13 Agosto 2012

Scampoli di storia: gli scivoli verso il mare dei marmi di Aurisina in epoca romana

Rubrica a cura di Paolo Geri

Sin dall’ epoca romana erano famose le cave di pietra di Aurisina sul ciglione del Carso. Non a caso la cava più grande – tuttora in funzione – si chiama appunto “Cava Romana”. Si sa che il calcare di Aurisina è il materiale da costruzione che Aquileia prediligeva già dalla fine del I secolo avanti Cristo, epoca alla quale si fa comunemente risalire l’ inizio dello sfruttamento delle cave. Questo poteva essere esercitato o dallo stato che poi lo dava in mano ad appaltatori (“pubblicani”), o direttamente da privati, proprietari del “fundus”. Le pietre che lì venivano cavate dovevano poi essere trasportata a destinazione via mare. Questo significava far scendere i grandi massi lungo il ciglione carsico, in forte pendenza verso il mare.
E’ oramai accertato che i primi a costruire giganteschi scivoli diretti verso il mare furono proprio i romani. Oggi di queste opere non rimane praticamente traccia ma esistevano ancora alcuni secoli fa. Risale all’ Ottocento l’ ipotesi che il materiale di Aurisina raggiungesse lo scalo sul mare attraverso un sistema di lastre di piombo disposte lungo il pendio.
Lo storico seicentesco Ireneo della Croce scrive: “[…] non lungi dalle cave si vedono ancor oggi i vestigi di due strade, addimandate comunemente “Piombino”, perchè tutta coperte da lastre di piombo grosse, oltre due palmi dalla sommità del monte, sino alla riva del mare, servivano per trasportare le colonne ed altre machine levate dalle suddette cave e caricarle nelle navi”. Tale notizia verrebbe in qualche modo confermata da una documentazione del 1830 che attesta come, scavando i vigneti nella zona di “Canovella de’ Zoppoli”, si rinvenissero frammenti di lastre plumbee.
Secondo la ricostruzione storica gli scivoli delle cave di Aurisina si trovavano all’ altezza delle rocce bianche che si vedono nella fotografia sullo sfondo poco dopo la torre piezometrica. Si ritiene che fosse a Sestrence, sulla costiera nel territorio del comune di Duino-Aurisina, uno dei due scivoli di servizio alle cave di Aurisina visti da Ireneo della Croce negli anni 1669-1673 nel declivio tra Aurisina e Sistiana. L’ altro sarebbe stato situato a Botanjek.
In una carta della metà del Cinquecento appare un sentiero – il terzo a partire da Sistiana – che scende dal ciglione carsico alla costa denominato “tractorium pumblicum”. Resti di uno scivolo furono visti nel 1928 in occasione della costruzione della strada costiera. Nei pressi del chilometro 137 della statale 14 furono trovate tracce di uno scivolo largo circa due metri, le cui pareti in certi punti presentavano noduli di piombo. Questo dovrebbe identificarsi con quello in località Botaniek, che si trova al chilometro 137,8, e coincidere con l’ impianto moderno di proprietà della ditta Gorlato, mentre in località Sestrence, sia sulla costa, sia sul ciglione, sono tuttora i resti dell’ impianto – ormai abbandonato, ma attivo, come l’ altro, ancora alla fine dell’ Ottocento – di “Br. Caharija & Fr. Gruden”, su cui venivano fatti scivolare scaglie, pietrisco e probabilmente anche blocchi di pietra. La parte bassa è ben visibile in una cartolina del 1908 e al chilometro 138,8 della statale 14 si nota un taglio nel calcare profondo 4 metri e largo circa 3,5 metri. Vi è poi un secondo canale, circa 4,5 metri ad ovest del precedente, in parte interrato, più fondo dell’ altro nel tratto iniziale, meno verso la riva. Lungo il percorso e sulla costa si sono individuati in vari periodo blocchi lavorati e tegole romane.
Lo storico triestino Pietro Kandler avanza dubbi sull’ effettiva esistenza dello scivolo: “E’ fama registrata dai nostri cronisti, viva nei presenti, che dall’ alto del monte al mare fosservi strade plumbate, per sdrucciolarvi le pietre lavorate, e ci mostrarono i canali, e ci dissero del piombo trovato, di che nè dubitiamo, tanto concordi ed antiche sono le testimonianze, nè sappiamo cosa pensare”.
Lo scivolo è peraltro citato anche nell’ Estimo catastale della “Comune Censuaria di Nabresina” del 1830 in cui si parla di frammenti di lastre di piombo rinvenute nei vigneti “nella contrada Conovella”.

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Un commento a Scampoli di storia: gli scivoli verso il mare dei marmi di Aurisina in epoca romana

  1. effebi ha detto:

    …i romani ? 🙂 🙂

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