26 Marzo 2012

Il realismo cecoslovacco a Villa Manin

Attraverso 150 opere d’arte (dipinti, grafiche, sculture) provenienti dalla Collezione della Fondazione Eleutheria, Villa Manin propone la conoscenza con il “Realismo socialista. Cecoslovacchia 1948-1989”.

La mostra – che resterà aperta fino all’8 luglio prossimo e che è stata curata da Genny di Bert, Ottaviano Maria Razetto e Francesco Augusto Razetto, trovando in Villa Manin il valido supporto organizzativo – si sviluppa intorno a due grandi temi:  il lavoro e la propaganda. Il periodo storico scelto – 1948-1980 – prende in considerazione l’arco temporale che va dall’affermazione del comunismo in terra cecoslovacca fino alla caduta del Muro di Berlino e quindi alla fine dei vari regimi dell’Est europeo.

Ciò non significa, però, che prima del 1948 in Cecoslovacchia non ci fosse stata attenzione al tema del lavoro: la mostra si apre infatti con opere di artisti attivi negli Trenta e Quaranta del ‘900, aperto alle influenze provenienti da altre scuole artistiche, in particolare dalla Francia. La cultura cecoslovacca aveva e ha continuato a esprimere grandi artisti in tutti i campi dell’espressione culturale e anche dopo l’avvento del comunismo presenterà forme più aperte rispetto a quella sovietica.

Nelle sale di Villa Manin scorrono i vari paradigmi in cui è stato rappresentato il lavoro: dalla forza dell’uomo alla
rappresentazione della donna sempre femminile e consapevole del proprio ruolo nella famiglia e nella società; dall’abbinamento della figura umana con la macchina a quello strettissimo di città e industria. A volte il realismo sconfina nell’iperrealismo. E se nei primi decenni del regime è palese il tentativo degli artisti di additare l’entusiasmo verso la costruzione di una società nuova, verso gli anni Settanta e Ottanta si fa evidente il senso di progressiva sfiducia verso un “credo” che andava perdendo mordente nelle masse. Da non dimenticare che la Cecoslovacchia visse, con la Primavera di Praga, in anni ancora non sospetti il tentativo, poi fallito, di un rinnovamento politico verso un regime politico più aperto e libero.

Nella sezione dedicata alla propaganda, chiaramente il discorso si fa meno aperto: l’attenzione degli artisti era orientata
all’esigenza di rappresentare l’epopea socialista nei suoi vari aspetti di partito, militari o, ancora, legati al lavoro inteso
come costruzione di una “società felice”.

La mostra è accompagnata da un libro-catalogo con contributi di critici specializzati nella materia (in italiano, inglese e ceco) e con la riproduzione a colori delle opere esposte.

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2 commenti a Il realismo cecoslovacco a Villa Manin

  1. alpino ha detto:

    azzo mi aspettavo gia 70 post sul realismo cecoslovacco..invece il nulla ma come mai? ahahahahahaha mi ricorda le proiezioni forzate serali di fantozzi 🙂

  2. Mentat ha detto:

    E’ vero che l’argomento si presta alla battute da corazzata Potemkin, ma la mostra è interessante e ben fatta, anche se le opere esposte non sono molte, ed è molto rilevante dal punto di vista storico. Ovviamente non è una mostra leggera, perché i temi sono quelli dell’alienazione del lavoro, dell’oppressione e della disumanizzazione dell’individuo, ma d’altronde nemmeno il regime cecoslovacco lo era.

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