25 Agosto 2011

Porto Viro e la schiuma del rigassificatore

Pubblichiamo la segnalazione di Carlo Franzosini, biologo dell’Area Marina Protetta di Miramare

È ancora recente la notizia – apparsa sulle edizioni regionali di alcuni tra i quotidiani più diffusi – che segnala le prime ricadute ambientali “macroscopiche” occorse a seguito dell’entrata in funzione del rigassificatore al largo di Porto Viro. La pagina on-line del “Corriere del Veneto” del 26 luglio riportava il seguente titolo: “Schiuma vicino al rigassificatore, indagati due dirigenti di Adriatic Lng – La procura ha chiuso le indagini sull’inquinamento del mare al largo di Porto Levante. Secondo i magistrati si trattava delle conseguenze di raffreddamento del gas metano”.

Come noto, la nostra area è attualmente interessata da 3 progetti di rigassificatori: uno in Slovenia, uno on-shore (Zaule), uno off-shore (al largo di Grado) oltre che dal gasdotto di collegamento. Questo tipo di impianti viene generalmente proposto nella configurazione “a ciclo aperto”: si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il Gnl (arrivato via nave sotto forma liquida, a -162°C), restituendola poi al mare più fredda e clorata. Questo comporta una sterilizzazione quasi totale della massa d’acqua adoperata, per via degli shock meccanico e termico (a questi sono da imputare le schiume al largo della foce del Po), a causa dell’impiego di cloro che implica il rilascio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici), infine per la perdita dei servizi ecosistemici forniti dall’habitat marino (autodepurazione, assorbimento di CO2, habitat di specie ittiche). Adriatic Lng – la società che gestisce l’impianto di Porto Viro – prima che iniziassero i lavori di realizzazione del terminal aveva valutato il tenore del disturbo ambientale che l’impianto andava a causare al territorio circostante, arrivando nel febbraio 2008 ad un accordo con gli Enti locali “per la compensazione territoriale destinata al Polesine e legata all’insediamento del terminal”. Si tratta in tutto di 12,1 milioni di euro di cui 2,45 per il comparto della pesca professionale, che si è visto imporre una nuova zona di interdizione dell’attività.

A onor del vero, l’impianto proposto a Capodistria è l’unico, della decina di progetti che interessano tutto l’Adriatico, che funzionerebbe “a ciclo chiuso”: i progettisti, consci dei problemi ambientali di questo litorale, non ricorrerebbero all’impiego di acqua di mare ma ricaverebbero il calore utile alla rigassificazione da altre fonti. Ad esempio la combustione di un’aliquota marginale del gas conferito in impianto (ne basta l’ 1,3%!) è sufficiente per riportare il metano dalla fase liquida a quella gassosa. A Capodistria – al di là di evidenti e ben più seri problemi di sicurezza per le zone abitative ed industriali, analoghi a quelli del sito di Zaule – c’è di buono che almeno questo aspetto è stato tenuto in considerazione. Ma è da qualche anno ormai (dal 2000) che, con decreto del Ministero dell’Ambiente, la Regione Veneto ha ottenuto il divieto dell’utilizzo del cloro come “agente antifouling” nei circuiti industriali che scaricano in laguna di Venezia, in considerazione dei problemi che questa sostanza causa alle biocenosi di un habitat tanto delicato.

Orbene, l’Adriatico è un mare semi-chiuso, considerato sotto più aspetti quale “zona ecologicamente sensibile”. Gli impianti proposti, che in questi tempi procedono nel loro iter autorizzativo, consumano notevoli quantità d’acqua di mare (si dice l’equivalente, in un giorno e per ciascuno di essi, di un palazzo di 20 piani avente per base Piazza Unità). A questo punto è giunto il momento di valutare se è il caso di estendere la limitazione in vigore in laguna di Venezia a tutti i Paesi dell’Adriatico, per impianti di questa “voracità” là dove esistono alternative tecnologiche percorribili (il cosiddetto “ciclo chiuso”), anche se si dimostrano economicamente meno convenienti (ma lo sono di ben poco !) per il gestore dell’impianto. I rigassificatori, se servono, vanno fatti a condizione di essere seri nella valutazione d’impatto ambientale e non prendendo acriticamente per buone le sole proposte dei proponenti. Questi ultimi, nel dover scegliere tra un minor impatto e un maggior profitto, di sicuro non hanno perplessità. Ma i gestori del “bene comune” ….?

Carlo Franzosini

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100 commenti a Porto Viro e la schiuma del rigassificatore

  1. Lorenzo Persi ha detto:

    1 – ciclo chiuso? bruciare un 1,3% del gas naturale rigassificato? Credo che un biologo del suo livello possa ben immaginare i quantitativi di CO2 emessi da una simile combustione: non mi pare un toccasana per l’ambiente che si vorrebbe proteggere.

    2 – inoltre, si tratterebbe di un processo per nulla conveniente anche dal punto di vista economico (e aumenterebbe il fabbisogno di gas da importare, se ne brucio l’1,3% ne devo importare un’ulteriore parte da immettere nei gasdotti, no?)

    3 – paragonare la laguna di venezia all’alto adriatico? posso ben capire che proibiscano il cloro nella laguna di venezia: l’acqua è poca, “stagnante”.. ora dire che l’adriatico, per quanto chiuso, possa essere considerato analogo alla laguna di venezia mi pare francamente una boutade un po’ eccessiva…

    4 – certo parlare di un palazzo di 20 piani esteso come piazza unità è sicuramente una buona immagine per suscitare stupore/timore nei lettori dell’articolo, ma, mi chiedo… quanti palazzi di 20 piani estesi come piazza unità d’acqua ci sono nel solo golfo di trieste?? quanti anni ci vorrebbero per farli passare tutti attraverso gli impianti del rigassificatore?

    5 – i costruttori, i ministeri e tutti gli attori che hanno partecipato all’iter autorizzativo, non avranno pensato alle possibili conseguenze di un simile impianto?
    o si divertono a pensare di trovarsi un giorno addossata un’accusa di aver distrutto l’habitat marino dell’adriatico?

    6 – una considerazione finale, un po’ fuori tema: quando volevano costruirlo a monfalcone, il terminal, nel ’96, tutto i sostenitori del no si preoccupavano degli effetti di raffreddamento della temperatura del mare: nessuno però pensava che la centrale termoelettrica ivi presente lo stava al tempo stesso riscaldando al di sopra della sua temperatura naturale.. chissà se l’effetto del rigassificatore non potrebbe compensare anche nel caso di trieste alcune fonti di calore anomalo derivanti da attività produttive?

  2. bruno ha detto:

    2@Lorenzo …punto 1 – nè ciclo chiuso ne aperto.
    punto 2 – la conclusione alla quale arrivi mi sembra negativa per cui neanche questa va bene
    punto 3 – alla lunga si riempie pure l’adriatico
    punto 4 – il rigassificatore certo è grande e fà impressione?
    punto 5 –no! non ci hanno pensato, pensi che quelli della ferriera al fine bilancio ci pensiano se tu hai avuto una malattia derivata?
    punto 6 – ah si la soluzione migliore per raffreddare il bacino è fare il rigassificatore, non pensare di modificare l’impianto di raffredamento della centrale
    bene hai detto la tua ma ora a casa che è ora di cena.

  3. Lorenzo Persi ha detto:

    @ Bruno X :

    1 – né ciclo chiuso né aperto sarà un tuo desiderio, non un dato di fatto oggettivo. si parlava di un potenziale danno all’ecosistema marino, ho sottolineato che il ciclo genera CO2 e inquinamento atmosferico. siccome chi è contro ai rigassificatori spesso è attento ai risvolti ambientali e sulla salute (come tu stesso mi dimostri), mi sembrava alquanto rilevante sottolinearlo.

    2 – il punto rafforzava un aspetto negativo del ciclo chiuso dal lato economico.

    3 – alla lunga, il rigassificatore è già bello e arrugginito: mi sa che il gas naturale finisce prima del presunto “intasamento” di cloro dell’adriatico.

    4 – cosa c’entra la dimensione del rigassificatore? siccome gli esempi “ad effetto” non mi sembrano utili a comprendere se un problema esiste o meno, ho solo riportato il palazzone d’acqua al mare così come il palazzone d’acqua era stato riportato a piazza unità.

    5 – si che ci hanno pensato! sono tenuti a farlo e gli conviene pure farlo! e poi il paragone con la ferriera non regge: primo, perchè la ferriera tratta sostanze ben più nocive, secondo perchè fa emissioni ben più nocive, terzo perchè è un impianto nato nella notte dei tempi, quando il concetto di salvaguardia ambientale manco esisteva. Riprendendo l’esempio di monfalcone, mica vado a parlare dell’amianto del cantiere per descrivere un rigassificatore, no? e poi non si tratta di “fine bilancio”, ma di autorizzazioni iniziali….

    6 – chi ha mai detto che la soluzione migliore per raffreddare un bacino è costruire un rigassificatore? quello che ho detto io (ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire) è che, se proprio vogliamo considerare gli effetti collaterali, o li consideriamo tutti o è meglio non parlarne: se uno mi dice il rigassificatore abbassa la temperatura, io mi chiedo se non ci sia qualche altro impianto che l’aumenti (ma, ripeto, nell’articolo non si parlava di questo).

    Bene, ho detto di nuovo la mia. Era buona la cena?

  4. Luca F. ha detto:

    Complimenti per l’analisi lucida e chiara della problematica.
    Ma nella proposta di un impianto a “ciclo chiuso” è stato preso in considerazione l’ammontare di CO2 che verrà rilasciato in atmosfera, dovuto alla combustione di quell’1.3% di gas necessario per fornire il calore? Mi sa che il bilancio ambientale sarebbe, ancora una volta, negativo…

  5. Carlo ha detto:

    @ 2 – Rispondo per punti.
    La questione è corretta: gli impatti vanno limitati. La combustione genera CO2 e ossidi di azoto. Ma – per questione di brevità dell’articolo – non ho sviluppato il “rovescio della medaglia” che mi fa propendere per la combustione di metano anziché per l’utilizzo di acqua di mare. Si tratta dei composti che si formano a seguito della reazione della Sostanza Organica Disciolta in acqua di mare (“DOM”) ed il cloro attivo immesso nel circuito: i cloro-derivati organici che sono tossici, persistenti e mutageni (trialometani, clorammine, ecc.). Una prima quantificazione di questi prodotti parte dal tenore di DOM in acque costiere non eutrofiche, che in Adriatico è indicativamente di 2 mg/litro. Il funzionamento di un rigassificatore comporterebbe l’immissione di quantità dell’ordine di 32,8 chili per ora di cloro-derivati, qualcosa più di 280 tonnellate all’anno.
    Gli effetti del cloro e dei cloro-derivati (ad esempio: a seguito di disinfezione) sono studiati da oltre 40 anni, tanto che già nel 1972 in USA (US Federal Water Pollution Control Act) era obbligatorio l’abbattimento del tenore di cloro nelle acque di scarico e la riduzione chimica dei sottoprodotti alogenati. Questi composti, stabili e non facilmente degradabili, si accumulano nelle acque, da qui entrano nella catena alimentare, si depositano nei tessuti grassi degli organismi marini e possono finire sulle nostre tavole. Nell’uomo, alcuni effetti tossici noti sono la possibile azione mutagenica e /o cancerogenica. L’esposizione cronica comporta una possibile relazione con cancro del retto e del colon e della prostata (IARC International Agency for Research on Cancer).
    Purtroppo nei documenti di VIA questo aspetto è totalmente omesso, perché ci si limita a considerare i soli effetti del cloro attivo in uscita dall’impianto: questo viene limitato a non più di 0,2 mg/litro, paragonabile a quello dell’acqua di acquedotto conforme a norma di legge. Quindi questo procedimento è apparentemente innocuo “come bere un bicchier d’acqua”. Ma il cloro, utilizzato in quantità massiccia (all’interno dell’impianto si hanno tenori di 2 mg/litro), viene abbattuto prima di restituire l’acqua al mare, neutralizzandolo con bisolfito (reazione: si forma solfato), al fine di rientrare nei parametri di legge (max 0,2 mg/litro).
    L’acqua di mare è ricca di sostanza organica da neutralizzare, contrariamente all’acqua di acquedotto che possiamo bere a volontà ed in cui il cloro è aggiunto solo per un’azione preventiva antibatterica. La differenza tra le 2 acque – pur con lo stesso tenore di cloro attivo – è che l’acqua in uscita dall’impianto è carica di sostanza organica degradata combinata chimicamente al cloro.

  6. Carlo ha detto:

    @ 2 – Punto 2:
    Il trasporto con navi gasiere è, di per sé, economicamente poco conveniente (lo adottano soprattutto i Paesi che, per via dell’isolamento geografico, hanno minori alternative di approvvigionamento: Giappone, USA, Spagna,…) ed ecologicamente impattante. Qui da noi stiamo parlando di rigassificazione, ma bisogna mettere in conto anche la molta energia (ed i suoi costi) assorbita dalla liquefazione. Inoltre l’aliquota che andrebbe bruciata (l’ 1,3 %) corrisponde a quanto viene spontaneamente perso durante il trasporto (per via del cosiddetto “boil-off”) ed immesso in atmosfera (il metano è tra i più potenti gas-serra, 25 volte più della CO2). Gli impianti sono inoltre dotati di “torce” che, per questioni di sicurezza, bruciano o immettono direttamente in atmosfera il gas in sovrapressione che si sviluppa nel processo di di rigassificazione. La costruzione delle navi gasiere è anche da mettere nel conto.
    E non è che, per via del fatto che in Adriatico ci saranno alcuni rigassificatori in più, non andranno avanti i grandi progetti internazionali per la realizzazione di metanodotti (North Stream, South Stram, Nabucco). Quindi avremo rigassificatori E gasdotti. Dal punto di vista economico ci perde solo la cittadinanza: anche se i rigassificatori – per eccesso di offerta – rimanessero fermi, ai gestori è comunque sempre assicurato l’introito del 71% delle royalties calcolate sulla capacità nominale di rigassificazione, per tutta la durata di vita dell’impianto. Sono gli effetti delle delibere dell’Autorità per Energia Elettrica e Gas n. 178 del 2005 e n. 92 del 2008, che andranno a prelevare gli importi da girare ai gestori dalle nostre bollette del gas.

  7. Carlo ha detto:

    @ 2 – Punto 4
    Per il rigassificatore proposto da “Gas Natural”, l’intero volume d’acqua della Baia di Muggia (circa 100 milioni di m3) verrebbe fatto fluire attraverso l’impianto per oltre due volte all’anno. In un anno circa il 4-5% dell’acqua dell’intero bacino del golfo di Trieste (8.800 milioni di m3) verrebbe a circolare attraverso l’impianto, una quantità di gran lunga superiore a quella utilizzata da tutti gli stabilimenti industriali attualmente in esercizio sulle sponde del golfo.
    E stiamo parlando di 1 dei 3 rigassificatori proposti…

  8. Carlo ha detto:

    @ 2 – Punto 3
    Mi spaice aver dato l’impressione di riflettere per “boutades”, ma il senso del messaggio che volevo comunicare è: SE servono rigassificatori, si facciano a condizioni di limitarli nell’uso di acqua di mare (almeno nelle acqua nazionali). Il dibattito è aperto anche negli USA, tra proponenti del ciclo aperto (le ditte che vorrebbero realizzare gli impianti traendo il maggior profitto) e le autorità ambientali che tentano di imporre il ciclo chiuso:

    http://www.gomr.boemre.gov/PI/PDFImages/ESPIS/4/4235.pdf

    Da noi, almeno, quelli del Veneto sono riusciti ad ottenere un tanto. Complimenti a loro, e biasimo a chi, nei Ministeri, si lascia abbindolare da VIA taroccate

  9. Carlo ha detto:

    @ 2 – Punto 6
    Se ti ricordi, a Monfalcone la SNAM aveva indetto una “consultazione” con la popolazione locale e l’abbinamento tra scarichi caldi Enel e impiego di calore nel processo di rigassificazione era stato avanzato in quella sede. Ed era stato accolto positivamente dalla Snam !
    In realtà quel progetto si portava dietro problemi ambientali di altro tipo (10 milioni di m3 di sedimento – contaminato da Hg – da dragare e da far sparire”).
    Qui la proposta di collettare acque reflue della zona industriale e del depuratore è stato avanzato, i calcoli (m3, calorie) erano stati fatti e presentati in Provincia nel gennaio 2010 (audizione pubblica). Lettera morta: Gas Natural non vuole vincolare il proprio ciclo produttivo a quello di altri impianti industriali…

  10. Carlo ha detto:

    @ 2 – Punto 5
    Che “i costruttori, i ministeri e tutti gli attori che hanno partecipato all’iter autorizzativo” non abbiano pensato alle possibili conseguenze di un simile impianto lo dimostrano le schiume di Porto Viro, il fatto che 2 dirigenti sono indagati, ecc ecc.
    🙂

  11. bruno ha detto:

    2 e 4 @ scusa sono stato aggressivo (preso l’abitudine in questo sito) avrai ben capito che sono contrario al rigassificatore in modo ” apelle” rispetto a quanto meglio spiegato da carlo. mi ricordo che avevo letto all’inizio della diatriba (circa un anno fà) che dicevano che in giappone ci sono rigassificatori e che non portano nessuna conseguenza al mare: si loro hanno l’oceano con 5000 m di profondità questo nostro adriatico è un mare (vuoi che no) un mare chiuso con 20 m di profondità che ricambio vuoi che abbia pesci alghe vita marina sarebbero sterilizzati dal cloro, per rendere potabile e disinfettata l’acqua del rubinetto mettono una goccia di varechina(?) in non no quanti centinaia di litri d’acqua, pensa lo sversamento in quantità industriale per il resto della vita….

  12. Triestin - No se pol ha detto:

    me par che l’intervento de oggi sul piccolo trattando solo della question marina gha solo fatto pubblicità ai porgetti… e la gente adeso pol pensar che se vien fatto el circuito chiuso se risolvi el problema…Quando se fa interventi per non crear confusion se devi trattar tutte le questioni legade alla sicurezza dei cittadini come per esempio l’effetto domino a Trieste…Altra nota negativa xe tirar in ballo sempre l’impianto de Koper che non figura nel piano energetico nazionale sloven e non previsto dal comun… Come pure se sa da anni che la proposta del circuito chiuso iera sta categoricamente bocciada, quindi perchè riparlarne…solo per le schiume de Porto Viro ? dove alla fine i ga posto dei ulteriori paletti…ma se continua la produzion

  13. Triestin - No se pol ha detto:

    dall’articolo del corriere del veneto “IL TUTTO SI SAREBBE POTUTO EVITARE DOTANDO LA PIATTAFORMA OFF SHORE DI POMPE ASPIRANTI, OPPURE CIRCONDANDOLA DI GALLEGGIANTI PER BLOCCARE LA SCHIUMA” :Nessuno sversamento di materiale inquinante quindi, come dimostra una perizia di parte della Procura, ma «solo» un enorme sommovimento acqueo attorno al terminal. L’effetto più vistoso è la produzione di una rimarchevole quantità di schiuma che poi si propaga per chilometri arrivando anche a sfiorare la terraferma. Le conseguenze sull’ecosistema, afferma ancora la consulenza, sono di alterazione della clorofilla e del fitoplancton marino. Il tutto si sarebbe potuto evitare dotando la piattaforma off shore di pompe aspiranti, oppure circondandola con galleggianti per bloccare la schiuma. Nessuno dei due accorgimenti è stato però applicato.

  14. Carlo ha detto:

    @ 13
    La tecnica dello struzzo (tenere la testa sotto la sabbia), sperando che il tempo “assopisca” i proponenti, non è una strategia utile a contrastare l’insediamento di questi impianti: le cose vanno avanti, anzi vanno avanti ancora meglio nel silenzio e nell’indifferenza agostana. Vedi dichiarazione della Prestigiacomo dell’ 11 agosto (“Rigassificatore, Prestigiacomo anticipa il sì della commissione”)

  15. Carlo ha detto:

    @14
    Altroché “pompe aspiranti, oppure circondandola con galleggianti per bloccare la schiuma”. Circuito chiuso e basta. Pretendere che venga imposto quello, e vedere se poi gli apprendisti-stregoni continuano a volerlo fare, il loro impianto !

  16. Triestin - No se pol ha detto:

    non se tratta de tener la testa sotto la sabbia, ma se devi trattar per intero la question quando se ne parla elencando non solo le problematiche marine…come navigazion, interdizion, effetto domino, terrorismo, errore umano nella gestione impianto…ecc…NO GNL nel golfo de Trieste e basta

  17. Mario Valci ha detto:

    @ Triestin:
    Le panne non son utilizzabili proprio perchè sarebbe da circoscrivere la struttura, aspirare lo sporco (e dove metti tutta l’acqua di mare con glicole???), aprire le barriere per far entrar neve e 4 rimorchiatori azimutali, ormeggiar la nave (alcune ore.. nn è una manovra breve..), ricircondar il terminal con le panne, effettuare le operazioni di scarico, durante le quali il glicole è usato per non far congelare immediatamente le valvole, riaprire le panne per far accostare i rimorchiatori, staccare la nave, richiudere le panne…
    Impossibile.
    Poi… avevo in mano quella schiuma: era acqua di mare sporca di glicole (alias paraflu)… non so che caspita hanno analizzato…mah….
    Ciao!
    Lupo

  18. Carlo ha detto:

    @ 17
    Sfondi una porta aperta ! Nel testo dicevo “A Capodistria – AL DI LÀ DI EVIDENTI E BEN PIÙ SERI PROBLEMI DI SICUREZZA PER LE ZONE ABITATIVE ED INDUSTRIALI, ANALOGHI A QUELLI DEL SITO DI ZAULE – c’è di buono che almeno questo aspetto è stato tenuto in considerazione”.
    Però il sito off-shore, zitto zitto sta andando avanti per la sua strada (vedi articolo di ieri: “Sull’ Isola [Grado] ritorna l’allarme-rigassificatore”).
    Bisogna sfoderare argomenti credibili, documentati, e bisogna metterli nelle orecchie dei politici in modo che ci pensiono bene, prima di dare l’avvallo a questi impianti.

  19. Triestin - No se pol ha detto:

    come sempre el picio no passa l’informazion a Trieste e viceversa…i continua nella più completa disinformazion…

  20. Kaiokasin ha detto:

    Da ignorante assoluto (e comunque contrario ai rigasssificatori) chiedo se esistono altre possibilità di riscaldamento del gas. Uno potrebbe essere la torre di raffreddamento, che dovrebbe riportare il gas allo stato gassoso semplicemente utilizzando la temperatura atmosferica, facendolo passare in una torre (impatto paesaggistico). Oppure portare le acque di raffreddamento della centrale Lucchini di Servola e con un scambiatore di calore utilizzarle per rigassificare il gas (oppure ancora utilizzare il calore prodotto dall’inceneritore). E’ fantascienza o con un po’ di buona volontà sarebbe possibile?

  21. Kaiokasin ha detto:

    p.s. se poi le acque di raffreddamento della centrale elettrica, una volta ceduto il calore al rigassificatore, tornassero indietro – fredde – alla centrale, ne potrebbe nascere un ciclo chiuso, senza più scarico di acque nel golfo (sempre fantascienza?).

  22. Carlo ha detto:

    @ 22, 2r

    Vedi post @10

  23. viceversa ha detto:

    semo ale solite… decisioni dall’alto e citadini che pedissequamente i se piega a 90 domandandoghe anche scusa ale autorità…ma dai!!! Qua bisogna sveiarse e lotar per la propria tera, la propria salute: per la nostra vita! Qua no esisti destra, sinistra, alto, basso… qua o xè giusto o xè sbaiado. E il rigasificator el xè sbaiado. Punto. Le motivazioni e i efeti i xè soto i oci de tuti: me par che Porto Viro sia bastanza indicativo…
    PS: Volesi saver se anche i sloveni no i se gabi ativado in merito… o i acetta tuto anche lori…

  24. capitan alcol ha detto:

    Kaiokasin il tuo ragionamento è sensato. Pensa che a Torviscosa c’è già una centrale a gas, uno sbocco sul mare e una zona industriale. Ma perchè lo volete così tanto a Trieste questo rigassificatore? 😉

  25. Luigi (veneziano) ha detto:

    Una decina di giorni fa sono passato in mare a circa 3 km dal rigassificatore. Era l’imbrunire, e lo si vedeva da miglia di distanza perché è illuminato come un albero di Natale. Chi era con me m’ha detto che l’illuminazione fa parte delle misure precauzionali per la navigazione.

    Alla fine della fiera – però – mi pare di capire che l’inchiesta della magistratura si sia chiusa con un nulla di fatto: nessuno di Adriatic LNG è stato rinviato a giudizio, e quindi i reati ipotizzati non sussistono, giusto?

    L.

  26. Dario Predonzan ha detto:

    Ma chi ha detto che Trieste vuole il rigassificatore?
    Tranne la Confindustria, che dice sempre di sì a qualunque cosa, e qualche politico come l’ex sindaco Dipiazza & soci (però in campagna elettorale nessuno ha avuto il coraggio di dire che lo vuole…), i pareri che sento parlando con la gente sono tutti contrari.
    E’ il governo, affiancato dalla Giunta regionale, che vorrebbe imporlo ad ogni costo. E le leggi vigenti glielo permetterebbero.
    Però ci si può opporre e gli strumenti legali per farlo ci sono: tant’è che sono già stati attivati, dalle associazioni ambientaliste e dai Comuni di Muggia e Dolina.
    Vedremo se anche il Comune di Trieste, ora che sono cambiati sindaco e maggioranza, appoggerà queste iniziative.

  27. Carlo ha detto:

    @ 27
    …e non sarebbe giusto che pagassero loro. Chi è da processare sono i consulenti che hanno redatto i documenti del SIA e gli incaricati nei ministeri che hanno proceduto alla VIA. I 2 tecnici di cui si parla non hanno colpe: hanno fatto funzionare un impianto – sbagliato ma autorizzato – cosÏ come era stato progettato. Ma che almeno serva da lezione per i prossimi impianti attualmente “in gestazione” (e vediamo anche se ê possibile riconvertire quello di Porto Viro a ciclo chiuso…)

  28. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Carlo

    Chi ha detto che non sarebbe giusto? La responsabilità ricade sempre sui responsabili diretti ed apicali, per cui sarebbe giustissimo che pagassero loro, se fosse dimostrata un’ipotesi di reato. Ma la questione è: il reato sussiste O NO?

    Perché se il reato non sussiste, allora di che stiamo parlando?

    Mi risulta che le analisi delle acque nella zona di Porto Viro siano già state fatte a più rirpese, fin dal 2009, senza dare alcun segno di inquinamento.

    Adesso queste analisi disposte dalla magistratura che cosa hanno rilevato? Che danni sull’ecosistema?

    Leggo (# 18) che ci sarebbe del paraflu nell’acqua, rilevato “a mano”. Paraflu percepibile “a mano”, ma non rilevato dalle analisi disposte dalla magistratura?

    L.

  29. Carlo ha detto:

    @ Luigi
    Il tuo spunto è stimolante. Devo capire se, attraverso le associazioni ambientaliste o quelle di categoria (pescatori) abbiamo qualche possibilitä di ottenere l’accesso ai documenti ed alle analisi. Non è cosa da poco conto, ma è fattibile.
    C’è da vedere se le analisi fatte sono quelle utili a documentare un danno ambientale del tipo di quello testimonato da @18 (secondo me: “paraflu” starebbe per citoplasma del plancton emulsionato + cloro-derivati organici), oppure se più banalmente andavano a cercare qualche contaminante (solvente, detersivo ) immesso accidentalmente in impianto e poi scappato in mare. Le 2 cose sono ben diverse, ma è chiaro che se non c’è stata contaminazione accidentale (niente solventi o detersivi “sfuggiti” dall’impianto) ma il prossino autunno le schiune si ripresentano, allora il “baco” è nel tipo di impianto “a ciclo aperto”.

  30. bonalama ha detto:

    paraflu? i gaveva paura che se jazi el mar????

  31. Mario Valci ha detto:

    El Paraflu servi x no far jazar le valvole delle connessioni…
    a fine carico le ga sora un monte de jazo.. la brina del passaggio del gas a -100°

  32. bonalama ha detto:

    grazie molte, era una battuta che sollecitava una spiegazione…. 😉

  33. Luca F ha detto:

    Macchè Paraflu XD
    non c’è alcun sistema per impedire che “si ghiaccino le valvole”, semplicemente dopo che la nave se ne va le valvole si scongelano da sole…

  34. bona lama ha detto:

    signori allora come la mettiamo? c’è una “vis subtappetandi”? Sembra un processo in cui c’è chi sostiene una cosa e chi esattamente l’opposto. Non ne mastico ma la storia del “paraflu” è intrigante. Sono convinta comunque che non verrebbe MAI FUORI. Far fare analisi all’estero?

  35. Triestin - No se pol ha detto:

    scusè…se Mario ghe ga lavorà sora, penso che el sa quel che disi…quindi de sicuro i userà una specie de paraflù durante el scarico del GNL dalla gasiera…

  36. bona lama ha detto:

    sono pienamente d’accordo con no se pol,

  37. Luca F ha detto:

    Come sarebbe usato questo fantomatico paraflu? Spruzzato sulle valvole mattina e sera (esternamente alla valvola)? Aggiunto all’LNG (internamente alla valvola)? Perchè qualcuno dovrebbe mai preoccuparsi di evitare il ghiaccio sulle valvole poi?

  38. mutante ha detto:

    anche senza paraflu, il rigassificatore rovescia 130kg di cloro in mare AL GIORNO.

  39. Triestin - No se pol ha detto:

    39 ) te sa come funziona una valvola ?….el gas liquido scorri all’interno de una condotta…dove ghe xe varie valvole come disi Mario de connession…quindi se podessi bloccar la valvola anche dall’interno…. comunque ga ragion mutante questo xe un problema secondario della discussion, ghe xe altri più devastanti….

  40. Luigi (veneziano) ha detto:

    Allora.

    L’idea che si possano imbibire di paraflu le valvole del rigassificatore, pare anche a me una boiata.

    La questione del paraflu assume un’importanza decisiva, nel contesto della discussione: esattamente il contrario di ciò che afferma Triestin-No se pol.

    Giacché la questione riguarda la natura e il contenuto della schiuma che circonda il rigassificatore. Per cui se all’interno della schiuma vi fosse un agente inquinante come il paraflu, allora la cosa sarebbe ben diversa.

    La questione è stata affrontata in Consiglio Regionale Veneto a marzo di quest’anno, a seguito di un’interrogazione. E’ da notare che tutto è partito da una segnalazione della stessa società di gestione dell’impianto.

    Questo è il documento: http://www.consiglioveneto.it/crvportal/pdf/attisp/IRI/Anno_2010/IRI_0176/iri_0176.pdf

    Leggendo qui, in primo luogo si nota che tre fra società ed enti hanno analizzato il fenomeno (la stessa società che gestisce l’impianto, l’ARPAV e l’ISPRA).

    (cito dal documento)

    “la Società ha correlato la formazione di schiume alla presenza, nell’acqua di mare utilizzata nel circuito di scambio termico, di sostenze tensioattive di origine naturale, che deriverebbero dal rilascio di materiale intracellulare di microorganismi naturalmente presenti in mare, sottoposti a stress meccanico nel circuito di scambio termico”

    ISPRA ha concluso che:

    “E’ una matrice di origine naturale (…) in quanto miscela polifasica principalmente caratterizzata da un elevato contenuto organico (…). La formazione di schiume pertanto non sembra dovuta ad immissione nell’impianto di sostanze esogene all’ambiente marino quanto piuttosto all’azione meccanica dello stesso”

    “la presenza di composti cloro organici è, con molta probabilità, dovuta all’impiego di cloro attivo, utilizzato come biocida nelle acque di scambio termico dell’impianto (…)”

    “La particolare composizione di tutti i componenti costituenti la miscela (fino ad ora individuati) è tale da indurre effetti biologici avversi riscontrabili anche ad elevate diluizioni riproducibili in laboratorio”

    ISPRA ha concluso affermando che sarà necessario però ripetere in diverse stagioni l’analisi, per avere un quadro più completo del fenomeno. Cosa che è stata decisa ancora alla fine dello scorso anno dal ministero dell’Ambiente, assieme a GNL, ISPRA e ARPAV.

    A seguito dei prelevamenti e della analisi conseguenti (che hanno rilevato una tossicità del campione al saggio di tossicità cronica con Dunaliella tertiolecta – un’alga comune), è stato deciso un approfondimento protrattosi nel tempo delle indagini analitiche.

    Ritengo che le parallele indagini della magistratura non abbiano che confermato quanto sopra.

    Luigi (veneziano)

  41. Luca F ha detto:

    @41 – Triestin… sì, lo so come funziona una valvola, e tu? Dovrebbe forse formarsi ghiaccio *dentro* le valvole? Ghiaccio di che, d’acqua o di metano?
    Avevo già commentato in un video (postato da un polesano) postato su YouTube a proposito di chi dichiara senza conoscere l’argomento. Anche là c’erano affermazioni infondate, contradditorie, sbagliate. Allora parliamo, ma parliamo con cognizione di causa e/o documentando le fonti, per favore.

  42. matteo ha detto:

    luigi, esisti documenti e documenti, i se anulla a vicenda, el fato sta che te vien qua impor sto rigasificador, mica te son triestin

  43. matteo ha detto:

    cio luca F, quanto che gavevi in chimica? no perche el metano chimicamente xe fato de idrogeno, documentime che no se forma iazo al interno

  44. Luca F ha detto:

    Ah benon… il metano è fatto di idrogeno? Ragionando così anche il gasolio è fatto di idrogeno… e non mi risulta che congeli quando faccio rifornimento al distributore!
    Metano, formula chimica CH4, liquefà a circa -162.5 gradi, congela a circa -182 gradi. Arriva liquido con le metaniere, e di sicuro non scende da solo di altri 20 gradi per congelarsi nelle valvole. Dentro le valvole non congela nulla. Fuori delle valvole congela l’umidità atmosferica, formando le croste di cui si è già parlato più su, ma quelle croste sono innocue.

  45. bona lama ha detto:

    “sostanze tensioattive di origine naturale, che deriverebbero dal rilascio di materiale intracellulare di microorganismi naturalmente presenti in mare????’quali sono queste sostanze, quali organismi le presentano e in quale quantità, quali sono gli organismi presenti e quali “TENSIOATTIVI NATURALI” contengono?

  46. matteo ha detto:

    Luca F. ma ti in chimica te gavevi 0, H xe idrogeno, sicuro che dentro non congela nulla? documenti a mano non ne hai

  47. matteo ha detto:

    ormato da un atomo di carbonio e 4 di idrogeno http://it.wikipedia.org/wiki/Metano

    dopo te parli de disinformazion, una roba te la ga dita giusta anche la benza xe fata de idrogeno, te fa disinformazion

  48. matteo ha detto:

    La balla del terminal off shore nel Golfo del Messico
    I pro-offshore cercano di vincere le resistenze popolari sparando notizie fantasiose o,
    per meglio dire, false. Non è assolutamente vero, per esempio, che un impianto
    offshore dei tipi previsti in Italia funziona nel Golfo del Messico. E’ vero che un progetto
    di tal genere è stato presentato dalla Chevron Texaco ma è altrettanto vero che questo
    progetto è ancora in attesa di autorizzazione. Nel Golfo del Messico funziona invece
    l’unico terminale gas offshore esistente al mondo (Gulf Gateway Energy Bridge)
    che però ha una concezione completamente diversa da quella prevista dai
    terminali che si vorrebbero costruire in Italia: non prevede né travasi, né
    stoccaggio in mare di GNL. Consiste in una boa ancorata a grande distanza dalla
    costa (ben 116 miglia) per ridurre le preoccupazioni sulla sicurezza della
    popolazione. La nave gasiera, una volta ormeggiata alla boa, provvede essa stessa a
    rigassificare il GNL e a pomparlo in un gasdotto. E’ l’unico punto di rifornimento
    offshore di gas naturale che ha ottenuto l’approvazione del Dipartimento dei trasporti
    degli Stati Uniti.
    Una domanda viene spontanea: perché i rigassificatori offshore trovano tante difficoltà
    ad ottenere le autorizzazioni? La risposta è semplice e si basa su due motivazioni di
    fondo: 1) si tratta tecnologie nuove (applicate per di più ad un settore anch’esso
    piuttosto nuovo, quello del GNL), soprattutto mai sperimentate nel loro insieme; quindi
    nessuno è in grado di prevedere cosa possa accadere al terminale in caso di
    guasti, di mare grosso o di incidenti catastrofici alle strutture della nave gasiera
    o del rigassificatore; 2) nessuno può sapere con precisione gli effetti della
    lavorazione (rigassificazione) che prevede l’utilizzo di una massa enorme di
    acqua di mare raffreddata e trattata con cloro e varechina.

  49. matteo ha detto:

    Il disastro di Skikda
    Negli ultimi anni si registra un aumento degli incidenti parallelamente all’aumento
    della movimentazione del GNL. Nel 2002 al largo di Hong Kong prende fuoco una
    nave gasiera, la Gaz Poem, che trasporta 20.000 tonnellate di metano. La nave viene
    evacuata e le autorità cinesi temono per le conseguenze su una vicina centrale
    nucleare, ma per fortuna il fuoco non raggiunge le tanks. Nel 2004 avviene un altro
    disastro di proporzioni immani: a Skikda, Algeria, viene gravemente danneggiato il
    maggior centro petrolchimico del paese. Sono le 18 e 40 del 19 gennaio. L’enorme
    complesso, che si estende su una superficie complessiva di 92 ettari e ha una
    capacità di produrre 8 mld di GNL oltre a quantità minori etano, propano, butano e
    benzina, è fortunatamente quasi semideserto. Nel giro di pochi secondi una fuga di
    gas provoca l’inferno: 27 morti e 72 feriti fra i pochi lavoratori presenti. Se l’incendio si
    fosse propagato alle cisterne di stoccaggio la deflagrazione avrebbe annientato tutto
    nel raggio di 45 km quadrati compresa la città di Skikda e i suoi 150.000 abitanti (che
    si riversano nelle strade convinti di essere stati colpiti da un terremoto). Eppure a
    Skikda era tutto “sotto controllo”: l’impianto era stato rinnovato solo pochi anni prima,
    con tecnologie modernissime, dalla famosa società americana Halliburton.
    Skikda, 2004
    Un altro incidente disastroso di cui è reperibile qualche notizia è quello del 30
    luglio 2004, quando a Ghislenghien (Belgio) una fuga di gas dal gasdotto che unisce
    Zeebrugge (dove esiste un terminale di rigassificazione) a Francia, Spagna e Italia,
    provoca fiamme alte 200 metri, 23 morti e 200 feriti fra operai, pompieri, poliziotti e
    automobilisti di passaggio. Vengono provocati danni in un raggio di almeno 6 km.

  50. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ matteo

    Mi pare che tu sia parecchio fuori fase: dovresti darti una calmata.

    In primo luogo, io non sono qui ad “imporre” nulla di nulla: si parla del rigassificatore di Porto Viro, e io ho tirato fuori un documento sul rigassificatore di Porto Viro. Punto e stop.

    Seconda osservazione: è fisicamente impossibile che si formi ghiaccio ALL’INTERNO delle valvole. Il gas arriva sotto forma liquida, e per ghiacciarsi dovrebbe ABBASSARE ULTERIORMENTE la propria temperatura. Cosa impossibile se non agiscono degli agenti esterni.

    @ bona lama
    La frase che tu rilevi è presente nel documento da me riportato. Per rispondere compiutamente alla tua domanda, bisognerebbe leggere per intero i risultati delle analisi. Mi permetto solo di far notare che tensioattivi di origine naturale possono essere per esempio alcuni glicosidi sottoposti ad azione meccanica (sbattimento o altro). I glicosidi sono presenti in decine di piante.

    L.

  51. bona lama ha detto:

    e allora perchè tale problema non è stato valutato in fase di predisposizione dell’impianto? Semplicemente perchè le bolle di sapone degli organismi marini forse da sole NON spiegano le schiume. Dannazione non sono facebookista e non posso vedere la foto. luigi ho messo tra virgolette in modo che si capisse che avevo quotato il tuo post che riportava quanto emerso nel documento, proprio per evitare misunderstanding e fallaci attribuzioni evidentemente NON è bastato, sorry

  52. Carlo ha detto:

    @ bona lama
    Le schiume non sono state previste perchè chi ha scelto di far funzionare questo impianto in modalita’ “a ciclo aperto” non ha preso in considerazione la produttivita’ primaria dell’Adriatico (parametro collegato alla concentrazione di cellule fitoplanctoniche per unita’ di volune dell’acqua di mare) ed in particolare la posizione collocata di fronte alla foce di uno dei maggiori fiumi del Mediterraneo.
    I modelli esistenti sono stati messi a punto e tarati per mari meno “ricchi”, quondi questo di Porto Viro – purtroppo – e’ un caso che fara’ scuola.

  53. Carlo ha detto:

    E il fatto e’ ancora più’ preoccupante se, al di la’ dell’aspetto “estetico” delle schiume, andiamo a considerare il quantitativo di cloro che deve essere utilizzato per denaturare tutto questo “brodo vegetaLe”. Un quantitativo maggiore che non in altri siti.
    La combinazione di cloro e sostanze organiche comporta la formazione di cloro-derivati organici che sono stati affrontati in maniera molto blanda nelle analisi di Arpa-Ispra in questa faccenda.

  54. bona lama ha detto:

    @carlo grazie ma non ho la preparazione per capire se la risposta sia esaustiva o meno. Ritengo che chi doveva controllare ex ante non l’abbia fatto e mi restano dubbi enormi.Qualcuno ha un link no fcbk? La denuncia è comunque forte!

  55. Matteo ha detto:

    Lojze proprio ti te dixi de dar calmada dove che te insulti destra e a manca

    Ma se te son per el rigasificator zaule, dei dei, te tiri fora dati che te fa comodo e conferma la tua tesi

    Fregnacce essendo liquido essendo un tubo essendo a contatto col tubo ed essendo soggetto a leggi della fisica e impossibile che no jazi, che Po trovime un qualche sorta de documento dove sta scritto che un qualsiasi tubono se jaza

  56. Luca F ha detto:

    Matteo, per favore potresti scrivere in italiano? Capisco quasi tutto del tuo dialetto ma non vorrei ci fossero malintesi dovuti a sfumature…
    Il metano è fatto *anche* di idrogeno, così come il gasolio, ma questo non significa che debba per forza congelare. Come ho scritto (e tu hai confermato), H è il simbolo dell’idrogeno e CH4 (formula chimica del metano, vedi più su) indica che nel metano ci sono 4 atomi di idrogeno e uno di carbonio. Ma questo non ha niente a che vedere con “congela o non congela”, il congelamento non è un fatto chimico (ma fisico) e i passaggi di fase (da solido a liquido, da liquido a gas) del metano avvengono a -182°C e -162°C circa.
    L’LNG (liquefied natural gas, che non è solamente metano, ma contiene altri idrocarburi fino al pentano in proporzione decrescente, più tracce trascurabili di azoto) è poco sotto i -162°C quando arriva al rigassificatore. Viene scaricato e ok, passa per condutture e valvole, ma non può raffreddarsi ulteriormente se qualche processo non gli toglie altra energia termica… anzi, tende ad evaporare perchè assorbe calore da tutto quanto tocca. Quindi realmente non può congelare all’interno delle condotte, più di quanto l’acqua non possa congelare nelle tubature di casa tua in questi giorni – perchè l’acqua gela a 0°C e adesso a Trieste ci saranno 22°C almeno (sparo a caso). E nelle tubature di casa tua non c’è nulla che raffreddi l’acqua di 20 gradi. Non servono documenti, serve un minimo di buon senso.

    Quindi niente paraflu per scongelare le valvole. Il ghiaccio (d’acqua) si forma abbondantemente all’esterno delle valvole, ma viene – come già detto – lasciato sciogliere quando il passaggio di LNG termina, alla fine dello scarico delle navi.

    Di conseguenza, se si trovano tracce di glicole nell’acqua di sicuro questo non arriva da “scongelamenti di valvole” e occorre capire da dove arriva.

  57. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Matteo
    Confermo: dovresti darti una calmata.

    @ Carlo
    Da ciò che si capisce dal documento da me rilevato, c’è un’unica certezza: che i dati sono ancora troppo frammentari per indicare cause, impatti e soluzioni.

    Allo stato, mi pare che il rigassificatore id Porto Viro costituisca OGGI (intendo dire: alla data attuale) un problema ambientale pari allo zerovirgola.

    Le ultime analisi (18 agosto) a Porto Viro danno i seguenti risultati:

    Scanno Cavallari Sud
    Escherichia coli: <15
    Enterococchi intestinali: 0
    Residui bituminosi: assenti
    Vetro: assenti
    Plastica: assenti
    Gomme: assenti
    Altri rifiuti: assenti
    – Zona idonea alla balneazione

    La seconda rilevazione per la zona di Scanno Cavallari Sud presenta dati uguali, con la differenza degli enterococchi intestinali: 2 UFC/100ml, ma comunque sempre zona idonea per la balneazione.

    Direi di attendere maggiori informazioni per dare un giudizio.

    L.

  58. Luigi (veneziano) ha detto:

    Scusa: ho scritto “Carlo”, ma intendevo “Luca F”.

    L.

  59. Carlo ha detto:

    Giusto per capire di che tipo di mare stiamo parlando e permettere un confronto con i lidi che ospitano altri rigassficatori :

    http://neo.sci.gsfc.nasa.gov/Search.html?datasetId=MY1DMM_CHLORA

  60. Luca F ha detto:

    E giusto per capire dove stanno gli altri rigassificatori nel mondo:

    http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_LNG_terminals

    Non è affatto una tecnologia “nuova” e “sconosciuta”, come riportato in un post più su.
    Inoltre il citato disastro di Skikda non ha nulla a che vedere coi rigassificatori (oltre ad essere completamente fuori tema con l’argomento “quanto inquina”), in quanto tratta di un impianto di produzione di LNG (un liquefattore), completamente diverso in struttura, funzionamento e fattori di rischio.

  61. Triestin - No se pol ha detto:

    da una verifica da confermare, sembra che la paraffina, o paraflu, o glicole, vada sul metallo e sulle guarnizioni prima della loro connessione… che rimane comunque un problema secondario… NO GNL nel Golfo di Trieste

  62. Luca F ha detto:

    Me la sono presa a cuore questa faccenda 🙂
    Non va applicata nessuna sostanza sull’interfaccia di connessione tra nave e bracci di carico del terminale, viene inserita una guarnizione in gomma criogenica (più probabilmente teflon).
    Non lo trovo secondario, se effettivamente viene riscontrato glicole nelle acque e nella schiuma attorno al terminale significa che da qualche parte scappa e non è un bene.
    Per quanto riguarda i cloroderivati organici, quelli sì che sono da tenere in considerazione… a quelli non ci avevo mai pensato prima di leggere l’articolo che stiamo commentando.

  63. Triestin - No se pol ha detto:

    non me sembra che il teflon possa essere usato come tenuta…..al cuore non si comanda…buon lavoro

  64. matteo ha detto:

    luca f, se ti no te capisi el dialeto xe problema tuo, qua se parla e magna cusi

    go capi che te son lojze da come te scrivi

    lojze

    no far el saltarelin, co la tua date na calmada, del resto no te ga la piu palida idea de che impatto ga sul ambiente

  65. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ matteo

    Quindi io sarei luca f: prego la redazione – che può verificare gli ID – di effettuare questo controllo, certificando così l’approccio non sereno alla discussione del povero matteo, che ha evidentemente bisogno di un po’ di riposo…

    L.

  66. Luca F ha detto:

    @65 Triestin… non ti pare che il teflon possa essere usato come tenuta, eppure le guarnizioni di teflon in ambito industriale sono comunissime. Vuoi qualche foto? Dammi un indirizzo email (sadrain@libero.it) che te ne mando quante vuoi.

    @66 matteo… ec tristessa. Resta comodo in tel to orto, magna e parla fa cat vo, a pensea ca s’podes parlar tra omni ma ti a tiè solo un bocia. Ti sei accorto che ti trovi su Internet, simbolo della globalizzazione? Se vuoi parlare e mangiare come a casa tua, puoi rimanere tranquillamente tra le quattro mura di casa tua dove brutte figure come questa non rischi di farne. Ciao eh.

    @67 Luigi (Veneziano): Mi associo in pieno.

  67. Triestin - No se pol ha detto:

    68 ) il teflon viene usato come guarnizion si sa, ma nel caso de impianti de rigassificazion con temperature a -160 xe un’altro discorso…

  68. Dario Predonzan ha detto:

    @ Luca F.

    “Per quanto riguarda i cloroderivati organici, quelli sì che sono da tenere in considerazione… a quelli non ci avevo mai pensato prima di leggere l’articolo che stiamo commentando.”

    Eppure di e su cloroderivati si discute e polemizza ogni qual volta vengono presentati progetti che prevedono l’impiego di cloro o ipoclorito come antifouling. Si tratti di rigassificatori o di altri impianti (per esempio centrali termoelettriche).
    E non certo soltanto in Adriatico.
    Com’è possibile che un simile argomento “sfugga”?

  69. Triestin - No se pol ha detto:

    per esempio : http://translate.googleusercontent.com/translate_c?hl=it&langpair=en|it&rurl=translate.google.it&twu=1&u=http://www.seals.saint-gobain.com/omniseal-seals.aspx&usg=ALkJrhh_9YyXZ2QOqkxwAu5JB_iEPS3Iww

    e rischi : http://www.science.unitn.it/~labdid/sicurezza/6-criogenia/op_crio.html

  70. Carlo ha detto:

    @ Dario (# 70) e Luca F (# 64)
    Anch’io, con una certa sorpresa, mi imbatto per la prima volta – per via di questi progetti – sulla questione dei cloroderivati organici. Forse è a causa delle notevoli quantità di acqua che questi impianti macinano (800.000 m3/giorno) – ma mi manca il raffronto con altri tipi di impianti industriali, come quelli menzionati da Dario – che, anche se il tenore di DOM potrebbe far pensare a dosaggi “omeopatici” (0,2 mg/litro), alla fine dei conti si hanno quantitativi teorici superiori alle 200 tonnellate/anno di derivati del cloro immessi nell’ambiente.
    La grande mistificazioni che tutti i SIA vanno proponendo sulla partita dei rigassificatori è quella di considerare i soli effetti del cloro attivo residuo presente all’uscita dello scarico (combinazione, anch’esso di 0,2 mg/litro…), quando è risaputo che “The toxicity of chlorinated seawater effluent is due primarily to various oxidant residuals produced by chlorination, rather than to residual chlorine itself” – Sung (1978) citato in

    http://www.gomr.boemre.gov/PI/PDFImages/ESPIS/4/4235.pdf

    (post #9)

  71. Luigi (veneziano) ha detto:

    Questo per avere un’idea di un tipo di valvole per LNG:

    http://www.german-oilgas-expo.com/ksb-lng-loading.pdf

    @ Carlo
    800.000 m3/giorno? Dalle schede tecniche della VIA di Zaule ricavo che ogni vaporizzazione impiega 5.300 m3/h di acqua, e che ogni carico necessita di 5 cicli di vaporizzazione. Ora, diventa materialmente impossibile che un impianto come Zaule impieghi 800.000 m3/giorno: ammettendo che si proceda a ritmo continuo, utilizzando 5.300 m3/h di acqua ci vogliono ci vorrebbero più di 150 ore per consumare 800.000 m3 di acqua.

    Per meglio dire: per consumare 800.000 m3/giorno, dovrebbe “mangiarsi” 33.333 m3/h.

    Sbaglio qualcosa io?

    L.

  72. Carlo ha detto:

    @ Luigi
    I dati dichiarati sono di 25.000 m3/h in esercizio e 30.000 m3/h in condizioni “di picco”.
    Non sono 800.000 m3/g, ma poco via.

  73. Carlo ha detto:

    @ Luigi
    I dati dichiarati sono di 25.000 m3/h in esercizio e 30.000 m3/h in condizioni “di picco”.
    Non sono 800.000 m3/g, ma poco via, Citavo a memoria…

  74. Luigi (veneziano) ha detto:

    Scusa Carlo: i dati dichiarati da chi? I documenti della VIA di Zaule non provengono da Gas Natural, e quindi non sono “roba loro”?

    L.

  75. Carlo ha detto:

    @ Luigi
    Avevo ricavato i dati dai docs del SIA preparato dalla società di consulenza Medea (Luxbg) per conto di GasNatural.(2006) Si tratta di un pacchetto di CD che non ho qui con me. Domani mattina ti faccio avere le info.

    A domani !

  76. Luigi (veneziano) ha detto:

    Forse ho capito il busillis: tu stai parlando del rigassificatore off shore, che effettivamente vedo lavora con un range fra 22.800 e 33.800 m3/h, mentre io avevo guardato i dati di Zaule.

    Però c’è un altro dato che non mi sfagiola con gli 800.000 m3/g, anche considerando l’impianto off shore.

    L’impianto off shore di TS viene presentato con una capacità di rigassificazione di 12.000 m3/h di GNL. Le navi che lo trasportano hanno una capacità che va da 70 a 160.000 m3, ma si ipotizzano gli arrivipiù o meno di due navi alla settimana per 140.000 m3/nave.

    Il che significherebbe che in 11 ore e 40 minuti si rigassifica per intero il contenuto di una nave, e che gli impianti rigassificherebbero in tutto per 23 ore e 20 minuti alla settimana, il che significa che in una settimana – tenendo per buoni i 25.000 m3/h in esercizio, ci troviamo a contare 583.333 m3 di acqua. Un numero enormemente lontano dagli 800.000 m3 al giorno!

    Che dici?

    L.

  77. Carlo ha detto:

    Buondì Luigi

    …food for thought…, a colazione 🙂

    Premessa: a prescindere dal fatto che ogni impianto fa storia a sé (ciascuno ha proprie caratteristiche in termini di capacità di rigassificazione), non è detto che tutti lavorino al massimo della capacità, 24/24 e 365/365. Ad esempio, quello proposto a Falconara dichiara che lavorerà 205 gg all’anno. Quindi i ragionamenti sviluppati in questo blog non possono essere generalizzati alla totalità degli impianti, essendo che si basano su indicazioni di progetto (quindi “di massima”) raccolte qua e là nei documenti dei SIA [benché sviluppate con la dovuta serietà/onestà intellettuale] e un volume massimo di impiego di acqua pari a 800.000 m3/g non è detto che si ripresenti ogni giorno per ciascuno degli impianti in progetto.

    Mi riaggancio ai numeri del tuo ultimo post. Mettiamo che l’off-shore di Grado entri tardi in funzione, quando lo sviluppo delle gasiere sarà arrivato verso navi più grandi (e più convenienti) da 160.000 m3: sono navi le cui dimensioni sono comunque previste dal progetto. Facendo rigassificare il carico al massimo della velocità (come ipotizzi tu) ti propongo di utilizzare il dato di 30.000 m3/h di impiego di acqua (condizioni di picco) e non “di esercizio”. 2 navi grandi alla settimana portano a 26 h e 40 ‘ di lavoro in condizioni “di picco”, che portano a 800.000 m3 di acqua (più precisamente 720.018 m3/24 h).

    P.S. Un palazzo di 20 piani edificato sull’area di Piazza Unità potrebbe avere un volume di 591.000 m3

  78. Luigi (veneziano) ha detto:

    Certo, Carlo: 800.000 m3 ALLA SETTIMANA, suddivisi in due cicli di 400.000 m3 di circa 12 ore l’uno, nell’ipotesi che si lavori a condizioni di picco con due gasiere fra quelle di massimo tonnellaggio esistenti.

    L.

  79. Carlo ha detto:

    Esatto: alla settimana. Fintanto che chi gestisce l’impianto voglia limitarsi a farlo funzionare per 26,7 ore alla settimana. E dato che l’appetito vien mangiando, a Porto Viro si stanno già attrezzando per aumentare la produzione, pur essendo “sotto la lente d’ingrandimento” dell’Ispra.
    E’ stata avviata la “Procedura di verifica di assoggettabiltà a VIA del progetto presentato da Adriatic LNG per la modifica delle condizioni operative del terminal LNG”. Il documento (bozza del giugno 2011) indica che “Adriatic LNG …intende apportare alcune modifiche alle condizioni operative del sistema di scambio termico funzionale alla rigassificazione del GNL per garantire, su base giornaliera, l’equivalente della capacità annua di consegna … e per gestire in ogni stagione la capacità di picco”

  80. Triestin - No se pol ha detto:

    qualcosa no batti….gasiera da 147.000 m3 tempo di scarico = 12 ore ……questo non vuol dire che rigassifico il GNL ma solo lo trasbordo nei serbatoi di stoccaggio per poi rigassificarlo e inviarlo in rete….

  81. Carlo ha detto:

    @ Triestin
    Le cose sarebbero compatibili, in via teorica, essendo che stiamo ragionando su tempi teorici e ritmi di lavoro che immagino difficilmente sostenibili:
    – in 11 ore e 40 minuti si rigassifica per intero il contenuto di una nave – nave da 140.000 m3/nave (Luigi, post # 78)
    – gasiera da 147.000 m3 tempo di scarico = 12 ore (tuo post # 82)

    C.

  82. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Triestin – no se pol
    Dai documenti in mio possesso, non si parla di capacità di SCARICO (nel senso di “trasbordo”), ma di capacità di RIGASSIFICAZIONE pari 12.000 m3/h. Quindi i calcoli paiono corretti: il carico di una gasiera da 147.000 m3 si rigassifica in 12 ore.

    @ Carlo
    Al di là del fatto che le frasi del documento da te citato non mi pare affermino che Adriatic GNL voglia produrre h24, il mio ragionamento è il seguente: se il terminal funziona correttamente e se non produce danni ambientali, per qual motivo Adriatic LNG dovrebbe limitarsi nel farlo funzionare?

    L.

  83. Triestin - No se pol ha detto:

    penso che i tempi tecnici per rigassificare siano molto superiori…a questo punto a cosa servirebbero per la piattaforma due serbatoi da 160.000 m3 ? per fare stoccaggio ?

  84. Carlo ha detto:

    @ Luigi
    Concordo con te. Se le cose funzionano bene, non vedo perché limitarle, anzi ben vengano !
    Il fatto è che se le analisi di Ispra – oggi – e la procedura di VIA – ieri – non vanno a cercare (o fanno finta di non vedere) i veri problemi ambientali (‘sti … di cloroderivati organici) – vedi l’elenco dei parametri analizzati che ci comunicavi sub #59 – allora le cose non sono fatte seriamente, e io continuerò ottusamente a gridare che è meglio mettere un tappo ai loro scarichi e farli funzionare “a ciclo chiuso”. I gestori continuano a fare il loro lavoro guadagnando qualcosetta di meno, ma dal punto di vista della qualità dell’ambiente stiamo tutti un po’ più tranquilli. Dai, non dirmi che sono su posizioni oltranziste …!

  85. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Carlo

    Mai pensato che tu fossi su posizioni oltranziste.

    Fra l’altro, io personalmente credo che questo tipo di opere necessiti assolutamente dell’OK delle popolazioni interessate, per cui credo che alla fine della fiera dopo Porto Viro (che oggi si sta dimostrando una gallina dalle uova d’oro) nell’Alto Adriatico l’Italia non farà più nessun rigassificatore.

    L.

  86. Carlo ha detto:

    @ Luigi

    …forse. Se dipendesse dall’ “Italietta” della casta potrebbe essere come dici tu. E’ che – in assenza di un piano energetico nazionale ed avendo demandato di fatto la programmazione energetica alle industrie private – sono tutti fortemente interessati ad insediare impianti di questo tipo. Aggiungici anche il “paracadute” degli introiti comunque garantiti al 71% (#7), ed ecco che scatta la corsa all’oro !
    Nell’articolo di apertura parlavo di estendere il divieto in vigore in laguna di Venezia a tutti i Paesi dell’Adriatico (p. es. attraverso un ratifica più stringente dei protocolli “Dumping” o “Land-Based Sources of pollution”): se gli impianti incominciano a proliferare senza controllo su una o sull’altra sponda senza che sia stata presa coscienza della delicatezza dell’ambiente e dei rischi potenziali, in assenza di soggetti pubblici coscienziosi e dei piani di monitoraggio rigorosi, arriveremo in ritardo solo per constatare – ancora una volta – quanto siamo stati miopi.

  87. matteo ha detto:

    lojze, fregnacce

    lojze 2 fregnacce

    1 nessuno dei do, pol dimostrar che sto gas no xe inquinante

  88. Luca F ha detto:

    @70 – Non sono un esperto di sistemi e tecniche antifouling, e pensavo (ingenuamente) che l’emissione fosse semplice cloro libero… non avevo realizzato la possibile interazione tra composti organici nell’acqua e cloro attivo.

    Per la discussione sul ciclo produttivo, non è assolutamente detto che il tempo di discarica di una nave debba coincidere col tempo di rigassificazione del suo carico, tutt’altro. In realtà i serbatoi servono proprio a fare da “buffer” per rendere possibile un processo di rigassificazione continuo e ininterrotto, come in realtà è.

  89. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ matteo

    Tu non stai bene.

    L.

  90. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Carlo

    Personalmente non credo che stiamo proprio di fronte a follie collettive, né tantomeno che siamo in totale assenza di soggetti pubblici coscienziosi e monitoraggi rigorosi.

    Se tu hai notato, nel documento da me riportato è specificato chiaramente che il livello di monitoraggio per Porto Vito è continuo e dura dal 2005.

    In particolare, tengo a far rilevare tutta quanta la trafila dei fatti, che dimostra il costante ed approfondito approccio alla questione rilevata, da parte di tutti gli attori interessati (è una parte lunga e non verrà allineata bene, ma spero si capisca lo stesso):

    Nel mese di novembre 2009 la Società Terminale GNL Adriatico ha chiesto un incontro a ISPRA per segnalare, in via preliminare, il fenomeno di formazione di schiume a seguito dello scarico in mare delle
    acque di scambio termico provenienti dal Terminale GNL. La società comunicava inoltre a ISPRA di aver precedentemente effettuato le analisi tisico-chimiche sulle acque di scambio termico, secondo il pannello analitico riportato nel D. Lgs. n. 152 del 2006 in materia di scarichi, e che dette analisi rispettavano i limiti
    contenuti nel summenzionato decreto).
    ISPRA, ritenendo necessario dover effettuare una specifica attività di controllo sugli eventuali effetti della
    presenza delle schiume in mare, a dicembre 2009 ha eseguito, con la supervisione di ARPAV, una campagna
    di monitoraggio per la rilevazione dei parametri idrologici lungo la colonna d’acqua (temperatura, salinità,
    ossigeno disciolto, pH e fluorescenza) al fine di verificare le condizioni dell’ambiente circostante il
    terminale. In quell’occasione, su alcuni campioni di acqua era stata verificata anche l’eventuale presenza di
    composfi cloro organici, in seguito all’impiego del cloro attivo nell’impianto. Le risultanze analitiche
    avevano confermato andamenti dei profili idrologici in linea con quanto atteso nella stagione investigata, e
    l’assenza, con l’eccezione dell’acido dicloroacetico, di cloro derivati.
    Nel periodo compreso tra febbraio ed aprile 2010, la Società Terminale GNL Adriatico ha effettuato ulteriori
    specifici controlli, in diversi punti di campionamento all’interno del circuito di scambio termico, finalizzati
    alla comprensione del fenomeno di formazione di schiume prodotte dal rigassificatore.
    Le elaborazioni risultanti dalle indagini svolte sono state presentate a ISPRA e ARPAV rispettivamente in
    data 14 e 30 luglio 2010. Sulla base delle verifiche analitiche chimico-fisiche, microbiologiche e biologiche
    effettuate, la Società ha correlato la formazione di schiume alla presenza, nell’acqua di mare utilizzata nel
    circuito di scambio termico, di sostanze tensioattive di origine naturale, che deriverebbero dal rilascio di
    materiale intracellulare di microorganismi naturalmente presenti in mare, sottoposti a stress meccanico nel
    circuito di scambio termico.
    Nel mese di settembre 2010, ISPRA, con la supervisione di ARPAV, in concomitanza con l’avvio del Piano
    di Monitoraggio ambientale previsto per la fase di esercizio definitivo, ha effettuato uno specifico
    campionamento di schiume per approfondire la conoscenza del fenomeno.
    A seguito dell’incontro del 30 luglio 2010, ARPAV. sentita ISPRA, ha predisposto un Piano di controllo
    ambientale più approfondito e completo per la valutazione degli impatti sull’ambiente marino circostante
    l’area occupata dalla piattaforma.
    Il Piano è stato trasmesso da ARPAV a Terminale GNL Adriatico Srl e alla Direzione Generale Salvaguardia
    Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il 4 ottobre 2010.
    In relazione all’invio del piano di controllo ambientale, ARPAV, il 19 ottobre 2010 e il 3 novembre 2010,
    ha formalmente sollecitato la Società all’esecuzione dello stesso. Il documento risulta ancora in fase di
    valutazione da parte di Terminale GNL Adriatico Srl che ne ha richiesto il suo inserimento a modifica ed
    integrazione del Piano di Monitoraggio e Controllo del Decreto AIA.
    In data 3 novembre 2010, ARPAV ha richiesto alle Direzioni Generali per le Valutazioni Ambientali e per la
    Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, di conoscere le
    decisioni in merito a quanto sopra, al fine di programmare i controlli in campo.
    Con nota del 25.11.2010, ISPRA ha presentato i risultati analitici delle indagini eseguite nel settembre del
    2010 per la caratterizzazione fisico-chimica ed eco tossicologica delle schiume, evidenziando che, “…nonostante la scarsa, per non dire nulla, disponibilità di riferimenti scientifici e giuridici, relativamente al
    prelievo ed alla analisi di schiuma connessa all’attività di esercizio di Terminali di rigassificazione con
    scarico di acque di scambio termico in mare”, dalle analisi effettuate”:

    • la schiuma generata dal Terminale di rigassifìcazione è una matrice di origine naturale con
    caratteristiche complesse, in quanto miscela polifasica principalmente caratterizzala da un elevalo
    contenuto organico che favorisce la concentrazione di sostanze. Ira cui anche contaminanti organici ed
    inorganici originariamente presenti nelle acque di mare a livelli non rilevabili. La formazione di
    schiume, pertanto, non sembra dovuta ad immissione nell ‘impianto di sostanze esogene ali ‘ambiente
    marino quanto piuttosto ali ‘azione meccanica dello stesso:
    • la presenza di composti cloro organici è, con molla probabilità, dovuta all’impiego di cloro attivo,
    utilizzato come biacida nelle acque di scambio termico dell ‘impianto, e quindi riconducibile prevalentemente ad attività di tipo antropico:
    • la particolare combinazione di tutti i componenti costituenti la miscela (fino ad ora individuati) è tale
    da indurre effetti biologici avversi riscontrabili anche ad elevate diluizioni riproducibili in laboratorio.
    ISPRA precisa comunque che, essendo la caratterizzazione riferita ad un’unica campagna di indagine, essa
    prescinde da eventuali variazioni stagionali che possono modificare le caratteristiche fisico-chimiche della
    matrice di partenza (acqua di mare) in ingresso nell’impianto e, pertanto, per una maggiore chiarezza e
    comprensione del fenomeno, riferisce dell’opportunità di poter dispórre di campioni di schiuma prelevati in
    periodi stagionali differenti.
    In merito all’analisi globale del fenomeno, in data 03.12.2010, la Direzione Generale per le Valutazioni
    Ambientali del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentata dal Dott.
    Mariano Grillo, ha convocato una riunione tecnica per definire un piano delle attività finalizzato
    all’osservazione e valutazione del fenomeno. Durante l’incontro al quale hanno partecipato la Società
    Terminale GNL Adriafico, ISPRA e ARPAV, sono stati discussi i possibili interventi per identificare la
    causa e conseguentemente gli effetti potenziali sull’ambiente, sull’adozione di metodi di campionamento e
    su eventuali interventi tecnici risolutivi del processo di vaporizzazione, il tutto nel limite delle conoscenze di
    riferimenti legislativi applicabili. La Direzione Generale soprarichiamata ha accolto la proposta di ISPRA di
    procrastinare ad ulteriori indagini analitiche ogni possibile decisione, invitando ISPRA a confrontarsi con
    Terminale GNL Adriatico Srl per la predisposizione di procedure di campionamento, analitiche e normativogiuridiche
    condivise.
    ARPAV, comunque, ha deciso di organizzare un campionamento conoscitivo dello scarico, a valle del
    sistema di vaporizzazione sulla piattaforma off-shore. Peraltro, dal verbale di campionamento emerge che
    l’impianto sta funzionando in regime di “Proroga del periodo di prova finalizzato alla messa a punto degli
    impianti”, come risulta dalle note del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 0012622 del 27.07.2010 e
    prot. 0015639 del 14.09.2010 trasmesse al Dipartimento Provinciale ARPAV di Rovigo da Terminale GNL Adriatico S.r.l con nota prot.ALNG-0229/10 del 20.09.2010 recepita con prot. ARPAV n. 114697 del 22.09.2010.
    Il campionamento è stato effettuato in data 21 dicembre 2010 in presenza di personale e consulenti di
    Terminale GNL Adriatico Srl. 11 campione di Acqua Scarico a mare Terminale GNL Adriatico prelevato è
    stato sottoposto ad analisi chimiche e biologiche secondo il pannello analitico previsto dalla tabella 3
    dell’Allegato 5, Parte III Sez. Il del D. Lgs. n. 152 del 2006, concordato preventivamente con il Laboratorio
    ARPAV di Venezia, alla cui apertura erano presenti i consulenti di Terminale GNL Adriatico Srl.
    Si riporta il giudizio contenuto nel RdP n. 131304 del 17.01.2011 :
    Analisi Biologiche:
    1 valori dei saggi di tossicità acuta sono risultati conformi a quanto previsto dalla colonna “acque
    superficiali” della tabella 3 dell’Allegato 5 Parte 111 Sez. II del D. Lgs. n.l52 del 2006;
    Analisi Chimiche:
    Tutti i parametri analizzati sono conformi ai limiti previsti dalla colonna “acque superficiali” della tabella 3
    Allegato 5 Parte 111 sez. Il del D.Lgs. n.I52 del 2006.
    Osservazioni:
    Analisi Biologiche:
    Si segnala la tossicità del campione al saggio di tossicità cronica con Dunaliella tertiolecta
    Alla luce di quanto riportato, se pur vale la pena di far notare come il saggio di tossicità cronica con
    Dunaliella tertiolecta, tra le specie testate, sia quello maggiormente rappresentativo per il tipo di acque ad
    elevata salinità e inoltre quello dove il contatto campione-specie di riferimento, richiede un tempo
    ragionevolmente lungo tale da evidenziare effetti di tipo cronico, cioè determinati da basse concentrazioni di
    inquinanti, è pur vero che risulta difficile individuare senza un accurato e successivo monitoraggio le
    possibili cause di questa positività.”

    Luigi (veneziano)

  91. Luca F ha detto:

    @93) Non ho mai detto che sia semplice, eppure nonostante slot, spot… e maltempo e imprevisti vari lo si fa. Non ha senso far lavorare in modo così discontinuo un impianto, far partire e fermare processi, pressurizzare e depressurizzare linee, provocare sbalzi e sollecitazioni continue a partire dalla generazione elettrica in poi. Un funzionamento dell’impianto regolare e, per quanto possibile, costante è più sicuro, economico e gestibile in tutti i sensi.

  92. Carlo ha detto:

    Grazie per il lavoro di trascrizione/ocr del documento.
    Fa specie constatare come Ispra sia costretta a rincorrere i buoi scappati dalla stalla [fatti scappare a causa di una VIA sballata]. E’ sempre la stessa Ispra che segnala al Min. Ambiente, per l’impianto di Zaule,
    che “la sterilizzazione della massa d’acqua in ingresso determina l’eliminazione degli organismi costituenti lo zooplancton. Appare necessario, in uno studio di VIA, quantificare l’impatto di tale perdita degli organismi zooplanctonici in termini di effetti sulla produzione secondaria della Baia di Muggia e, in senso più ampio, dell’intero Golfo di Trieste” (febbraio 2009). Ciò, assieme ad altre segnalazioni dello stesso tenore sull’inadeguatezza dei modelli di diffusione utilizzati, non ha turbato il Min Ambiente che 4 mesi più tardi ha emesso il decreto di VIA favorevole – accompagnata da prescrizioni ridicole quali quelle all’obbligo del monitoraggio -, con buona pace del principio precauzionale ecc. ecc. Il tirare in ballo la “la scarsa, per non dire nulla, disponibilità di riferimenti scientifici e giuridici…” o è una scusa sciocca che Pinocchio le raccontava meglio, oppure è indice dell’incapacità di gestire problemi di questa complessità.

    Luigi, non riesco ad avere la tua stessa fiducia nelle istituzioni…

  93. Triestin - No se pol ha detto:

    94) sei poco informato…decidi sempre il mercato e i costi del GNL rispetto al metano da gasdotto… e mettici pure la crisi dei consumi…( questo succedi anche con i rigassificadori spagnoli che lavora al 50 % e anche al 30 % della loro capacità ) Per questo esisti la delibera dell’Autorità per l’energia n° 178/05….

  94. Luca F ha detto:

    @96) Ci sono vari esempi, in tutto questo thread, di come le persone non portano avanti idee basandosi su fatti, ma su idee create appositamente… ad esempio molto più in alto c’è un “NO GNL e basta”. Qua c’è un “sei poco informato, decide questo e quello”. Cose dette basandosi su idee, non su fatti.

    L’approccio giusto penso sia quello che Carlo e Luigi stanno usando: fanno ipotesi, dicono “se fosse”, non dicono “E’ “, ciecamente, chiudendo la porta in faccia a qualsiasi contributo diverso dal loro.

    Schierarsi “a priori” CON o CONTRO è sempre sbagliato, ma in italia è uno sport molto praticato, troppo praticato. Il modo costruttivo sarebbe quello di verificare, di esigere chiarezza, di esigere FATTI e non opinioni. Pretendere controlli trasparenti fatti da enti indipendenti e non interessati, per capire se un qualsiasi impianto impatta sull’ambiente circostante, e basarsi su numeri, non su opinioni.

  95. Triestin - No se pol ha detto:

    cosa vuoi pretendere controlli, monitoraggi su impianti già costruiti o autorizzati nonostante segnalazioni…osservazioni e anche ricorsi su procedure falsate, che hanno ottenuto l’approvazione del ministero all’ambiente…? Il NO GNL nel golfo di Trieste è motivato…..dai fatti ( de ciacole semo stufi dopo sei anni, sveia e informite )

  96. Luca F ha detto:

    Appunto.

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