2 Aprile 2012

In Italia abbiamo l’articolo 18 e in Austria?

In questi mesi in Italia lavoro e articolo 18 sono al centro della discussione. E nella vicina Austria, in Carinzia, dove sempre più italiani decidono di emigrare, come funziona? Ce lo spiega Marco di Blas nel suo blog Austria vicina.

Come funziona il mercato del lavoro in Austria? A quali condizioni può essere licenziato un dipendente? Era inevitabile che fossero poste domande come queste nell’incontro organizzato l’altra sera a Fiume Veneto da due agenzie austriache che promuovono gli investimenti industriali nel loro Paese, l’Austrian Business Agency (Aba) di Vienna e l’Entwicklungsagentur Kärnten (Eak) di Klagenfurt. Sorprendentemente numerosi gli imprenditori intervenuti, sintomo forse delle difficoltà del momento in Italia e della voglia di andarsene.

Ma perché proprio in Austria? Perché in un Paese che non è del terzo mondo, dove il Pil pro capite è più alto di quello italiano, la manodopera costa di più, le norme sulla sicurezza del lavoro e ambientali sono più rigorose? Beh, quello che si è sentito l’altra sera basta e avanza per convincere più di qualcuno a fare le valigie.

Marion Biber dell’Aba e Natascha Zmerzlikar dell’Eak hanno presentato il contesto socio-economico dell’Austria e in particolare della Carinzia. Ma è stata soprattutto l’avvocata Enrica Maggi – italiana trapiantata in Austria – a fornire ai presenti le informazioni che stavano loro più a cuore, perché riguardano più da vicino l’avvio di un’impresa oltre confine: una settimana soltanto per costituire una società, tre mesi al massimo per avviare la produzione, completa assistenza negli adempimenti burocratici senza pagare un euro, una sola imposta sul reddito delle società al 25% (l’Irap non esiste), ma calcolata su un imponibile mediamente dimezzato rispetto a quello italiano per la possibilità di dedurre tutti i costi legati alla produzione, rimborso dell’Iva entro 6 mesi con accredito automatico sul proprio conto.

Ma, come dicevamo all’inizio, era inevitabile che in una serata del genere fosse affrontato anche il tema del lavoro o, per essere più precisi, dell’uscita dal lavoro, per vedere se anche in Austria esiste qualcosa di simile all’articolo 18

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7 commenti a In Italia abbiamo l’articolo 18 e in Austria?

  1. Davide Stasi ha detto:

    Scusate, ma in Slovenia l’imposta sul reddito è al 20%, e l’IVA la restituiscono a 3 mesi (puntuali). Era solo per fare uan precisazione…

  2. Davide Stasi ha detto:

    ah dimenticavo…il PIL procapite è simile a quello italiano (fonte wikipedia) però trovi operai a 4,00 €/ora, che lavorano senza lamentarsi

  3. Adi ha detto:

    Bravi gli sloveni nei rimborsi così celeri, devo dire che anche in Bosnia operano con tempi molto validi, il fatto però che gli operai lavorino per 4 euro/h senza lamentarsi non mi pare una cosa molto bella

  4. Davide Stasi ha detto:

    Si tratta di contratti speciali per studenti. Trovi anche per 3,5 €/h, basta che siano ancora studenti e vogliano guadagnare qualcosa. E paghi solo 11% di tasse.

  5. aldo ha detto:

    La differenza rilevante con l’Austra non sta nell’art.18, ma nel funzionamento dello stato.

    Più del 90% delle cause di lavoro vinte dal lavoratore sulla base dell’articolo 18 si concludono senza reintegro, ma con un risarcimento economico. Dunque l’articolo 18 non è un problema concreto rilevante per le imprese e lo dice proprio Squinzi, il presidente di Confindustria.

    Invece, l’art.18 è diventato un simbolo, da un lato per il mondo finanziario globale che compra i nostri titoli di stato (e per questo interessa a Monti) e dall’altro per un mondo sindacal-politico di sinistra che sa giocare sono in difesa (e quando si gioca solo in difesa, si perde o si pareggia, ma alla lunga si perde il campionato).

    La vera differenza con l’Austria, per l’Italia, sta nello stato, fatto di burocrazia asfissiante e lentocratica, giustizia civile dai tempi biblici, tasse altissime alle quali non corrispondono servizi. E’ lo stato, non l’art.18, il gap di competitività italiano, del quale risentono tutti quelli che operano in condizioni di mercato, sia imprese che lavoratori.

    In questo senso dico che questa sinistra politico-sindacale italiana è perdente perchè sa giocare solo in difesa, ma non mette in discussione il vero nodo, lo stato, sia perchè viene da una tradizione fordista, sia perchè ormai prende più voti tra i dipendenti pubblici che tra i lavoratori del privato.

    Con il debito pubblico e il deficit di competitività che l’Italia si porta sul groppone è impossibile conservare diritti dei lavoratori e servizi per i ceti deboli senza far dimagrire lo stato, sia in termini di spesa pubblica che di potere.

  6. cap. Achab ha detto:

    Ma dove vivete???? Io a Gorizia, ultracinquantenne italiano, ho lavorato 8 giorni con i voucher, per 37,50 € al giorno (4,80 € l’ora !!!!!!!). Dico anche che sono i primi soldi che mi entano da agosto 2011!!!!
    Ma i sindacati e la CAMUSSA queste cose le conosce, o sono impegnati solo a garantirsi la loro sediolina e a far agit pro sinistra!!

  7. Fiora ha detto:

    @Aldo. la tua conclusione non fa una grinza e sarebbe ora che tutti ma proprio TUTTI ci rendessimo conto che botte piena e moglie ubriaca… nosepol.
    A scapito del collettivo a noi Italiani ci rema contro il nostro senso del “particulare”. A livello di categoria per i lavoratori onesti e a livello personale per i furbetti, quelli che continuano ad evadere. Nel macroscopico e li beccano sì, ma ohimè a campione e quelli che comunque e quotidianamente nel loro piccolo, col concetto del “che le spalle sotto le mettano prima gli altri”.
    …salvo che “gli altri” siamo NOI!

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