Subsonica vs. Morgan: 14 anni dopo

Era il 1997 o giù di lì, al Hip-Hop di Trieste si assisteva sempre ad ottimi concerti, vi approdavano regolarmente ogni venerdi gli esponenti della scena indie rock italiana, gruppi ska inglesi e qualche dj.
A contendersi lo scettro di “next big thing” italiana all’epoca erano due band, i torinesi Subsonica ed i milanesi Bluvertigo, i primi con un album d’esordio che ha tardato a rivelarsi ed i secondi in lieve vantaggio con il secondo album in uscita ed una manciata di ottimi videoclip a far da passaporto. Entrambi suonarono quell’anno all’Hip-Hop, per i Subsonica saremo stati meno di un centinaio a vederli, mentre per i Bluvertigo si iniziava già ad intravedere nugoli di fans prone a strapparsi i capelli per il carismatico Morgan. Ciò che è successo nei quattordici anni successivi è sotto gli occhi di tutti: la band torinese ha maturato una carriera che nel nostro paese ha solamente gli Area come termine di paragone per costanza e coerenza, i Bluvertigo si sono sciolti lasciando il loro talentuoso leader girare come una mina vagante, collezionando pagine di giornale ed interviste incentrate più sul suo stile di vita che per gli effettivi meriti artistici.

Nel giro di una settimana mi è capitato di rivedere dal vivo sia i Subsonica (a Majano il 6 Agosto) che Morgan (l’11 Agosto al Summerlab di Dobbia) e la differenza che separa le due esperienze è abissale. Un’esibizione magistrale quella dei primi, con suoni compatti, una voce cristallina del cantante, ed una vena creativa ancora sana. In migliaia erano lì a ballare e cantare brani che sono oggi parte del patrimonio culturale nazionale.

foto Giuliana Birri

Circa 600 invece sono i fedelissimi accorsi a Staranzano per assistere allo spettacolo di Morgan, molti dei quali devoti e riconoscenti verso un talento fuori dal comune, troppo spesso vanificato da una personalità autodistruttiva. La band che lo accompagna sono i Versus, che hanno anche aperto il concerto con mezz’ora di rock suonato in maniera magistrale. Quando “il giudice” sale sul palco per sedersi al piano ed intonare “Sole Malato” di Domenico Modugno, si viene a creare una strana atmosfera: la voce di Morgan è solo un pallido ricordo di quella che era solo dieci anni fa, distrutta da un consumo praticamente costante di cicche e volutamente dissonante rispetto al resto del tappeto sonoro.
Più tardi, impugna il basso per rievocare i tempi dei Bluvertigo ma il gioco regge a fatica, improvvisa siparietti non concordati in precedenza e la band fa fatica a seguire la sua esuberanza.

La seconda parte del concerto è un concentrato di cover scontatissime (Bowie, Pink Floyd, Lou Reed) che niente aggiungono, semmai tolgono ulteriormente. Più che un concerto è stata la processione funebre di un artista che, personalmente, avrei voluto vedere diversamente.