dal contenuto.

A questo link trovate l’indice di tutti i testi del progetto Rinarrate

Per contattare il centro antiviolenza GOAP: 040-3478827
http://www.goap.it/

Per contattare lo staff di Rinarrate: rinarrate@gmail.com

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38 commenti a Rinarrate 1: 12 novembre 2003

  1. Paolo Stanese ha detto:

    Solo con nome cognome, Dimaco il discolo.
    Spiacente, ma il commento viene cancellato.

  2. Sara Matijacic ha detto:

    ciao Dimaco, per quanto la redazione sappia chi sei, per i racconti di “Rinarrate” non possiamo fare nessuna eccezione: accettiamo solamente commenti firmati con nome e cognome, per ovvie ragioni.

  3. Chiara De Boni ha detto:

    un abbraccio di cuore a “Cimabue” ma mi chiedo perché abbia aspettato tanto permettendo al marito di picchiarla una seconda volta e una terza ….. paura? mancanza di autostima? l’esempio del padre?

  4. Benedetta Gargiulo ha detto:

    La cosa più inquietante, oltre ovviamente alla violenza criminale di quest’uomo, è l’assenza di quella che dovrebbe essere la rete di sostegno principale di ognuno di noi: la famiglia, le amicizie più care. Quello che colpisce è la complicità di genitori e di parenti in genere, fino ad arrivare poi alla società tutta, perché in fondo “non sono affari nostri” o “magari l’ha provocato” o “in fondo se l’è scelto lei” oppure “il matrimonio è fatto di tanti sacrifici (compreso quello umano, evidentemente)”. Trovo incredibile che ci sia bisogno dell’esistenza dei centri antiviolenza per proteggere e accogliere le donne vittime di questi crimini, mentre dovrebbe essere l’uomo violento a essere immediatamente censurato e allontanato da tutti (oltre che denunciato alla polizia). Credo ci sia ancora moltissimo lavoro da fare, purtroppo.

  5. Gudrun Martini ha detto:

    sei stata bravissima e coraggiosa di uscirne da questa situazione che ti sei trovata sola con una piccola bambina da guardare! e chiaro che non ci sono risposte a certe domande che vengono fatte come “perchè hai aspettato tanto” …. l’unica cosa veramente importante è di essere riuscita a salvarti con la tua bimba! e che poi hai trovato un’appoggio per fortuna! un grande bacione e abbraccio

  6. graziella manservigi ha detto:

    Sei stata grande anche se ti dicono che sei stupida, che non capisci niente non ci credere perchè vali molto di più di tutti quei cretini che ti dicono il contrario. Ho fatto leggere la tua esperienza a tutti i miei colleghi e non ti nascondo che è comparsa anche qualche lacrima. Siamo tutti con te. Un bacio

  7. Paola Giacca ha detto:

    Che impressione, questo racconto.
    Ero impaziente di leggere cosa ci portava la esperienza “Rinarrate”.
    Provo a commentare liberamente, approfittiamone.

    Il racconto mi commuove. Non mi aspettavo il salto da un incipit di atmosfera serena, quella dell’oggi, a un improvviso e crudo flash sull’immagine del passato che esplode violento. Dal punto di vista della scrittura, è un bel pugno nello stomaco. Che funziona.

    Dal punto di vista del contenuto, sono sorpresa. E mi domando: dov’è il graduale scivolare da una vita di coppia che dovrebbe essere accettabile, dato che in teoria inizia con una libera scelta, a un inferno da cui si fa fatica a fuggire (per motivo di mezzi e di isolamento, ben raccontato nel riferimento al comportamento del padre), insomma come fa ad avvolgersi la tela del ragno senza che ci si possa accorgere prima? Forse i prossimi racconti lo diranno…

    Ancora dal punto di vista della scrittura: la conclusione che torna alla serenità dell’oggi forse ripete lo schema dell’apertura, mi sembra un po’ strana e che esce dal ritmo delle righe precedenti. Ma spero che le mie parole non dispiacciano all’autrice!

    Buon porseguimento con le prossime pubblicazioni, saluti
    P.

  8. Katja Foschini ha detto:

    ho le lacrime agli occhi. rinarrate è un’iniziativa catartica.

  9. Fiorenza Degrassi ha detto:

    Sono “contenta”.
    Contenta che nel 2003 e successivamente “qualcuno” abbia CREDUTO, teso CONCRETAMENTE la mano a Cimabue, l’abbia sostenuta nel cammino.
    Fino al 2000 era quasi sempre un discorso tra sordi, la frustrazione per la quasi sistematica ottusità irridente di forze dell’ordine che anziché promuoverle, scoraggiavano le denunce e la SOLITUDINE.
    Quella che portava a barattare un scusa con uno schiaffo,un cambierò con un’offesa, un è anche colpa tua con un livido,un faccio così perché…ti voglio bene !
    Sono “contenta” che oggi le donne siano aiutate in primo luogo a non CONTARSELA a reagire sapendo che non resteranno sole.

  10. isabella blasini ha detto:

    Che rabbia e che tristezza leggere queste parole.
    Ogni volta che leggo di situazioni del genere mi chiedo come si faccia ad avere tanta sopportazione.
    Con il carattere che mi ritrovo sarei stata fuori di casa al primo schiaffo, ma so che non è facile tagliare i rapporti con questi compagni di vita che si trasformano in Barbablù.
    Un grande abbraccio a Cimabue e alla sua bimba e una grande riconoscenza a chi presta aiuto alle donne che si trovano in queste situazioni.

  11. michele crassani ha detto:

    mah storie come questa mi lasciano sempre perplesso. sopratutto per i contenuti molto spesso non verificati. sopratutto di sta storia non mi quadra il comportamento del fratello. la difendi tua sorella o no? non mi è chiaro dove ha passato i giorni prima della chiamata, a casa con uno che voleva pugnalarla?

  12. isabella blasini ha detto:

    Beh @11 Michele Crassani le verifiche si possono fare tramite le testimonianze di vicini, parenti e conoscenti che sentono e vedono i risultati dei maltrattamenti o attraverso i verbali di pronto soccorso.
    Ti pare strano il comportamento del fratello?
    Che sia stato prima troppo giovane e appena un po’ più maturo abbia preso consapevolezza e sia riuscito ad aiutarla?
    O che non abbia valutato in maniera corretta cosa stesse accadendo nella famiglia della sorella essendo anche lui stato allevato da un padre che pensava che “Le donne a casa? Devono stare zitte e subire”.?

  13. Luigi Gallone ha detto:

    Ho letto attentamente l’articolo assieme a mia moglie e davanti a mie figlie adolescenti, perché possa essere per noi tutti lezione di vita. Credo che lo scampolo di vita di Cimabue non vada analizzato, non vada “verificato”, probabilmente non servirebbe oramai più a condannare, ne il marito criminale che avrebbe dovuto amarla e difenderla, ne il padre che fino alla morte avrebbe dovuto sostenerla e aiutarla, loro sanno meglio di noi chi sono realmente. Non voglio nemmeno sforzarmi e spendere altre parole per il marito-animale. Però il padre! Il padre, ma chi veramente è quest’uomo? che vita ha fatto? Si, la famiglia! Perché nessuno ha voluto vedere? Ma che ne sappiamo noi di questa famiglia? Il fratello poi, perché non ha difeso sua sorella nel modo in cui la intende qualcuno di voi? Ma chi è suo fratello? Quanti anni ha questa persona? Ma soprattutto chi è che lo ha cresciuto? Come? Ecco penso che ci potremmo porre infinite domande su Cimabue e la sua tragica storia familiare, ma dopo essermi commosso leggendo ciò che ha passato, posso solo ringraziarla e rallegrarmi per la sua nuova vita. Cimabue a te non ti ferma più niente e nessuno.

  14. michele crassani ha detto:

    dico solo che mi pare strano non sia intervenuto prima supportando la sorella in una denuncia e in famiglia. visto che ci sono i referti medici delle fratture varie non parte in automatico la denuncia dal PS?

  15. Paolo Stanese ha detto:

    Michele @11, grazie per il tuo commento.
    Naturalmente durante il PerCorso nessuno ha chiesto a Cimabue di esibire le radiografie delle sue costole spezzate, né altro, come prova.
    Però, ora che mi ci fai pensare, è vero: se fosse una storia inventata alcuni elementi della narrazione si incastrerebbero in modi più lisci e credibili…
    Per le Protagoniste, raccontare le loro storie è stato in genere molto difficile. Perché è comunque duro raccontare vissuti drammatici, pecrhé non erano più abituate a scrivere dai tempi della scuola o dell’università e anche perché molte volte hanno sperimentato l’umiliazione di non essere credute in momenti di estremo bisogno. Reazioni come la tua sono purtroppo comuni, e tipiche in chi non ha visto da vicino situazioni di violenza; purtroppo questa incredulità favorisce poprio le persone violente…

  16. michele crassani ha detto:

    non è che non credo, ma mi lascia perplesso il comportamento dei famigliari. é rimasta anni con lui mica giorni. perchè? perchè pensava di riuscire a cambiarlo probabilmente. errore comune che fanno le donne.

  17. Benedetta Gargiulo ha detto:

    Eh già Michele. E’ proprio questo il punto. Perché. Perché purtroppo le cose non sono mai così semplici. Perché abbiamo a che fare con persone e non con eroine dei film. Perché quando passi una vita a sentirti dire che non vali niente e che devi stare zitta e che sei una cretina e te lo dicono un padre prima e un marito poi, alla fine ci credi. E quindi chissà, forse hanno ragione loro. L’unica volta che prevale l’istinto di sopravvivenza tuo padre ti rispedisce a casa, facendoti capire che hai torto, negandoti il sostegno e la protezione. Sei da sola, spesso senza un lavoro, e intorno tutti pronti a dubitare a chiedere se sia proprio tutto vero. Ma vero vero vero. O magari hai esagerato, perché le donne sono un po’ così, romanzano, ci ricamano sopra.
    La spiegazione è che ci sono mondi e fragilità e condizionamenti e pressioni che nessuno di noi può capire fino in fondo. Per questo motivo ci sono dei professionisti che aiutano queste donne nei loro percorsi. Noi, non professionisti, possiamo solo sforzarci di ascoltare.

  18. isabella blasini ha detto:

    Sì Michele, la segnalazione, o meglio il referto, parte già dal PS, ma se la diretta interessata non vuole sporgere denuncia, perchè ha paura di ripercussioni ancora peggiori, non se ne fa nulla.
    E’ vero, come dice Paolo Stanese, se non ci sei passato dentro o almeno vicino ti rimane sempre un po’ d’incredulità che certe cose possano accadere e spesso, proprio in chi è stato tirato su da padri e madri come quelli di questa storia, le bottee la scarsa stima delle donne anche le vedi, ma le reputi come qualcosa di “normale” all’interno di una coppia.
    Molto spesso chi picchia lo fa perchè l’ha sempre visto fare in famiglia.
    Alcuni si ribellano a questo modo di vivere e pensare, altri lo portano semplicemente avanti.

  19. michele crassani ha detto:

    non in mezzo direttamente non ci sono stato. ma abbastanza vicino da afferrare al volo la situazione si.

  20. Cimabue ha detto:

    Ciao Michele, in merito al tuo commento, volevo fare alcune precisazioni. Quando andavo al pronto soccorso Mr Hyde non mi lasciava mai sola per paura che lo denunciassi. Se lo avessi fatto, in base alle leggi di allora, sarebbe stato a piede libero fino a condanna definitiva. Ero fra due fuochi.

  21. Giovanna Marzi ha detto:

    Ciao Cimabue. Complimenti per il coraggio e la forza, con i quali hai affrontato il tutto. 🙂

  22. maura bonifacio ha detto:

    Eh certo facile giudicare si, ed essere increduli.
    Io che ci sono passata però chissà perchè mi viene naturale credere a tutto quello che ha raccontato Cimabue, che mi ha strappato le lacrime e mi ha fatto tornare tanta rabbia.
    Non giudicatele ascoltatele tutte e schieratevi con loro, non contro di loro. Perchè tutte loro sono una forza assieme al GOAP ovviamente. I violenti sono la parte marcia della società perchè fanno danni sulle donne e sui figli.

  23. gabriella redolfi ha detto:

    Cimabue cara, mi sono commossa a leggerti e rileggerti, sei stata coraggiosa ad affrontare di nuovo i tuoi incubi reali e lo sei stata ancora di più quando hai preso coraggio e ti sei recata al GOAP; in quel momento hai superato te stessa per sopravvivere sei andata contro la cultura, l’educazione e gli stereotipi. Tua figlia te ne sarà riconoscente per sempre! Un forte abbraccio Gabriella 🙂

  24. Paolo Stanese ha detto:

    Paola @ 7 grazie per i commenti “tecnici”! Espressione e contenuto vanno sempre insieme, e quanto tu dici mi sembra interessante; al corso, non abbiamo insistito per creare delle narrazioni lisce e perfettamente costruite, perché avrebbero tolto autenticità all’esigenza di esprimersi che le Prtagoniste hanno… la cosa cui abbiamo puntato è che si capisse bene ciò che stavano raccontando, non tutta la loro vicenda.
    Maura @22 (ma vale per tutti) – il Percorso Rinarrate è nato per “capire, raccontare, condividere”, non per giudicare. Nel percorso che ho fatto con le Protagoniste, ho sempre cercato di evitare che venissero dati giudizi: per quanto sia naturale e istintivo prendere posizione pro o contro, quando qualcuno ci racconta qualcosa!

  25. Fiorenza Degrassi ha detto:

    @ Paolo Stanese. Dai commenti al maschile, mi rendo conto di quanto sia importante questo vostro lavoro. Informativo senza emettere sentenze, ma illuminante.
    Dico dai commenti al maschile, perché vi colgo dubbi vicini all’incredulità, direttamente correlati alla non conoscenza o superficiale conoscenza di situazioni così border line e invero così drammaticamente reali .
    Pare che scoprano appena ora e buon per loro, di riflesso tali realtà, al punto da dubitarne.
    Noi donne siamo persone già informate dei fatti. Vuoi direttamente sulla propria pelle, vuoi attraverso confidenze di altre donne…
    Resta che è efficace e penso doveroso dovunque e con ogni mezzo far emergere l’esistenza della violenza domestica ed in tutte le accezioni, FISICA, psicologica e di emarginazione sociale.
    Apprezzo la votra denuncia collettiva sul campo e dal nostro territorio, che sensibilizza tutti e rafforza nelle donne la convinzione che E’ GIUSTO DENUNCIARE la violenza della quale possono essere tuttora vittime.

  26. Fiorenza G.Degrassi ha detto:

    (Mi corre l’obbligo dell’aggiunta del punto “G” 😀 corrispondente all’iniziale del cognome del coniuge, perché in passato ed in altra sede sono stata ufficialmente così sollecitata a diversificarmi da parte di un’omonima concittadina…)

    MISTER HYDE! definisci benissimo l’aguzzino domestico cara Cimabue, proprio per il dualismo e l’alternanza delle due personalità che convivono in questi soggetti.
    E si badi il Jeckill che vive in loro non è una maschera ad uso accettazione sociale o finalizzata al perdono della vittima.
    Sono sé stessi prima durante e dopo… in un avvicendarsi di lusinghe e minacce ,di tenerezze e botte…
    a mio avviso spesso risiede in questo alternarsi di bastone e carota l’ altrimenti inspiegabile protrarsi di relazioni malsane e di situazioni a rischio crescente, talida trasformare la donna nella Hyde di sé stessa.

  27. Paolo Vigini ha detto:

    Ma Mr. Hyde ora è in galera?
    Sotto processo?
    …a piede libero?

  28. Paola Giacca ha detto:

    La lettura mi ha fatto riflettere e così mi sono venute in mente altre osservazioni.

    Primo.
    Come mai ci sono state delle parti di questo racconto che mi sono sembrate “strane”, nella conclusione? Forse perchè non capita mai di leggere queste storie sui media? Infatti quando si tratta di altri argomenti, magari più frivoli, ci appare normale leggere i ringraziamenti verso chi ha contribuito a un certo successo, magari professionale culturale o di altro tipo.
    Dunque questa osservazone mi ha ricordato quanto non si legga mai delle vicende di abuso che hanno avuto esito positivo, mentre mille volte sentiamo la cronaca nera dei drammi e la scomparsa della voce delle vittime. Qua è diverso: la voce della protagonista c’è in prima persona, ed è per questo che vuole parlare delle cose belle e delle persone che hanno permesso un finale di cui è soddisfatta.
    Dunque ecco il primo apprezzamento per bora.la come “media” (e a tutte le persone del progetto): perchè fa qualcosa a cui non eravamo abituati.

    Secondo.
    In questo racconto mi sembra di vedere due mondi diversi che parlano due lingue distinte, e la storia del passaggio da un mondo all’altro. Ovvero: attorno alla protagonista, quali persone ci sono nel momento del dramma, e cosa dicono? e quali persone ci sono nel momento della “uscita” dall’inferno, e cosa dicono? Sembrano due paesi o due pianeti differenti! E invece sono entrambi nella stessa città. Questi due pianeti sono abitati da persone che credono in due culture diverse. Mi impressiona notare quanto le “persone che stanno attorno” contino nella vicenda, abbiano un peso nel fare la differenza. Insomma, la questione è collettiva.
    Siccome è una questione collettiva, ci riguarda.

    A quale pianeta, a quale cultura, a quale lingua vogliamo appartenere?

    Ancora saluti e grazie a Cimabue per la sua comparsa anche tra i commenti, continuando a far parte del dialogo!

  29. Cimabue ha detto:

    Ciao a tutti, rispondo a Paolo Vigini. Condannato. A due anni di galera oppure a una multa di settemila euro, che è ciò che lui e la sua famiglia hanno scelto. Poca cosa, vero? Però la mia vera vittoria non è la sentenza del tribunale, è aver riconquistato la libertà.

  30. graziella manservigi ha detto:

    Lo dico sempre che sei una grande! La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice (Alda Merini) Un bacio

  31. graziella manservigi ha detto:

    Solo settemila euro? Faccio una domanda ma allora quanto vale una vita?

  32. Fiorenza Degrassi ha detto:

    @29 ” a due anni di galera o a settemila € di multa”
    Spiegami Cimabue. il “nostro” era pregiudicato? perché altrimenti in galera non ci finiva comunque. Trattandosi di pena inferiore ai tre anni se la sarebbe comunque sfangata con la condizionale
    Quindi i settemila€ di multa sarebbero perlomeno andati a te, costituitati parte civile? Poca cosa ,senza dubbio ma ( questo è il contesto per dirlo! 😉 )sempre meglio che un pugno!

  33. loredana lo monaco ha detto:

    che pena, che tua figlia abbia dovuto assistere a tutta questa violenza, che rabbia e delusione per quel “faccio finta di non sapere”: che schifo di mentalità …

  34. alessandra perlitz ha detto:

    Grazie Cimabue per essere rinata come donna,per te e per me.Sui commenti,voglio dire che i pregiudizi(intesi come giudizi dati a-priori su ciò che non si conosce personalmente)si leggono anche nelle frasi apparentemente più innocue.Tipo:”col carattere che ho sarei scappata subito”.La violenza domestica,il nome lo dice,è la forma di violenza più subdola perché entra nel tuo spazio più intimo dove ti senti più sicura e dove si accoglie,ogni giorno,chi condivide quello spazio con te.Il conoscere qualcuno è un processo lento e che spesso va a cozzare con la nostra voglia di amare ed essere amati che ci spinge a prendere scelte frettolose.E quando la situazione è ormai irreversibile si dovrebbe avere la prontezza di ribaltare il tavolo della propria vita,improbabile così di colpo,anche perchè, in questo,una donna non è per niente aiutata dal mondo che ha attorno.Relegata in ruoli marginali su lavori da paghe ridicole,ritenuta(si) responsabile della felicità/infelicità di altre vite,messa nella condizione di dover dare spiegazioni praticamente a tutti(le amiche:”gli uomini sono tutti uguali”,i familiari:”è stata una TUA scelta”,l’assistente sociale:”sei giovane e non disabile,fondi non ci sono per te”)si preferisce portare all’estremo quell’atto di abnegazione che,in fondo,non è quello che ci hanno sempre insegnato e che ci viene da sempre chiesto?E poi cosa rimane di una persona quando gli stereotipi si sono mangiati la sua anima?Una donna che,alla fine,riesca ad affermare sé stessa in mezzo a tutte queste spinte che la rigettano all’indietro ha più coraggio di Ulisse nell’antro delle sirene.Compie un vero e proprio atto sovversivo e paga un prezzo altissimo.Ma il viaggio(almeno)continua…

  35. isabella blasini ha detto:

    @34 Alessandra il mio ”col carattere che ho sarei scappata subito” non voleva assolutamente essere né un pregiudizio né un consiglio su come agire.
    La mia famiglia è stata, purtroppo, coinvolta in storie di violenze, alcoolismo e tossicodipendenza, quindi posso dire di conoscere abbastanza bene l’argomento.
    La mia frase era solo dettata dal fatto che, possedendo io un carattere molto forte, avendo la completa indipendenza economica da parecchi anni e essendo stata allevata in una famiglia pressoché composta da sole donne, non impiegherei più di un secondo ad andarmene o a far allontanare l’orco della situazione.
    Posso quindi affermare che la mia indipendenza o l’eventuale sostegno di mia madre mi avrebbero fornito molta forza per far allontanare un uomo così.
    Chiedo ancora scusa a Cimabue se le mie parole possano averla offesa.

  36. Fiorenza G.Degrassi ha detto:

    @35
    1)”possedendo io un carattere molto forte” è affermazione che va testata sul campo e in svariati frangenti…lo dico senz’ombra di polemica ma con il fermo convincimento che in un’esistenza c’è prova e prova e solo l’analogia di una situazione ANALOGAMENTE VISSUTA e AFFRONTATA funge da verifica
    2)” essendo allevata in una famiglia pressoché di sole donne” embé? cos’è un vaccino ? un antidoto? tutto anche qui da dimostrare e sempre in presenza di presupposti identici.
    3)” avendo la completa indipendenza economica” QUESTA sì è a mio avviso la sola aserzione che fa la differenza!
    quante se ne vorrebbero andare e non hanno l’indipendenza economica per farlo! A maggior ragione se ci sono dei figli. Vittime anche e più di loro. Per non far soffrire anche loro se ne vorrebbero andare, ma senza un dove e un come REALISTICO, restano e rimandano.

  37. Fiorenza G.Degrassi ha detto:

    Error calami.leggasi “ASSERZIONE” malediz.! 🙁

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